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Traslucido e concreto Ornella Fiandaca [email protected] Associato di Architettura Tecnica Dipartimento di Ingegneria Civile, Informatica, Edile, Ambientale e Matematica Applicata Università degli Studi di Messina Raffaella Lione [email protected] Ordinario di Architettura Tecnica Dipartimento di Ingegneria Civile, Informatica, Edile, Ambientale e Matematica Applicata Università degli Studi di Messina Parole chiave: Calcestruzzo traslucido, prodotti innovativi, progettazione, tecnologia La conoscenza alimenta il dubbio. Questo assunto, che da sempre ha consentito sia l’avanzamento tecnologico sia la consapevolezza scientifica, si è manifestato in tutta la sua veridicità nel nostro primo approccio ai calcestruzzi translucidi. La prima analisi condotta ha evidenziato il fascino “intrinseco” dei prodotti brevettati negli ultimi dieci anni (Pixel Panels, Litracon, I.Ligh, Luccon) e quello “aggiunto” dai, peraltro rari, progetti spesso paradigmatici e dimostrativi, che hanno fatto uso dell’uno o dell’altro brevetto. Dalla fascinazione al dubbio il passo è stato, se non breve, obbligato, all’insegna di un atteggiamento ingegneristico che ci ha spinte ad indagare personalmente le proprietà tecniche, le prestazioni dichiarate e quelle taciute, le potenzialità manifeste, quelle ancora inespresse e le criticità sinora nascoste, costo compreso. E’ proprio il desiderio di procedere nella conoscenza di questi prodotti “fantastici” quanto, ancora, “imponderabili” che il nostro saggio cerca di soddisfare. Il fascino della trasparenza “tettonica” Quando un nuovo materiale si affaccia sul mercato sorgono spontanee alcune domande, in genere differenziate in base alle attività e agli interessi di colui che se le pone. Alcune più propriamente tecniche e logiche, inerenti le caratteristiche fisico- meccaniche e le capacità prestazionali - dal peso alla durezza, dalla conducibilità termica alla durevolezza, dalla resistenza al fuoco alla lavorabilità in cantiere (l’elenco potrebbe essere davvero lunghissimo) - altre decisamente tecnologiche, più legate alle modalità di produzione, alle materie prime impiegate, alla composizione chimica, alle modalità di smaltimento. Alle prime, che si potrebbero riassumere sotto l’unica espressione “come si comporta?”, si finisce per dare quasi sempre risposte precise, poiché riguardano aspetti e parametri misurabili, spesso addirittura “normati”, che vengono a far parte di una scheda tecnica alla quale è affidato sia il ruolo di descrivere correttamente il prodotto, sia quello di renderlo appetibile al mercato dei potenziali utilizzatori; le seconde, che in breve riguardano “come è fatto?”, sono per molti di minore interesse e qualche volta risultano coperte da veri e propri segreti, che stimolano persino operazioni di spionaggio industriale, o come spesso è avvenuto nel passato sono avvolte da leggende più o meno attendibili.

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Traslucido e concreto

Ornella Fiandaca [email protected]

Associato di Architettura Tecnica Dipartimento di Ingegneria Civile, Informatica, Edile, Ambientale e Matematica Applicata Università degli Studi di Messina

Raffaella Lione [email protected] Ordinario di Architettura Tecnica Dipartimento di Ingegneria Civile, Informatica, Edile, Ambientale e Matematica Applicata

Università degli Studi di Messina

Parole chiave: Calcestruzzo traslucido, prodotti innovativi, progettazione, tecnologia

La conoscenza alimenta il dubbio. Questo assunto, che da sempre ha consentito sia l’avanzamento tecnologico sia la consapevolezza scientifica, si è manifestato in tutta la sua veridicità nel nostro primo

approccio ai calcestruzzi translucidi. La prima analisi condotta ha evidenziato il fascino “intrinseco” dei prodotti brevettati negli ultimi dieci anni (Pixel Panels,

