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and Integrated Medicine

HIMHOMEOPATHY

d

Organo ufficiale dellaSocietà Italiana di Omeopatiae Medicina Integrata

Anno 1 - Numero 1, Marzo 2010

In copertina: Light Echoes from V838 Mon.Per�gentile�conc.�NASA�and�the�Hubble�Heritage�Team�(AURA/STScI).

Direttore�Responsabile:�Gino SantiniDirettore�Scientifico:�Simonetta BernardiniRegistrazione�in�corso�presso�il�Tribunale�di�Roma.Periodicità:�Semestrale

©�2010�SIOMI�-�Tutti�i�diritti�riservati.�Nessuna�partedi�questa�pubblicazione�può�essere�riprodotta�o�trasmessain�alcuna�forma,�senza�il�permesso�scritto�della�SIOMI.Le�copie�arretrate�possono�essere�richieste�alla�SIOMI.

Direzione:�c/o�ISMO�-�Via�Adolfo�Venturi,�24�-�00162�RomaAmministrazione,�Pubblicità:�c/o�FIMO�-�Via�Kyoto,�51�-�50126�FirenzeTel.:�055.6800.389�-�Fax:�055.683.355�-�E-mail:�[email protected]

Finito�di�stampare�nel�mese�di�marzo�2010presso�Grafica�Di�Marcotullio�s.a.s.Via�di�Cervara,�139�-�00155�Roma

COMITATO SCIENTIFICOArea di omeopatia e medicina integrataSimonetta�Bernardini,�Francesco�Bottaccioli,�Tiziana�Di�Giampietro,Carlo�Di�Stanislao,�Peter�Fisher,�Italo�Grassi,�Francesco�Macrì,Ennio�Masciello,�Emilio�Minelli,�Roberto�Pulcri,�Gino�Santini,Massimo�Saruggia,�Gabriele�Saudelli,�Luisella�Zanino

Area accademica e medicina convenzionaleIvan�Cavicchi,�Andrea�Dei,�Giuseppe�Del�Barone,Claudio�Fabris,�Luciano�Fonzi,�Antonio�Panti,Roberto�Romizi,�Mauro�Serafini,�Umberto�Solimene

Editoriale2 Perchè Himed?

di Simonetta Bernardini

In�primo�piano4 C’è nell’aria qualcosa di epocale...

di Ivan Cavicchi

Contributi�originali7 Farmacologia omeopatica moderna:Momordica balsamina e Mirica cerifera

di Valter Masci

10 La questione etica nella medicina omeopaticadi Pierluigi Gargiulo

14 L’approccio omeopatico alle allergopatie in età pediatricadi Roberto Pulcri

16 Evidence Based Homeopathic Medicinedi Umberto de Vonderweid

22 Attività delle diluizioni di istamina sulla degranulazione dei basofilidi Naoual Boujedaini

I�grandi�personaggi�dell’omeopatia20 Antonio Negro

Omeopatia:�il passato,�il�presente�e�il�futuro29 Max Tétau

Il�modello�francese�di�omeopatia:�una�integrazione�riuscita,�una�crescita�padroneggiata

Spotlight26 a cura di Gino Santini

Medicinali�omeopatici�efficaci�come�la�chemio�su�cellule�neoplastiche�-�Il�Natrum�sulphuricum�protegge�dalla�cancerogenesiepatica�-�China�200CH�per�combattere�la�malatia�del�nodo�del�Gelso�-�Omeopatia�e�tumori:�ottime�notizie�dal�National�CancerInstitute�-�Terapia�omeopatica�nella�rigenerazione�ossea�-�Gelsemium�omeopatico�contro�l’ansia:�nei�topi�funziona�-�Dina-mizzazioni�omeopatiche�influenzano�la�crescita�di�piante�acquatiche�-�Scelte�omeopatiche�per�la�psoriasi:�una�metanalisi

Quaderni�di�Medicina�IntegrataLe gastriti

34 Il contributo della medicina omeopaticadi Roberto Pulcri

36 Il contributo della MTCdi Emilio Minelli

40 Il contributo della fitoterapiadi Erus Sangiorgi

Case�ReportCasi clinici descritti secondo le Linee Guida del Case Report redatte dalla SIOMI

43 Un caso di litiasi biliare sintomaticadi Luisella Zanino

L’omeopatia�raccontata33 Thuja, il medico del futuro!

di Italo Grassi

HOMEOPATY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 1 1

SOMMARIO

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EDITORIALE

Perché una nuova Rivista della SIOMI?

La SIOMI è stata fondata con lo scopo di contri-buire a ridisegnare il pensiero medico contempo-raneo promuovendo uno scambio culturale tra

esponenti della medicina accademica, della medicinaomeopatica e più in generale di tutte le medicine com-plementari al fine di poter giungere alla Medicina Inte-grata. Con questa nuova Rivista riprendiamo il percorso cheabbiamo iniziato nel 2006 con CARE. Siamo statimolto affezionati alla nostra prima “creatura” e siamoanche stati confortati dagli apprezzamenti ricevuti.CARE purtroppo non era una Rivista di proprietà dellaSIOMI poiché all’epoca della sua fondazione la Societànon aveva risorse economiche sufficienti da destinare alprogetto editoriale. All’epoca della nascita di CARE noidovemmo accontentarci di una partnership accettandoalcune regole editoriali che pur lasciando libera SIOMIdi esprimere in piena autonomia i proprio contenuticulturali limitavano di fatto la diffusione della Rivista.Nel 2008 la nostra collaborazione con l’editore diCARE si è risolta per motivi indipendenti dalla nostravolontà. Il nostro Consiglio Direttivo fu costretto per-tanto a rinunciare temporaneamente all’organo ufficialedella Società nell’attesa di poter riprendere la pubblica-zione di un mezzo di informazione capace di esistenzae diffusione autonome. Debbo dire che nello stessotempo in cui si è consumata la “fine” di CARE si eraconsolidata la collaborazione con l’editore EDRA oggiElsevier e la nostra Società scientifica era impegnata aredigere settimanalmente Omeopatia33. La rivista inter-net ci ha molto assorbiti ma non ci ha mai fatto desisteredal proposito di “riavere” la nostra rivista stampata.Oggi festeggiamo il raggiungimento di questo obiettivoe, per scelta concorde del Consiglio Direttivo, abbiamovoluto far coincidere l’uscita di HIMed con l’undice-simo anniversario della fondazione della Società, avve-nuta il 13 Marzo del 1999 e in occasione del VConvegno Nazionale Triennale che ha per titolo “Ri-pensare la Cura” un argomento che per SIOMI rappre-senta l’impegno portante della sua attività culturale.Come professionisti infatti siamo ben consci dei pregie dei limiti delle terapie convenzionali e di come troppistati di malattia siano di fatto orfani di strumenti dicura. Mi riferisco alle malattie croniche di cui soffrono,soltanto in Italia, più di 17 milioni di cittadini. Sonoproprio le malattie croniche il vero flagello di questaepoca della medicina apparentemente opulenta di stru-menti terapeutici, ma nella realtà spesso priva di vere ri-

sorse di guarigione nei confronti di moltissime malattieoggi trattate dalla medicina convenzionale con farmaciche sopprimono o contengono i sintomi. Ne deriva cheil fine della medicina accademica purtroppo si limitapiuttosto al raggiungimento di un equilibrio tra sop-pressione dei sintomi clinici e contenimento degli effetticollaterali dei farmaci piuttosto che alla risoluzione dellamalattia. Questo accade perché la medicina occidentaleha scelto di sottovalutare la complessità della malattia edi relegare il ruolo del malato ad oggetto portatore dimalattia ignorando quanto egli possa essere, in realtà,potenziale protagonista del recupero del proprio statodi salute. Ed è proprio sul potenziale di autoguarigioneche investono le medicine complementari, compresal’omeopatia. Ripensare la cura è possibile, dunque, a co-minciare dal ridisegnare alleanze tra medicine fondatesu paradigmi differenti che, a nostro modo di vedere,non sono incompatibili. La possibilità di un confronto tra paradigmi in medi-cina e le straordinarie opportunità che possono scatu-rire dall’integrazione dei diversi saperi medici è il temacentrale del nostro progetto culturale teso a fare pontiladdove si sono create fratture culturali e ricomporre,attraverso l’interdisciplinarietà, l’alleanza tra risorse te-rapeutiche. HIMed è, come un tempo lo è stato CARE,lo strumento con il quale SIOMI vuole testimoniare lapossibilità di questo dialogo tra medicine cercando, nelsuo piccolo, di influenzare l’evoluzione della culturamedica di oggi. Del resto, dopo undici anni la medicinaintegrata della quale ci siamo fatti promotori in Italiarappresenta una dimensione condivisa a più livelli.Siamo orgogliosi di poter considerare che oggi l’Uni-versità di Siena ha istituito un Master di Medicina In-tegrata e che è di imminente apertura il primo Ospe-dale di Medicina Integrata a Pitigliano (GR) grazie adun finanziamento stanziato dalla regione Toscana sulfinire dell’anno 2009. Siamo grati a quelle Istituzioniche hanno voluto fare propri i temi della integrazionein medicina che hanno ispirato la nostra Società e ani-mato il nostro impegno fin dalla sua fondazione.

Perché “HIMed”?

Perché Homeophaty and Integrated Medicineesprime pienamente il nostro progetto culturale.Come in passato, anche per HIMed noi abbiamo

cercato “alleati” nel mondo accademico e nel mondo dellamedicina “convenzionale” coinvolgendo menti aperte di-sposte a contribuire, insieme a noi, al ripensamento dellamedicina.

2 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 1

Perchè HIMed?

Simonetta Bernardini

Presidente SIOMI, Società Italiana di Omeopatia e Medicina IntegrataE-mail: [email protected]

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EDITORIALE

3HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 1

Mi preme dunque ringraziare le personalità pre-stigiose del mondo accademico e dell’area con-venzionale della medicina che hanno voluto

condividere il nostro progetto editoriale. Nel contemporingrazio gli omeopati e anche i medici esperti in fitotera-pia, agopuntura e MTC della cui collaborazione HIMedsi avvarrà in particolar modo per il Quaderno di MedicinaIntegrata. Il Quaderno, che rappresenta la parte centraledella rivista, affronta problematiche connesse a quelle ma-lattie croniche per le quali maggiormente si constata il li-mite terapeutico della sola medicina accademica. Essoprevede la trattazione delle risorse provenienti da più me-dicine con lo scopo di promuovere una riflessione sulla in-tegrazione terapeutica, un modello assistenziale che anostro modo di vedere sarà, ne’ più ne’ meno, la medicinadel futuro. Ma il progetto che vogliamo avviare con il con-vegno 2010 rappresenta un ulteriore passo avanti matu-rato anche grazie all’esperienza in corso al Master diMedicina Integrata e che potrà consolidarsi appienonell’Ospedale di Medicina Integrata di Pitigliano. OggiSIOMI ritiene di aver raggiunto un livello di consapevo-lezza adeguato per poter riflettere sul significato più ampiodell’integrazione, esprimendo attenzione non solo per lemedicine che vorranno considerarsi “complementari” equindi facenti parte della medicina della nostra epoca sto-rica, ma anche per quelle discipline cosiddette “bionatu-rali” cui i cittadini ricorrono ancora per proprio conto,senza nemmeno consultarsi con il proprio medico. Yoga,shiatsu, naturopatia, etc. sono discipline utili al benesseree dunque alla salute che riteniamo possano essere anch’esseinserite in un percorso di guarigione. Tuttavia manca,anche per questo ambito terapeutico, uno spazio di con-divisione, una prospettiva di integrazione, una riflessioneche unisca medici e operatori in un progetto rigoroso nelquale persone competenti e adeguatamente preparate pos-sano tracciare insieme ai medici le linee guida dell’approc-cio terapeutico integrato. La nostra Società non trascureràdi offrire la propria esperienza culturale a coloro che, nellapiena accettazione della definizione del proprio ruolo, vor-ranno partecipare ad un progetto che ridefinisca la curanel suo significato più ampio. Siamo certi che non possaesserci niente di alternativo o di “non convenzionale” inun progetto in cui le risorse terapeutiche si proponganoin alleanza, a fianco l’una dell’altra, e si considerino facentiparte di un percorso finalizzato alla ricerca della migliorestrategia terapeutica per il cittadino ammalato. Per questosiamo convinti che il significato più ampio di MedicinaIntegrata debba ancora essere raggiunto e che la nostra So-cietà potrà adoperarsi in tal senso. Su HIMed continue-remo a proporre i Contributi originali sull’omeopatia, così

come le esperienze dell’efficacia dell’omeopatia attraversola pubblicazione di Case Report redatti secondo le regoleche la nostra Società ha tracciato già nel 2004 (cfr.www.siomi.it/documenti/case report). Manterremo la ru-brica Spotlight con la quale informeremo i nostri lettoridelle più belle ricerche scientifiche pubblicate sulla medi-cina omeopatica. Ma HIMed propone tre nuove rubriche:L'omeopatia raccontata, nella quale la materia medica diun grande medicinale omeopatico verrà illustrata tramiteun racconto; In primo piano, che ospiterà riflessioni diampio respiro sulla Medicina Integrata; I grandi dell’omeo-patia, dedicato alle interviste ai grandi omeopati contem-poranei. In questo numero ne presentiamo due, due“giganti” dell’omeopatia che con la loro attività professio-nale hanno portato onore, rispettabilità e evoluzione cul-turale a questa medicina.

Perché HIMed ha il simbolo di internet?

Oggi, che la rivista è di nostra proprietà noi sce-gliamo di renderla disponibile anche in copiainternet, diffondendola attraverso il sito della

Società. Una rivista dunque che avremo il piacere di sfo-gliare tra le mani, più fresca anche nel progetto editorialegrazie all’impegno del nuovo Direttore ResponsabileGino Santini, ma che sarà resa fruibile da chiunque troviinteresse alla sua lettura.Con l’augurio che il nostro sforzo editoriale possa stimo-lare nei lettori qualche pensiero nuovo sul significato piùnobile della Medicina verso una più ampia consapevo-lezza del nostro ruolo di medici impegnati a ricomporresaperi nell’intento di migliorare le opportunità terapeu-tiche dei cittadini.

Le ultime news, l’elenco dei medici SIOMI,le FAQ sull’omeopatia, più di 300 abstract,motore di ricerca interno e molto altro su:

www.siomi.it

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IN PRIMO PIANO

La medicina si arrabatta tutti i giorni e ormai da unbel po’ pensando che i suoi problemi siano solosuoi, questioni interne la cui natura è variamente

tecnica, organizzativa, finanziaria, professionale.In realtà c’è nell’aria qualcosa di epocale, transiti in corso,tendenze sospinte da un mucchio di cose, cambiamentiche sembrano aratri acuminati e che mostrano che quelloche appare circoscritto in realtà è dentro, immerso inqualcosa più ampio e circoscrivente. Se dividessimo il percorso più recente della medicina infasi, ricostruendo il percorso fatto per arrivare al suo pa-radigma attuale, dovremmo dire che in ordine di succes-sione vi è stata la medicina pre-scientifica fino a tutto il700, quindi quella scientifica dall’’800 e per tutto il 900e ora, quasi simbolicamente scavalcando il secondo mil-lennio, si è aperta la fase della medicina post-scientifica.Ebbene questo percorso non è un affaire interno dellamedicina ma una complessa interazione tra essa e quellache genericamente si chiama società. Karl Marx, grandepensatore dimenticato, la esprimerebbe in modo linearecome tra struttura economica e sovrastruttura sociale,semplificandone sicuramente la complessità, ma sarebbeinteramente confermato il senso di una circolarità tra ilcircoscrivente e il circoscritto, tra un contesto e un con-tenuto, tra globale e locale, tra configurazione e confi-gurato, tra campo ed evento e quindi anche tra strutturaeconomica e sovrastruttura sociale.Ma come? Chi ci autorizza a dire che oggi, nel terzo mil-lennio, siamo in un punto critico del paradigma medico?Chi ci autorizza a usare espressioni come post-scientificità?Non credo che la medicina sia d’accordo oggi a definirsicosì. Post - scientifico sembra quasi un ritorno indietro.Ad autorizzarci a parlare di paradigmi sono proprio queiprocessi che caratterizzano intere società, anzi che ne de-finiscono il genere e l’alterità rispetto a quello che eranoprima e che ci fanno capire che in realtà molto poco diquello che appare settoriale lo è davvero. In questo modola pre-modernità ci spiega la pre-scientificità, la modernitàci spiega la scientificità e la post-modernità che a sua voltaci spiega la post-scientificità. In nessun modo è possibile comprendere la nozione discienza al di fuori di una nozione di società. Per questo lamedicina s’illude che i suoi siano problemi interni e nonè velleitario dire che si è aperta una fase post-scientificadella quale, la medicina per prima, non ne è cosciente.Oggi la medicina è in pieno spaesamento, ha gravi pro-blemi di legittimazione sociale, la sua autonomia di giu-dizio soffre di pesanti condizionamenti, ha conflitti conaltre professioni a essa complementari, ha perso tantecertezze e per questo insegue e cavalca di volta in volta

le false panacee del momento, quasi una scientificitàsfuggente, scivolosa come un’anguilla con le convulsioni:l’Evidence Based Medicine, la medicina narrativa, la me-dicina dell’etichetta, il proceduralismo delle linee guida.False panacee non vuol dire che le soluzioni propostesiano prive di un qualche interesse, di una qualche uti-lità, di una qualche verità, tutt’altro: semplicemente nonsono salvifiche, evitano il confronto con i problemi delcambiamento paradigmatico, sono in genere tecniche incostanza di paradigma, enfatizzano aspetti parziali, anzimolto parziali delle questioni sul tappeto, sono tutte in-tellettualmente deboli.La loro banalità oggi sembra perfettamente incarnata dafalsi maitre à penser che, per conservare un potere perso-nale acquisito legittimamente e meritatamente negli anniattraverso tanti e importanti incarichi, scorazzano impe-rituri nei convegni, una volta come paladini dell’Evi-dence Based Medicine, un’altra volta per criticarla etessere le lodi alla medicina narrativa, un’altra volta perspiegarci il valore della relazione con il malato, di nuovoper spiegarci una metodologia clinica che non sa neanchecosa sia la relazione e ancora per mostrarsi aperti alle me-dicine complementari. Chi pensa che il confronto conle questioni paradigmatiche non sia evitabile finisce conl’essere rispetto a costoro perennemente in dissenso enon tanto perché vi sono convincimenti diversi sul-l’EBM, sulla medicina narrativa, sulla relazione o per-plessità sulla loro duttilità trasformistica (ognuno allafine fa quello che gli conviene) ma perché il contrasto ètra conservazione e cambiamento, tra superficialità e pro-fondità, tra un pensiero e un non pensiero. I falsi maitreà penser della medicina tradiscono, in qualche caso in ra-gione anche della loro la loro veneranda età, la difesa diun’ortodossia che per ovvie ragioni non riusciranno maia ripensare. Tanto vale far finta di ripensare tanto il noc-ciolo duro non si tocca. Essi, forse inconsapevolmente ein buona fede, sono espressioni viventi delle contraddi-zioni attuali della nostra medicina scientifica. Sono i sassisotto il pelo dell’acqua che ostacolano il defluire del cam-biamento facendo schiuma.Accanto a costoro vi sono gli ortodossi dichiarati, neoposi-tivisti convinti, tutti iscritti idealmente al circolo di Viennae di Berlino (primi 900) e che, tuttavia non senza trava-glio, si sono spinti coraggiosamente fino a lambire Popperdigerendo a fatica la rinuncia alle loro granitiche verità.Sono i custodi della clinica, della razionalità scientifica oc-cidentale, tutti discepoli di padre Bayes, biotecnicisti con-vinti perché quel bio per loro è come un ritorno a secolidi naturalismo, sono chi considera la medicina biologiaapplicata ma anche possessori di tessera delle medical hu-

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C’è nell’aria qualcosa di epocale...

Ivan Cavicchi

Docente di sociologia sanitaria e di filosofia della medicina, Facoltà di medicina, Università “Tor vergata”, RomaE-mail: [email protected]

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IN PRIMO PIANO

5HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 1

manities per esibire il loro umanesimo (il che a propositodi medical humanities fa riflettere), sono anche chi consi-dera le tradizioni terapeutiche come l’omeopatia medicineeretiche e infine appaiono così intrisi di metodologia daessere, lucide rotaie distese inerti sotto i cieli della com-plessità più che treni che sferragliano. Ma anche loro,come i falsi maitre à penser, sono del tutto indisponibili adiscutere di problemi paradigmatici della medicina.Poi vi sono i medici, tanti medici, che non sanno nean-che che cosa siano i paradigmi e che tutti i giorni hannoun’infinità di problemi da risolvere, beghe a non finirecon i malati, i direttori generali, con la loro coscienza, eche si difendono come possono usando le linee guida inmodo opportunistico, il consenso informato per averedelle formali autorizzazioni, cercando di essere diligentimedici osservanti nei confronti degli obiettivi aziendaliper avere delle buone valutazioni. Costoro per lo piùsono scontenti, quasi infelici, incerti e disorientati equando rimuginano sui loro problemi, non pensano néai paradigmi né ai falsi maitre à penser e meno che maiagli ortodossi ebbri di metodologia.

