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UMBERTO ALLEMANDI & C. € 5,00 MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DEL PIEMONTE E DEL MUSEO ANTICHITÀ EGIZIE PROVINCIA DI CUNEO AUGUSTA BAGIENNORUM AUGUSTA BAGIENNORUM

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UMBERTO ALLEMANDI & C. € 5,00

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DEL PIEMONTE

E DEL MUSEO ANTICHITÀ EGIZIE

PROVINCIA DI CUNEO

AUGUSTABAGIENNORUMAUGUSTABAGIENNORUM

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AREE E PARCHI ARCHEOLOGICI DEL PIEMONTE

2. AUGUSTA BAGIENNORUM

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AUGUSTA BAGIENNORUM

DI MARIA CRISTINA PREACCO

UMBERTO ALLEMANDI & C.TORINO ~ LONDRA ~ VENEZIA ~ NEW YORK

TESTO: Maria Cristina Preacco

PLANIMETRIE: Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte

e del Museo Antichità Egizie (S. Salines); FT Studio

RICOSTRUZIONI: Francesco Corni

FOTOGRAFIE: Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte

e del Museo Antichità Egizie; Giacomo Lovera

© 2006 Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte

e Società editrice Umberto Allemandi & C.

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DEL PIEMONTE

E DEL MUSEO ANTICHITÀ EGIZIE

PROVINCIA DI CUNEO

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La collana curata dalla Soprintendenza sulle aree e i parchi archeologici del Pie-

monte si arricchisce, a breve distanza dall’edizione di quella di Libarna, di una

nuova pubblicazione, questa volta dedicata ad Augusta Bagiennorum, importante fon-

dazione di età augustea della Regio IX (Liguria interna), la cui scoperta si deve alla fi-

ne dell’Ottocento a due benemeriti studiosi locali, Giuseppe Assandria e Giovanni

Vacchetta.

Questa guida offre al visitatore uno strumento agile e di facile lettura, ma anche scien-

tificamente corretto, per affrontare una passeggiata tra i resti dell’antica città romana,

oggi al centro di un programma di più ampia valorizzazione e di recupero delle sue

emergenze archeologiche, intrapreso dalla nostra Soprintendenza in stretta collabo-

razione con l’Amministrazione Comunale di Bene Vagienna e con gli altri enti locali.

Tra le tappe fondamentali di questo progetto vi sono la prosecuzione dello scavo

dell’anfiteatro, la cui indagine è stata resa possibile grazie a un finanziamento della

Compagnia di San Paolo, il restauro dei monumenti ancora in vista, nonché il recu-

pero di un più adeguato percorso di visita, in cui verrà inserita anche la Cascina Elle-

na, destinata a diventare luogo di studio e di fruizione dell’area archeologica.

I finanziamenti sin qui assicurati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali sono

ora incrementati da nuovi fondi assegnati sul lotto, che permetteranno nel prossimo

periodo un intervento ampio e mirato.

Del progetto complessivo hanno fatto parte anche l’ampliamento con i nuovi mate-

riali scavati, e un più moderno allestimento della sede storica del Museo Archeologi-

co di Bene Vagienna, che in questi mesi, grazie all’impegno scientifico profuso da Ma-

ria Cristina Preacco, autrice di questa guida, è stato finalmente restituito alla visita per

un pubblico che auspichiamo sempre più vasto e appassionato del glorioso passato

di Augusta Bagiennorum.

MARINA SAPELLI RAGNI

Soprintendente per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie

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Scopo principale di un assessore alla Cultura di un ente quale la Provincia di Cu-

neo è innanzitutto quello di diffondere e valorizzare le caratteristiche e le pecu-

liarità culturali degli abitanti e del territorio di riferimento, in modo da rafforzarne

per entrambi l’identità culturale.

In un mondo sempre più globalizzato, in cui il piccolo schermo inesorabilmente con-

diziona in modo crescente il modo di comportarsi, di vivere, di relazionarsi con il pros-

simo, diventa sempre più importante ribadire la necessità di una forte identità del cit-

tadino e del suo territorio, identità ovviamente costruita sui valori condivisi, sulla cul-

tura «alta», sulle tradizioni, sulla storia, sulle memorie.