Litracon, I.Ligh, Luccon) e quello “aggiunto” dai, peraltro rari, progetti spesso paradigmatici e dimostrativi, che hanno fatto uso dell’uno o dell’altro brevetto. Dalla fascinazione al dubbio il passo è stato, se non breve, obbligato, all’insegna di un

atteggiamento ingegneristico che ci ha spinte ad indagare personalmente le proprietà tecniche, le prestazioni dichiarate e quelle taciute, le potenzialità

manifeste, quelle ancora inespresse e le criticità sinora nascoste, costo compreso. E’ proprio il desiderio di procedere nella conoscenza di questi prodotti “fantastici” quanto, ancora, “imponderabili” che il nostro saggio cerca di soddisfare.

Il fascino della trasparenza “tettonica” Quando un nuovo materiale si affaccia sul mercato sorgono spontanee alcune

domande, in genere differenziate in base alle attività e agli interessi di colui che se le pone. Alcune più propriamente tecniche e logiche, inerenti le caratteristiche fisico-

meccaniche e le capacità prestazionali - dal peso alla durezza, dalla conducibilità termica alla durevolezza, dalla resistenza al fuoco alla lavorabilità in cantiere

(l’elenco potrebbe essere davvero lunghissimo) - altre decisamente tecnologiche, più legate alle modalità di produzione, alle materie prime impiegate, alla composizione chimica, alle modalità di smaltimento. Alle prime, che si potrebbero

riassumere sotto l’unica espressione “come si comporta?”, si finisce per dare quasi sempre risposte precise, poiché riguardano aspetti e parametri misurabili,

spesso addirittura “normati”, che vengono a far parte di una scheda tecnica alla quale è affidato sia il ruolo di descrivere correttamente il prodotto, sia quello di renderlo appetibile al mercato dei potenziali utilizzatori; le seconde, che in breve

riguardano “come è fatto?”, sono per molti di minore interesse e qualche volta risultano coperte da veri e propri segreti, che stimolano persino operazioni di

spionaggio industriale, o – come spesso è avvenuto nel passato – sono avvolte da leggende più o meno attendibili.

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Ma la domanda più importante che ciascuno si pone indipendentemente dalla professione e dalle inclinazioni culturali è un’altra, riassumibile in “come mai?”,

seguita talvolta – nella mente delle persone di solito più conservatrici o più diffidenti o semplicemente meno sognatrici – dalla più scoraggiante “ma ce n’era

bisogno?”, sulla cui vacuità avremo modo di tornare più avanti. “Come mai”, ovvero “perché”, nasca un nuovo materiale o un nuovo prodotto è

cosa difficile da spiegare, poiché le motivazioni, le cause, gli input possono essere molti, differenziati, imprevedibili e, perché no, anche casuali. Forse sarebbe preferibile, una volta che quel materiale o quel prodotto sia arrivato sul

mercato, chiedersi “come possiamo utilizzarlo”, cosa possiamo fare ricorrendo a questa “novità” che fino a ieri non avevamo?

Ecco dunque, a nostro avviso, l’approccio più corretto che progettisti e costruttori dovrebbero avere nei confronti di quanto denominato forse impropriamente “cemento trasparente”, più correttamente “calcestruzzo traslucido”, magari

facendosi guidare dall’analisi del già fatto ma al tempo stesso sognando di diventare ideatori di ulteriori e più promettenti utilizzi.

D’altronde, come dimostra la storia di ogni innovazione, questa sfida, dettata da curiosità o convenienza, voglia di osare e di distinguersi, è da sempre il propulsore dello sviluppo. Cercheremo pertanto di dare risposte alle prime due domande –

ovviamente auspicando che la conoscenza sia uno stimolo per sperimentare nuove vie – per giungere a una riflessione sulla più azzardata e misteriosa “come mai?”