Che sta succedendo?Che vuol dire medicina post-scientifica?Sul serio vi è una questione di paradigmi?Insomma che vuol dire epocale?I paradigmi sono come delle grandi costellazionid’idee/teorie/regole/ criteri nei quali bagnare le dita pro-prio come con le acquasantiere per segnarsi la fronte e ri-solvere dei problemi, comportarsi in un certo modo,essere scientifici, umani, efficienti o assicurare questa oquella sicurezza, qualità, appropriatezza. Sono i paradigmiche definiscono ad esempio il genere dettomedicina scien-tifica. Essi non sono altro che catene di deduzioni: se con-sidero la malattia o il malato in un certo modo (ontologia)allora la loro conoscenza sarà anche in un certo modo (epi-stemologia) il che significa che l’operatività pure dovrà con-formarvisi (metodologia) e a catena tutto il resto: laprofessione, il servizio, la politica sanitaria. I paradigmisono arcipelaghi di concezioni correlate e confederate sullabase di una intrinseca coerenza ma quel che più conta con-divisi con la società, cioè legittimati socialmente. Oggi lanovità che sa di epocale è che per un sacco di ragioni (ana-lizzate a più riprese altrove) ha preso piede una confutazionedel paradigma medico che ha sostanzialmente due forme:quella sociale, in grande, sintetizzata dalle espressioni po-stmoderne, post-industriale, post-ideologico, e quella eco-nomica, più in piccolo, rappresentata dalle aziendesanitarie, quindi dalla scarsità delle risorse. Questa confu-tazione di fatto crea alla medicina scientifica due grossi pro-blemi: il primo è che sul suo paradigma ottocentesco enovecentesco non c’è più quel consenso sociale che c’eraprima (contenzioso legale, comportamenti difensivisticiopportunistici, sfiducia, insicurezza); il secondo è che vienemeno la coerenza interna del paradigma e sorgono contrad-dizioni tra nuove concezioni di cura e medicina, tra prati-che cliniche e relazioni, tra scienza e società, tra domandae servizi. La confutazione sociale avviene all’insegna di unanuova figura di malato, autentica figura post-modernadell’esigente che contende al medico deleghe, autonomiedi giudizio, libertà cliniche chiedendo con forza relazioni,

relazioni e ancora relazioni. Tutto ciò avviene all’insegnadelle ristrettezze economiche e delle politiche di risparmio,che contestano al medico eccessiva autonomia, eccessivalibertà di scelta e di decisione. Per comprendere a pienola complessità di questa davvero insolita e inedita sinergiatra generi diversi di confutazione bisogna evitare di ridurrela medicina a una teoria solo scientifica da cambiare ma-gari con una specie di “rivoluzione”, come credeva Kuhn,ma pensarla come tante teorie correlate che cominciano aessere in attrito tra di loro, che entrano singolarmente incrisi, che perdono di plausibilità nel rapporto con la realtàe che creano, come scriveva Feyerabend, non le premesseper una rivoluzione scientifica ma una sorta di gradualeripensamento dell’ortodossia o di slittamento progressivoverso quelle che Lakatos chiamava ipotesi ausiliarie.Si può obiettare che comunque la medicina scientificacontinua a progredire a svilupparsi, ed è la verità, ma vadetto che lo sviluppo delle tecniche, la crescita delle pos-sibilità diagnostiche, l’ampliarsi dei trattamenti, avven-gono tutte rigorosamente in costanza di paradigma, cioèa idea invariante di scienza. Proprio perché siamo in que-sta situazione, possiamo dire metaforicamente che la me-dicina suo malgrado sia post-scientifica, non perché è dilà dalla scienza come se tornasse alle pratiche empiricheriproponendo, come ha scritto qualcuno, un medico ar-tigiano. Oggi l’idea di scienza, nelle confutazioni in atto,è ormai un’altra perché la razionalità sulla quale pog-giano le fondamenta della medicina non è più conside-rata né così razionale e meno che mai unica, perché imodi di essere scientifici oggi non coincidono più conle necessità che si esprimono, perché la filosofia positivache ha ispirato la medicina scientifica è stata confutata asua volta da altre filosofie, da altri modi di concepire lamalattia e il malato, perché il soggetto sembra ribellarsial suo annullamento nell’oggetto al punto che si parla dispiccate caratteristiche individualistiche di questa società. L’esito di tale confutazione non è in nessun modo scon-tato, nel senso che può andare in un modo o in un altro,migliorare la situazione della medicina o peggiorarla,sfornare un medico di qualità superiore o un deterioreburocrate osservante degli obiettivi di risparmio del-l’azienda. Dipende: vedremo.Tutto questo sa di epocale e proprio per questo sembra chequasi d’improvviso (si fa per dire) si siano create nuove con-dizioni per capire altre tradizioni di cura, aiutando a supe-rare gli scientismi e ad accettare di concepire una medicinadi medicine, parlando il linguaggio dell’integrazione tra di-verse visioni e filosofie mediche. Personalmente oggi sonomolto colpito dai tratti dominanti della domanda socialerivolta alla medicina che introducono il linguaggio dellerelazioni, il cambiamento ontologico nei confronti del ma-lato e della malattia, che impongono nuovi approcci allacomplessità, che inducono a ripensare le storiche nozionidi cura, di terapia, e che nel loro insieme, in un modo onell’altro, pongono le questioni sia del ripensamento dellabase conoscitiva della medicina scientifica che del ripensa-mento dei modi di essere medicina. Ma più precisamentemi colpiscono due cose: questa domanda che oggi caratte-rizza marcatamente la post-modernità ha molti tratti dellapre-modernità, di una società molto diversa da quella in-dustriale che si faceva curare in certi modi prima della na-

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Gino Santini -�Volevo�condividere�con�voi�(ma�soprattutto�con�i�colleghioculisti)�una�mia�piccola�esperienza�pratica�solo�adesso�che�sono�più�sicurodi�come�sono�andate�le�cose.�Una�mia�paziente�presenta�una�particolareipersensibilità�all'atropina,�per�cui�le�visite�oculistiche�che�richiedono�l'ap-

plicazione�di�questo�farmaco�provocano�una�midriasi�che�si�protrae�anche�per�qualche�giorno,�con�tutte�le�problematiche�che�questo�comporta(anche�assenza�dal�lavoro).�La�prima�volta�che�mi�ha�parlato�di�questo�problema,�le�ho�consigliato�di�assumere�Belladonna�5CH,�tre�granuliogni�ora�e�di�monitorare�i�cambiamenti.�L'effetto�di�ritorno�alla�normalità,�in�un�paio�di�episodi,�si�è�verificato�nell'arco�della�giornata.�Perevitare�questo�problema,�in�genere�lei�chiede�di�utilizzare�il�dosaggio�pediatrico�di�atropina,�anche�se�non�so�se�poi�la�finalizzazione�che�siottiene�è�la�stessa;�fatto�sta�che�l'ultimo�collega�che�l'ha�visitata�non�ha�voluto�sentire�storie�e�ha�utilizzato�il�dosaggio�pieno,�da�adulto.�Leilogicamente�ha�avuto�lo�stesso�problema�e�ho�provato�a�somministrare�una�dinamizzazione�diversa,�una�30CH,�ottenendo�un�ritorno�allanormalità�nel�giro�di�poche�ore.

Simonetta Bernardini -�E�qua�ognuno�ci�vede�quel�che�ci�vuole�vedere.�Io�ci�vedo�che�la�5�e�la�30CH�si�comportano�allo�stesso�modo.�Mo-lecolare�e�ultradiluito,�stesso�meccanismo�d'azione?�Ormetico?�Ultradiluito,�addirittura,�all'apparenza�più�rapido?�Non�so�se�perchè�ultradiluitoo�se�perchè�l'informazione�ha�trovato�i�sistemi�(i�geni...)�già�informati.�Caro�Paolo,�caro�Francesco,�cari�tutti:�occorre�spremere�di�più�i�neuroni.

Gino Santini -�Serve�un�modello,�da�verificare.�Il�modello�che�più�mi�intriga�parte�dalla�dinamizzazione�e�mi�suggerisce�che�la�30CH�è�piùdinamizzata�e�quindi�ha�un�impatto�maggiore�sull'organismo.�A�prescindere�da�come�trova�il�sistema.

Simonetta Bernardini -�Le�spiegazioni��sulla�dinamizzazione�(le�spiegazioni,�non�l'osservazione)�sono�di�là�da�venire,�caro�Gino.�Mentrequel�che�oggi�già�si�sa�è�che�i�geni�rispondono�alle�basse�concentrazioni,�come�dire:��"gene�avvisato,�mezzo�imparato...".�La�verifica�si�dovrebbefare�su�due�casistiche:�una�pretrattata�con�5CH�e�poi�trattata�con�30CH�e�una�non�pretrattata�con�5CH�e�vedere�se�rispondono�allo�stesso�modo.Se�si,�vincerebbe�la�dinamizzazione.�Se�no,�vincerebbe�la�teoria�del�"gene��avvisato"...

Marialucia Semizzi -�Visto�che�ne�parliamo�seriamente�(che�bello!),�bisogna�pero'�capire�le�cose�seriamente.�Siccome�si�ragiona�su�dati,avrei�bisogno�di�chiarire�meglio�i�dati�su�cui�ragionare�(scusate,�sono�un�diesel...).�Percio'�se�permettete�vorrei�saperne�di�piu'�dal�dottorSantini�(in�lista�si�e'�autorizzati�a�darsi�tutti�del�“tu”�e�chiamarsi�per�nome,�rispettosamente?).�1)�la�signora�in�questione�in�quanto�tempo�sie'�sottoposta�a�queste�visite�con�uso�di�atropina?�(come�mai�fa�tante�visite?)�2)�tra�la�Bell�5�e�la�Bell�30�quanto�tempo�era�passato?�3)�lapaziente�ha�caratteristiche�che�la�fanno�risuonare�con�Bell�indipendentemente�dall'uso�per�contrastare�atropina?�4)�perche'�e'�stata�cambiatala�diluizione,�cioe'�quali�elementi�facevano�pensare�che�non�avrebbe�risposto�alla�5?�In�base�alle�risposte�possono�derivarne�conseguenzelogiche�molto�differenti...

Gino Santini -�Assolutamente,�si�per�il�“tu”.�:-)�Passo�a�risponderti:�la�signora�non�fa�molte�visite,�ma�effettua�dei�controlli�periodici�per�unasituazione�cronica�di�iperglicemia�ben�controllata�con�l'alimentazione�(e�con�la�terapia�omeo,�aggiungo�io).�In�seguito�a�questo,�il�collega�dibase�che�la�segue�effettua�con�cadenze�annuali�l'esame�del�fondo�dell'occhio.�Gli�approcci�con�Belladonna�5CH�e�30CH�non�sono�stati�consecutivi:la�paziente�mi�ha�telefonato�chiedendomi�quale�era�il�rimedio�che�le�avevo�consigliato�tempo�fa�in�un�esame�analogo,�perchè�aveva�notatoquesto�recupero�molto�più�rapido�del�solito.�Avuto�conferma�della�Belladonna,�lei�mi�disse�che�all'epoca�lo�aveva�assunto�ogni�due�ore,posologia�che�in�genere�utilizzo�con�le�basse�dinamizzazioni�(solitamente�le�5CH).�Da�qui�l'idea�di�utilizzare�una�30CH.�Ho�seguito�solo�uncriterio�basato�unicamente�sulla�midriasi.�E�sul�fatto�che�la�Belladonna�ha�un'azione�molto�rapida.E�infatti�alla�5CH�la�signora�aveva�risposto,ma�dopo�una�somministrazione�continuata�per�tutta�la�giornata�la�risposta�era�cominciata�solo�in�tarda�serata�e�si�era�conclusa�la�mattinadopo�(al�contrario�di�quanto�accadeva�senza�trattamento).�Volevo�vedere�se�con�una�30CH�l'azione�avrebbe�avuto�una�dinamica�più�rapida,come�in�effetti�è�stato.�Ed�è�bastata�una�unica�somministrazione�per�avere�una�risposta�in�poche�ore.�Da�qui�l'idea�di�condividere�questa�espe-rienza�in�lista.

(continua a pag. 21)

Dalle pagine di OmeopatiaOnline...

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l’ha fatta nascere. Oggi essa è fuori misura e bisogna ri-comisurarla, ripensarla, quasi riconcepirla. Tutto questosa di epocale perché tutto questo sa di paradigmatico. Quando penso ai problemi del paradigma medico, allariconfigurazione della figura del medico nella nostra so-cietà, alla relazione con l’esigente, alle aziende e via diquesto passo mi viene in mente il principio di Huygens:un sasso, gettato in uno stagno, crea delle onde circolaripoiché è come se si gettassero contemporaneamentenell’acqua molti altri sassi disposti ad anello lungo il pro-filo della prima onda, creando nuove onde ed esten-dendo l’effetto del primo sasso.Penso che la medicina integrata sia uno di quei sassi ingrado di produrre, secondo il principio di Huygens,onde dopo onde.

scita della medicina scientifica. Mi colpisce la necessità diun ripensamento paradigmatico che appare così caratteri-stico del nostro tempoma che in realtà pare un ritorno allevisioni anticipatrici, olistiche, relazionali della clinica omeo-patica, anche questa pre-moderna. Così bisogna stare at-tenti a non considerare la medicina scientifica una parentesicompresa tra il pre-moderno e il post-moderno, come sefosse un’interruzione, un accidente di percorso e magariconvincersi che essa in fin dei conti ha la responsabilità sto-rica di aver interrotto i rapporti tra i modi umanitari dellapre-modernità e del pre-industrialismo con quelli dellapost-modernità e del post-industrialismo. La nascita della medicina scientifica resta una grande ac-quisizione e un grande valore e che per quasi 200 anni èstata come su misura per quella società che l’ha voluta e

IN PRIMO PIANO

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A mio parere oggi è possibile, anzi è necessario, scri-vere una farmacologia omeopatica moderna. E qualeè il percorso per realizzare questo progetto? Studiare iprincipi attivi delle Tinture Madri da cui si ricavano imedicinali omeopatici. Studio dei principi attivi sig-nifica analisi della loro struttura chimica e della loroazione fisiologica e tossicologica. Se tale percorso distudio è relativamente facile quando si prendono iesame in medicinali di origine minerale, diventasenz’altro più laborioso quando si prendono in esamequelli di origine vegetale. Qui di seguito, a titolo diesempio, analizzeremo due piccoli rimedi, Momordicabalsamina e Myrica cerifera, che sono poco conosciutie poco utilizzati ma presenti nel nomenclatore omeo-patico francese.

Valter Masci

Medico esperto in omeopatiaE-mail: [email protected]

Farmacologia omeopatica moderna: Momordica balsamina e Mirica cerifera

Giovanni Martini da Udine (1487-1564), era rappresen-tata anche la Momordica (4). Fa parte della Famigliadelle Cucurbitaceae. In inglese è chiamata Balsam Apple(Boerike), in francese Pomme des merveilles (Demarque).I suoi frutti non sono edibili e nel 1800 con la polpa sene faceva un linimento per emorroidi e ustioni (Boerike).La sua utilizzazione più diffusa però è stata come pur-gante. Tale uso come catartico si è consolidato special-mente in America e in Inghilterra mentre in Italia è statausata maggiormente la Colonquitide (10), sempre dellaFamiglia delle Cucurbitaceae e da cui si ricava il medici-nale omeopatico Colocynthis. In omeopatia si usa il medicinale Momordica per “co-lonpatie con coliche e incarceramento dei gas” (Boerickee Demarque), “specialmente in donne con mestruazionieccessive e dolorose” (Boericke). Andiamo ora a vederese è possibile capire queste indicazioni terapeutiche.Come ho già detto prima il mio percorso di studio con-siste nell’esaminare i principi attivi presenti nella TinturaMadre. Prima di tutto ricordiamo che la TM si preparaa partire dai frutti interi (nomenclatore). Essi sono co-stituiti essenzialmente da una saponina, da una proteinadetta momordin e da una glicoproteina definita beta-momorcharin. Vediamo ora se la conoscenza delle atti-vità farmacologia di questi principi attivi ci dà lapossibilità di interpretare scientificamente tutti i sintomisopraesposti: infiammazione del colon (colonpatie); in-carceramento di gas (cioè presenza di gas, il quale nonviene espulso, e ciò significa che è difettosa la peristalsi);mestruazioni eccessive e dolorose. In un lavoro, condotto in Nigeria (Dipartimento di mi-crobiologia dello Stato di Edo, 1996), è stato dimostratoin vitro che Momordica è attiva su Escherichia coli, Sal-monella paratyphi and Shigella dysenteriae (5). Semprenella stessa Università è stato testimoniato, nel 2005,sempre in vitro, che Momordica è attiva contro ceppi re-sistenti di Salmonella tiphi (3). L’attività della pianta con-tro batteri che colonizzano l’intestino giustifica la suaazione terapeutica sulla formazione dei gas nell’intestino.Tale sua attività antibatterica è dovuta alla presenza diuna saponina (3). Più recentemente, in un lavoro scien-tifico realizzato in Giappone nel 2001 all’Università diTokushima, Dipartimento di batteriologia, è stato ri-scontrato che Momordica charantia, testata in vivo neiratti, è protettrice della parete del colon lesionata artifi-cialmente (2). E ciò dimostra che la pianta è attiva con-tro le infiammazioni del colon.La pianta dunque cura le infezioni batteriche che sonocausa delle infiammazioni del colon con relativa produ-zione di gas e ha inoltre una azione diretta sulle infiam-

Come premessa dirò che dalla conoscenza di questidue medicamenti omeopatici condotta secondoil metodo sopradescritto (studio chimico, fisio-

logico e tossicologico dei principi attivi della TM di par-tenza) scaturiscono informazioni sulle quali è necessarioriflettere.La prima informazione: questi due medicamenti omeo-patici non funzionano secondo il principio dell’inver-sione dell’effetto ma secondo modalità che sonosovrapponibili a quelle allopatiche. Momordica balsa-mina e Myrica cerifera sono utilizzati in omeopatia confinalità allopatiche, con indicazioni terapeutiche sovrap-ponibili a quelle delle quantità ponderali. La seconda in-formazione che scaturisce dal mio lavoro di ricerca è cheè possibile comprendere le key-word o key-note, che ri-guardano i due rimedi e riportate nelle Materie Medicheomeopatiche. Le key-word sono fondamentali per fareuna omeopatia “personalizzata” e non una banale omeo-terapia. Ricordiamo che nell’omeoterapia il medica-mento omeopatico viene somministrato senza unaaccurata indagine dei sintomi “personali” che presentail paziente e quindi viene prescritto in base alla patologia.L’utilizzo delle key-note è indispensabile per fare dellavera omeopatia. Questo mio studio dei medicinali nonvuole essere riduttivo ma intende esaltare la grandezzadell’omeopatia, evidenziando la grande capacità del me-todo omeopatico nell’individuare il preciso campo di ap-plicazione di ogni medicinale. Iniziamo a prendere in esame Momordica balsamina. Èuna pianta nativa dell’est dell’India che è stata introdottain Occidente come pianta ornamentale per i suoi frutti,dal bel colore rosso-arancio. Ne troviamo conferma negliaffreschi di Villa Farnesina, dove nei festoni dipinti da

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mazioni della parete del colon. Rimane da capire se è ingrado di agire sulla peristalsi e di risolvere il problemadell’incarceramento dei gas intestinali. È stato dimo-strato che nella pianta è presente una proteina, detta mo-mordin, Ribosome-Inactivating Protein (RIP), moltosimile al Pokeweed Antiviral Protein presente in Phyto-lacca, la quale, oltre ad avere un’azione antivirale (8, 11,6), è in grado di accelerare il transito intestinale. In unlavoro del 1994, realizzato in Inghilterra è stato dimo-strato che la proteina momordin agisce sulla peristalsicome la sostanza chiamata ricin (9). Più recentemente èstato visto, in un lavoro dell’Università di Kyoto, Giap-pone, nel 2000 (1) che momordin agisce stimolando lasintesi di prostaglandine: ne è dimostrazione che pretrat-tando con indometacina, che antagonizza la sintesi diprostaglandine, non si verifica l’aumento della peristalsi.Ma non è tutto: un lavoro del 1997 realizzato all’Uni-versità di Osaka, Giappone, dimostra che la proteinamomordin, presente anche in piante di altre Famiglie,ha una sicura attività antinfiammatoria e antinocicettiva(7).Tutto ciò, oltre a spiegare ulteriormente l’azione an-tinfiammatoria della pianta, giustifica la sua attività an-tidolorifica. Ma non è tutto. È anche possibilecomprendere la key-word del rimedio: “mestruazionieccessive e dolorose” (Boericke): il frutto di Momordicacharantia (la varietà indiana) ha chiaramente un’attivitàormonale. Uno studio realizzato in una Università in-diana nel 1998 ha evidenziato un’azione androgenica(13), dovuta all’opera di una glicoproteina definitabeta-momorcharin , come dimostrato in un lavoro con-dotto a Hong Kong nel 1988 (14). Ricapitolando. La pianta contiene una saponina adazione antibatterica, una proteina, momordin, che haazione antinfiammatoria, antidolorifica ed è in grado distimolare la persistalsi, ed infine contiene glicoproteinadefinita beta-momorcharin che ha azione ormonale. Èperfettamente comprensibile a questo punto l’indica-zione del rimedio omeopatico: dolori colici con incarce-ramento dell’aria, specialmente in una donna conproblemi mestruali. Da tutto ciò si evince che le indica-zioni terapeutiche del medicinale omeopatico corrispon-dono all’azione dei principi attivi presenti nella TinturaMadre di partenza, quindi Momordica omeopatica nonfunziona secondo il principio dell’inversione dell’effettoma con modalità allopatiche (secondo il principio “con-traria contrariis curentur”). Se andiamo a vedere la po-sologia consigliata da Demarque, leggiamo cheMomordica deve essere utilizzata alla 5 CH, in dosi an-cora molecolari, e che a questa diluizione Momordicamantiene la sua azione allopatica.Esaminiamo ora un altro medicinale omeopatico:Myrica cerifera. Il nome scientifico è Miryca pensylva-nia, nativa del Nord-Est dell’America (New Jersey) madiffusa anche in India. È un arbusto sempreverde chepuò crescere fino a 3 metri. (4). Bayberry significa “Al-bero della cera”. Appartiene alla Famiglia delle Myri-caceae, che è considerata una delle fonti industriali peri tannini (23). I frutti (bacche) sono edibili ed usati incucina per aromatizzare i cibi. A causa del suo con-tenuto in tannini, che hanno azione astringente ed an-tibatterica, veniva usata come antidiarroico e nella

leucorrea, per uso topico. Dalla parte esterna dei frutti,dopo lavorazione a caldo, si produceva una cera cheveniva utilizzata per produrre saponi o candele (da quiil nome Myrica cerifera o Candleberry). Miryca venivaanche utilizzata per tannare la pelle.Il medicinale omeopatico, impiegato nella insufficienzaepatica, si prepara a partire dalla TM della corteccia delleradici. L’indicazione del medicinale omeopatico è legataa due key-note: la presenza di ittero e di muco nelle feci. Vediamo se è possibile dare una spiegazione scientifica atutto ciò. È necessario andare ad esaminare i principi at-tivi della TM di partenza, che sono costituiti essenzial-mente dal myrigalone, un flavonoide, individuatoall’Università di Tokio nel 1992, che ha una dichiarataazione antiossidante particolarmente comprovata da varistudi scientifici realizzati in Norvegia negli anni 1996-1997 (17, 20, 21, 22). Il myrigalone B ha funzioneepatoprotettrice dimostrata da uno studio realizzato nel1992 a Tokio: l’estratto metanolico delle bacche è ingrado di proteggere il fegato da una epatopatia provocataartificialmente con tetracloruro di carbonio (CCl4) (15).Più recentemente è stato dimostrato all’Università diOslo, Norvegia, 1995, che il myragalone è in grado diimpedire la perossidazione lipidica degli epatociti su fe-gato di ratto, inibendo l’enzima 15-lipoossigenasi (16).Questa è la spiegazione scientifica alla indicazione ter-apeutica omeopatica “insufficienza epatica”. Ma è pos-sibile spiegare anche le due key-note del medicinaleomeopatico Myrica. La precisazione che l’insufficienzaepatica deve presentare contemporaneamente ittero la sipuò spiegare perché è stato dimostrato che il myragaloneha azione anticolestasica (1). Per quel che riguarda la key-word “presenza di muco nelle feci”, l’abbondante pre-senza di tannini nella pianta, con il loro alto potereastringente e antinfiammatorio, assicura un netto miglio-ramento della colite (la cui infiammazione sappiamomanifestarsi con sovraproduzione di muco). Ricapitolando. È possibile comprendere tutti i sintomiper i quali è indicato il medicinale omeopatico Mirica,che sono costituiti da sintomi di insufficienza epatica(lingua sporca, sapore amaro, difficoltà digestiva, inap-petenza, meteorismo), da sintomi dovuti a colestasi (do-lori zona epatica, cambiamento colore feci e urine,iperbilirubinemia) e da sintomi dovuti a colite (disturbidell’alvo, presenza di muco nelle feci e dolori colici). Alla luce di tutte queste informazioni possiamo affermareche il medicinale omeopatico Myrica agisce con finalitàsovrapponibili a quelle delle quantità ponderali e nonsecondo il classico principio omeopatico dell’inversionedell’effetto. A quale diluizioni è consigliato il medicinaleomeopatico Mirica? Boericke lo consiglia alla 3CH. Sideduce che a questa diluizione la pianta Myricamantiene ancora la sua attività come alle dosi ponderali.