Solo una comunità con una forte identità culturale ha, infatti, la forza di aprirsi al mon-

do e alle sue sfide competitive, connesse alla rapida globalizzazione in atto, senza cor-

rere il rischio di essere brutalmente omologata, uniformata e quindi fagocitata da un

modus vivendi estraneo, artefatto, finto, in ultima analisi privo di valore.

La presentazione della guida archeologica su Augusta Bagiennorum - così qualificata,

attenta al dato storico e capace di evidenziare la bellezza e la ricchezza dei manufatti

che il tempo ci ha fortunatamente conservato e tramandato - è sicuramente l’occasio-

ne migliore per ribadire l’importanza della storia e del patrimonio archeologico del

nostro territorio, che non solo costituiscono una leva straordinariamente importante

per l’avvio dell’industria turistica di qualità, ma soprattutto diventano pietre miliari

della conoscenza di noi stessi e della nostra identità.

Un grazie sincero va quindi al Comune di Bene Vagienna e alla Soprintendenza per i

Beni Archeologici del Piemonte - e in particolare all’autrice di questa guida - per la

qualificata e costante attenzione prestata alla conservazione, alla tutela e alla valoriz-

zazione dei beni archeologici rinvenuti nel sito di Augusta Bagiennorum, chiara testi-

monianza dello splendore di quest’area in epoca antica.

AMBROGIO INVERNIZZI

Assessore alla Cultura della Provincia di Cuneo

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INQUADRAMENTO STORICO

Augusta Bagiennorum venne fondata dai Romani intorno all’ultimo venticinquennio

del I secolo a.C. nella media valle del Tanaro, areale del Piemonte meridionale, in an-

tico corrispondente alla Liguria interna (Regio IX), di importanza strategica per il con-

trollo del transito tra la pianura Padana, le valli degli affluenti del Po (alcuni dei qua-

li, navigabili come il Tanaro fin dalla preistoria, furono veicoli di un attivo commer-

cio fluviale), i valichi alpini e la costa ligure.

La sua fondazione concluse il processo di romanizzazione e la progressiva conquista

del territorio a sud del Po che si erano avviati nel corso del II secolo a.C., sullo scorcio

delle campagne militari condotte dai Romani contro i Liguri, e si erano consolidati at-

traverso la creazione di una viabilità organizzata intorno alla Via Fulvia. La strada, ri-

condotta all’attività del console Marco Fulvio Flacco in ambito padano al tempo del-

le conquiste dei Gracchi (125-123 a.C.), partiva da Dertona, dove si collegava alla Via

Postumia e alla Via Aemilia Scauri, dirigendosi verso occidente fino ad Hasta (Asti),

da cui si diramavano due tratti. Uno, attraversando il Po, raggiungeva Augusta Tau-

rinorum (Torino), l’altro costeggiava la media valle del Tanaro, sulle cui sponde, a con-

trollo del fiume, sorsero i centri urbani di Pollentia (Pollenzo), presumibilmente in-

torno agli ultimi decenni del II secolo

a.C., e successivamente di Alba Pompeia

(Alba) nel I secolo a.C. (post 89 a.C.), e da

ultimo di Augusta Bagiennorum.

Quest’ultima città venne fondata su

un’area fertile e pianeggiante, l’attuale

Piana della Roncaglia, delimitata a sud-

est dalla valle del torrente Mondalavia,

affluente del Tanaro, e verso nord-ovest

dalle colline in frazione Podio che prelu-

dono alla valle della Stura di Demonte.

Si collocava lungo l’asse viario che colle-

gava la media valle del Tanaro con Pe-

dona (Borgo San Dalmazzo), sede della

Quadragesima Galliarum, e quindi con il

valico della Maddalena. Inoltre, da essa

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2. Rete stradale e principali centri urbani del Piemonte in età romana.