Monoliticità, plasticità, tettonica sono stati i fattori che hanno fatto, al suo apparire, la fortuna del calcestruzzo di cemento armato: aveva connessioni rigide capaci di garantire una resistenza a qualsiasi azione verticale e orizzontale ma nel

contempo alimentava la fantasia dei progettisti per un linguaggio organico o razionalista ma sempre ardito, libero da vincoli apparenti, capace di sfidare

“qualsiasi” luce e forma, e tutto ciò mantenendo un radicamento al suolo, una gravità che insieme alla monumentalità diveniva garanzia di stabilità. Attraversando un secolo di storia dell’architettura moderna da Le Corbusier a Wright, da Niemeyer

a Saarinen, da Candela a Nervi, possiamo trovare concettualizzazioni assai diverse ma sempre improntate e riconducibili a quei connotati. Mai alle loro opere sono stati

associati valori di trasparenza, leggerezza, smaterializzazione, mai il calcestruzzo ha dismesso concretezza, stabilità e, pur quando con forme organiche, un’iterazione geometrica riconducibile alle esigenze imposte dal procedimento costruttivo.

Quella di destrutturarne il senso, di attribuire al materiale caratteri percettivi correlati alla luce, alla trasparenza, alla leggerezza è storia recente e trova risposte

sperimentali in alcuni prodotti brevettati, ai quali approdare con aspettative elevate tanto quanto le problematiche che la loro applicazione solleva non appena li si passa al vaglio di un portato normativo sempre più stringente, nonché di valutazioni

economiche non eludibili. L’esordio è forse casuale, improntato a un mix design orientato alla determinazione

della giusta miscela di un glass reinforced fiber concrete. L’aggiunta di fibre di vetro e la determinazione di spessori esigui hanno svelato un percorso possibile

per ottenere un calcestruzzo traslucido. Da qui i diversi tentativi dislocati geograficamente ma concentrati in poco più di un decennio che, con risultati differenti, hanno inaugurato il capitolo dei translucent concrete nei cataloghi di

materiali innovativi. Will Witting, presso l’Università di Detroit Mercy, è stato il primo a comprendere

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l’appeal di questa sperimentazione formulando una miscela di cemento Portland bianco, marmo di Carrara o alabastro e fibre di vetro corte per un pannello di 2,5

mm particolarmente permeabile alla luce ma che si è rivelato subito non sufficientemente resistente a pioggia e vento. I tentativi di ottimizzare il prodotto

hanno tuttavia generato solo qualche campione, nessuno dei quali ha avuto applicazioni pratiche.

Più promettenti si sono rivelati quattro marchi, ormai entrati se non in un circuito

commerciale certamente in una élite ristretta di progettisti e nella fantasia di molti; una concezione di prototipi che evoca luce e trasparenza già nella scelta

del nome commerciale: Pixel Panels, LiTraCon® (Light Trasmitting Concrete®), I.Light Shangai e Luccon®. Sviluppati in contesti di ricerca diversi - aziende, università, progettisti – con

varia dislocazione geografica – Messico, Ungheria, Italia, Austria - sono caratterizzati da una finalità comune, quella di far penetrare la luce attraverso

lastre o blocchi in calcestruzzo, di dissolverne l’opacità rendendoli traslucidi o parzialmente trasparenti, per costituire sistemi strutturali o d’involucro.

I Pixel Panels sono l’esito di un percorso di sperimentazione condotto a partire

dal 1999 da Bill Price, presso l’Università di Houston. Gli studi e i test fatti sono stati effettuati per la Concert Hall di Porto. La volontà dello studioso era quella di

trasferire il ciclo di produzione tradizionale del calcestruzzo armato al nuovo composito immaginato. Quindi ipotizzando un getto in opera, la miscela sperimentata sostituiva aggregati tradizionali con frammenti di plastica (o di

vetro), il cemento con leganti organici permeabili alla luce e l’armatura metallica con aste di policarbonato o kevlar. L’idea di coniugare una miscela inusuale con il

cantiere tipico del calcestruzzo si è rivelata non vincente e spiega perché si sia poi optato per la realizzazione di pannelli prefabbricati, che tuttavia non sono divenuti ancora un prodotto commerciale.