ConclusioniStudiando i due rimedi Momordica e Mirica possiamoaffermare che non è vero che “tutti” i medicinaliomeopatici funzionano secondo il principio dell’inver-sione dell’effetto. Un altra considerazione molto impor-tante che scaturisce da questo studio è la seguente: finoa quale diluizione i principi attivi di queste due piante

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mantengono la loro azione farmacologia? Porsi questadomanda apre le porte ad un’altra domanda: da qualediluizione in poi i principi attivi perdono le loro propri-età originali e agiscono secondo il principio dell’inver-sione dell’effetto?

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22. Bruneton Jean, Pharmacognosie, Edition Tec&Doc,3° edizione, 2002.

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Quando ci si riferisce all’etica (eθος, letteralmente ca-rattere, condotta, comportamento) vogliamo sottoli-neare della filosofia i fondamenti oggettivi , ma ancherazionali, che consentono di distinguere i comporta-menti. Comportamenti corretti, giusti, leciti, forse inmaniera retorica persino enfatizzati come buoni,vanno “eticamente” distanziati da quelli ritenuti cattivio moralmente inappropriati. Spesso s’indulge nellaconfusione fra i termini morale ed etica: per conven-zione, vengono usati come sinonimi. Ma se il primo(la morale) rimanda a un insieme di ben definiti valori,a norme sane e a corretti costumi, siano essi quelli diun singolo individuo o di una determinata comunità,il secondo (l’etica) va circoscritto all’intento filosofico,quindi razionale, di una disciplina. La stessa etica,nell’ambito delle scienze, va inoltre differenziata dallafilosofia della scienza in quanto tale; quest’ultima concompiutezza si sofferma e analizza la conoscenzascientifica e i metodi con i quali si intende raggiungerequesto sapere (aspetto epistemologico). Se ne deduce,dunque, che se la scienza mira alla comprensione dileggi e fenomeni naturali, sarà l’etica a chiarire l’in-tento di questo impegno.

Pierluigi Gargiulo

Medico esperto in omeopatia, Professore a contratto presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di RomaE-mail: [email protected]

La questione etica in omeopatia

HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 110

Seguendo il principio secondo cui il fine di ogni azione(scientifica) si pone in prima istanza rispetto al dovere eall’intenzione con cui la si persegue, ogni atto scientificodeve (dovrebbe...) produrre un interesse anche minimodel bene sul male (aspetto teleologico). Al contrario, se op-tiamo per un criterio nel quale la modalità dell’azione èin fondo l’azione stessa, potremmo verificare che il do-vere e l’intenzione sono poste ben prima del fine stessodell’azione (aspetto deontologico). Ecco quindi squader-nata con chiarezza una prima questione di fondo.All’omeopatia compete un discorso etico o solo un inte-resse della filosofia della scienza? E nel caso in cui si rien-trasse nell’ambito della scienza, prevarrebbe, in essa,l’aspetto teolologico o quello deontologico?Per essere ancora più chiari, l’omeopatia rappresenta unaconcezione fideistica o una metodologia scientifica? Eancora, il risultato terapeutico prescinde o no dalla spie-gazione del suo modo di agire? Non sono delle rispostefacili. Proprio per niente.Conviene in questa sede accantonare la facile tentazionedi indugiare sulle infinite e irrisolte diatribe sulla pre-sunta scientificità dell’omeopatia, e su che cosa si debbaintendere per scienza, soprattutto da Popper in poi. Suun punto, però, conviene essere molto chiari: la scienzasegna la sua demarcazione dalle altre discipline, nellapossibilità di essere sempre accertata, verificata, provata.Il riconoscimento di una scienza logica si fonda, infatti,essenzialmente sulla ragione: è l’unico denominatore co-mune che validi la scienza in quanto tale.Ora, come abbiamo sottolineato in precedenza, non è,in questa sede, preminente né immediata l’esigenza diverificare la validazione scientifica della medicina omeo-patica. Non lo è, almeno, se non ne viene prima com-pletamente chiarita l’ambiguità etica. Questa necessitànasce da una rimozione antica quanto grave. Ed è infondo la motivazione più insinuante e terebrante cheanima le contestazioni “scientifiche” che le vengonomosse. Qual è dunque il fossato reale, e non quello ipo-critamente agitato, che si è aperto tra l’omeopatia e lescienze definite dure?È un vuoto pesante, scivoloso. Ed è stato coperto, è tut-tora coperto, da false contrapposizioni, piene di artefattie fuorvianti sillogismi: il numero di Avogadro, la tossicitàdei farmaci chimici, le diluizioni infinitesimali, la visione“numerica” dei malati, la non ripetitività delle sperimen-tazioni, la preminenza della visione olistica, le vaccina-zioni, la sottrazione da terapie certe, etc.Il problema è proprio un altro. Risiede in una distinzionesevera. Una differenza importante e pesante: la culturadi due premesse concettuali opposte se non, addirittura,

Nei confronti e nei contraddittori fra omeopati ecritici dell’omeopatia, ma anche e soprattuttofra le varie scuole di pensiero che animano, e

spesso agitano senza costrutto il dibattito interno, per-mane, su questi punti, un fondo d’ipocrisia, a volte in-sormontabile.In realtà questa ipocrisia non viene consapevolmente rece-pita. È molto meno doloroso per gli omeopati, infatti, rifu-giarsi negli assiomi austeri di una disciplina più chebicentenaria. Per la scienza ufficiale, in linea di massima, èmolto più comodo e agevole esercitare uno sbarramentoaprioristico in termini di validità. Non so se riusciremo a de-finire compiutamente la stadiazione e l’evoluzione di questiassetti, ma la necessità di fare chiarezza su molte ambiguitàrimosse non è più rinviabile. Il presupposto fondamentalesu cui costruire un impianto progettuale corretto è quello diidentificare ed esprimere il fine etico dell’omeopatia; secon-daria, e, assolutamente prescindente da ciò, è la sua valida-zione in termini di “accertabilità”. Esiste un criterio pergiudicare questo obiettivo e la norma in cui rientra? Sonoentrambi, questi presupposti, indirizzati verso un progettocorretto, oltrechè utile? In sintesi, esiste, in medicina omeo-patica, un principio organizzativo ispirato, alle spalle di que-ste leggi e dei fenomeni naturali che le governano?

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conosco un altro mondo all’infuori di questo”. Certo, ilcuore del problema è che se da un lato ci si dispone adattendere, senza limiti di tempo, la soluzione tecnicadella validazione scientifica dell’omeopatia, si legittimala convinzione che si può anche differire sull’intentoetico della sua azione. Così com’è, con un’etica irrisolta,l’omeopatia non riuscirà a stilare un programma orga-nico per la sua ricerca, né clinico, né tantomeno biofi-sico. Se rimane arroccata su questa rigida difesa, il rasoiodi Ockam non le darà scampo.Guglielmo di Ockam (1289-1349) con la visione ad ef-fetto di un rasoio che tosa l’intelletto umano, spingeanche la scienza a liberarsi di tutte quelle astrazioni cheerano state ideate dalla scolastica medioevale:“Entia nonsunt multiplicanda praeter necessitatem”. “Non moltipli-care gli elementi più del necessario”. Non sono necessariedimostrazioni superflue per validare una teoria. E quindi,secondo questa condizione, vanno superati, perché su-perflui e astratti, concetti come “essenza”e “legge natu-rale”. Certo, è più facile rifugiarsi nella massima socratica“sappiamo di non sapere...”ma, in accordo con Paolo Flo-res d’Arcais, questo potrebbe essere semplicemente unoscomodo alibi. In fondo, sostiene il filosofo friulano,“...abbiamo avuto grandi risposte, dal punto di vista scien-tifico, alle grandi domande metafisiche del passato”. La pre-messa di laicità della scienza mal si accorda con aspettimetafisici o presunti tali di una branca medica. È dolo-roso ma essenziale dover sostenere questa laicità. Senza,è più facile, per critici e detrattori, aggredire la non ripe-titività di un fenomeno. Questo spinge l’ortodossiascientifica a commettere errori palesi. Per esempio, dila-tando a dismisura, e in maniera strumentale, la dichia-razione di universalità e immutabilità, di una delle teoriedell’omeopatia. Una (pur se storicamente tradizionale):quella kentista.

Da Svedenborg a KentJames Taylor Kent, omeopata statunitense (1849-1916),ha realizzato la gran parte del suo impianto costitutivosulla medicina omeopatica, dalle speculazioni di Ema-nuele Swedenborg (1688-1722). Costui concepì unadottrina spiritualistico-teosofica difficilmente trasmissi-bile dal punto di vista scientifico. Svedese, figlio dell’al-lora vescovo di Stoccolma, Svedenborg dedicò gran partedella sua esistenza alle scienze classiche (matematica, chi-mica, anatomia, fisica e filosofia). Pregevole, a quantosembra, una sua opera sulla struttura e sulla funzione deimetalli. Curiosità originale: alla maniera di Leonardo,progettò prototipi meccanici. Tra questi, il progenitore,pensate un pò, dei moderni overcraft. All’età di cinquan-tasei anni, Svedenborg, inaugura una fase completa-mente diversa della sua vita; distaccandosi dai paradigmiscientifici, introduce contenuti spirituali nel suo vissutopersonale e nel suo lavoro. Costruisce la sua esperienzadai sogni e, da successive visioni di un mondo metafisicodi matrice cristiana, si convinse di poter comunicare congli angeli e con gli spiriti. Tra questi, non pochi perso-naggi della Bibbia: Abramo, Mosè e, persino Gesù. Daquel momento iniziò ad occuparsi di teologia. Sancì, confermezza, che queste entità guidarono la sua interpreta-zione delle Sacre Scritture e sostenne con veemenza di

conflittuali. E proprio dal punto di vista etico. Qualisono? La prima: la sensazione netta e chiara, nel versanteufficiale, che per fare ed esercitare la scienza, l’ateismosia una precondizione privilegiata. La seconda: al con-trario, o almeno quello che viene, ad una lettura super-ficiale, percepito all’esterno, è che, una delle radici piùrobuste, dell’omeopatia, la spiritualità, se non forse il tei-smo, sia una componente ineludibile della sua essenza.

Aut Fides aut ratioNei suoi Dialoghi sulla religione naturale, David Hume(1711-1776), smantellando la dimostrazione di Dio, hacertificato l’ateismo della ragione. Ammonisce, il filosofoinglese, sull’uso fuorviante dell’etica: di essere mossa econdizionata da eventi esterni che cercherebbero di vali-dare in maniera aprioristica cosa sia giusto e cosa sia sba-gliato. Egli si sofferma sul rischio che alla religione e piùin generale al teismo e allo spiritualismo si accrediti l’in-fluenza maggiore, anche in ambito scientifico: la validitàdi un’impresa, la sua efficacia, la sua risolutezza, corronoil rischio di essere misurate sul metro di un finalismo ex-traterreno. “La bontà di un’azione, sostiene Hume, è (edeve essere) del tutto indipendente dalla promessa di unpremio o dal timore di una pena”. Immanuel Kant (1724-1804) stabilisce che se Dio resta di là dalla possibilitàdella comprensione scientifica, rimane comunque fon-dante e decisivo l’aspetto morale che Egli esercita sullastessa ragione. Questo recupero è stato, a parer mio, de-cisivo, per definire che la morale e l’etica, nella scienzavanno correttamente indirizzate.

Il rasoio di OckamL’etica in omeopatia continua a permanere contraddit-toria e irrisolta. Che messaggio e che finalismo viene por-tato ai pazienti in omeopatia? La lettura in filigrana dellibro di Dario Antiseri “ Medici eretici anzi dogmatici “riguardo alla non scientificità delle medicine alternative,è la testimonianza evidente di queste rimozioni. Soprat-tutto perché non solleva nessuna risposta sulla prospet-tiva etica dell’omeopatia. In “Epistemologia, clinicamedica e la questione delle medicine eretiche “ dello stessoAntiseri, di Giovanni Federspil e Cesare Scandellari, sirinnovano gli antichi quesiti, ma non si affrontano idubbi reali.La questione della scientificità (la critica fondamentaleall’omeopatia) ha trovato argini fragili, ma proprio perquell’ipocrisia di cui si accennava all’inizio, il confrontoviene sempre riproposto su quella antica querelle!Questo conflitto (come la verità) è solo omeopatico, pur-troppo. In fondo, con molta pazienza (e con qualche ri-sorsa in più) l’accertabilità scientifica non tarderà adarrivare; quella clinica è già a portata di mano. Atten-zione parlo di accertabilità, perché considero l’efficaciaomeopatica pienamente compiuta.Purtroppo, il dibattito sulla medicina omeopatica scivolasempre sulla stessa diarchia: “scienza o non scienza”? Ladifesa omeopatica, quando messa al muro, si espone alpunto da ipotizzare (in alcuni settori) addirittura altrepossibilità di scienza. Ipotesi a dir poco risibile: questa èla scienza di questo mondo e per dirla con Platone, “non

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essere uno dei pochi uomini in grado di comunicare conl’aldilà. Al punto che le sue teorie furono ferocementecontestate, con relativa scomunica (ma delle opere e nondella persona) dalla chiesa luterana dell’epoca. Nono-stante ciò, Svedenborg influenzò non poco molte illustrimenti delle epoche successive: da Coleridge a Kent, daHenry James a Kant, da Coventry a Pattmore, fino allostesso C.G. Jung. Alla base delle speculazioni svedenbor-ghiane vi è la famosa “ Dottrina delle corrispondenze “: laconcezione della fede, secondo Svedenborg, risiede nelvivere, in questa funzione, ogni nostra azione e ogni no-stra scelta; di più, tutti i nostri amori, i desideri e i pen-sieri, che lo vogliamo o no, saranno in grado dideterminare tutte le nostre scelte. Ma solo, o per il Cielo,o per l’Inferno. Perché ogni azione o cosa di questomondo materiale conduce unicamente a queste due so-luzioni. La scelta del Bene e della Verità, che nel mondospirituale sono qualità reali dello Spirito di Dio (una so-stanza divina identificabile nello Spirito Santo), tengonoin vita ogni persona e realtà in modo costante. Solo que-ste acquisizioni consentono all’individuo di percorrerela strada di un bene, che Dio ha costruito da sempre perl’uomo. In sintesi, avere la giusta idea di Dio è, per Sve-denborg, assolutamente fondamentale. Nella secondaparte dell’Illuminismo la “riscoperta” positiva del primi-tivo, nel senso della purezza e della semplicità, richiama,con Rousseau, il ritorno a queste forme di essenzialità edi spiritualismo. Ne sarà influenzato anche GottfriedHahnemann (il padre del padre dell’omeopatia!). Gott-fried, infatti, sposa l’idea che l’elemento razionale vengaa convivere, obbligatoriamente, con il sentimento: nonc’è più una fede nel progresso e, meno che mai, nellascienza. Farà fatica il giovane Samuele Federico Cristianoa liberarsi da questo imprinting paterno. Al contrario,Kent, fa invece proprie, con non poca sapienza e congrande finezza, le teorie di Svedenborg, tessendo la tramadella semeiologia omeopatica nel palinsesto spirituale delfilosofo svedese. La visione kentista della medicinaomeopatica prevede passaggi obbligati e procedure rigidee puntigliose. Compare la visione di un universo ani-mato da un principio vitale immateriale - la Sostanzasemplice. Secondo Kent, infatti: a) essa è dotata di intel-ligenza formativa e dà forma all’economia dell’interoregno vegetale ed animale; b) senza di essa la materia sa-rebbe morta; c) con l’aiuto della sostanza semplice il di-vino Creatore può indirizzare tutto e tutti verso ilconseguimento del loro fine più alto.Scriverà Kent: “La sostanza semplice mantiene il corpoumano in movimento, animato, e ne assicura la perfezionedelle funzioni e controlla l’operato della mente e della vo-lontà.”, aggiungendo anche che “Quando è in contattocol corpo umano essa è costruttiva, ma quando essa si ritirale forze presenti nel corpo divengono distruttive”. Per il me-dico statunitense, la causa più probabile della malattia è“l’influsso della sostanza immateriale, invisibile, che, radi-catasi all’interno dell’uomo, fluisce dal centro alla periferia,creando ulteriore disordine”. Ancora, secondo Kent, “Ilcentro di controllo è in una triade che impartisce le direttive,cervello, cervelletto e midollo spinale... Poi abbiamo la vo-lontà e l’intelletto... La forza vitale, ministra dell’anima,il limbus e - infine - Il corpo materiale.”

Da Kant a... Kent!Se il fine di Kent era di traghettare la dottrina, elettiva-mente, su sponde spiritualistiche, non lo sappiamo, manetta è la sensazione che la sua omeopatia entri in rottadi collisione con la visione laica della scienza di cui siaccennava all’inizio. Bisogna pur sottolineare che questeteorie si nutrirono delle speculazioni filosofiche del-l’idealismo germanico. Fichte (1762-1814) e poi Schel-ling (1775-1854) il quale deciderà che la Natura èprodotta da un’intelligenza inconscia, e infine Hegel(1770-1831) con la sua visione dell’Assoluto. Quest’ul-timo si oppose con forza al criticismo kantiano. A pro-posito di Svedenborg, il filosofo di Konisberg, infatti,scriveva “...se di diversi uomini, ciascuno ha il suo mondoproprio è da supporre che sognino... Ad uno sguardo chenon escluda l’accordo con altri intelletti umani tuttoapparirà certo e manifesto a tutti... E i filosofi finalmenteabiteranno un mondo comune a quello che già da tempooccupano i matematici...”. Lo stesso Kant, dunque, stu-dioso e conoscitore di Svedenborg, ben precisa i valorie i limiti di queste libertà, sia umane sia scientifiche. E,alla fine, nella sua opera giovanile “I sogni di un visio-nario spiegati con i sogni della metafisica “ dedicato pro-prio a Svedenborg e ne i “Prolegomeni a ogni futurametafisica che voglia presentarsi come scienza”, cala lamannaia, senza possibilità di appello: “Abbandonarsi aqualsiasi curiosità e non porre altro limite alla passione delconoscere che l’impossibile, è un velo che non disdice al-l’erudizione”.

Da Kent a JungCarl Gustav Jung (1875-1961), assorbe anch’egli, conpienezza, i dettami di Swedenborg riguardo alla sussi-stenza del Cielo spirituale tramite l’esistenza della suacorrispondenza cattiva, l’Inferno. È questa la premessacomune: che l’eterna presenza di Dio e del Bene egli cherappresenta, includa fatalmente l’esistenza del suo op-posto, il diavolo, quindi il male. Non a caso, JakobBöhme, (1575-1624), tre secoli prima, aveva affermatoche “tutto ciò che esiste nell’universo, consiste in un sì o inun no”. Anche nel pensiero di Carl Gustav Jung si fastrada una concezione della coesistenza degli “opposti”:Ma egli lo riporta nell’esclusivo piano della psiche. Anzi,a differenza di Kent, ogni intento spirituale scompare,per dar fiato all’etica laica della guarigione. “Ognuno dinoi è seguito da un’ombra. Meno questa è incorporata nellavita conscia dell’individuo tanto più è nera e densa”, af-fermerà Jung, descrivendo il lato oscuro della vita co-sciente dell’uomo. Già Dostojevsky accennava a questisotterranei dell’anima, un mondo che sta sotto e dietrola maschera della persona e dell’agire sociale. Jung nonnasconde che vi si cela il luogo demonico e infernale delmito e della rappresentazione religiosa. La notte dellanostra coscienza, dove abitano le ombre, i mostri, imorti, ma da dove è possibile pure ripartire e rigenerarsi.Tra Kent, e Svedenborg da un lato e, Jung, dall’altro,appare il distacco. Per Jung quest’ombra non può signi-ficare solo il male. Quest’ombra va finalmente affron-tata, riconosciuta nei suoi tratti dolorosi, penosi econturbanti.

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Questa parte di noi, definita notturna, va accolta comenostra. Il suo rifiuto e la sua rimozione rimandano almeraviglioso romanzo “Lo strano caso del Dr Jekill eMr.Hyde”, di Robert Louis Stevenson (1850-1894). Loscrittore scozzese descrive le pericolose peripezie del pro-tagonista, un rispettabile uomo di scienza, che vive lapropria dimensione d’ombra come fosse un’altra per-sona sfuggita al controllo e alla morale. “Talvolta si deveessere indegni, per riuscire a vivere pienamente“, tagliacorto Jung. Se il male è l’altra faccia del bene, comel’ombra è l’altra faccia della luce, che senso ha giudicarele azioni degli uomini in termini di responsabilità? Lasensazione che Jung, rispetto a Kent, abbia allungato lacorsa della fionda della psicologia rispetto all’omeopatia,appare evidente. La visione kentista della medicinaomeopatica, di fatto, sembra convogliare gran partedelle contestazioni, radicalizzando il conflitto, sia ester-namente, sia, purtroppo, all’interno.E allora, con questa etica, la terapia omeopatica, avendoil grande limite di essere ancorata a proposizioni scienti-fiche ampiamente discutibili, corre il rischio di esserepropugnata fideisticamente da alcuni suoi mentori? Siaggiunga anche la sensazione che esiste un limite grave:quello di non essere suscettibile di evoluzione, dal mo-mento che nella sua formulazione essa è intrinsecamenteautolimitante. Purtuttavia, se esiste questa deriva fonda-mentalista, le va riconosciuta almeno coerenza, nel pro-porre un metodo sperimentale diverso, originale, chenon vuol proprio dipendere da premesse scientifiche lai-che. È vero, ma l’ammonizione di Bertrand Russell(1872-1970) “Il mondo non ha bisogno di dogmi, ma dilibera ricerca”, illumina che ogni qualvolta una teoria tisembra essere l’unica possibile, va preso come un segnoche non hai capito né la teoria né il problema che s’in-tendeva risolvere.La confusione, infine, potrebbe essere il peggior nemico.Una presunta interpretazione metafisica e una scarsa co-noscenza dell’omeopatia misero, qualche anno fa, laConferenza episcopale in difesa, sollecitando a diffidaredi pratiche terapeutiche non allineate e paraspirituali.