1. Veduta aerea della Piana della Roncaglia con i resti della città romana.

COMPLESSODEL CAPITOLIUM

AREA DEL FORO

TEATRO EQUADRIPORTICO

DIETROLA SCENA

TEMPIO ROMANOE BASILICA CRISTIANA

CASCINA ELLENA

ANFITEATRO

SAN PIETRO

DECUMANOMASSIMO

NECROPOLI SUD

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Fu in particolare l’Assandria, illustre storico noto per la pubblicazione degli Statuti di

Bene (1892), socio corrispondente della Società Piemontese di Archeologia e Belle Ar-

ti, a interessarsi alle prime ricerche sul terreno, affittando i campi dai contadini e poi

reinterrando le strutture messe in luce. Il coinvolgimento del più giovane Vacchetta,

professore ordinario di disegno ornamentale al Politecnico di Torino e autore delle

planimetrie di scavo, e il rapporto con le istituzioni preposte alla tutela archeologica

sono una conferma del rigore scientifico con cui le indagini, sostenute anche da con-

tributi finanziari dell’allora Ministero della Pubblica Istruzione e pubblicate con una

certa regolarità, vennero condotte. L’attività di ricerca dei due studiosi si svolse tra il

1892, cui risalgono i primi tentativi di scavo archeologico, e il 1925, anno della pub-

blicazione della planimetria generale degli scavi, con campagne svoltesi nei mesi au-

tunnali, per non danneggiare i raccolti, a cadenza quasi annuale fino al 1909. Della

città antica, di cui alcuni «ruderi» emergevano ancora dal terreno, essi identificarono

l’impianto urbano di tipo regolare con assi viari (decumani e cardini) ortogonali tra

di loro e dotati di condotti per lo smaltimento delle acque, oltre ai vari edifici pubbli-

ci e privati, tra cui il complesso del teatro e della porticus post scaenam, l’anfiteatro, il

Foro e le terme. Inoltre, individuarono le torri quadrate in muratura che segnavano

le porte d’ingresso e gli angoli del perimetro della città, risultata priva di una vera e

propria cinta muraria, e delimitata da un semplice vallum o fossato con palificazione

lignea su tre lati, e dalla ripa scoscesa del Mondalavia sul quarto.

Morto l’Assandria (1926), la ricerca archeologica sul sito subì un lungo periodo di in-

terruzione e solo negli anni tra il secondo conflitto mondiale e il periodo postbellico

si snodava un tracciato secondario che, risalendo l’alta val Tanaro e attraversando il

tratto appenninico, raggiungeva la costa ligure ai Vada Sabatia (Vado Ligure).

Il nome onorifico dato ad Augusta Bagiennorum si riconduce alle iniziative attuate

dall’imperatore Augusto nell’ambito del suo programma politico di riorganizzazio-

ne dell’intero Piemonte avviato con le fondazioni di Augusta Praetoria Salassorum (Ao-

sta) e di Augusta Taurinorum (Torino), allo scopo di sancire la definitiva pacificazione

delle popolazioni alpine e prealpine di origine locale.

Gli abitanti, infatti, che furono iscritti alla tribù Camilia come i cittadini della vicina

Alba Pompeia, erano probabilmente veterani di Ottaviano Augusto, e si insediarono

nel territorio che era appartenuto alla tribù preromana dei Bagienni, antica popola-

zione di ethnos ligure, già alleata dei Romani fin dalla seconda guerra punica e dedi-

ta soprattutto alla pastorizia e al mercenariato.

Citata da Plinio il Vecchio tra i nobilia oppida della Liguria (Naturalis Historia, III, 5,

49) e ricordata nelle fonti antiche, oltre che in numerose epigrafi, la città non sembra

essere stata fondata su un insediamento preromano, non ancora noto e forse da ri-

cercarsi nelle colline circostanti. Controllava un territorio (ager) non particolarmen-

te esteso, soprattutto rispetto a quello delle confinanti Alba Pompeia e Pollentia, il qua-

le ha restituito piccoli nuclei di necropoli, documenti epigrafici e bolli sui laterizi che

indicano un perdurare del latifondo almeno fino alla metà del V secolo d.C., anche se

le tracce della sistemazione agraria o centuriazione sono scarse e difficilmente rico-

noscibili.

LA SCOPERTA DEL SITO ARCHEOLOGICO E LA STORIA DELLE RICERCHE

L’esatta ubicazione della città romana, a lungo incerta negli studi degli eruditi loca-

li tra il XVII e il XVIII secolo, si deve a due studiosi benesi, Giuseppe Assandria e Gio-

vanni Vacchetta, i quali, sulla scorta di ipotesi già formulate dal Muratori e dal Man-

zone, individuarono i resti del sito archeologico in località Roncaglia (fig. 5), a circa

quattro chilometri a nord-est dell’attuale centro di Bene Vagienna, la cui origine è di

età medievale.