Il LiTraCon®, sviluppato in Ungheria nel 2001 dall’architetto Áron Losonczi a Csongràd, ottiene l’effetto traslucido diffondendo nella miscela del calcestruzzo il 5%

in volume di fibre ottiche di vetro (diametro da 30 a 100 micrometri), o di plastica (da 0,5 a 2,5 mm) aventi funzione di inerte con tre diverse possibili distribuzioni (random, ordinate o a forma di logo) capaci di veicolare la luce attraverso lo

spessore dell’elemento prodotto: dal piccolo mattone alla grande lastra. Poiché le fibre ottiche trasmettono la radiazione su grandi distanze, la parete può

essere spessa anche fino a due metri, senza particolari perdite di intensità luminosa nell’immediato. La sperimentazione ha dimostrato che la luce trasmessa è quella che colpisce l’elemento perpendicolarmente e si riduce del 10% circa in 20 anni,

passando da un valore originario del 70% a una trasmissione luminosa pari al 60 %. La produzione avviene secondo cicli di prefabbricazione individuale degli elementi

a causa della fragilità delle fibre ottiche che tuttavia non riducono in modo significativo la resistenza meccanica del calcestruzzo, consentendone anche applicazioni strutturali.

Al primo brevetto si è aggiunto il LiTraCon PXL®, un prodotto economicamente più accessibile per aver sostituito le fibre ottiche con la stessa percentuale di inclusioni

in polimetilmetacrilato (PMMA), distribuite con regolarità sulla superficie di un pannello in calcestruzzo fibrorinforzato, forse a discapito della suggestione formale.

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L’I.Light, nato su esplicita richiesta all’Italcementi SpA dell’architetto Giampaolo Imbrighi per il padiglione italiano all’Expo di Shangai nel 2010, fa penetrare la luce

da una trama di inserti rettangolari in resina trasparente che, disposti a quinconce, attraversano una matrice cementizia nel suo spessore, creando delle soluzioni di

continuità luminose con un passo standard che può tuttavia essere variato. Il pannello brevettato, a seguito di una sperimentazione avviata nel 2008, aveva

dimensioni di cm 100x50x5 con un peso di 50 kg e quantità di PMMA variabili dal 15 al 20% della superficie totale del pannello in relazione alla collocazione. L’azienda prevede di commercializzare un prodotto più flessibile per il quale sono allo studio

possibilità di personalizzazione relative al colore della matrice cementizia, al colore e alla forma delle inclusioni di resina trasparente, alle dimensioni del pannello. Per

mantenere il previsto fattore di trasmissione luminosa e garantire le condizioni di comfort termico di norma il pannello richiede la presenza di un isolante con analoghi valori di risposta ottica, permeabile cioè alla luce, sul quale non vengono tuttavia

fornite indicazioni precise.

Le lastre Luccon® in cemento traslucido, sviluppate dalla Luccon Lichtbetonen nel 2005, ripropongono l’uso delle fibre ottiche in vetro composte, con diversi

disegni possibili, in un tessuto, che viene stratificato all’interno di una miscela di cemento a grana fine e inerti con cui conferire più varianti cromatiche. I pannelli

possono essere retroilluminati con led o retroproiettati con video. Ciascun elemento è completato da un telaio di alluminio o da fori, ganci, e altri connettori per il montaggio su una sottostruttura metallica.

Per far fronte a uno dei limiti posti alle possibilità di applicazione, individuabile nelle prestazioni termiche, è stato brevettato il Luccotherm, che associa a due

fodere di calcestruzzo trasparente uno strato interno di isolante che deve avere adeguate caratteristiche di trasparenza. Così si producono blocchi per pareti

perimetrali verticali.

Fig. 1 L’effetto traslucido dei prodotti in commercio - a: i possibili trattamenti lapidei del LiTraCon; b: la trasparenza di un sistema di schermatura LiTraCon; c: le variazioni cromatiche della resina

inserita nei pannelli I-light; d: una lastra Luccon colorata e con effetto delle fibre ottiche ondulato.