Conclusioni Il rischio più sottile è di ergersi a depositari del giusto,del buono, del corretto, dell’assoluto. E che l’intentocurativo sia connesso a premesse fideistiche o, peggio,moralistiche. E che, l’ipocrisia di cui accennavamo al-l’inizio, esondi e invada anche il rapporto medico-pa-ziente, spingendo il primo a radicalizzare l’assioma e ilsecondo a negarsi; per esempio omettendo al suo omeo-pata altre scelte terapeutiche, in un gioco delle parti ta-cito e correo. Paul Feyerabend (1924-1994) ha avuto ilcoraggio e la lungimiranza di sostenere che “la conoscenzaha bisogno di una pluralità d’idee”. L’etica in omeopatiadeve affrancarsi da contenuti fideistici per rafforzare laconvinzione che, anche una filosofia limitata come l’em-pirismo scientifico ha la necessità di rispettare i metodialternativi. Sempre Feyerabend assume che “le teorie piùradicate non sono mai così forti da determinare la scom-parsa dei metodi alternativi”, proprio perché...“I metodialternativi sono gli unici a scoprire gli errori delle disciplineufficiali” Si scelga, dunque, quale etica configurare per

l’omeopatia. Se l’intento “etico” del suo agire terapeuticosarà laico, ponendo sempre al centro il paziente-uomo,ma solo l’uomo e non altro, l’omeopatia “risulterà ancorapiù necessaria proprio per ragioni etiche e allora ...avremmo una ragione in più (per legittimarla), anzichéun conflitto con la scienza.” (P. Feyerabend)

Letture selezionate

Antiseri D., Reale G., Quale ragione? Raffaello Cortina, 2001.Antiseri D., Federspil G., Scandellari C., Epistemologia, clinicamedica e la «questione» delle medicine «eretiche», Rubattinoed., 2003.

Brome, V. Vita di Jung, Bollati Boringhieri, 1994.Carotenuto, A.,Jung e la cultura del 20° secolo, Bompiani, 2000Crasta F.M.,, La filosofia della natura di E. Swedenborg, Milano,Angeli, 1999.

Cassirer, E, Vita e dottrina di Kant. Firenze, La Nuova Italia, 1984.De Bartolomeo M., Filosofia, Dall’Illuminismo all’Idealismo-. Na-poli, Atlas, 2001.

De Torrebruna R., Turinese L., Hahnemann-Vita del padre del-l’omeopatia- 2007, Edizioni E/O.

Feyerabend P., I limiti della ragione, Il saggiatore 1983.Feyerabend P., Contro il metodo: abbozzo di una teoria anarchicadella conoscenza, Feltrinelli, 1975.

Feyerabend P., La scienza in una società libera, Feltrinelli 1981.Flores d’Arcais P., Onfray M., Vattimo G., Atei o credenti? Filo-sofia, politica, etica, scienza, FAZI editore, 2007.

Gargiulo P., Grazie Lancet - Natura e Benessere. 2005, num. 18,pag 66-71- FN Editrice.

Gargiulo P., Le ombre e le luci di Eutanasia - Natura e Benessere.2007, num. 24, pag.18-25- FN Editrice.

Hume D., Dialoghi sulla religione naturale Giovetti P., Biografia di E. Svedenborg, ed. Mediterranee, 2004.Jung C.G., Aspetti generali della psicoanalisi, 1913.Jung C.G., Psicologia e Alchimia, 1935.Jung C.G., Paracelso come medico, 1941.Jung C.G., Paracelso come fenomeno spirituale, 1942.Jung C.G., Il problema dell’Ombra, 1946.Jung C.G., Analisi dei sogni.Màdera, R. Carl Gustav Jung. Biografia e teoria, Bruno Monda-dori, 1998.

Kant I., Prolegomeni ad ogni futura metafisica che voglia presen-tarsi come scienza.

Kant I., I sogni di un visionario spiegati con i sogni della metafi-sica.

Kant I., Princìpi metafisici della scienza della natura.Kant I., Critica della ragion pura.Kant I., Fondazione della metafisica dei costumi.Kent J.T., Il grande interrogatorio omeopatico.Kent J.T., Lezioni di filosofia omeopatica.Kent J.T., Materia medica omeopatica.Lubrano A., La vita di Samuele Hahnemann. - Natura e Benessere.

2007, num. 24, pag 26-32- FN Editrice.Pareyson L., Estetica dell’Idealismo tedesco - I volume.Ratto P., Kant, la regola e la passione. Il ruolo dell’immaginazionenella Critica del Giudizio, 2002.

Russel B., Storia della Filosofia Occidentale.Schmidt P., The life of James Tyler Kent, Brit. Hom. Jour. 1964,3, 152-160.

Scola A., Flores d’Arcais P., Dio? Ateismo della ragione e ragionidella fede, Marsilio 2008.

Swedenborg E., La zona grigia di Minerva, Tea Longanesi, 1996.Swedenborg E., Cielo e Inferno ed. Mediterranee 2004.Swedenborg E., Conversazione con gli Angeli, ed. Mediterranee,2004.

Swedenborg E., La bibliografia spirituale.

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L’allergia è uno dei più frequenti motivi di consulta-zione in omeopatia e in particolare il pediatra, sia essoallopata o omeopata, si trova sempre più spesso ad af-frontare la patologia allergica la cui incidenza è in con-tinuo e costante aumento in questi ultimi decenni.Numerosi lavori di ricerca clinica e biologica testimo-niano l’efficacia dei medicamenti omeopatici nel trat-tamento delle malattie allergiche.

Roberto Pulcri

Medico esperto in omeopatiaProfessore a contratto, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Roma “Tor Vergata” e Siena E-mail: [email protected]

L’approccio omeopaticoalle allergopatie in età pediatrica

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ponente reazionale di un organismo sensibilizzato neiconfronti di un agente aggressore, capacità reazionale chesi esprime con un insieme di segni in un individuo concaratteristiche morfologiche, fisiologiche e comporta-mentali proprie. Quando dei fattori ambientali interven-gono nello scatenamento di una sindrome patologica,essi sono considerati più come dei fattori rivelatori ditendenze patologiche del terreno che come dei veri fat-tori eziologici. È proprio in questa ottica che l’omeopatiaapporta una soluzione originale al trattamento dell’aller-gia, e non solo in età pediatrica.L’azione dell’omeopatia si situa a tre livelli: 1) i medica-menti sintomatici che permettono il trattamento del-l’episodio acuto; 2) l’impiego degli isoterapici per iltrattamento eziologico; 3) la terapia di fondo che agiscesul terreno del bambino allergico ed è volta modificarele sue modalità reazionali nei confronti dell’allergene. È soprattutto quest’ultimo punto che è importante neltrattamento del paziente allergico, a maggior ragione seè un bambino, ed è in questa modificazione del terrenoche risiede l’originalità dell’approccio omeopatico.Praticamente tutti i neonati presentano alla nascita unmarcato tropismo centrifugo, cioè una spiccata tendenzaad eliminare qualsiasi tossina, endogena o esogena, spin-gendola verso la pelle e le mucose. È esperienza comunenotare la presenza di crosta lattea o di eritema da pan-nolino, spesso recidivanti e resistenti ai comuni tratta-menti topici. Sono proprio queste terapie, volte areprimere il normale tropismo centrifugo, che secondola visione omeopatica possono provocare la cosiddetta“metastasi morbida” cioè il cambiamento di forma e sededella malattia. È così che si spiega, ad esempio, la fre-quente associazione o meglio alternanza tra dermatiti edepisodi asmatici nel bambino; è così che si manifesta lapsora, il miasma che più precocemente e più frequente-mente si evidenzia nel bambino. Possiamo definire lapsora come una diatesi caratterizzata dall’auto ed ete-rointossicazione cronica che sopravviene in soggetti pre-disposti appartenenti abitualmente ai biotipi carbonicoo sulfurico. Questa diatesi è caratterizzata dall’alterazionedelle capacità reazionali dell’organismo, come difesadalle noxe patogene provenienti dall’esterno, fino all’esa-sperazione, con superamento dei limiti fisiologici di ri-sposta. È già molto semplice inquadrare nella definizioneappena data la maggior parte dei bambini allergici, coni loro episodi accessuali di asma o dermatite o enteriteche si sovrappongono e spiccano su una situazione che ècomunque di cronicità, come episodi di superamentodei limiti fisiologici di risposta dell’organismo all’espo-sizione all’allergene.

Imeccanismi d’azione dei rimedi omeopatici nonsono ancora ben conosciuti ma sono oggetto di ri-cerca di numerosi gruppi di studiosi. Si pensa che il

rimedio stimoli e regoli i sistemi di difesa naturale del-l’organismo e questo può spiegare gli eccellenti risultatigeneralmente ottenuti nel bambino, l’asseto immunita-rio del quale è peculiare nei primi anni e deve seguireuna sorta di “apprendistato” durante il quale si possonoverificare alcuni “incidenti di percorso” identificabili conle sensibilizzazioni verso diversi allergeni da parte di unsoggetto comunque predisposto geneticamente. Il sog-getto atopico viene comunemente inteso come un iper-sensibile, un iperreattivo che risponde in manieraanomala agli stimoli ambientali (allergia = alterata reat-tività) e le manifestazioni cliniche di allergia non com-paiono che al di là di una soglia di attività immunitaria,sotto l’influenza di fattori genetici, immunologici (deficitdi linfociti T suppressor, deficit transitorio di Ig A) e am-bientali (esposizione all‘allergene, infezioni virali delleprime vie respiratorie, parassitosi intestinale, esposizionea fumo di tabacco, inquinamento ambientale). In parti-colare è ormai accertata l’esistenza di fattori genetici. Inoltre il 50% degli allergopatici è presente un‘anamnesifamiliare positiva per sindromi allergiche e, quanto piùè compromesso il gentilizio, tanto maggiore è il rischioper la prole di andare incontro ad allergopatie. Studi po-polazionistici e studi condotti su particolari nuclei fami-liari hanno messo in evidenza che la sintesi di Ig E totaliè regolata da un gene non HLA-associato, trasmissibilesecondo le leggi mendeliane, con una dominante R (bassilivelli di IgE totali) e uno recessivo r (alti livelli di Ig Etotali), mentre esiste un gruppo di geni HLA-associati,deputati al controllo della sintesi di IgE allergene - spe-cifiche il cui effetto è più evidente nei soggetti con bassilivelli di IgE totali.In quanto esposto risulta evidente la relazione concet-tuale tra omeopatia e allergologia in particolare perquanto riguarda la nozione di “terreno”. In omeopatiacon il termine di “terreno” o “diatesi” si indica la com-

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Quanto appena esposto riguarda solo la terapia del ter-reno che, pur essendo essenziale nell’ottica omeopatica,deve essere comunque affiancata dalla terapia volta a ri-solvere i singoli episodi acuti, che con il tempo diven-teranno sempre più distanziati fino, molto spesso, ascomparire del tutto. Si farà quindi uso dei molti rimediscelti dalle Materie Mediche secondo le tecniche di re-pertorizzazione e di gerarchizzazione dei sintomi che sa-ranno comunque diversi non solo da un bambinoall’altro, ma anche nello stesso paziente da una crisi al-l’altra. Il pediatra omeopata davanti al bambino affettoda patologia acuta usa gli stessi strumenti del collega al-lopata: ascolta, osserva e visita, fa un’anamnesi, chiedeeventualmente degli esami strumentali, radiografie, testallergici o quant’altro possa essergli utile. La sola diffe-renza consiste in un grado supplementare di vigilanzanell’esercizio di queste attività, in una attenzione parti-colare a delle manifestazioni considerate inutili in allo-patia ma che sono essenziali per la prescrizioneomeopatica. La sua competenza ed esperienza gli per-metteranno di determinare il limite esatto della sua de-cisione terapeutica e il suo senso di responsabilitàprofessionale gli permetterà di scegliere tra le differentipossibilità tecniche che ha imparato a conoscere. In casidi estrema urgenza non esiterà a ricorrere a metodi te-rapeutici anche eroici come le tecniche di rianimazionecardiopolmonare o le tecniche di perfusione nelle disi-dratazioni acute, e non esiterà a rivolgersi al collega chi-rurgo per le patologie che prevedono questa terapia. Manella maggior parte dei casi gli sarà sufficiente applicarele sue conoscenze di omeopatia per risolvere il pro-blema: presterà quindi un ascolto alla famiglia partico-larmente attento ai dettagli, alla ricerca di un sintomoparticolare; farà un esame clinico completo, non limi-tandosi mai al solo organo colpito; chiederà ragguaglisulle circostanze di comparsa dell’episodio in questione,sulle modalità sintomatiche relative all’orario, alla posi-zione, al movimento, al calore, ecc.; si interesserà ai fe-nomeni indotti o sintomi concomitanti in organi vicinio su altre funzioni. Tutto ciò può effettivamente rendereun po’ più complicato il lavoro del pediatra e più lunghee a volte impossibili le semplici consultazioni telefoniche.A fronte di ciò c’è il vantaggio per il paziente sottopostoad una terapia efficace, con una buona compliance epriva di effetti collaterali; un notevole miglioramento delrapporto medico - paziente e molta soddisfazione per ilmedico che con studio, pazienza e diligenza applica que-sta disciplina.

Letture selezionate

Bernard H., Traitè de Medecine Homeopatique, Ed. VandenBroele, Bruges, 1981.

Bougarit R., Therapeutique Homeopatique de l’enfant, Ed Ma-loine, 1989.

Chefdeville F., Poncet J. E., Pratique Homeopatique en Allergo-logie, CEDH, 1995.

Conan Meriadec M. Les terrains allergiques, L’Homeopathie eu-ropeenne 1993, 1. 12.

Demarque D., Jouanny J., Poitevin B., Farmacologia e materiamedica omeopatica, Ed. Tecniche Nuove 2005.

Demarque D., L’omeopatia medicina dell’esperienza, ed. BoironItalia, 2003.

La via cutanea non è comunque la sola a condurre leescrezioni verso l’esterno. Quando con l’età la pelle di-viene meno sensibile oppure quando le eruzioni cutaneevengono contrastate, entrano in gioco altre vie di elimi-nazione centrifuga e vengono quindi coinvolti i puntidi giunzione tra cute e mucose (orifizi rossi dei soggettisulfur) e le mucose respiratorie, digestive, oculari, uri-narie. È per questo che vengono interessati vari apparatianche con l’apporto delle altre diatesi che, contempo-raneamente o in momenti diversi, possono evidenziarsiin uno stesso soggetto. È infatti importante sottolineareche qualsiasi paziente allergico può avere anche segni disicosi, tubercolinismo o anche di luesinismo. In parti-colare la psora spesso si interseca con il tubercolinismoe secondo alcuni Autori (H. Bernard) psora e tuberco-linismo sono due aspetti di un unico miasma. Perquanto riguarda la sicosi, intesa come turba della circo-lazione interna, è utile ricordare che perché essa si veri-fichi è necessario che ci sia, anche temporaneamente,una turba della funzione centrifuga. Una marcata eli-minazione di scorie provocherà quindi un “ingorgo”nella circolazione interna fino a bloccarla e a provocarela sicosi: è quello che si può verificare anche nel bam-bino dopo numerosi trattamenti allopatici volti a “ ri-solvere “ le crisi allergiche. In tema di trattamento delterreno, si deve ricordare l’importanza che alcuni Au-tori, soprattutto di scuola anglosassone, danno alle in-fluenze psicosomatiche in varie allergopatie, inparticolare nell’asma infantile ed anche in alcune formedi orticaria psicogena, in cui vengono valorizzate le si-tuazioni conflittuali in ambito familiare o scolastico. Èindubbio che la stessa dermatite atopica è soggetta apeggioramenti nel caso in cui il bambino è sottoposto astress emotivo prolungato, come per esempio per la na-scita di un fratello. Ci sono studi che ipotizzano unruolo regolatore del sistema neuroendocrino sul sistemaimmunitario, tramite dei neuromediatori peptidici.In omeopatia l’approccio psicosomatico è assolutamentenaturale poiché, essendo per definizione una medicinaolistica, tiene conto dell’insieme dei sintomi presentatidal malato, e non unicamente di quelli legati alla malat-tia per la quale si chiede consulto. Anche gli effetti per-sistenti di una emozione e tutte le situazioni conflittualiprolungate che il soggetto non è in grado di affrontarevengono considerate alla stregua di “tossine” che l’orga-nismo deve comunque metabolizzare ed eliminare. Ècosì che un bambino capriccioso, capace di esplosioni dirabbia (Chamomilla, Nux vomica) avrà manifestazioniallergiche più facilmente di tipo psorico e che si disco-steranno in modo più o meno evidente da quelle delbimbo con miasma prevalentemente tubercolinico (pa-ziente irritabile, spesso insonne, la debolezza irritabile diSilicea) e da quelle del piccolo che già manifesta segni disicosi non solo nella sua allergia ma anche nel suo pallorecome nella sua tristezza e nelle sue crisi d’ansia. I segni di luesinismo, spesso misto a tubercolinismo, li tro-veremo in un bambino “difficile”, nervoso, con un sonnomolto disturbato spesso dall’aggravamento di tutti i sintomi,un bambino che ha tardato nelle acquisizioni psicomotoriee che, in modo caratteristico, non può evitare di toccare e dispostare tutto quello che c’è sulla scrivania del pediatra.

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U. de Vonderweid

Prof. Associato di Neonatologia, Università di TriesteDirettore S.C. di Pediatria-Neonatologia, Ospedale di Moncalieri, ASL TO5 PiemonteE-mail: [email protected]

Evidence Based Homeopathic Medicine

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(l’esito o outcome) e contemporaneamente un gruppo diindividui (i controlli) che vengono sottoposti ad un altroo a nessun intervento, e vengono poi seguiti per lo stessotempo per rilevare l’esito. La diversa frequenza di out-come nei due gruppi è la misura dell’efficacia del nuovointervento.Nello studio osservazionale con controlli di tipo retro-spettivo (detto anche studio caso-controllo) l’osserva-zione va a ritroso nel tempo, nel senso che si parte dadue gruppi di individui, uno che presenta una certa pa-tologia e l’altro che non la presenta, e si va a vederequanti, in un tempo precedente, erano stati esposti adun certo fattore di rischio o avevano ricevuto un certointervento. In entrambi i tipi di studio, prospettico o re-trospettivo, l’esistenza del gruppo dei controlli permettedi valutare l’efficacia dell’intervento o il peso di un certofattore di rischio relativamente ad un altro (o a nessun)intervento o fattore di rischio. In realtà, per un confronto valido, il gruppo dei pazientitrattati e quello dei controlli dovrebbero essere uguali pertutte le variabili potenzialmente influenzanti gli esiti disalute che si andranno a misurare, ma questo negli studiosservazionali avviene raramente. Il più delle volte i duegruppi non sono ben confrontabili, o perché il ricerca-tore non è in grado di controllare tutte le variabili ingioco o (più spesso) perché è la metodologia stessa di se-lezione a introdurre delle differenze. Se i due gruppi nonsono simili, gli esiti che si misureranno saranno in partedovuti all’intervento ma in parte alle diverse condizionidi partenza: il confronto fra i due gruppi è quindi “di-storto” (biased) e la valutazione dell’efficacia dell’inter-vento è poco attendibile.L’unica via affidabile per dimostrare l’esistenza di unarelazione causale fra un intervento terapeutico ed unesito è passare dal paradigma osservazionale a quello spe-rimentale, dove la selezione dei pazienti da trattare conil farmaco “vero” (casi) o da trattare con il placebo (con-trolli) è affidata al caso. Si tratta dei così detti “studi cli-nici controllati e randomizzati” (Randomized ControlledTrial - RCT).La randomizzazione, brutto neologismo da un termineinglese traducibile come “selezione casuale” è l’unicomodo per essere (statisticamente) certi che tutte le varia-bili, note ed ignote, controllabili e non controllabili, chepossono influenzare l’“esito” dell’intervento oggetto distudio siano distribuite in maniera omogenea tra ilgruppo dei casi e quello dei controlli, e che quindi le dif-ferenze di esito che misureremo saranno legate esclusi-vamente all’efficacia dell’intervento stesso. Spesso ci sichiede se sia eticamente accettabile affidare al caso la pos-

Il quadro metodologico

Èsolo negli ultimi decenni che la medicina si èposta in maniera formale il problema della valu-tazione dell’efficacia degli interventi terapeutici e

questa disciplina non è ancora entrata nel curriculumformativo degli operatori sanitari: è quindi giustificatala scarsa preparazione di molti di noi nell’affrontare que-sto argomento. Peraltro, studi di efficacia clinica com-paiono sempre più spesso nella letteratura medica, ed ènecessario che le competenze di base per interpretarlisiano rese disponibili a tutti gli operatori.In essenza, l’obiettivo di uno studio di efficacia clinica èdimostrare (ovviamente in termini probabilistici) l’esi-stenza di una relazione causale (di causa-effetto) fra unintervento X ed un esito (outcome) O in una popola-zione di studio P. Per raggiungere questo scopo, possonoessere disegnati studi metodologicamente molto diversi,di realizzazione molto semplice o molto complessa, acosto zero o molto costosi, molto o poco “potenti”, ecc.Ricordo che la “potenza” di un disegno epidemiologicoè la sua capacità di dimostrare l’esistenza di una relazionedi causa-effetto in maniera convincente. Il tipo più semplice di disegno di uno studio di efficaciaclinica è lo studio osservazionale su pazienti senza con-trolli che consiste nel praticare un certo trattamento inuna serie di pazienti e verificare in questi le variazionidello stato di salute ipoteticamente legate al tratta-mento. È il modo più antico, ma più aleatorio, di evi-denziare una relazione causale. È il post hoc ergo propterhoc della filosofia antica, è un modo di pensare innatonell’essere umano, alla base di infinite credenze popolarie pseudo-scientifiche. In medicina ha certamente rap-presentato un progresso rispetto all’ “ipse-dixit” (...que-sto evento è la conseguenza di quella causa perché loafferma la tale autorità...) che ha dominato per secoli,ed ha contribuito alla nascita della medicina empirica,ma oggi non può essere più considerato un metodoscientificamente valido. È un metodo che risente moltodell’ipotesi a priori del ricercatore (io credo che il far-maco X funzioni nella malattia Y), e quindi sovrastimalargamente l’effetto positivo dell’intervento, fino a voltead identificare relazioni causali inesistenti. Ad un livello superiore si situano gli studi osservazionalicon controlli, che possono essere di tipo prospettico o ditipo retrospettivo. Nello studio osservazionale con controlli di tipo prospet-tico abbiamo un gruppo di individui che vengono sot-toposti ad un intervento e vengono poi seguiti per uncerto tempo per poter rilevare lo stato di salute a distanza