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3. Pianta degli scavi ottocenteschi del Foro eseguita da G. Vacchetta (Bene Vagienna, Archivio Storico di Casa Ravera).

4. Pianta del teatro eseguita da G. Vacchetta (Bene Vagienna, Archivio Storico di Casa Ravera).

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i primi del Novecento, di sepolture a incinerazione pertinenti alla necropoli meridio-

nale della città antica (fig. 7, nn. 1, 2), i cui corredi (fig. 24), databili tra I e II secolo d.C.,

sono esposti nel locale Museo Archeologico.

Percorrendo a piedi la strada campestre, il cui tracciato si sovrappone solo in parte a

quello dell’antico decumano massimo, principale asse viario orientato nord-est sud-

ovest, si costeggia l’acquedotto (fig. 7, n. 4), ancora parzialmente emergente dal ter-

reno, l’area della necropoli meridionale dove sorgevano anche monumenti funerari

(fig. 7, n. 5) e, entrando per la porta Decumana (fig. 7, n. 8), le cui strutture sono in-

terrate, si raggiunge il Foro (fig. 7, n. 13).

Lo spazio forense, che si collocava nel settore centrale dell’impianto urbano, era arti-

colato in tre parti (tempio-piazza-edificio civile), da cui il nome di «foro tripartito» se-

condo uno schema assai diffuso nel mondo romano e che trova un preciso confronto

a Brixia (Brescia).

Uno dei lati brevi era, infatti, occupato dall’area sacra dove si ergeva un tempio su po-

dio (fig. 7, n. 14; fig. 10), probabilmente con pronao antistante la cella e scalinata di ac-

cesso, il quale, circondato su tre lati da un portico articolato in vani absidati, sul quar-

to era aperto sul decumano massimo. Alle spalle si collocava un ambiente rettango-

lare (fig. 7, n. 15), già interpretato come curia (edificio per riunioni politiche e religio-

se), mentre sulla fronte era collocato l’altare. È ignota la divinità che vi era venerata,

anche se la posizione ha fatto supporre che si tratti del Capitolium o Tempio Maggio-

re della città, dedicato alla triade Capitolina (Giove, Giunone e Minerva), pur non

escludendo una dedica al culto dell’imperatore o l’associazione ad altre divinità.

Il complesso, che ebbe varie fasi edilizie databili tra la fine del I secolo a.C. e almeno

il IV d.C., è stato oggetto a partire dal 2002 di nuove indagini, tuttora in corso, finaliz-

della ricostruzione l’allora Soprintendenza Archeologica del Piemonte riprese le in-

dagini, dapprima nell’area del cosiddetto Capitolium o Tempio Maggiore (1942), poi

al teatro (1956-1957; 1962-1974), dove la completa messa in luce, con interventi di re-

stauro particolarmente invasivi, del monumento e del retrostante quadriportico ha

portato alla creazione dell’area archeologica di proprietà demaniale.

Dal 1993, a seguito della Legge Regionale di costituzione dei Parchi Naturali, l’area

archeologica di Augusta Bagiennorum, con gran parte del territorio dell’antica colonia,

è diventata Riserva Naturale Speciale e fa parte dell’Ente Parchi Valli Cuneesi.

L’acquisizione recente alla proprietà pubblica di importanti settori della città antica

(area del Capitolium, porzioni dell’anfiteatro e del Foro) ha portato ad avviare nuove

campagne di scavo, tuttora in corso, nell’ambito di un rinnovato interesse per la va-

lorizzazione dell’area archeologica finalizzato anche a un ampliamento del percorso

di visita.

IL PERCORSO ARCHEOLOGICO

Attualmente è visitabile una minima parte della reale area della città antica che, con

una superficie di circa ventuno ettari, si estendeva sulla piana, ancora oggi sottopo-

sta a coltivazioni agricole e in gran parte di proprietà privata.