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Fig. 2 a: la sperimentazione di Will Witting; b: i Pixel Panels, c: la distribuzione delle fibre nelle

lastre di LiTraCon®, d: il pannello I.Light Shangai; e: il pannello Luccon®; f: il blocco Luccotherm.

Referenze commerciali

Pixel Panels - contact: BPZ 12110 Queensbury Lane, Houston TX, USA

LiTraCon®, LiTraCon PLX - design: Áron Losonczi Tanya 832 H-6640 Csongrad (Hungary) www.litracon.hu

I.Light Shangai - i.nova, Italcementi S.p.A. via G. Camozzi 24121 Bergamo (Italia) www.italcementi.it

Luccon®, Luccotherm - LUCCON® Lichtbetonen GmbH Bachmahdle 10 A-6850 Dornbirn, www.luccon.com Commercializzato in Italia da MATERIALI INNOVATIVI SRL www.materialinnovativi.com

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La concretezza effimera delle applicazioni Lo studio delle opere realizzate con ciascuno dei quattro prodotti aiuta a comprenderne vocazioni naturali, limitazioni da fronteggiare, potenzialità future per un uso diffuso estensibile all’architettura nella sua complessità e non limitato

unicamente a opere emblematiche, riconducibili a qualche padiglione espositivo, qualche negozio di lusso, qualche monumento celebrativo e oggetti di design.

Fra le referenze rintracciate si sono illustrati uno o più progetti/realizzazioni per ciascun prodotto con la volontà di esemplificare la massima, o talvolta l’unica, espressione concettuale, intesa come sinergia fra valori formali, congruenza

prestazionale, implicazioni costruttive, giustificazione economica.

Pixel Panels L’unica referenza architettonica è quella illustrata di un progetto mai realizzato. Opera: Pixel Chapel

Ubicazione: Houston, Texas

Progettista: Bill Price

Progetto: 2004

Esecuzione: non realizzato

Modalità d’impiego del prodotto: pannelli prefabbricati di cm 150x500x10

Fig. 3 Il progetto della Pixel Chapel a Houston

LiTraCon Le referenze architettoniche sono state reperite nel sito ufficiale della LiTraCon che data al 2010 le ultime applicazioni del prodotto, evidenziando così la

difficoltà di trovare una collocazione commerciale adeguata, che non sia cioè un semplice logo, un intervento parziale in qualche monumento, le pareti interne di

residenze di lusso. 2002 PIX marciapiede illuminato di Stureplan, Stoccolma

2003 Fruängen Church, Arstiderne Arkitekter, Stoccolma

2004 Europe Gate a Komárom (Ungheria)

2004 Elementi parasole in una casa privata, Földes Architects, Budapest

2005 Parete interna in una casa privata, Lohmann Architecten BDA, Sittensen (Germania)

2006 Portale d’ingresso del Museo Cella Septichora, A. Wilhemson, Á. Losonczi,

Káptalan Pécs (Ungheria)

2006 Parete interna retroilluminata nella Montblanc Boutique, Giappone

2006 Pavimenti interni della Gál House a Budapest

2007 Corvinus University, Studium Office Building, Budapest,

2008 Iberville Parish Veterans Memorial, Grace & Hebert Architects, Baton Rouge, Louisiana

2010 'Idokapszula' Open Air Statue, Szeged (Ungheria)

2010 Parete interna in una casa privata, Budapest

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Fig. 4 Alcuni progetti realizzati con il LiTraCon, a: portale d’ingresso del Museo Cella Septichora; b: Iberville Parish Veterans Memorial; c: PIX marciapiede illuminato di Stureplan; d:

I-Light Shangai L’unica referenza architettonica è quella illustrata. Opera: Padiglione italiano a Shangai

Ubicazione: Parco Expo, Zona C, Plot 06, 200124 Shanghai

Architetto: Giampaolo Imbrighi

Progetto 2007

Realizzazione 2010

Modalità d’impiego del prodotto: 3.774 pannelli di calcestruzzo traslucido (cm 50x100x5)

sono stati distribuiti per una superficie pari al 40% dell’involucro (1887 mq).