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sibilità per un individuo di ricevere un nuovo tratta-mento, ma questo modo di ragionare risente dello stessoproblema che avevo segnalato per gli studi osservazionali,e cioè l’opinione a priori del clinico sull’efficacia del trat-tamento innovativo. Se consideriamo invece che lo stu-dio sperimentale si fa proprio perché si ignora se il nuovotrattamento sia più efficace o sia più pericoloso del trat-tamento tradizionale, risulta chiaro che affidare al casola possibilità per il paziente (correttamente informato)di ricevere un trattamento innovativo o quello tradizio-nale è l’unica modalità eticamente valida.È importante sottolineare l’aspetto della sicurezza di unnuovo intervento. Dimostrare che un nuovo farmaco èpiù sicuro di uno già noto è più difficile che dimostrareche è più efficace, e può essere fatto solo con RCT suampie casistiche, ma l’imperativo etico e deontologiconel campo della safety è ancora più forte che per l’effi-cacy. Purtroppo la cronaca quotidiana ci richiama spessoagli effetti dannosi di nuovi farmaci immessi in commer-cio ed utilizzati su vasta scala senza una corretta valuta-zione di sicurezza.La randomizzazione evita che la soggettività del ricerca-tore influenzi la composizione dei due gruppi dei casi edei controlli, ma non risolve il problema della soggetti-vità in fase di valutazione dell’esito. Per questo si ricorrealla così detta valutazione in (singolo o doppio) cieco, cheprevede che il ricercatore che misura l’esito non sappiase l’individuo che sta valutando è un caso o un controlloe che l’individuo trattato non sappia se ha ricevuto iltrattamento o il placebo. In questo modo il giudizio delricercatore e quello del paziente non sono influenzatidalle loro aspettative sul trattamento che si sta valu-tando. Pur essendo lo strumento più “potente” per va-lutare l’efficacia (e la sicurezza !) di un trattamento,anche lo RCT presenta alcuni problemi metodologici,che vanno affrontati e risolti prima di avviare uno studioche altrimenti potrebbe non risultare valido (e realizzareuno studio mal fatto è sempre eticamente oltre che eco-nomicamente inaccettabile). Il primo problema è che gli effetti dell’intervento devonoessere misurabili obiettivamente ed esprimibili con nu-meri per l’analisi statistica: ricordiamo che le conclusionidello studio, e cioè la valutazione dell’efficacia e della si-curezza dell’intervento, sono espresse in termini proba-bilistici. Non è sempre facile tradurre in numeri levalutazioni soggettive degli individui sul proprio stato disalute e benessere.Il secondo problema è che il campione di popolazioneselezionato per lo studio, e dal quale verranno tratti i casied i controlli, deve essere rappresentativo della totalitàdella popolazione alla quale il trattamento è potenzial-mente indirizzato, altrimenti le conclusioni dello studionon possono essere generalizzate. Oltre ad essere rappresentativo, il campione deve ancheessere sufficientemente numeroso, e la bassa numerositàè il problema più frequente degli RCT. Se i pazienti stu-diati sono troppo pochi, si rischia di non identificare (di-chiarare statisticamente non significativa) una differenzache invece è reale o di sovrastimare un effetto che in re-altà è più modesto, ma soprattutto (e questo è ben piùgrave) si corre il pericolo di non identificare potenziali

effetti negativi del trattamento. Un altro problema fre-quente degli RCT è la scarsa durata del periodo di os-servazione (follow up) dopo il trattamento, che nonpermette di identificare esiti rilevanti ma che compaionoa distanza. Per ovviare, almeno in parte, ai problemisopra esposti, è possibile fare una metanalisi di RCT (1).In sostanza - e semplificando molto - in una metanalisii pazienti dei diversi RCT vengono considerati come seappartenessero ad un unico grande RCT, e tutti i sog-getti che hanno ricevuto il trattamento sperimentalevengono aggregati nel gruppo “casi” e tutti i soggettiche hanno ricevuto il placebo vengono aggregati nelgruppo “controlli”. Il primo passo di una metanalisi èil calcolo dell’entità della risposta al trattamento (ed alplacebo) nei singoli RCT, detto effect size o treatment ef-fect. Successivamente, tutti gli effect size sono raccoltiun unico pool.Ovviamente, è necessario assumere che vi sia un effectsize comune fra gli studi, cioè che questi siano sufficien-temente simili fra loro per tipologia di pazienti, patolo-gia trattata ed effetto del trattamento. In carenza diquesti requisiti è dubbio che si possa procedere ad unametanalisi classica (2). Sarebbe come raccogliere in unametanalisi studi di chemioterapia del cancro prostatico,antibioticoterapia della polmonite da Legionella, terapiasteroidea dell’artrite reumatoide, dietoterapia delCrohn, etc. per rispondere alla domanda “la medicinaallopatica è più efficace del placebo?” Eppure è questoche è stato fatto in alcune metanalisi di RCT di omeo-patia.Un altro problema delle metanalisi di RCT è l’impor-tanza dell’opinione a priori del ricercatore. Mentre in unRCT la randomizzazione e la valutazione in cieco annul-lano la soggettività di giudizio del ricercatore, nelle me-tanalisi la scelta degli studi da includere e di quelli daeliminare, la metodologia di valutazione della qualitàdegli studi e di analisi dei risultati sono del tutto dipen-denti dalle scelte individuali. Cacciato dalla porta, il pre-giudizio del ricercatore rientra dalla finestra.

Le metanalisi di RCT di omeopatiaTenendo ben presente i problemi fin qui sollevati, ana-lizziamo ora 3 metanalisi di RCT che hanno cercato dirispondere alla domanda: “l’omeopatia funziona più delplacebo ?” Lo studio pubblicato da K. Linde e coll. suLancet nel 1997 è una metanalisi classica che analizza 89RCT (su 133 individuati) di diversi trattamenti omeo-patici contro placebo (3). Il risultato della metanalisi èun odds ratio globale, statisticamente significativo, di2.45 (I.C. 95%: 2.05-2.93) a favore del farmaco omeo-patico. Restringendo l’analisi ai soli 26 RCT di qualitàmetodologica superiore l’odds ratio cala a 1.66 ma ri-mane statisticamente significativo (I.C. 95%: 1.33-2.08).Il commento degli autori è che non si può affermare chegli effetti clinici dell’omeopatia siano da imputare sola-mente all’effetto placebo: nel farmaco omeopatico c’èqualcosa di più.Una delle cose più interessanti di questa pubblicazione -per il lettore meno ferrato in statistica- è la tabella 2, dovegli autori riportano, per ognuno degli 89 RCT, i dati re-

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lativi agli autori, alle casistiche, ai punteggi di qualità,alle patologie trattate, ai farmaci usati ed ai valori di oddsratio e di intervallo di confidenza. Ad una semplice ispe-zione visiva della tabella risulta evidente la superioritàdell’omeopatia rispetto al placebo: in 74 RCT l’oddsratio è a favore del farmaco (OR>1) e solo in 10 RCTl’odds ratio è a favore del placebo (OR<1). In 5 RCT c’èparità (OR=1).Nel 2000 viene pubblicata un’altra metanalisi, che rap-presenta il risultato del lavoro di un gruppo di studio at-tivato dal Parlamento europeo (2). Consci dei limitimetodologici delle metanalisi classiche, gli autori se-guono un approccio statistico diverso, che non prevedeil pooling di tutti gli effect size (cioè evitano di mettereassieme mele e pere !) ma si limita a combinare i livellidi significatività dei singoli studi (che rimangono cosìseparati nell’analisi) in un unico valore di P. L’ipotesi nullè quindi che l’effetto studiato (cioè la superiorità del“vero” rispetto al placebo) non sia presente in nessunodei RCT analizzati. Se l’ipotesi null è respinta, significache è altamente probabile che in almeno uno degli studiil “vero” sia più efficace del placebo.È un approccio “prudente” ma metodologicamentemeno criticabile. Anche i criteri di selezione degli studisono prudenti: vengono inclusi nella metanalisi solo 16su 118 RCT analizzati, ma il risultato finale è a favoredell’omeopatia con elevata probabilità statistica.Analizziamo da ultima la metanalisi più recente, pubbli-cata dal gruppo del prof. M. Egger su Lancet nel 2005(4). Vengono identificati 165 RCT di omeopatia e 110di questi vengono utilizzati per l’analisi. Vengono ancheselezionati, per confronto, 110 RCT di trattamenti al-lopatici in situazioni patologiche analoghe. Nella figura2 della pubblicazione vengono riportati i valori di oddsratio rispettivamente dei 110 RCT di omeopatia e dei110 RCT di allopatia distribuiti secondo le dimensionicampionarie (valori di errore standard).Guardando questa figura -diversa graficamente ma con-cettualmente simile a quella del lavoro di Linde- risultaevidente che nella grande maggioranza degli studi, sia diomeopatia che di allopatia, gli odds ratio sono netta-mente a favore del farmaco rispetto al placebo. Gli autoriinfatti commentano: “Most odds ratios indicated a ben-eficial effect of the intervention”. Successivamente ven-gono selezionati 8 (sic!) dei 110 RCT di omeopatiagiudicati “di qualità metodologica superiore” e 6 dei 110studi di allopatia della stessa qualità.Gli autori non specificano né i criteri di selezione néquali siano gli studi selezionati. L’odds ratio del farmacocontro placebo degli 8 studi di omeopatia è 0,88 (I.C.95%: 0.65-1,19). Poiché l’intervallo di confidenza in-clude il valore 1 la differenza fra “vero” e placebo non èstatisticamente significativa. L’odds ratio dei 6 studi diallopatia è 0,58 (I.C. 95%: 0,38-0,85), statisticamentesignificativa a favore del farmaco. Sulla base di questaanalisi ristretta, e senza più menzionare la precedente va-lutazione positiva dell’omeopatia basata sulla totalitàdegli studi selezionati, gli autori concludono che non visono prove convincenti che l’omeopatia sia più efficacedel placebo.

Conclusioni

Diceva Sackett, il padre dell’Evidence Based Medicine,che l’EBM è “ l’uso coscienzioso, esplicito e giudiziosodella migliore evidenza scientifica corrente per prenderedecisioni cliniche nella cura del singolo paziente” e, an-cora, che EBM “significa integrare l’esperienza clinicadel singolo medico con la migliore evidenza scientificadisponibile derivata dalla ricerca sistematica” e “i buonimedici usano sia la loro esperienza clinica che le migliorievidenze scientifiche esterne, e che né l’una né le altre,da sole, fanno buona medicina” (5).In conclusione, se vogliamo sapere se un trattamento èefficace e sicuro dobbiamo cercare in letteratura studi cli-nici sperimentali randomizzati, controllati ed in cieco,possibilmente multicentrici e quindi con casistiche nu-merose, dove l’ipotesi terapeutica, le procedure e le mi-sure di esito siano ben specificate, misurate obiettiv-amente ed analizzate con procedure statistiche semplicie comprensibili (migliore è il disegno dello studio e piùsemplice è l’analisi statistica).Meglio ancora se troviamo delle metanalisi in cui epide-miologi esperti analizzano (con onestà intellettuale !) irisultati di più RCT sullo stesso argomento: quando di-versi ricercatori, in diversi contesti ma con metodologieconfrontabili hanno osservato gli stessi effetti, è proba-bile che anche noi li ritroveremo nei nostri pazienti.Analizzando senza preconcetti i dati scientifici pubblicatiin letteratura, e soprattutto il lavori di metanalisi di RCT,è molto difficile sostenere che non vi siano “evidenze” afavore dell’efficacia clinica dell’omeopatia.

Bibliografia

1.Meta-analysis: quantitative methods for research syn-thesis.Wolf F.M. 1986. Beverly Hills, CA: Sage

2.Evidence of clinical efficacy of homeopathy. A meta-analysis of clinical trials. Cucherat M., Haugh M.C.,Gooch M., Boissel J.P., for the HMRAG Group Eur.J. Pharmacol. 2000; 56: 27-33.

3.Are the clinical effects of homeopathy placebo effects? A meta-analysis of placebo-controlled trials. LindeK., Clausius N., Ramirez G.,Melchart D:, Eitel F:,Hedges L.V., Jonas W.B. The Lancet 1997; 350:834-43.

4.Are the clinical effects of homeopathy placebo effects? Comparative study of placebo-controlled trials of ho-meopathy and allopathy. Shang A., Huwiler-Muntener K., Nartey l:, Juni P., Dorig S:, SterneJ.A.C., Pewsner D., Egger M. The Lancet 2005; 366:726-32.

5)Evidence Based Medicine: what it is and what it isn’t.Sackett D.L., Rosenberg W.C., Gray M. J.A., HainesR.B. Richardson W.S. British Medical Journal 1996;312: 71-2.

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I GRANDI PERSONAGGI DELL’OMEOPATIA

Dott. Negro, ci parli di lei: innanzitutto, quando decisedi diventare un medico omeopata.

Avevo otto anni. A quel tempo mio padre aveva un do-lore al ginocchio che non riusciva a far scomparire. Unafamiglia a noi amica, gli Zaccaria di Bordolano, in va-canza ad Alassio, da sempre seguaci dell’omeopatia, ciinviarono dal dott. Biscella, un medico laureato in Ame-rica, all’Homeopathic Institute di Philadelphia. Questomedico, per esercitare in Italia, aveva dovuto ripresentarsiagli esami di stato. Il successo nei confronti di mio padreportò l’omeopatia nella nostra famiglia. Fu il dott. Bi-scella il mio primo maestro.

Chi ricorda dei grandi omeopati del secolo scorso?

Tanti, a cominciare da Schmidt, Vannier, Lamasson, alquale affidai mio figlio per studiare omeopatia, poi Gal-lavardin, Zissu, allora giovane, Demarque, Ortega, Pa-squero. I giovani Masi e Gandegabe, Chand, Dorcsi, Volle la sua elettro-omeopatia che ricordava quella di Mattei.E altri ancora che adesso non ricordo... Tra gli italianiTosi, Gagliardi, Galeazzi-Lisi, Leonardi, Lagorara, Mo-diano e Dandolo Mattoli. A quest’ultimo feci visitareuno dei miei figli, così come Galatzer che avevo consi-gliato a mia moglie come medico. Non sempre è possi-bile curare con obiettività i propri familiari. Poi, tra imiei primi diretti collaboratori, la scuola romana, i fra-telli Santini, Baratta, Pavignano, Fontana, Galeazzi,Croci, Leoni e Mosso, senza dimenticare Lodispoto.

Quali differenze e quali similitudini ci sono tra questigrandi dell’omeopatia italiana?

I grandi, sia italiani sia stranieri, sono stati coloro chehanno seguito l’omeopatia vera, quella che considera ilmalato e non la malattia. Coloro che hanno applicato ilvero pensiero di Hahnemann.

Come era accolta, allora, l’omeopatia dalla scienza con-venzionale?

Il contatto più significativo con la medicina accademicafu con il mio maestro Nicola Pende, che mi permise diorganizzare un ambulatorio omeopatico nell’Universitàdi Roma. Poi con Gedda, professore di Genetica Medica.Nel suo “Istituto Mendel”, ebbi la possibilità di tenerenumerosi congressi. Inoltre Adalberto Pazzini, direttoredell’Istituto di Storia della Medicina, con il quale intrat-tenni rapporti di studio. All’Università Cattolica insegnòcome farmacologo Fischetti, un mio studente all’Univer-sità, come pure fu un mio studente Lucio Zichella, pro-

fessore ordinario di Ginecologia alla Sapienza. Entrambis’interessarono all’omeopatia. Molti cattedratici, ve-dendo i risultati, accettarono i miei rimedi, senza chie-dersi molti perchè. Ricordo i miei colloqui conRossi-Fanelli ordinario di Chimica biologica.

Qual è la differenza tra i pazienti di ieri e quelli di oggi?

I pazienti di oggi sono più consapevoli. Sanno cosa èl’omeopatia. Ci sono più medici che la praticano anchese non sempre correttamente. Il paziente, attualmente,è più esigente non solo per una maggiore informazionema anche perchè è cambiata la medicina. I pazienti chesi rivolgono all’omeopatia sono più numerosi. All’iniziosolo poche famiglie, forse anche per tradizione, si cura-vano in questo modo. Furono i risultati a far aumentareil numero. Il paziente di ieri, abituato al medico con-dotto e al medico di famiglia, voleva proseguire questopercorso con una terapia diversa. L’approccio medico-paziente, quindi, non era dissimile. Si disponeva di unminor numero di farmaci e diverse erano le malattie.C’era ancora la semiotica, la mano per diagnosticare, in-sieme ad analisi cliniche e radiologiche. Mancavano leapparecchiature moderne che, se da un lato facilitaronola diagnosi, dall’altro allontanarono il medico dal pa-ziente.

Sono diverse le domande riguardanti la salute che le ve-nivano rivolte un tempo rispetto a quelle di adesso?

Oggi, a volte, il paziente, corre da un medico omeopa-tico all’altro perchè crede nel metodo. Prima si sentivadire : “Ho già provato l’omeopatia”. Oggi se non è statobravo o non si è soddisfatti si cambia l’omeopata. Cioèsi crede all’omeopatia. Quindi il medico ha più respon-sabilità. Il paziente vuole essere ascoltato e vuole poterparlare. Essere visto nel suo insieme di mente e corpo.Si chiede all’omeopatia molto, a volte l’impossibile.Credo, però, che il medico omeopata debba essere ag-giornato in medicina accademica. Per questo è più diffi-cile fare l’omeopata. Devi saper essere due volte medico.Saper prescrivere, dove è necessario, analisi, ecografie,TAC. Come saper consigliare il chirurgo.

Come preparava i suoi rimedi?

Non preparavo i rimedi. Venivano da Francia, Inghil-terra, Germania e Belgio.

Come giudica l’omeopatia attuale, le diverse correnti dipensiero, le lotte cui assistiamo in Italia tra non conven-zionali, complementari ed integrati?

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Omeopatia: il  passato, il presente e il futuro

Intervista raccolta da Simonetta Bernardini

Antonio Negro

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I GRANDI PERSONAGGI DELL’OMEOPATIA

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Non esistono tante omeopatie. Ce n’è solo una, quellache considera l’individuo e quindi la prescrizione di unsolo rimedio. Il resto è l’utilizzo di sostante a diluizioniomeopatiche, ma non è omeopatia. Si deve leggere lospirito dell’Organon! Che significa saperlo interpretare:è un libro certamente antico, ma di grande saggezzaanche se, attualmente, lo si legge sempre meno.

Che ne pensa della integrazione in medicina?

È difficile fare una distinzione esatta tra medicina com-plementare ed integrata. Hahnemann non accettava undialogo con la medicina allopatica. Considerava, addi-rittura “mezzi omeopatici”, i medici che prescrivevanopiù di un rimedio. Complementare mi sembra più bellodi integrare, in quanto penso che non si debbano dimen-ticare le scoperte ed i successi della medicina. Forse ancheHahnemann, oggi, parlerebbe così! Il medico deve sapereagire sempre con scienza e coscienza e prescrivere cristia-namente al paziente quello che avrebbe fatto per sé.

Che ne pensa dell’attività svolta in tal senso dalla SIOMI?

Quando il paziente assume farmaci salvavita e da tantotempo, pur avendo come obbiettivo l’omeopatia, si devefare attenzione ad eliminarli. Va studiato il caso singolo.Nostro compito è non nuocere. Certo, spesso è difficile.Ma il nostro compito è rendere sano il malato, che vuoldire non intossicarlo, rispettando la sua risposta indivi-duale. Dall’altro se usa già sostanze allopatiche dobbiamoesaminare quale danno si potrebbe creare con una lorosoppressione. Si deve, prima di tutto, essere buoni me-dici. Affidarci alla nostra coscienza, con l’aiuto di Dio,oltre che alla scienza. Purtroppo non uso il computer.So che voi comunicate con Internet. Se la SIOMI lavoranel rispetto del pensiero di Hahnemann sicuramentecompie un’opera meritoria di diffusione e di studio.

Che ne pensa del primo ospedale di medicina integratadi Pitigliano?

Non conosco questo ospedale. È stato sempre un miosogno creare una vera clinica omeopatica. Ho creato, in-vece, diverse scuole, SAMO e SIMOH a Roma, LUIMOa Napoli. Nella sede della SAMO, a Piazza Navona, imiei figli stanno organizzando il Museo dell’omeopatiae l’Archivio storico. Lì vorrei che fosse riunito tuttoquello che ho raccolto e che ha fatto parte della storiadell’omeopatia italiana. L’omeopatia ha una sua storia.Ormai si è diffusa e lo dimostra il numero di farmacieche vendono prodotti omeopatici. Quando ho iniziatoerano per tutta Italia solo tre. Oggi sono tantissime; anzicredo sia più facile contare quelle che non hanno pro-dotti omeopatici. Ricordo quando la Farmacia Falcucci,di Roma, stava chiudendo l’esercizio e voleva buttare viaun grande busto di Hahnemann. Me lo feci dare. Ora ènella sede della SIMOH. Anche il busto è destinato allasede del Museo. Spero che Dio mi faccia vedere l’inau-gurazione. Vorrei che fosse un centro di pensiero e di sto-ria, un punto di riferimento e di unione per tuttal’omeopatia italiana. È il mio sogno. Un’omeopatia ita-liana unita nella forza del pensiero di Hahnemann delquale si deve ancora scoprire tutta la modernità.

Tiziana Di Giampietro -�E�se�l'azione�più�pronta�della�diluizionepiù�dinamizzata,�(e�in�quanto�tale�più�elettricamente�attivata),dipendesse�dalla�facilità�dei�"quanti�di�luce"�di�attraversare�lemembrane�cellulari�e�stimolare�l'attivazione�della�via�biologicainteressata?�Resterebbe�da�capire�(una�volta�accertata�la�causadella�diversa�velocità�di�indurre�una�risposta)�come�facciano�lemolecole�di�Belladonna�ad�innescare�reazioni�"consone"�alla�suanatura.