Il percorso si snoda a partire dalla chiesetta campestre di San Pietro (figg. 6-8), eretta

nel XV secolo sui resti del tratto extraurbano dell’acquedotto di età romana (fig. 9). I

terreni antistanti la cappella sono noti per il ritrovamento, tra la fine dell’Ottocento e

5. Panoramica della Piana della Roncaglia.

6. Panoramica della piana circostante la chiesetta di San Pietro.

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7. Planimetria dei resti della città romana.

STRUTTURE ROMANE VISIBILI

STRUTTURE ROMANE RINVENUTE E NON PIÙ VISIBILI

NECROPOLI ROMANE

STRUTTURE TARDO ANTICHE E MEDIEVALI

NECROPOLI MEDIEVALI

POSSIBILI PERCORSI DI VISITA

1. Necropoli meridionale di San Pietro (tombe I-V) 2. Tombe nei pressi della cappella di San Pietro3. Tombe presso l’anfiteatro4. Tratto extra-urbano dell’acquedotto5. Recinto con monumento funerario6. Tratto extra-urbano della Via Glareata che conduceva

verso Pedona (Borgo San Dalmazzo) e i valichi alpini7. Anfiteatro8. Porta urbica occidentale9. Porta urbica orientale

10. Torri angolari11. Probabili officine extra-urbane con resti di vasche12. Edificio con funzione militare o di magazzino 13. Foro14. Complesso del cosiddetto Capitolium o Tempio Maggiore15. Curia16. Basilica civile17. Teatro18. Porticus post scaenam19. Tempio e successiva basilica cristiana20. Terme 21. Edificio residenziale forse con ninfeo22. Probabile edificio pubblico

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zate alla sua completa messa in

luce e fruizione al pubblico (figg.

11, 12). Attualmente sono visibili

i resti del podio (10 x 23 m), anco-

ra emergente dal terreno per cir-

ca tre metri, caratterizzato da mu-

rature in ciottoli legati da calce e

spezzati nel paramento esterno

(opus incertum), mentre gli ele-

menti della decorazione architet-

tonica di rivestimento e di orna-

mento del tetto (cornici e lastre in

marmo di Luni, antefisse in terra-

cotta con motivo a palmetta) sono

esposti nel locale Museo Archeo-

logico, insieme ai materiali cera-

mici e ad alcuni bronzi dorati pro-

venienti dallo scavo dei vani del

triportico (figg. 13, 14).

Attualmente non resta più nulla

di visibile della piazza rettango-

lare (36 x 115 m) che costituiva il

Foro vero e proprio (fig. 7, n. 13),

pavimentata in ciottoli e delimi-

tata da portici sui lati lunghi, e de-

gli edifici che la circondavano: le

botteghe, le terme (fig. 7, n. 20) e

la basilica civile (fig. 7, n. 16) de-

stinata all’esercizio delle funzioni politiche, giuridiche e amministrative della città.

Gli edifici, solo parzialmente indagati da Assandria e Vacchetta, sono stati interrati al

di sotto di un grande spazio coltivato, ora in parte acquisito alla proprietà pubblica,

che il visitatore costeggia per raggiungere l’area archeologica dove sorgono il teatro

e gli edifici a esso collegati.

Del teatro (fig. 7, n. 17), che dovette avere più fasi edilizie tra I e II secolo d.C., resta-

no visibili le fondazioni e una minima parte dei muri in elevato (fig. 16). Era costruito

su un terrapieno frazionato da venti muri radiali, che formavano delle concamera-

zioni (vani) cieche e riempite di terra, destinate a sostenere la complessa struttura

della cavea. Questa, che aveva un diametro massimo di cinquantasette metri circa e

poteva contenere non più di tremila spettatori, si articolava in due ordini di gradi-

nate (summa cavea e ima cavea) ed era delimitata da un corridoio esterno semicircola-

9. I resti dell’acquedotto nei pressi della chiesetta di San Pietro.

8. La chiesetta di San Pietro.

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re (ambulacro). Sono conservati anche l’orchestra, di forma semicircolare, e gli in-

gressi laterali (aditus o parodoi), con tracce della pavimentazione antica, mentre del-

la scena originaria, delimitata ai lati da ambienti di servizio e lunga quarantadue me-

tri, attualmente resta ben poco. Il proscenio (pulpitum), sul quale si muovevano gli

attori, è ricoperto da un tavolato ligneo moderno che ne nasconde le parti struttura-

li (fossa del sipario, canale, eccetera). Della fronte scena (frons scaenae), articolata in

nicchie ornate da colonne e statue in marmo di Luni (fig. 17), i cui frammenti sono

esposti al Museo Archeologico, sono state ricostruite tramite calchi le cornici delle

due porte laterali (hospitalia) da cui entravano gli attori.