Fig. 5 I disegni e la realizzazione del Padiglione italiano a Shangai

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Luccon Lichtbetonen Le referenze architettoniche sono quelle fornite dal produttore ufficiale Luccon® e

dal partner commerciale per l’Italia “Materiali Innovativi S.r.l.”. Il prodotto ha trovato applicazioni recenti in paesi che stanno investendo sulla propria immagine - facciate di palazzi a Hong Kong, Europa, Emirati Arabi, USA, UK

- elementi parasole nel El Ain Museum, Abu Daby

- Financial Center di Seoul in Corea;

- Padiglione Kengo Kuma a Tokyo, Israele, Pechino, Milano;

- Edificio residenziale ad Atene

Fig. 6 Alcuni progetti realizzati con il Luccon – a: Maison Rodionov; b: elementi parasole a El Ain

Museum, Abu Daby; c: penthouse a Singapore; scala in mostra; e: applicazioni per arredi e sistemazioni d’interno

Una possibile dissoluzione dello scetticismo Si è condotta un’analisi prestazionale per verificare quali applicazioni possibili si aprono al mercato di ciascun prodotto: partendo dai componenti attualmente in

commercio, sono stati sistematizzati i parametri ingegneristici e i riferimenti normativi riportati, ove esplicitati, dai produttori.

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Se pure non è stata ancora condotta una normalizzazione delle prove mecca-niche, fisiche, termodinamiche, per un’univoca definizione dei parametri che

consentirebbero l’immissione tecnica sul mercato comunitario, si può rilevare il tentativo da parte di alcune aziende di fare riferimento a un panorama di

prescrizioni già operativo per categorie di prodotti affini. Abbiamo scelto di non riportare esplicitamente i prezzi, che facilmente variano

con il passare del tempo e con l’entità dell’ordinativo: a titolo puramente indicativo i prodotti a base di fibre ottiche in vetro raggiungono i 3000 euro/mq mentre l’impiego delle materie plastiche abbatte i costi di un ordine di grandezza.

PRODOTTO Composizione Colori Dimensioni (mm) Densità (kg/m³)

Pixel Panels LiTraCon 96 % cemento

4% fibre ottiche

White - Cserhát

Grey - Duna Black - Balaton

1200x400

spessore da 25 a 500

2100-2400

LiTraConPLX 96 % cemento 4 % PMMA

White - Cserhát Grey - Duna Black - Balaton

1200x600x40 3600x1200x 60

2100-2400

I-Light Shangai cemento 52.5R Tipo I sabbia silico-calcarea fibre di acciaio inox fibre di polipropilene mix di additivi

Bianco Grigio

1000x500x50

Luccon cemento ad alta densità

a grana fine fibre ottiche

Lava grey

Bianco Avorio su richiesta Marrone su richiesta

1200x600x19-28-38

2000x700x28, 38 1000x500x18-28-36 fino a cm 250x70

2100-2300

Luccotherm come il Luccon ma con

strato isolante inter-medio integrato

Lava grey

Nero

1000x500x150

2500x800x150

PRODOTTO Resistenza meccanica Resistenza al fuoco Modulo elastico Altri parametri

Pixel Panels

LiTr aCon compressione: A: 49 N/mm² B: 31 N/mm²

C: 56 N/mm² flessione C: 7,7 N/mm

LiTraConPLX

I-Light Shangai Matrice cementizia: compressione 60 N/mm² (EN12390-3) flessione 8 N/mm² (EN12390-5) Resina:

trazione 65 N/mm² (ISO 527-1/-2)

Resina: Classe B2 (DIN 4102)

Matrice cementizia: compressione 38-40000 MPa (UNI 9771) Resina: trazione

3200 MPa allungamento 3% (ISO 527-1/-2)

Limite Elastico 1,92 MPa Tensione di picco 7,70 MPa Risposta post picco incrudente/plastico