Gino Santini -�Osservazione�interessante�anche�quella�di�Ti-ziana.�Tra�l'altro�sarebbe�un'esperienza�osservazionale�facilmenterealizzabile�e�quindi�facilmente�verificabile.�Pensa�a�quanti�esamioculistici�necessitano�dell'uso�di�atropina!�E�il�modello�propostoverrebbe�modificato�di�conseguenza�con�i�risultati�ottenuti,�connuove�e�più�stimolanti�prospettive.�Del�resto�così�procede�la�ri-cerca�clinica...

Marialucia Semizzi -�Grazie�e�scusate�la�mia�lentezza.�Dunqueè�stata�usata�una�30CH�ma�poteva�essere�ripetuta�una�5,�però�siè�notato�che�la�30�è�stata�piu'�rapida...�Come�quando�si�vuole�pro-pagare�una�nota�con�una�campana:�se�si�usa�una�campana�piccolail�suono�e'�debole�e�si�disperde�subito,�se�si�usa�un�campanonegrande�la�nota�e'�molto�piu'�forte,�copre�i�suoni�presenti�nell'ariain�qual�momento�e�rimane�la�risonanza�della�nota�nell'aria�moltoa�lungo�dopo�che�la�campana�ha�suonato...�E'�quello�che�si�è�sem-pre�insegnato,�mi�pare,�quello�che�fa�diradare�le�dosi�all'aumen-tare� della� diluizione...� uguale� frequenza,� diversa� armonica,diverso�e�maggiore�impatto�correttivo�sull'organismo,�maggioreprobabilita'�che��"l'alto�volume"�dell'informazione�data�suscitireazioni�piu'�allargate�(patogenesi)...�cosa�che�se�si�da'�una�voltasola�non�si�vede...�Poi�c'e'�il�problema�annoso�delle�varie�scuoleper�cui�la�30CH�per�alcuni�e'�bassa,�per�altri�media,�per�altri�gia'alta...�ma�e'�un'altra�storia,�qui�si�paragonavano�due�diluizionidiverse,�non�ci�si�chiedeva�se�sono�basse�o�alte...�Grazie�della�con-divisione!�Grazie�a�tutti�dei�vostri�spunti,�imparo�tante�cose...

Gino Santini -�Bella�questa�metafora�della�campana!�Io�mi�sonosempre�attenuto�ad�un�modello�che�prevedeva�la�diluizione�chevuole�eliminare�gli�effetti�secondari�della�sostanza�e�la�dinamiz-zazione�che�intende�esaltare�gli�effetti�primari.�In�sintesi,�unalegge�di�farmacodinamica�che�anche�le�sostanze�omeopatichedevono�rispettare:�è�vero�che�non�conosciamo�ancora�parecchielementi�di�funzionamento,�ma�qualche�modello�dobbiamo�puripotizzarlo.�Se�mettiamo�da�parte�per�un�momento�la�duratad'azione�del�rimedio�(altra�variabile�di�notevole�importanza),una�5CH�tende�ad�esaurirsi�rapidamente�e�costringe�ad�una�som-ministrazione�ripetuta;�la�frequenza�può�invece�scendere�con�l'in-cremento�della�dinamizzazione�stessa,�per�evitare�aggravamentinel�caso�in�cui�il�medicinale�non�trovi�uno�squilibrio�da�contra-stare.�Quanto�alla�divisione�fra�alte,�medie�e�basse�dinamizza-zioni,�in�fondo,�basta�capirsi...

(continua a pag. 42)

Dalle pagine di OmeopatiaOnline...

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I basofili sono cellule sanguigne polinucleate che contri-buiscono alla reazione di ipersensibilità immediata, unanormale reazione di difesa dell’organismo che diventapatologica quando i meccanismi di regolazione di que-st’ultimo non sono più in grado di fronteggiare la situa-zione. Questa reazione è mediata dalle immunoglobulineE, che presentano un’elevata affinità per i recettori pre-senti sulla membrana plasmatica di numerose cellule, tracui gli eosinofili, le cellule di Langerhans, i mastociti e ibasofili. L’azione delle diluizioni infinitesimali di ista-mina sulla degranulazione dei basofili è studiata da piùdi vent’anni da diverse équipe, tra cui quella del Dott.J. Sainte-Laudy, quella del prof. Mannaioni e quella delprof. Ennis. In questa sede si riportano i dati principalirisultanti dagli studi pubblicati.

Figura 1Inibizione delladegranulazione

dei basofili(media ± SEM)

per diluizionidi istamina

tra la 5 e la 60 CH.

Figura 2 - Inibizione (media) della degranulazione dei basofiliindotta da anti-IgE e misurata mediante colorazione.Azione delle diluizioni di istamina tra la 7 e la 19CH.

Conferma dell’attività delle diluizionidi istamina con uno studio multicentrico

Si è realizzato uno studio europeo multicentrico per con-fermare la riproducibilità dell’effetto osservato. I test sonoeseguiti in cieco in 4 laboratori diversi. L’attivazione deibasofili è stata indotta da stimoli aspecifici quali anticorpianti-IgE. Le diluizioni di istamina (15, 16, 17, 18 e 19CH) sono state confrontate alle corrispondenti diluizionidi acqua distillata. Dall’analisi dei dati raccolti dai 4 la-boratori (3906 misurazioni) risulta che le diluizioni diistamina diminuiscono significativamente la degranula-zione dei basofili rispetto al controllo H2O (p<0,0001)(Fig. 2)3.

Conferma dell’effetto delle diluizioni diistamina con diverse tecniche

L’attività biologica delle alte diluizioni di istamina è statastudiata con tecnica manuale, per esempio eseguendo laconta microscopica dei basofili colorati utilizzata nel testdi degranulazione dei basofili. Tuttavia, sebbene questeesperienze fondamentali siano controllate in cieco ed av-

Naoual Boujedaini

Dottore in Biologia e Farmacologia Responsabile dei Progetti di Ricerca e degli Studi Clinici Laboratoires Boiron, Francia

Attività delle diluizioni di istamina sulla degranulazione dei basofili

HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 122

Sembra che alcune diluizioni (tra la 5 e la 60CH) ridu-cano significativamente la degranulazione dei basofili,mentre altre sono inefficaci (fig. 1)1. Si tratta di un ef-fetto specifico poiché non lo si ritrova con le diluizionidi istidina, chimicamente simile all’istamina, ma sprov-vista delle proprietà farmacologiche di quest’ultima2. Laregolarità con cui si riproduce su grandi serie ne ha con-sentito la modellizzazione matematica.

Effetto delle diluizioni di istaminasul test di degranulazione dei basofili Alcuni basofili umani, isolati a partire da prelievi di san-gue, vengono sensibilizzati passivamente ad un determi-nato allergene (in questo caso l’acaro Dermatophagoidespteronyssinus) mediante incubazione in presenza di pla-sma ricco di IgE specifiche, prelevato da soggetti allergiciagli acari. Le cellule vengono poi messe in incubazionein presenza delle diluizioni di istamina da studiare. Ladegranulazione viene indotta aggiungendo una concen-trazione ottimale di allergene nel mezzo reattivo. Allafine, i basofili vengono colorati con Alcian blu; solo lecellule che non hanno reagito all’allergene si colorano,poiché i granuli delle cellule attivate hanno perso la loroaffinità per il colorante. La percentuale di basofili attivatiè calcolata rispetto ad un controllo senza allergene; lapercentuale di inibizione indotta dall’istamina è calcolatarispetto ad un controllo senza istamina.

CONTRIBUTI ORIGINALI

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Figura 3 - Percentuale di attivazione dei basofili dopo incubazione conanti-IgE, rispettivamente in assenza o in presenza di diverse diluizioni diistamina (i numeri fanno riferimento alle concentrazioni molari teoriche).

Figura 4Effetto sul rilasciodi istaminanella fase precedentel’incubazionecon diluizionidi istamina.

Figura 5Inibizionedella degranulazionedei basofili(media±SEM) misuratamediante colorazione,in presenza e in assenzadi istaminasi,per diluizionidi istamina compresetra la 5 e la 20CH.

Test di dosaggio dell’istamina

Effettuando il dosaggio dell’istamina liberata dopo de-granulazione dei basofili in ambiente extra-cellulare, si èpotuto confermare, con una terza tecnica, che alcune di-luizioni di istamina diminuiscono l’attivazione dei baso-fili (Fig. 4)7.

Modulazioni dell’azione dell’istamina

Diversi esperimenti hanno studiato la modulazione far-macologica delle diluizioni di istamina.Azione dell’istaminasi - La tecnica della colorazione deibasofili ha consentito di dimostrare che l’istaminasi, aconcentrazione farmacologica, inibisce l’azione dell’ista-mina a forte concentrazione (dalla 5 alla 8 CH), ma nonquella delle alte diluizioni di istamina (Fig. 5)1.

Applicazione dei nuovi protocollidi citometria di flusso all’analisidell’attività di immunomodulazionedelle alte diluizioni di istamina9

Con la comparsa di nuovi anticorpi monoclonali ingrado di identificare altri marker della membrana piùspecifici, si sono sviluppati tre nuovi protocolli per stu-diare l’effetto delle alte diluizioni di istamina.1. Un protocollo che utilizza tre anticorpi monoclonali(anti-CD13, anti-CD63 e anti-CD203c). Questo pro-tocollo consente di misurare contemporaneamente l’ef-fetto dell’istamina 16CH e 2CH sulla regolazionedell’espressione di CD63 e CD203c.2. Un protocollo che utilizza quattro anticorpi mono-clonali (anti-CD13, anti-CD14, anti- CD63 e anti-CD203c). Il CD14 è una proteina della membranaespressa solo dai monociti.3. Un protocollo che utilizza due anticorpi monoclonali(anti-IgE e anti-CD203c). Quest’ultimo consente di mi-surare l’intensità media di fluorescenza (MFI) diCD203c e IgE.Risulta chiaro che l’utilizzo del protocollo che associaquattro anticorpi consente di selezionare in modo piùspecifico i basofili in questo studio.

Azione degli antagonisti dei recettori H2 dell’istamina- A concentrazione farmacologica, l’istamina esercita unretrocontrollo negativo sulla propria escrezione, attra-verso i recettori H2. Gli studi realizzati mediante colo-razione dei basofili e citometria hanno dimostrato chel’azione delle alte diluizioni è inibita da un antagonistaH2, la cimetidina, il che conferma l’azione di immuno-modulazione delle alte diluizioni di istamina (Fig. 6)8.

valorino l’attività biologica delle alte diluizioni, le tecni-che manuali possono presentare difficoltà statistiche, ehanno fama di poter presentare bias legati all’osservatore.Per confermare e convalidare questi risultati, sarebbe per-tanto necessario utilizzare una tecnica di rilevamento au-tomatico dei basofili attivati.

Test di attivazione dei basofilimediante citometria di flusso

La citometria di flusso consente di identificare e di quan-tificare l’espressione dei marker della membrana, me-diante anticorpi monoclonali specifici abbinati ad unfluorocromo. Questo metodo è basato sulla selezionedelle cellule da analizzare e sulla quantificazione della re-lativa attivazione. I principali marker utilizzati per la se-lezione sono l’IgE, il CD203c e il CD13. I principalimarker di attivazione sono il CD63 e il CD203c.Negli anni ‘90, lo studio dell’immunomodulazione dellediluizioni di istamina comprese tra la 2 CH e la 18CH siè avvalso di due anticorpi monoclonali (anti-IgE/anti-CD63), uno specifico per le immunoglobuline IgE, l’altrospecifico per il CD63. Questa tecnica ha dimostrato la suaelevata specificità e la sua grande sensibilità nella diagnosiclinica dell’allergia4-5-6. La percentuale di inibizione delladegranulazione viene calcolata sulla base del numero dicellule che esprimono il CD63 nei lotti controllati e trat-tati. I risultati hanno dimostrato l’azione inibitrice dellediluizioni di istamina comprese tra la 2 e la 4 CH e la 15e la 18 CH sull’espressione del CD63 (Fig. 3).

HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 1 23

CONTRIBUTI ORIGINALI

Page 26: and Integrated Medicine - SIOMI

Figura 6Percentuale di

attivazione dei basofilidopo incubazione

con anti-IgE,rispettivamente

in assenza o in presenzadi diverse diluizioni

di istamina.

CD13, anti-CD14, anti-CD63 e anti-CD203c), rifletteun effetto inibitore significativo dell’istamina 16CHsull’espressione di CD203c, dell’ordine del 37%. Il pro-tocollo anti-IgE/anti-CD203c evidenzia un effetto ini-bitore dell’istamina 16CH più significativo di quellomisurato nei protocolli precedenti, con un’inibizionedell’ordine del 63%. L’entità dell’inibizione indotta dal-l’istamina 16CH dipende dalla scelta del marker in que-stione. L’IgE e il CD203c sono marker precoci dell’atti-vazione dei basofili. Ciò nonostante, l’istamina 2CH in-duce un’inibizione significativa, di entità simile in tuttii protocolli sperimentati. Quest’inibizione si aggira in-torno al 70%.

ConclusioneL’analisi, mediante citometria di flusso dell’immunomo-dulazione dell’attivazione dei basofili indotta dalle dilui-zioni di istamina conferma l’esistenza di un’attivitàbiologica delle alte diluizioni di istamina.

HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 124

La sensibilità dell’analisi dell’attivazione dei basofili me-diante citometria di flusso dipende dalla precocità delmarker di attivazione misurato.L’effetto inibitore delle diluizioni di istamina 2CH e16CH si osserva anche: nei confronti di una reazioneIgE-dipendente (protocollo di attivazione dei basofilimediante un anti-IgE; protocolli con triplice e quadru-plice marcatura; protocollo IgE/CD203c); nei confrontidi una reazione non IgE-dipendente (protocollo di atti-vazione dei basofili mediante fMLP). Questi protocolli,che si avvalgono di diversi marker di attivazione dei ba-sofili, forniscono nuove argomentazioni a favore dell’esi-stenza e della specificità dell’attività biologica delle altediluizioni. L’azione biologica delle alte diluizioni di ista-mina sull’attivazione dei basofili è studiata anche da altreéquipe, quali per esempio il laboratorio del prof. PaoloBellavite.

Bibliografia

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I risultati sono espressi sotto forma di percentuale (rego-lazione dell’espressione del CD63), oppure di intensitàmedia di fluorescenza dei marker (CD203c e IgE).

Risultati

Per standardizzare questi protocolli, per attivare i basofilisi è scelto il fMLP, un peptide batterico che induce siste-maticamente un’attivazione dei basofili, diversamentedall’anti-IgE che induce un’attivazione dei basofili solonell’85% delle sospensioni cellulari. Si è inoltre dimo-strato che le diluizioni di istamina inducono lo stesso ef-fetto sull’attivazione dei basofili in presenza di anti-IgEo di fMLP.L’utilizzo del protocollo anti-IgE/anti-CD63 confermal’effetto inibitore già precedentemente dimostrato delladiluizione 16 CH. La percentuale di inibizione è dell’or-dine del 19%. Il protocollo eseguito con tre anticorpimonoclonali (anti-CD13, anti-CD63 e anti-CD203c)rivela un effetto inibitore modesto e non significativodell’istamina 16CH sull’espressione di CD63 nei basofiliattivati.La scarsa entità dell’inibizione è probabilmente dovutaalla presenza dei monociti selezionati dall’anti-CD13,che crea delle interferenze nella citometria. Per eliminarela contaminazione con i monociti, è possibile purificarei basofili con l’aggiunta di anti-CD14. Questo proto-collo, che si avvale di 4 anticorpi monoclonali (anti-

CONTRIBUTI ORIGINALI

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Dep

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dat

a 01

/04/

2008

1) Demarque D., Jouanny J., Poitevin B., Saint-Jean V.: Farmacologia e materia medica omeopatica. Medicina Naturale. Tecniche nuove. 2) Kent J.T.: Repertorio della Materia Medica Omeopatica. Tomo II. IPSA editore. “Occhi e Visione”: 945-1034. 3) Vingolo E.M., Del Beato P., Barcaroli M., Rapagnetta L.: Il trattamento del discomfort da occhio secco con collirio monodose Bottelpack® a base di Euphrasia-Chamomilla Boiron in dosi omeopatiche vs placebo. – Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Cattedra di Clinica Oculistica. Bollettino di Oculistica Anno 76 – N. 4 – 1997 4) Stella R.: Manuale di farmacologia, tecnica, legislazione farmaceutica ed organizzazione dei servizi farmaceutici – ed. Cortina: 289; 399-400. 5) Monografi a 3.1.4. Farmacopea Europea V ed. 6) Bourny E., Dumolard L., Peronnet A.: Remplissage in-tégré aseptique: la tecnologie blow-fi ll-seal (BFS) dans l’industrie Pharmaceutique. S.T.P, Pharma Pratiques, 1995, 5 (3): 203-214. 7) Boulet J.: Homéopathie – L’enfant. Marabout: 14-17. 8) Rocher C.: Homéopathie – La femme enceinte. Mara-bout: 14-17. 9) Guida all’uso dei farmaci: 13.7 Lenti a contatto. Agenzia Italiana del Farmaco; 4 - anno 2007.

* Medicinale omeopatico senza indicazioni terapeutiche approvate. Non a carico del SSN.

Euphrasia officinalis 3 DH e Chamomilla vulgaris 3 DH, componenti del collirio Euphralia, sono tradizionalmente utilizzate in omeopatia nei diversi disturbi dell’occhio1, 2: arrossamento, bruciore, lacrimazione, irritazione, fotofobia, prurito, sensazione di corpo estraneo, secchezza, palpebre agglutinate, dolore. La loro azione è anche dimostrata da uno studio clinico.3

Il collirio Euphralia*, costituito esclusivamente dalle diluizioni omeopatiche e da eccipienti isotonici (sodio cloruro 0,9% e acqua purifi cata), garantisce il rispetto delle caratteristiche fisiologiche del liquido lacrimale e non causa irritazione o bruciore alla somministrazione.4 Confezionato in contenitori monodose di polietilene morbido senza additivi,5 è prodotto con tecnologia Bottelpack®, che garantisce la sterilità senza l’uso di conservanti.6

Per tutte queste caratteristiche, il collirio Euphralia può essere utilizzato in modo continuativo e prolungato da tutti, anche bambini,7 donne in gravidanza8 e portatori di lenti a contatto.9 Il morbido e pratico contenitore monodose rende facile e sicura l’istillazione oculare: 1 o 2 gocce 2-3 volte al dì. Al bisogno anche più volte al giorno.

Servizio Informazioni Boiron: numero verde 800-032203; [email protected]; www.boiron.com - www.boiron.it

Creazione artistica di Mauro Bergonzoli

Page 28: and Integrated Medicine - SIOMI

SPOTLIGHT

Medicinali omeopatici efficacicome la chemio su cellule neoplastiche

Moshe�Frenkel,�Bal�Mukund�Mishra,�Subrata�Sen,�Peiying�Yang,�AlisonPawlus,�Luis�Vence,�Aimee�Leblanc,�Lorenzo�Cohen,�Pratip�Banerji,�Pra-santa�Banerji.�Cytotoxic�effects�of�ultra-diluted�remedies�on�breast�can-cer�cells.�Int�J�Oncol�2010;�36:395-403.

Un articolo pubblicato sull’International Journalof Oncology approfondisce una ricerca secondola quale rimedi omeopatici testati in laboratorio

su due linee cellulari di adenocarcinoma e su una lineadi cellule sane derivate da epitelio mammario umano(HMLE), hanno evidenziato "elevati effetti citotossici"nei confronti delle cellule cancerose, cosa che non accadenel caso dell'epitelio sano. I ricercatori hanno rilevatoche l'azione dei rimedi omeopatici sembra simile a quelladel Paclitaxel, un chemioterapico usato per trattare il tu-more al seno e che non sono stati riscontrati effetti tos-sico-degenerativi sulle cellule normali. L'esperimento e'stato ripetuto almeno due volte per ciascun rimedio te-stato: Carcinosinum, Conium maculatum, Phytolaccadecandra e Thuja occidentalis, tutti alla 30CH. Gli ef-fetti maggiori, riferiscono gli autori, sono stati registraticon Carcinosinum e Phytolacca.

Il Natrum sulphuricum proteggedalla cancerogenesi epatica

Nandini� Bhattacharjee,� Surajit� Pathak� and�Anisur� Rahman�Khuda-Bukhsh.�Amelioration�of�Carcinogen-Induced�Toxicity�in�Mice�by�Admi-nistration�of�a�Potentized�Homeopathic�Drug,�Natrum�Sulphuricum�200.eCAM,�2009,�doi:�10.1093/ecam/nem067.

Il Natrum sulphuricum è, secondo la medicina omeo-patica, un grande rimedio per i disturbi intestinali edepatobiliari, ad azione sia colagoga che coleretica, do-

tato anche di effetto epato-protettivo. Solitamente adalte diluizioni (dalla 30CH in su), è impiegato per pro-

blematiche psichiche, indicato in soggetti depressi e facilial pianto, romantici e molto sensibili alla musica. Questaricerca sul modello murino, dimostra invece che le altepotenze (200CH) possono proteggere il fegato nella car-cinogesi sperimentale. A tal fine un ampio gruppo ditopi è stato alimentato con P-Dimethylaminoazoben-zene (iniziatore della epatocarcinogenesi) e fenobarbital(promotore) e suddivisi, in modo random, in cinque sot-togruppi, con diverse carature di alimentazione proteica,con o senza alcool e sottoposti a diversi dosaggi di ini-ziatore e promotore, alcuni con supplementazione ali-mentare di Natrum sulphuricum 200CH, altri senzaquesto trattamento. Gli animali, tutti dello stesso ceppo,sono stati sacrificati poi in periodi successivi e cioè algiorno 7, 3, 60 e 90, in modo da consentire, in modoseriale e cronologico, una serie di ricerche citologiche re-lative alle aberrazioni cromosomiche e nucleari, all’indicemitotico e dei livelli di enzimi antiradicalici inibitoridella lipoperossidazione. Sono stati inoltre valutati, nelsangue degli stessi animali e nei diversi periodi, i livellidi transaminasi, gamma-glutamin-trasnspepidasi e fosfa-tasi alcalina. Mentre non si sono rilevate differenze inbase alla introduzione di alcool e al regime dietetico pro-teico, i topi trattati con Natrum sulphuricum hanno mo-strato minore carcinogenesi, maggiore normalità dell’in-dice mitotico, minore caduta della glutatione-reduttasie valori statisticamente più bassi degli enzimi epatone-crotici, oltre a rilevare una spiccata protezione sulle mo-dificazioni genomiche.