Alle spalle del teatro si visita un ampio porticato (porticus post scaenam) (fig. 7, n. 18),

che, sviluppato su quattro lati, era destinato al riparo degli spettatori. Al centro, sor-

ge un tempio (fig. 7, n. 19), anch’esso conservato a livello delle fondazioni, dedicato a

una divinità ancora ignota, forse Bacco per il suo legame con il mondo teatrale. Di di-

mensioni ridotte (19,60 x 11 m), il sacello era a pianta rettangolare con la cella prece-

duta da un vestibolo (pronao) e quattro colonne sulla fronte. A una di esse si ritiene

pertinente il grande capitello corinzio (fig. 22), ora al Museo Archeologico, rinvenuto

negli scavi ottocenteschi e databile nella seconda metà del I secolo d.C. Un’occupa-

zione successiva, inquadrabile tra V e VIII secolo d.C., vede la trasformazione con due

fasi costruttive del tempietto in una basilica cristiana, fulcro di un abitato medievale

10. Veduta aerea della zona occupata dal complesso del cosiddetto Capitolium. Al centro sono visibili i resti del podio del tempio.

11. Panoramica del podio e dell’altare di età romana con le sepolture della necropoli medievale.

12. Il podio e l’area circostante in corso di scavo.

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sorto quando ormai la città romana

era stata abbandonata.

Uscendo dall’area archeologica e per-

correndo la strada asfaltata della Ron-

caglia si raggiunge l’anfiteatro (fig. 7,

n. 7), nei pressi del quale è stato di re-

cente inaugurato il Centro visita Ca-

scina Ellena che, ospitato in un edifi-

cio rurale settecentesco, già restaura-

to e riqualificato, rappresenta un pun-

to di accoglienza per il visitatore sul si-

to archeologico e di prima documen-

tazione della storia dell’insediamento.

Dell’anfiteatro, che sorgeva all’esterno

del perimetro urbano lungo una delle

vie di accesso alla città romana, è visi-

bile il settore occidentale, messo in lu-

ce nel corso di nuove indagini archeo-

logiche (2001-2003), mentre la parte re-

stante del monumento e l’arena, tut-

tora di proprietà privata, rimangono

ancora da esplorare (fig. 18). L’edificio,

che trova confronti precisi con quello

di Libarna (Serravalle Scrivia), fu co-

struito su un terrapieno artificiale. La

cavea, di forma ellittica (105,60 x 77 m), è delimitata da un muro perimetrale conserva-

to in elevato per circa due metri, cui si addossava all’esterno una serie di contrafforti

posti a distanza regolare che sostenevano un prospetto ad archi (figg. 19, 20). Avancor-

pi a U, di cui tre ancora visibili, erano occupati dagli scalini per accedere alle gradinate

dell’ordine superiore, non conservate, mentre un corridoio in parte voltato (vomitorium)

conduceva a quelle inferiori. Costruito come il resto dell’edificio utilizzando il ciotto-

lo, spezzato nella facciavista esterna con un effetto di paramento irregolare (opus incer-

tum), legato con malta e alternato a doppi filari di laterizi, conserva interessanti tracce

dei lavori di costruzione: sulle pareti i buchi rettangolari per i travicelli in legno delle

impalcature e, sulla superficie di uno dei muri, le impronte di calzature chiodate la-

sciate sulla malta ancora fresca. La cronologia dell’anfiteatro, che sembra avere avuto

un’unica fase edilizia, è legata a pochi reperti, quasi esclusivamente monete in bronzo

(assi di Antonino Pio e Faustina II, e un sesterzio di Adriano), che indicano un utilizzo

del monumento, costruito probabilmente poco dopo la fondazione della colonia, per

tutto il II secolo d.C. e oltre. Dopo l’abbandono e il parziale crollo delle strutture, piccoli

ambienti a carattere abitativo, ubicati tra i contrafforti e ora interrati, documentano una

frequentazione sporadica in età tardo antica (V-VI secolo).