Luccon compressione > 90 N/mmq flessione: 12 N/mmq

Classe A2

Luccotherm

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PRODOTTO Risposta ottica

Conducibilità termica Assorbimento d’acqua Resistenza: a cicli di gelo-disgelo ai raggi UV

Pixel Panels

LiTr aCon

LiTraConPLX

I-Light Shangai Resina STrasp/STot=

=18-20%: Trasmissione luminosa 92% (DIN 5036)

ai raggi UV

buona con metodo di prova interno

Luccon a tenuta stagna Classe XC4 (SN-EN 206.1)

a cicli di gelo-disgelo elevata Classe FX4

(SN-EN 206-1) ai raggi UV elevata

Luccotherm 0,18 W/mqk

PRODOTTO Lavorazioni Posa in opera Applicazioni in edilizia

Pixel Panels Sottostrutture di sostegno Non strutturali:

-sistemi di facciata

LiTraCon Le superfici possono essere: -lucidate

Per i blocchi: collanti specifici Per i pannelli: sottostruttura di sostegno

Non strutturali: -sistemi di facciata -pavimentazioni flottanti -quinte e pareti divisorie

-elementi decorativi Strutturali:

-murature

LiTraConPLX Le superfici possono essere: -levigate -modellate

-lavate

I-Light Shangai Le superfici possono essere: -lucidate a specchio I bordi possono essere: -smussati

Sottostrutture di sostegno Non strutturali: -facciate ventilate -pavimentazioni flottanti -quinte e pareti divisorie

-elementi decorativi

Luccon Le superfici possono essere: -lucidate -sabbiate e spazzolate -smerigliate

-fiammate

I bordi possono essere: smussati, lucidati, arrotondati I pannelli possono essere: forati a secco o ad acqua,

Sottostrutture di sostegno Non strutturali: -facciate interne/esterne -pavimentazioni flottanti -quinte e pareti divisorie

(anche multimediali)

-elementi decorativi -gradini e scale

Luccotherm Le superfici possono essere:

-sabbiate -spazzolate -smerigliate -fiammate

Collanti specifici Strutturali:

-murature -setti

Si segnala la scarsa uniformità e l’incompletezza dei dati tecnici forniti dalle aziende. A valle di quest’analisi possono inoltre evidenziarsi alcuni nodi irrisolti.

Fra i più scottanti: il comportamento sismico dei prodotti che prevedono impieghi strutturali e la resistenza termica di quelli proposti per l’involucro.

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Il primo, che al momento riguarda i blocchi di LiTraCon e il Luccotherm, potrebbe trovare semplice risposta non appena si definissero senza ombra di dubbio tutte le

proprietà meccaniche del calcestruzzo traslucido e la loro affidabilità nel tempo, ma ancor più se si esplicitasse la sua compatibilità con i prodotti di giunzione, malte o

collanti, e la durabilità delle connessioni. Ciò fatto si potrebbero adottare i prodotti come elementi di murature ordinarie o fibrorinforzate e ricondurne il

dimensionamento e il calcolo alla normativa antisismica vigente. Quanto alla risposta ai requisiti termici imposti dalla normativa, comincia a venire dalle stesse aziende, alcune delle quali hanno integrato un isolante

trasparente nell’elemento o blocco prefabbricato (Luccotherm) o ne hanno accoppiato uno nell’uso con analoghi parametri di trasparenza (come dichiara il

produttore dell’I-Light Shangai). Sembra invece davvero un falso problema quello lamentato da alcuni operatori, che riguarda la necessità di cicli di prefabbricazione e quindi l’impossibilità di

effettuare getti in opera, in quanto si tratta di lastre per rivestimenti o di blocchi per murature portanti e non. Perché ostinarsi nel voler ripercorrere la storia del

calcestruzzo tradizionale? Quello che rimane, tuttavia, non irrisolto ma incongruente con il risultato che si intende raggiungere è il sistema di montaggio proposto dalle aziende per i pannelli.