China 200CH per combatterela malatia del nodo del Gelso

SC�Datta.�Effects�of�Cina�on�root-knot�disease�of�mulberry.�Homeopathy2006;�95:�98-102.

La malattia detta “del nodo del Gelso”, è causatadal Meloidogyne incognita, un nematode estrema-mente invasivo e refrattario a molti tipi di tratta-

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Spotlight

a cura di Gino Santini

Segretario Nazionale SIOMIDirettore Scientifico ISMO, Istituto di Studi di Medicina OmeopaticaE-mail: [email protected]

Una finestra sul vasto mondo delle pubblicazioni scientifiche, che cerca di evidenziare gli articoli che mettonoin risalto aspetti in qualche modo legati ad una visione della medicina meno rigida di quella alla quale ciha abituato la ricerca clinica accademicamente intesa. La finalità è quella di offrire una visione sinteticae interdisciplinare, tesa a ricomporre i singoli frammenti di scienza, clinica e quant’altro in un quadro piùcomplesso e, forse proprio per questo, più affascinante.

In collaborazione con:

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SPOTLIGHT

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mento. Tale patologia ha ripercussioni molto gravi, avolte drammaticamente disastrosi, nell’economia dell’in-dustria serifera e, pertanto, è fra la condizioni più temuteper la sericoltura. La China 200CH e la Tintura Madre(TM) della stesso principio vegetale, preparati entrambia partire da meristemi fioriti di Artemisia nilagirica,spruzzati sul fogliame di gelso (Morus alba L.) infettatidal nematode, con irrigazione sia sei giorni prima che seidopo l’infestazione sperimentale, riducono l’indice di in-festazione, rispetto a due identici lotti di controllo. Inol-tre il trattamento con China in TM e omeopatizzatadetermina una maggiore crescita della biomassa fresca edun maggiore sviluppo radicolare sia nel senso della lun-ghezza che del calibro complessivo. In una seconda fasedell sperimentazione, i lotti infestati e trattati, sono statiulteriormente suddivisi: uno è stato sottoposto a tratta-mento con China TM, l’altro con China 200 CH. Inquesta seconda fase si è visto che la crescita delle partivegetative e il numero di infestazioni, risente più favore-volmente del preparato omeopatico che della TM. Poi-ché lo stesso nematode è responsabile di seri danniortofrutticoli (soprattutto verso pomodori e carote),l’impiego di China può essere un metodo utile ed eco-nomico nel miglioramento di tali importanti coltiva-zioni.

Omeopatia e tumori: ottime notiziedal National Cancer Institute

Prasanta�Banerji,�Donald�R.�Campbell,�Pratip�Banerji.�Cancer�patientstreated�with�the�Banerji�protocols�utilising�homoeopathic�medicine:�ABest�Case�Series�Program�of�the�National�Cancer�Institute�USA.�Onc�Rep2008;20:69-74.

In questi ultimi anni sono stati condotti diversi studisul ruolo della medicina complementare nella terapiadel cancro, ma pochi sono stati i risultati pubblicati

in merito alla regressione completa dei tumori maligni.Il protocollo terapeutico omeopatico proposto da duemedici indiani, Prasanta e Pratip Banerji per la cura diK polmonare ed esofageo è stato successivamente valu-tato e convalidato dal National Cancer Institute USA.Lo studio dimostra come la terapia omeopatica propostaa 14 pazienti porti a completa regressione i tumori, re-gressione suffragata dagli esami ematochimici e radiolo-gici. La terapia omeopatica del protocollo Banijeri incaso di carcinoma polmonare a evoluzione maligna(TNM III e IV), nel caso di adenocarcinoma a piccolecellule prevede Kalium carbonicum 200CH e Ferrumphosphoricum, mentre nei casi di carcinoma esofageomaligno a cellule squamose il protocollo prevede l’assun-zione di Condurango 30CH.

Terapia omeopaticanella rigenerazione ossea

Janete�Dias�Almeida,�Emília�Angela�Loschiavo�Arisawa,�Ivan�Balducci,Rosilene�Fernandes�da�Rocha1�and�Yasmin�Rodarte�Carvalho�-�Homeo-pathic�treatment�for�bone�regeneration:�experimental�study��-�Homeo-pathy,�2009,�98�(2),�92-96.

L'uso di medicine omeopatiche come induttoridella formazione di nuovo osso è praticamenteassente nelle pubblicazioni scientifiche. Se-

condo alcuni studi, il piombo ha dimostrato una marcataaffinità per il calcio; inoltre il piombo e alcuni altri ele-menti tossici sono fissati e rilasciati dall’osso in una ma-niera simile a quello di calcio. Tuttavia, causa l’altatossicità del piombo, la sua applicazione è indicata sola-mente a dosi omeopatiche. A conferma di questo, Swee-ney et al. hanno riportato il bisogno di metodi alternativiper la riparazione di alterazioni nell’osso causati datraumi o derivanti da malformazioni congenite, neopla-sie o infezioni.L'obiettivo di questa ricerca era studiare l'effetto di untrattamento omeopatico con Plumbum metallicum sullariparazione di lesioni nell’osso mandibolare nei topi. Ses-santa maschi di topi albini Wistar (Rattus norvegicus) ditre mesi e del peso di 300 g sono stati randomizzati intre gruppi di 20 animali ognuno: gruppo controllo,gruppo trattato con calcitonina e gruppo trattato con ilrimedio omeopatico. Nell’osso della mandibola di ognitopo è stato eseguito un foro circoscritto della misura di4 mm di diametro, successivamente ricoperto con unarete di polytetrafluorethylene (PTFE). Nel gruppo trat-tato con calcitonina, l'animale ha ricevuto iniezioni di50 IU di calcitonina sintetica di salmone, corrispondentealla dose terapeutica umana. Diluito in fisiologica salina,2 IU/kg, sono state somministrate intramuscolo a giornialterni. Nel gruppo trattato con omeopatia, il medica-mento è stato preparato secondo la farmacopea omeo-patica. Ogni animale ha ricevuto tre gocce di rimedio algiorno, aggiunto ad acqua. Gli animali sono stati sacri-ficati dopo 7, 14, 21 e 28 giorni. Le mandibole sonostate rimosse e sottoposte ad analisi istologiche e isto-morfometriche, in cieco, da un gruppo di istologi. Lavariabile istologica considerata per quantificazione (Pi)era la formazione di un nuovo tessuto osseo. L'analisistatistica dei dati istomorfometrici non ha mostrato unrisultato significativamente diverso nei tre gruppi presiin osservazione; tuttavia, sotto l'aspetto puramente isto-logico, il tessuto osseo di recente formazione ha presen-tato trabecole più mature (in alcuni casi anche unasistemazione lamellare), mentre un riempimento piùcompleto del foro chirurgico in tutta la sua estensione èstato visto solamente nel gruppo trattato con Plumbummetallicum.

Gelsemium omeopatico contro l’ansia:nei topi funziona

Paolo�Bellavite,�Paolo�Magnani,�Marta�Marzotto�and�Anita�Conforti�-Assays�of�homeopathic�remedies�in�rodent�behavioural�and�psychopa-thological�models�-�Homeopathy,�2009,�98�(4),�208-227.

L’Università di Verona, in collaborazione con i farmaco-logi e grazie ad un paritetico accordo di ricerca con La-boratoires Boiron, ha messo a punto un piccolo maefficiente laboratorio per lo studio del comportamentoanimale, in particolare per studiare gli effetti di rimediomeopatici su molti modelli di ansia e stress, sviluppati

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La pianta è stata coltivata in ciascuna delle sostanzeomeopatiche individuate ad entrambe le potenze ed inacqua dinamizzata e non, utilizzata come controllo. Losviluppo della fronda è stato misurato regolarmente conun sistema di analisi computerizzato sulla base di imma-gini e gli indici di accrescimento sono stati calcolati avari intervalli di tempo (giorni 0-7, 0-3 e 3-7). Il metodoutilizzato ha un basso coefficiente di variazione (1,5%)ed ha permesso di escludere i risultati falsi positivi; le de-terminazioni analitiche riportate dagli autori evidenzianotassi di crescita differenti a seconda della sostanza e dellapotenza utilizzate. L’esperimento conferma l’adattabilitàdelle piante della famiglia Lemna spp ad essere utilizzatecome modello omeopatico per studiare gli effetti dellesostanze e la necessità di approfondire il meccanismo percui potenze consecutive differiscono marcatamente nellaloro attività biologica.

Scelte omeopatiche per la psoriasi:una metanalisi

Nana�Smith,�Alex�Weymann,�Francisco�A.�Tausk�and�Joel�M.�Gelfand�-Complementary�and�alternative�medicine�for�psoriasis:�A�qualitativereview�of�the�clinical�trial�literature�-�J�Am�Acad�Dermatol,�2009,�61�(4),doi:�10.1016/j.jaad.2009.04.029.

Negli anni molte pratiche complementari si sonoproposte per la gestione di forme anche estesecon o senza artropatia, condizione simile all’ar-

trite reumatoide, che colpisce il 10% dei pazienti conpsoriasi indipendentemente dalla sua estensione. Una re-centissima review condotta dal Department of Derma-tology della Rochester University di New York, incollaborazione con il Center for Clinical Epidemiologyand Biostatistics della Università di Pensylvania, ha esa-minato la letteratura scientifica recente, inerente studirandomizzati con buon indice Jadad (superiore a 2),pubblicati negli ultimi cinque anni in lingua inglese. Lametanalisi, molto rigorosa ed onesta, dimostra che inprimo luogo numerosa e vasta è la produzione scientifica(oltre 30 articoli di buona qualità relativi a l’uso di piantemedicinali soprattutto, ma anche rimedi omeopatici edomotossicologici, agopuntura e altre tecniche della Me-dicina Cinese) e, in secondo luogo, molto incoraggiantila più parte dei risultati. Per quanto attiene all’omeopatiagli studi più ampi e recenti (Witt et al, J Eur Acad Der-matol Venereol, 2009), dimostrano un successo nella ri-duzione della grandezza delle placche e nel migliora-mento della qualità della vita che riguarda più del 70%dei pazienti trattati da medici esperti, capaci di una pre-scrizione che tenga conto delle caratteristiche clinichedelle forme e psichiche individuali (rimedi più spessoimpiegati, nella più parte degli studi sono stati Arseni-cum album, Arsenicum iodatum, Calcarea carbonica,Graphites, Kalium arsenicosum, Natrum muriaticum,Petroleum, Phosphorus e Sepia).

e descritti in roditori. In questo studio pubblicato su Ho-meopathy sono stati utilizzati vari test - validati dalla let-teratura neurobiologica e neurofarmacologica - per lamisura dell’ansietà, di cui i due principali sono il LDT(Light-Dark Test, l’animale può scegliere se stare in uncampo aperto bianco o in una cameretta scura e chiusa)e l’OFT (Open-Field Test, l’animale è liberato in un re-cinto dove può scegliere se deambulare lungo le pareti oesplorare la parte centrale). Tutte le prove, a partire dallapreparazione del medicinale, sono state svolte in condi-zioni di randomizzazione e cecità degli operatori. Sonostati testati diversi medicinali omeopatici: Aconitum,Nux vomica, Belladonna, Argentum nitricum, Tabacume Gelsemium (tutti alla 5CH); alla fine è stato identifi-cato il Gelsemium come il medicinale più promettentee meritevole di ulteriori prove. A causa della variabilitàdei soggetti (anche i topi hanno una loro “individualità”di carattere) per raggiungere una significatività statisticaè stato necessario effettuare almeno otto esperimenti, dacui è emerso che effettivamente il Gelsemium ha un ef-fetto “anxiolytic-like”, particolarmente evidente nel-l’OFT. In una successiva serie di studi dose-risposta, sonostate testate simultaneamente cinque dinamizzazioni (4,5, 7, 9 e 30CH). Gelsemium migliora alcuni indici com-portamentali di ansietà nel topo: la sua efficacia è pari osuperiore a buspirone e benzodiazepine, almeno nel-l’OFT; gli effetti del medicinale concernono soprattuttoavversione a spazio aperto, tendenza a camminare lungoi muri, paura della luce e miglioramento dei sintomi colmovimento; nel LDT sono emersi risultati di altissimasignificatività statistica (p<0.001) e le diluizioni/dina-mizzazioni 9CH e 30CH paiono più attive rispetto alle4CH e 5CH; la 7CH ha attività intermedia e diversa se-condo il tipo di test (più attiva nell’OFT); comunque ilproblema delle differenze di attività tra le “potenze” nonè drammatico, perché tutte le dinamizzazioni hanno mo-strato un certo effetto, eccettuata forse la 4CH; Gelse-mium non ha effetti avversi sulla locomozione, néprovoca sedazione (come invece sembra fare il buspi-rone).

Dinamizzazioni omeopatiche influenzanola crescita di piante acquatiche

Claudia�Scherr,�Meinhard�Simon,�Jörg�Spranger�and�Stephan�Baumgartn-�Effects�of�potentised�substances�on�growth�rate�of�the�water�plantLemna�gibba�L.�-�Compl�Ther�Med,�2009,�17�(2),�63-70.

In uno studio effettuato in Svizzera dal gruppo coor-dinato da Claudia Sherr, si è cercato di valutare l’in-fluenza di sostanze diluite e dinamizzate a varie

potenze decimali (comprese tra la 14X e la 30X) sull’in-dice di accrescimento di Lemna gibba L. (lenticchia d’ac-qua spugnosa), pianta acquatica galleggiante, perenne,lunga circa 3-4 millimetri. Nelle fasi preliminari dellasperimentazione è stato effettuato uno screening su 12sostanze omeopatiche, ma successivamente la sperimen-tazione si è concentrata solo su quattro rimedi: Argen-tum nitricum, acido gibberellico (fitormone), cinetina(fitormone), Lemna minor (lenticchia d’acqua comune).

SPOTLIGHT

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Max Tetau

Conversazione con il dott. Max Tétau, Presidentedella Società Medica Bioterapica (SMB), della Fede-razione Francese delle Società di Omeopatia (FFSH)e di Homeopatia Universalis.

Traduzione di Luisella Zanino

Il modello francese di omeopatia: un’integrazione riuscita, una crescita padroneggiata

Tutto ciò costituisce un insieme molto vasto, intera-mente rivolto alla diffusione di un pensiero omeopaticomoderno, scientifico e spogliato da qualsiasi messaggioesoterico, conditio sine qua non per l’integrazione all’in-terno della medicina attuale, considerevolmente evoluta.Il metodo omeopatico è un ramo della medicina fondatasull’applicazione del principio di Similitudine. Senzanulla rinnegare del proprio passato, l’omeopatia deveadattarsi ai tempi se vogliamo che continui ad esistere ea sedurre giovani medici, oggi profondamente diversi daimedici contemporanei al fondatore dell’omeopatia Hah-nemann (1755-1843).

Lei ha scritto la biografia di Hahnemann, opera che ha avutogrande successo, tradotta anche in italiano. Qual’é stato ilruolo della Francia nella storia dell’omeopatia?

L’omeopatia francese ha alle spalle un’antica e ricca tra-dizione. Ricordiamo che fu introdotta nel nostro paeseda un medico italiano, il dottor Sebastiano Guidi (1769-1863) trasferitosi a Lione. Hahnemann arriva a Pariginel 1830 con la sua giovane sposa Mélanie d’Hervilly.Esercita nella capitale fino al 1843, data della sua morte.È sepolto al Père-Lachaise, celebre cimitero parigino. Lavittoria dell’omeopatia sulle grandi epidemie di coleradella fine del XIX secolo radicarono profondamente nelnostro paese la pratica omeopatica, che da allora non hafatto che svilupparsi.

Può sintetizzare, con parole semplici, le direzioni versoquali l’omeopatia francese si è sviluppata e in cosa con-siste la sua originalità?

Per cominciare, un’omeopatia come quella voluta daHahnemann è l’applicazione rigorosa di un principio far-macologico preciso, la Legge della similitudine: «Tuttele sostanze che somministrate all’uomo sano provocanodei sintomi patologici precisi diventano, dopo diluizione,rimedi capaci di guarire sintomi simili nel malato».Questo effetto difasico di certe sostanze è ben conosciutodalla tossicologia. Si tratta dell’ormesi. Citiamo a questoproposito un importante lavoro dei professori Calabrese(USA) e Dei (Italia). Sostanze tossiche a forti dosi comel’arsenico, il fosforo, la belladonna, fino al radon, pos-sono rivelarsi mortali, quando invece a basse dosi si ri-velano stimolanti e benefiche. Molti ricercatori stannoattualmente lavorando, in diversi laboratori specializzati,su queste proprietà ormesiche. Per Hahnemann la Simi-litudine era di natura universale. Doveva guarire tutti! Purtroppo non fu per niente così. Il Similare, il Similli-mun, pur guarendo molti, non guarì affatto tutti. Hah-

Dr Tétau, lei è l’anima di numerose società consacrate allosviluppo e all’insegnamento del metodo omeopatico. Sisa che l’omeopatia conosce in Francia uno sviluppo con-siderevole: la gente ne parla molto, i giornali le dedicanoparecchi articoli; tutte le farmacie sono ben fornite di me-dicinali omeopatici e molti medici ne sono prescrittori.Qual’é esattamente la situazione e quali possono esserele ragioni di tanto entusiasmo?

L’omeopatia in Francia è effettivamente molto diffusa.Giovinezza e modernità ne sono il marchio. Il 50% deifrancesi (statistica del nostro Servizio Sanitario) si avvaledel nostro metodo per curarsi. Fra loro, molti giovani im-piegati, numerose mamme e i loro bambini. La pediatriaomeopatica interessa molto le madri, ma anche gli anzianisi curano coi nostri medicinali. Un quarto dei medici fran-cesi prescrive dei medicinali omeopatici. Un veterinario sutre si interessa all’omeopatia, sia per i piccoli animali cheper gli animali d’allevamento. Aggiungo che i veterinari sirivolgono all’omeopatia soprattutto per casi molto gravi,là dove il veterinario «classico» non ha ottenuto risultati. Ilmedicinale omeopatico diventa protagonista in questi casigravi. Circostanza ancor più interessante considerando chepuò essere escluso l’effetto placebo. Nel nostro paese l’insegnamento dell’omeopatia si svolgeall’Università: Bobigny, Bordeaux, Limoges, Tours, Mar-seille. Ma è soprattutto attraverso la fitta rete di scuoleprivate raggruppate nella FFSH, emanazione dell’SMB(Società Medica Bioterapica) che si diffonde un pensieroomeopatico adattato alla medicina moderna.Disponiamo di scuole a Lyon, a Paris, a Caen, a Toulouse,a Montpellier, a Tours. Una vera costellazione che copretutto il territorio francese e gestita da giovani insegnanti,tutti medici avvezzi alla pratica omeopatica quotidiana.Allo stesso tempo abbiamo sviluppato una formazioneper i medici che hanno occasione di prescrivere o consi-gliare saltuariamente i medicinali omeopatici. Così comesono stati organizzati con grande successo corsi per far-macisti laboratoristi. A Parigi per esempio, i corsi sonostati seguiti da più di 150 farmacisti. Abbiamo creato,sotto la direzione del dott. Popowski, pediatra, una for-mazione in medicina perinatale rivolta alle ostetriche e aiginecologi. Anche i fisioterapisti sono integrati in una for-mazione basata sul nostro approccio costituzionalista.

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I GRANDI PERSONAGGI DELL’OMEOPATIA

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I GRANDI PERSONAGGI DELL’OMEOPATIA

nemann restò a sua volta stupito. Le malattie trattate re-cidivavano o si sviluppavano in nuove malattie, in unasorta di metastasi morbose o, ancora, risultavano nonmolto migliorate. Hahnemann onestamente lo rico-nobbe. Cercando la causa degli insuccessi comprese chedietro tutte le malattie acute, si nascondeva un terrenopatologico specifico, ciò che definì «malattia cronica»,che andava curato.Nel 1828 fu pubblicato il suo «Trattato sulle MalattieCroniche». Vi sono descritte tre grandi diatesi che con-dizionano l’evoluzione patologica dei pazienti, l’analisisemeiologica che avrebbe permesso di identificare rimedispecifici per il terreno corrispondente.• La Sicosi era caratterizzata da fenomeni di prolifera-zione cellulare e di ritenzione idrica, conducendo auna moltiplicazione di tumori (verruche, adenomi, fi-bromi). Thuja si rivelò il suo medicinale.

• La Luesi era caratterizzata dalle lesioni di cui le malattieulcerose sono l’esempio. La sclerosi cicatriziale ne è laconseguenza. Mercurius è il suo specifico.

• La Psora infine, enorme ambito patologico, raggrup-pava al suo interno tutto ciò che riguarda l’allergia,della quale l’espressione più evidente é la malattia cu-tanea. Sulfur e Psorinum, con tutti i loro satelliti, ve-nivano chiamati in causa.

Una prima evoluzione dell’omeopatia si trovava così giàabbozzata dal Maestro fondatore. Il contributo dellescuole francofone nell’evolversi degli avvenimenti si ri-velerà in seguito particolarmente importante. Il dottorAntoine Nebel (1870-1954) di Losanna e Léon Vannier(1880-1963) di Parigi identificarono due nuove diatesi:il tubercolinismo e il cancerinismo. La prima si basava suuna sensibilizzazione dell’apparato respiratorio e spiegava lepatologie respiratorie più ricorrenti. La seconda traduceval’evoluzione della Sicosi verso il cancro.Le diatesi storiche di Hahnemann venivano intanto ri-visitate e le loro applicazioni adattate alle patologie mo-derne. Fu così, ad esempio, che fu chiarito il ruolo dellaLuesi in tutte le patologie vascolari, ipertensione arte-riosa, incidenti cerebrovascolari, infarto e arteriti.In un altro approccio, partendo dal concetto di «tiposensibile» (soggetti reattivi durante le sperimentazionipatogenetiche a sali costituzionali apparentementeinerti), gli stessi Autori definirono un nuovo parametrodi terreno: le costituzioni, fondate sul rapporto fra la mor-fologia del soggetto e le sue reattività personali. Nebel eVannier descrissero tre tipi: carbonici, fosforici, fluorici.• i carbonici tarchiati, resistenti, pesanti, competevano aCalcarea carbonica e a tutta la serie dei sali di carbonio;

• i fosforici, longilinei, fragili, corrispondevano a Cal-carea phosphorica e fluorica;

• i fluorici, instabili e iperlassi, competevano a Calcareafluorica e Fluoric acidum.

Henri Bernard, Denis Demarque e io stesso, aggiun-gemmo altri tre tipi: i sulfurici, imperniati su Sulphur; imuriatici, imperniati su Natrum muriaticum; i tipi Sili-cea, imperniati su Silicea, con tutti i medicinali costitu-zionali che le si avvicinano. Furono inoltre messe in luce le interazioni fra diatesi ecostituzioni, le prime modellando le costituzioni, le se-conde facilitando l’impianto delle diatesi.