13. Antefisse a palmetta in terracotta pertinenti alla decorazione del tetto del tempio (Bene Vagienna, Museo Archeologico), I-II secolo d.C.

14. Asta (hasta pura) ed elemento a voluta in bronzo dorato rinvenuti in uno degli ambienti del triportico che circondava il tempio (Bene Vagienna, Museo Archeologico), I secolo d.C.

15. Ricostruzione assonometrica ideale del Foro.

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17. Ricostruzione ipotetica della scena del teatro eseguita da G. Vacchetta (Bene Vagienna, Archivio Storico di Casa Ravera).

18. Veduta aerea della Cascina Ellena e dell’anfiteatro in corso di scavo.

19. Panoramica del muro esterno dell’anfiteatro in prossimità del vomitorium e di uno dei vani scalari.

16. Veduta aerea del teatro e del retrostante quadriportico (porticus post scaenam)con al centro i resti del tempietto di età romana e della soprastante basilica cristiana.

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20. Panoramica del muro esterno dell’anfiteatro in corso di scavo.

21. Ricostruzione assonometrica ideale dell’anfiteatro.

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IL MUSEO ARCHEOLOGICO

Il Museo Archeologico, istituito agli inizi del No-

vecento per volontà di Assandria e Vacchetta, ha

sede a Bene Vagienna nel settecentesco Palazzo Lu-

cerna di Rorà.

Al primo piano una piccola sala (Sala Assandria) co-

stituisce il nucleo originario del percorso museale; qui

i due studiosi riunirono i reperti provenienti dalle ri-

cerche sul sito archeologico con un allestimento ancora

di tipo ottocentesco, parzialmente conservato come me-

moria storica anche nel recente restauro che ha interessato

l’intero Palazzo. Alle pareti sono murati le cornici in marmo che de-

coravano le porte della scena del teatro, vari elementi della decorazio-

ne architettonica (capitelli, fregi, eccetera), mattoni che conservano il marchio del fab-

bricante (Sextus, Cocceius, Maternus) e le epigrafi rinvenute nella città e nel territorio.

Al centro si colloca una grande vetrina sopra la quale sono sistemate le antefisse a pal-

metta in terracotta che decoravano i tetti della basilica civile e del cosiddetto Capito-

lium, mentre all’interno sono esposti gli oggetti provenienti dalla necropoli meridio-

nale (I secolo d.C.), tra cui i corredi delle sepolture individuate presso la chiesetta cam-

pestre di San Pietro (1896) e la Cascina Canarisio (1909), nei pressi dell’anfiteatro, ca-

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22-24. La Sala Assandria nel Museo Archeologico. Il capitello corinzio in marmo di Luni (I secolo d.C.) e un particolare dei ripiani della vetrina posta al centro della Sala.

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ratterizzati da suppellettili di uso comune, vetri, anche di pregio, come la grande cop-

pa costolata, un castone decorato con testa di Dioniso o di Menade, specchi e una lu-

cerna in bronzo. Gli altri ripiani sono occupati dai documenti materiali della vita quo-

tidiana al tempo dei Romani: vasellame fine da mensa (terra sigillata, ceramica a pa-

reti sottili e invetriata a rilievo), ceramica comune da cucina e da dispensa, anforacei,

lucerne, pedine da gioco, monete, utensili vari e oggetti di ornamento in metallo (fi-

bule, anelli, appliques), gemme, alcuni esemplari di piccola plastica in marmo (ermet-

ta di Sileno, testina con berretto frigio) e in bronzo (Mercurio, piccoli animali), oltre

agli elementi di rifinitura degli edifici (condutture, porzioni di pavimento, intonaci

dipinti, frammenti di lastre in mar-

mo, tessere di mosaico, stucchi).