Telai in alluminio confinano ciascun pannello a segnarne una demarcazione in contrasto con il desiderio di continuità e leggerezza superficiale; un sistema a

montanti, trasversi e staffe di connessione, in acciaio o alluminio, costringe a impiegare una contro-parete interna per occultarlo, evidentemente dello stesso materiale per ribadire la permeabilità alla luce, con incremento di costi e inter-

riflessioni non sempre gradevoli, oppure a curare la progettazione della sottostruttura facendone un oggetto di design. L’inserimento di pannelli isolanti per garantire

adeguate prestazioni termiche pone un ulteriore ostacolo ai pregi di trasparenza propagandati: per quanto trasparenti essi stessi (mancano i dati tecnici di riferimento) la loro aggiunta non può non incidere negativamente sulla trasmissione della luce.

Fig. 7 Le sottostrutture di supporto predisposte per le lastre LiTraCon e per i pannelli I-Ilight Shangai

Si potrebbe concludere che il materiale non è del tutto idoneo per assolvere al portato

prestazionale richiesto all’involucro, motivo che ha visto proliferare le applicazioni di design e arredo rispetto a quelle più specificamente architettoniche o forse, come è

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avvenuto per le facciate continue trasparenti o per i tessuti metallici, occorrerebbe un impegno progettuale che smaterializzasse anche gli elementi accessori per garantire il

montaggio, l’isolamento, la tenuta, la sicurezza. Perché scarseggiano le “costruzioni” in calcestruzzo traslucido è comunque difficile da spiegare, forse per il costo dei

prodotti che richiedono un ciclo di produzione complesso e ancora poco industrializzato, o perché non sono stati adeguatamente pubblicizzati e introdotti in un panorama

professionale più ampio, o ancora perché non sono state trovate o sfruttate le intrinseche potenzialità del materiale derubricandolo da una fase sperimentale che dopo un breve successo di esordio fatica a diventare routine commerciale.

La volontà di proteggere il brevetto e talvolta la fretta di entrare nel mercato possono aver nuociuto alla diffusione dei prodotti e non sempre i produttori brillano

per chiarezza di presentazione sia con riferimento a “come si comporta” sia, e soprattutto, in merito a “come è fatto”. Quanto alla fatidica domanda “come mai?” o “perché?” da un lato è innegabile la sorpresa, addirittura la seduzione, che alcune

immagini riportate nei siti ufficiali (peraltro non tutti egualmente accattivanti, e questo resta un mistero) suscitano e dall’altro viene spontaneo pensare a

quell’emblema delle potenzialità architettoniche dell’effetto traslucido che è la biblioteca della Yale University, costruita su progetto dello Studio SOM nel lontano 1963: probabilmente la si poteva fare in mille altri modi, più semplici ed economici,

probabilmente ha richiesto la soluzione di problemi tecnico-costruttivi complessi, probabilmente ha comportato costi elevati di realizzazione e di gestione… ma dopo

oltre 50 anni resta tuttora, come una vera star che col tempo non perde fascino ma semmai acquista spessore, un “oggetto” di struggente suggestione con le sue mutevoli coloriture cangianti di ora in ora, “bella di giorno” soprattutto dall’interno e

con un incredibile “effetto notte” dall’esterno. Certo non era strettamente necessaria, ma altrettanto certamente era ed è

stupenda. E allora la risposta non può che essere una sola: sì, ce n’era bisogno!

Fig_8 Progettata dallo studio SOM (Skidmore, Owings & Merrill) nel 1963, la Beinecke Rare Book and Manuscript library della Yale University a New Haven Connecticut ha fatto delle chiusure verticali traslucide il proprio manifesto: i grandi campi della struttura a telaio sono interamente riempiti da lastre in marmo bianco tanto sottili da lasciar passare la luce, con una sorprendente e mutevole colorazione

dell’interno durante il giorno e una suggestiva luminosità notturna percepibile dall’esterno.