Al pianterreno la nuova manica,

inaugurata di recente e arricchita da

pannelli illustrativi con ricostruzio-

ni ideali dei principali complessi ar-

chitettonici, è dedicata alla città at-

traverso l’analisi dei suoi monu-

menti pubblici più noti, quali l’anfi-

teatro e il complesso teatrale (I sala),

il Foro con il cosiddetto Capitolium e

la basilica civile (II sala), delle tecni-

che costruttive e della vita quotidia-

na (III sala). A essa si accede dal cor-

ridoio di ingresso del Palazzo dove

sono stati collocati reperti di grandi

dimensioni: il capitello di ordine co-

rinzio in marmo di Luni, rinvenuto

nella zona retrostante il teatro e for-

se pertinente al tempio-sacello sorto

al centro del quadriportico. Databi-

le nella seconda metà del I secolo

d.C., testimonia la monumentalità

della città nella prima età imperiale,

mentre i quattro ciottoli fluviali con

iscrizioni (primi decenni del I secolo d.C.), rinvenuti nella Piana e in altre zone del ter-

ritorio, erano utilizzati come segnacoli delle sepolture secondo un uso che è tipico del-

le aree geografiche di ambito alpino.

Nelle tre sale sono esposti reperti di varia epoca (I-VIII secolo d.C.) provenienti dai vec-

chi e nuovi scavi che la Soprintendenza ha condotto sul sito e in particolare su alcuni

monumenti pubblici, tra cui, recentemente, l’anfiteatro. A esso si riconducono le mo-

nete in bronzo (tre assi e un sesterzio del II secolo d.C.) e il calco dell’impronta di cal-

zatura individuata sulla faccia di uno dei muri del vomitorium, mentre i pochi docu-

menti di età tardo antica e medievale, quali il mattone bollato di Albino (VII-VIII seco-

lo d.C.) e il pettine in osso lavorato (VI-VII secolo d.C.), recuperati nell’area della basi-

lica cristiana, rappresentano la testimonianza superstite del periodo in cui Augusta

Bagiennorum non era più centro urbano, ma esisteva ancora come piccolo insediamento

sviluppatosi intorno alla pieve di Santa Maria, già nota dalle fonti.

L’importanza della città in età imperiale emerge nella sala dedicata al Foro, oggi ri-

costruibile solo attraverso piante e documenti ottocenteschi, e al complesso del Tem-

pio Maggiore o Capitolium, da cui provengono interessanti e significativi reperti qua-

li la parte terminale di un’asta (hasta pura) e il frammento di voluta, pertinente alla

decorazione di un elemento di ar-

redo, forse un trono in bronzo do-

rato, rinvenuti in uno degli am-

bienti del porticato intorno al tem-

pio, oltre a ceramica di varia epo-

ca (I-IV secolo d.C.) e ai resti della

ricca decorazione architettonica,

caratterizzata da antefisse in ter-

racotta e cornici in marmo di Lu-

ni, in parte ricostruita alle pareti.

La vita quotidiana è esemplificata,

nell’ultima sala, da un nucleo di

oggetti provenienti da un recupe-

ro di emergenza effettuato nel ter-

ritorio, presso Cascina Carabini,

nel 1959, dove si localizzava una

piccola necropoli, con vasellame

in vetro (coppa costolata, bottiglia, balsamari, coppette) e in bronzo (attingitoio), ter-

ra sigillata, ceramica a pareti sottili, lucerne, olle in ceramica comune. Alle pareti so-

no sistemati vari elementi esemplificativi della tecnica costruttiva in età romana: la-

terizi, tra cui tegole e mattoni di vari moduli e dimensioni, alcuni dei quali conser-

vano ancora il marchio del fabbricante, tubi in terracotta e in piombo (fistula plum-

bea) destinati ai condotti per l’acqua degli edifici pubblici e privati. In particolare, la

ricostruzione al vero di una porzione dell’ambiente riscaldato (ipocausto) indivi-

duato da Assandria e Vacchetta nelle terme urbane presso il Foro nel 1904, proposta

sulla base dei documenti di scavo e dei materiali superstiti (suspensurae in terracot-

ta, resti di pavimentazione in cocciopesto e in marmo, elementi del rivestimento pa-

rietale, distanziatori da parete per il passaggio dell’aria calda, laterizi, eccetera), ac-

compagna il visitatore nella scoperta delle elevate capacità tecnologiche in cui i Ro-

mani furono maestri.

25. Parte di un ambiente con ipocausto delle terme del Foro ricostruito nelle sale al piano terreno del Museo Archeologico, I secolo d.C.

26. Bronzetto di Mercurio, I-II secolo d.C.

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