L’omeopatia diventava così una medicina di terreno evo-lutivo, sempre fondata sulla similitudine ma allargata allatipologia e all’anamnesi diatesica, vale a dire direttamentecollegata a tutte le patologie che caratterizzano l’evolu-zione della medicina attuale. In un momento in cui i ge-netisti scoprono il ruolo del codice genetico, si comprendetutta l’importanza di questo concetto omeopatico che ap-porta da un lato un’identificazione grazie alla semeioticae dall’altro lato, attraverso la Similitudine, un metodo te-rapeutico per i terreni patologici identificati.L’omeopatia ha fatto passi da gigante per il suo inseri-mento nella medicina moderna. Di fronte alla comparsadi nuove patologie, alla complessità delle analisi noso-grafiche, alla rapida efficacia richiesta nella pratica me-dica moderna, tutte caratteristiche alle quali un«unicismo» storico centrato sulla similitudine unica si ri-vela inadatta, emerge la nozione di una similitudine ri-partita a differenti livelli tissutali. Questo avvenne giànel lavoro del gruppo «Omeopatia Moderna», fra il 1930e il 1940, sotto la direzione dei dottori Fortier-Bernovillee Joseph Tétau. Vengono così definiti i medicinalid’azione specifica (sintomatici) centrati sui sintomi damigliorare rapidamente e i medicinali di fondo (diatesicie costituzionali) destinati a trattare il terreno identificato.È nato il pluralismo. Due o tre rimedi in 4, 5 o 7CH cu-reranno i sintomi acuti. I rimedi di fondo a diluizionepiù alta tratteranno il terreno. In questo modo nel trat-tamento di un’artrosi dolorosa e invalidante noi prescri-veremo per esempio, per curare rapidamente il nostropaziente: 4 granuli il mattino, un giornoRhus tox 4CH,l’altro giorno Bryonia 5 CH; la sera 1 giorno Colchi-cum 4 CH; l’altro giorno Ledum 5 CH.L’alternanza in effetti è una tecnica eccellente, già apprez-zata ai tempi di Hahnemann che, malgrado le diverse cor-renti di pensiero, raccomandava già di alternare Rhus toxe Bryonia nel trattamento del reumatismo degenerativo.Contestualmente, i rimedi di terreno verranno associaticon posologia più distanziata nel tempo, in diluizionipiù alte, sotto forma di monodosi, distribuite ad esempiotutte le domeniche, a seconda dei casi: Calcarea carbo-nica 9 CH, Sulphur 9 CH, Natrum sulphuricum 9 CHDa notare che l’omeopatia francese resta ragionevolmenteal di sotto del numero di Avogadro-Ampère, essendo le di-luizioni in 4, 5, 9CH le più prescritte, talvolta le 12CH.

Pare che lei dia notevole importanza al concetto di drenag-gio, anche se così particolare. In che modo lo concepisce?

Il drenaggio è una tecnica destinata a stimolare le elimi-nazioni dell’organismo e a disintossicarlo. Il medico mo-derno, se volete allopatico, procura un accumulo iatrogenodi droghe. Non c’è paziente che non venga imbottito ditranquillanti, sonniferi, antidepressivi, ormoni di ogni ge-nere, statine, sartani e tutto il resto. Tutto ciò intossicaprofondamente l’organismo, diminuisce le capacità reat-tive, dissimula quando non modifica le modalità, neces-sarie per la nostra diagnosi di rimedio. Il 10% delle speseospedaliere in Francia è causato dalle intossicazioni iatro-gene. Il trattamento ormonale sostitutivo in menopausa,come fu da noi largamente preconizzato, dopo 5 anni hagenerato un aumento del 50% di rischio di cancro allamammella, 200% di aumento di rischio cerebrale e, cilie-

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gina sulla torta, il 10% di demenze senili in più, la qualcosa è esattamente il contrario di quel che si pretendevadi prevenire. Abbiamo inoltre 3000 casi di sclerosi multi-pla successivi alla vaccinazione contro l’epatite B, cosa cheevidentemente crea un problema, anche di natura giudi-ziaria. Tutto ciò è di dominio pubblico e orienta semprepiù i pazienti verso la medicina omeopatica. Dobbiamoprima di tutto ridurre progressivamente questo apportoiatrogeno massiccio, senza tuttavia sospendere alcune te-rapie certamente pericolose, ma indispensabili. È questouno dei ruoli del drenaggio che, in casi simili, assicuraun’importante disintossicazione.Già la scuola di Vannier ne aveva ammessa la necessità,altrettanto la scuola di Omeopatia Francese con Rouy eFortier-Bernoville. Ma è intorno al 1950, con l’SMB,O.A. Julian e me stesso, che la tecnica del Drenaggio fuveramente valorizzata e conobbe un nuovo sviluppo.L’accumulo iatrogeno non faceva che crescere, a quelpunto drenare divenne indispensabile.Questa tecnica di stimolazione degli emuntori e di ri-presa delle capacità reattive dell’organismo permette didisassuefare il nostro paziente dalle pesanti posologie tos-siche alle quali è stato sottoposto e di ottenere in unbreve lasso di tempo miglioramenti clinici soddisfacenti.Sarà il ruolo dei bioterapici d’ispirazione hahneman-niana, quale ad esempio la gemmoterapia che utilizza igermogli vegetali ricchi in sostanze antiossidanti. Esi-stono poi altre bioterapie, quali l’Organoterapia, la Li-toterapia, la Micromicoterapia. Le bioterapie vengonoregolarmente studiate nei Cahiers de Biothérapie, la piùimportante rivista omeopatica francese, se non mondiale.Rivista pubblicata ogni due mesi, diffonde il nostro pen-siero medico nel mondo. Ne sono l’animatore, con lacollaborazione di una notevole équipe di medici praticie ricercatori pieni di idee.

A questo punto, come vede l’avvenire dell’Omeopatia inFrancia e nel mondo?

Sono molto ottimista! Il futuro è aperto a noi e all’omeo-patia. Stiamo entrando infatti nell’«era medica» dove neinostri paesi evoluti la battaglia contro la malattia si rivelanecessità primordiale. Allungare la speranza di vita - giànotevole, 88 anni per l’uomo, 92 per la donna - e fare inmodo che questi anni conquistati come «una vita in più»siano pienamente vitali, diventa la preoccupazione mag-giore dei nostri contemporanei. L’omeopatia in questaottica offrirà le migliori prestazioni per molteplici ragionidelle quali progressivamente sia la gente che i nostri col-leghi diverranno consapevoli.Innanzi tutto vengono alla luce i limiti dell’Evidence-BasedMedicine. Statistiche trasversali generano risultati gravi lacui notizia si diffonde rapidamente. Come abbiamo già se-gnalato: aumento dei cancri ginecologici, sintomi neurolo-gici osservati dopo la prescrizione per lungo tempo deidiversi neurolettici - il Parkinson è in grande espansione -degenerazione cognitiva degli anziani per abuso di tranquil-lanti, di antipertensivi. Pare che la molecola dell’alluminiosia incriminata come fattore in causa nell’Alzheimer, e lostudio della patogenesia di Alumina ce lo conferma. Ecco avoi alcuni esempi che mostrano i limiti dell’EBM e i pericolidel trattamento iatrogeno prolungato a lungo termine.

In secondo luogo, grazie al nostro concetto di terreno, ilpaziente viene preso in carico non solo per la cura ma ancheper la prevenzione. In quell’ambito l’allopatia è del tuttodisarmata mentre l’omeopatia offre soluzioni. Ad esempio,il Tubercolinismo ci permette di trattare tutte quelle rino-faringiti sempre più diffuse fra i bambini e causa di unosmodato consumo di antibiotici, nonostante l’allarme delnostro Ministero della Salute (Haute Autorité de Santé,HAS).I giovani dirigenti industriali, che ci consultano in grandenumero, sono consapevoli che la loro carriera soggiace aduno stato di salute perfetto, indispensabile per essere com-petitivi in questo mondo crudele. Con i nostri rimedi difondo permettiamo loro di «raddrizzare » il destino pato-logico preoccupante che noi presupponiamo. E in veste diallenatori, possiamo addirittura aiutarli a sopportare lostress da lavoro. Sicosi e cancerinismo esistono.Terza ragione, i medicinali omeopatici si associano perfet-tamente ai trattamenti ponderali classici indispensabili,permettendone una migliore efficacia e una migliore tol-lerabilità per il paziente. Penso in particolare a tutte le che-mioterapie, inevitabili nel cancro e nell’AIDS, alle qualil’omeopatia permette una migliore aderenza, sia sul pianoorganico che psicologico. Molti servizi di oncologia si ri-volgono a noi per avere la nostra collaborazione in talsenso. Inoltre i medici si interessano sempre più alla pra-tica dell’omeopatia ed abbiamo ringiovanito e rinnovatoil nostro metodo d’insegnamento. Abbiamo creato un’abi-litazione in omeopatia, una sorta di habitus di carattereinternazionale, permettendo di trattare in primo luogo coimedicinali omeopatici tutte le patologie acute. Offriamocosì l’opportunità di una prescrizione rapida e al tempostesso perfettamente efficace.Fiancheggiamo questo approccio iniziale di medicina delquotidiano con un Master in omeopatia, che permette diconoscere, approfondire e maneggiare l’omeopatia di ter-reno, diatesica e costituzionale. Siamo inoltre riusciti adintegrare, in parte, il nostro insegnamento con la pedago-gia classica. Ultimo punto, ma non meno importante, la ricerca inomeopatia. Questa non può che conoscere belli e fecondisviluppi. Pur già esistendo, la ben riuscita fusione dei duelaboratori omeopatici più importanti nel mondo, Boirone Dolisos, sotto l’efficace guida di Christian e ThierryBoiron, permette di disporre di ampie risorse finanziariee tecniche che, ne sono certo, saranno splendidamenteutilizzate, seguendo l’esempio lasciato da due eminentipersonalità francesi, purtroppo scomparse, Jean Boiron eLise Wurmser. Così abbiamo creato con Christian Boironl’Istituto di ricerca sull’ormesi con lo scopo di basare lasimilitudine, fondamento del nostro metodo, su scopertescientifiche irrefutabili e incontrovertibili.Tutto ciò rappresenta la giovinezza e la vitalità di questaomeopatia, così come noi l’amiamo e abbiamo ricevutadai nostri predecessori.Essa non può che espandersi e continuare il suo svilupponel mondo, a condizione che sia praticata adeguandosi aimodelli socio-economici e scientifici attuali, che contrad-distinguono il nostro bellissimo mestiere di medici.Ed ecco spiegato perchè sono sicuro dell’avvenire e fierodi esserne un modesto operaio.

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Iprimi raggi di sole penetravano nell’ambulatorio at-traverso le persiane abbassate e la luce filtrava ada-gio, formando onde di pulviscolo che s’infrangevano

contro il basamento di un’aquila imbalsamata. Erano lesette del mattino di un giorno di primavera dell’anno2015: il computer, con un sordo ronzio, si accese auto-maticamente.La dottoressa Pennacchi aprì gli occhi colpita dal solitopungente dolore, rapido come una scossa elettrica, allatempia sinistra. Adagio si sistemò davanti al computer.Era costretta a muoversi con una certa lentezza a causadelle giunture arrugginite dall’umidità che ristagnavanel seminterrato.Pigiò un tasto e sul video comparve la scritta Kroniòs,il programma di telemedicina collegato con tutte le uni-versità e gli ospedali del pianeta. Grazie a questo prodi-gioso sistema informatico, ogni medico del ventune-simo secolo era in grado di visitare, senza uscire dall’am-bulatorio, pazienti che si trovavano in ogni parte dellaregione.Il display bianco segnalò le richieste di ricette per malaticronici. La dottoressa Pennacchi ne compilò e spedì pervia telematica un centinaio, poi passò al display verde,agli esami di laboratorio, esaminandone, in modo ac-curato e minuzioso, almeno un migliaio. Il lavoro piùdelicato, display rosso, segnalò l’arrivo di consulti, do-miciliari e ospedalieri. Alle dieci della sera il suo addomeiniziò a gorgogliare. Lei osservò il tranquillo paesaggiodell’acquario, il lento volteggio dei pesciolini rossi nel-l’acqua, le bollicine d’aria che salivano, una dopo l’altra,verso l’alto.Decise di digitare i suoi disturbi al computer per rice-vere da Kroniòs una soluzione. Dopo alcuni istanti siaccese il display giallo: “ERRORE IRREPARABILE:CONVENZIONE REVOCATA! ” Si spensero le luci.Dall’esterno risuonò un cupo rumore di passi e, subitodopo, il prolungato cigolio di cardini accompagnòl’apertura della porta d’ingresso. Nell’ambulatorio en-trarono alcuni nani. Diressero i fasci delle loro torceelettriche contro il volto terrorizzato della dottoressaPennacchi.Uno di loro, quello che li comandava, alzò il piccone ecolpì la dottoressa ad un fianco. Immediatamente anchegli altri lo imitarono. La povera dottoressa, incapace diopporre resistenza, subì il terribile assalto. Le incrina-ture, provocate dai colpi degli aggressori, si allargaronoe il suo corpo s’infranse con un terribile rumore di scro-scio. Dall’addome schizzarono fuori pesci e acqua. La

dottoressa Pennacchi, mentre lunghi e sfrigolanti filielettrici uscivano dal suo corpo, crollò sul pavimento.Con uno sforzo immane, lei domandò: “Perché? ” Gliuomini dell’AUSL, da lei scambiati per nani, la circon-darono.Il loro capo indicò il video del computer dove la dotto-ressa aveva scritto i suoi disturbi. “Ho grosse verruche,cute seborroica, acne rosacea, capillari ai lati del naso emacchie scure sul viso. La mia pelle emana un odore diporro cotto. Il ventre è grosso e dilatato rispetto agli artiche, invece, sono meno sviluppati. L’umidità comportaforti rigidità dei miei movimenti articolari. Sono de-pressa, ansiosa, con pensieri di tipo ossessivo: immaginoche ci sia gente al mio fianco, che il mio corpo sia divetro, che corpi estranei si muovano nel mio ventre. Hotendenza ad isolarmi e, sul lavoro, manifesto una pigno-leria eccessiva anche per piccole cose. A livello respira-torio soffro di infiammazioni croniche con secrezionigiallo-verdastre. Inoltre ho forti nevralgie, cefalee cheavverto come un chiodo piantato nella tempia sinistra.Tutte queste manifestazioni sono derivate da una vacci-nazione fatta dieci anni fa.”Kroniòs, per trovare una cura idonea a quei sintomi, siera collegato ad un programma di omeopatia ed avevarisposto: “Il rimedio per il paziente è: Thuja.”L’uomo disse: “Per legge, le visite omeopatiche devonoessere effettuate al di fuori dell’orario stabilito dalla con-venzione. Inoltre manca l’assenso scritto del pazienteche acconsente ad essere curato con l’omeopatia.”Notando un guizzo di stupore negli occhi ormai mo-renti della dottoressa, l’uomo spiegò: “Dieci anni fa,mentre attraversava la strada, subito dopo essersi sotto-posta alla vaccinazione antinfluenzale, lei finì sotto leruote di un autotreno. Solo la sua testa si salvò. L’AUSLpensò di tenerla in vita con un intervento sperimentale:fissare la testa ad un corpo artificiale; un microchippiantato sulla tempia sinistra avrebbe coordinato ognimovimento. Lei mutò in un essere ibrido, alto quattrometri, la testa umana sopra un corpo di cristallo e unacquario al posto dell’addome, poi cingoli ai piedi epinze di acciaio alle mani.Fu creato un lavoratore perfetto, in grado di lavorareventiquattro ore al giorno, senza pretese di giorni diferie, di aumenti di stipendio, di desiderio di pensione;un essere non più umano al quale togliere vita e con-venzione al primo grave errore ma senza incorrere inproblemi di legge.Lei divenne il medico del futuro!

Thuja, il medico del futuro!

Italo Grassi

Medico esperto in omeopatiaE-mail: [email protected]

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L’OMEOPATIA RACCONTATA

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QUADERNI DI MEDICINA INTEGRATA

L’apparato digerente include nella sua espressioneanatomo- funzionale una complessa correlazionedi organi e visceri che identifica la comparteci-

pazione di un network psiconeuroimmunoendocrino,il cui contributo determina il mantenimento dell’equi-librio dinamico sia dell’omeostasi intracellulare che si-stemica, fornendo una costante concentrazione dinutrienti nell’ambiente interno. Da questo punto divista si può sviluppare un ragionamento clinico diagno-stico che suggerisce al medico un utile confronto tradue metodiche che si differenziano per l’approccio te-rapeutico che, nella medicina classica sfrutta il poterefarmacologico di farmaci di sintesi ad azione prevalen-temente sintomatica, mentre nella medicina omeopa-tica la rimozione dei sintomi è funzionale alla rispostadell’ospite nel riattivare quei meccanismi biologici ri-parativi, specifici di ciascun malato, utilizzando medi-cinali i cui principi attivi agiscono per analogia osimilitudine ed in dosi infinitesimali diluite e dinamiz-zate. L’integrazione terapeutica, che viene enfatizzatadal metodo omeopatico, si concretizza clinicamente at-traverso un processo di sintesi del binomio malato-ma-lattia, ed analizza l’insieme dei fenomeni morbosicorrelandoli a predisposizioni individuali sia di tipo ge-notipico (che sottintendono l’innato) sia di tipo feno-tipico (che sottintendono l’acquisito), con l’obiettivodi una guarigione efficace e sicura.La gastrite è una infiammazione del rivestimento mucosodello stomaco che nei casi più gravi, può esitare in com-plicazioni quali l’ulcera gastrica, la perforazione, il re-flusso gastroesofageo, ed il carcinoma dello stomaco.Sia le forme acute che in quelle croniche possono essereidiopatiche o causate da stress, alcol, farmaci, assunzionedi cibi o sostanze irritanti, traumi ed infezioni.La sintomatologia delle gastriti acute comprende doloree/o bruciore epigastrico di varia entità, crampi, nausea,talvolta vomito e diarrea; nei casi più gravi ematemesio melena.Le gastriti croniche sono più frequenti dal quinto de-cennio in poi e sono spesso asintomatiche o, talvolta,causano disturbi dispeptici, bruciore e distensione dellaparete gastrica. Le gastriti croniche di tipo atrofico, cioècon riduzione dello spessore di mucosa e sottomucosa,possono portare ad erosione ed ulcera, mentre quelledi tipo ipertrofico provocano ispessimento fibroticodella mucosa come tentativo di autoriparazione dellelesioni.L’obiettivo di una terapia omeopatica differenzia ed in-tegra quello della biomedicina in favore di una visioneolistica. La peculiarità del metodo omeopatico prescinde

dall’inquadramento dell’evento morboso, definito comeacuto o cronico, riportando la storia clinica di ciascunmalato nel contesto della propria specifica reattività dia-tesica nei confronti di qualunque insulto, sia esogeno siaendogeno, al fine di un mantenimento dell’equilibrioomeostatico. Le diatesi sono assimilabili a diversi livellidi risposta difensiva e indicano la componente reazionaledi un particolare terreno (geneticamente predisposto) de-finito sensibile perché correlato ad una struttura biolo-gica unica ed irripetibile. Il processo flogistico della mucosa gastrica, nel suo poli-morfismo clinico ed anatomopatologico, si esprime at-traverso particolari modalità individuali dove gli episodiacuti rappresentano solo epifenomeni di un quadro cro-nico per l’attivazione di stimoli più intensi dei diversi si-stemi difensivi che l’organismo mette in atto, mentresoggiace un filo conduttore nella storia del malato cheviene a marcare e identificare il suo stato di sofferenzagastrica in correlazione e contemporaneità con tutto ilcomplesso somato-psichico.L’omeopatia può determinare l’eziopatogenesi ancoraprima della diagnostica strumentale, può precedere il la-boratorio utilizzando come traccia diatesica le peculiaritàdelle disritmie sensoriali del malato, valorizzandone laspecificità. Individuare e classificare omeopaticamente lamalattia gastrica, non significa solo estrapolare clinica-mente l’organo bersaglio, ma significa anche ricondurrele particolari caratteristiche del singolo malato in un con-testo più ampio, in cui entrano in gioco innumerevolifattori sia scatenanti ma soprattutto predisponenti. Que-sto è l’obiettivo che caratterizza e distingue il metodoomeopatico, integrando e completando l’approccio dellabiomedicina.La gastroenterologia ci ha insegnato come la patologiadigestiva tocca i grandi problemi della comunicazionedell’individuo con il suo ambiente, e questo si può ma-nifestare già nel giovane adolescente nel suo conflitto re-lativo all’affermazione della propria personalità, sino-nimo dell’ “io prendo”o “non prendo”. È spesso il mezzodi pressione del bambino nei confronti della sua fami-glia. L’assorbimento alimentare, primo atto che segue lanascita, stabilisce la fase orale di contatto con la figuramaterna. L’insoddisfazione di questo bisogno può pro-vocare una attitudine conflittuale di rivendicazione e diaggressività. L’alimentazione diventa un campo di bat-taglia, che rivela il desiderio ed il rifiuto, il vissuto e leaspettative, l’immagine dell’individuo in rapporto al suoambiente familiare e sociale, ma soprattutto in rapportoa se stesso. Non si tratta dunque di relegare la patologiagastrica ad un fenomeno squisitamente locale, anche se

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Il contributo dell’omeopatia

Roberto Pulcri

Medico esperto in omeopatiaProfessore a contratto, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Roma “Tor Vergata” e Siena E-mail: [email protected]

LEGASTRITI

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QUADERNI DI MEDICINA INTEGRATA

35HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 1

lesionale, ma si tratta di percepire soprattutto il disagiosensoriale che precede sia quello funzionale sia quelloanatomico. Sono modelli reazionali che generalizzano esintetizzano configurazioni funzionali più o meno spe-cifiche rispetto alle diverse parti dell’organismo, e che se-condo l’ottica omeopatica individuano un particolareterreno morboso. La strategia terapeutica omeopatica si concretizza, sullabase di questi modelli reattivi, nella determinazione delmedicamento simillimum, che esprime l’analogia tral’azione patogenetica del suo principio attivo e l’espres-sione individuale della dinamica patogena del malato edella sua malattia. L’analisi omeopatica del gastritico,include una minuziosa indagine anamnestica ed un al-trettanto approfondito esame obiettivo, in cui i rilievisemeiologici clinici e strumentali possono determinarela scelta dei medicamenti che esprimono l’insieme sin-tomatico dell’alterazione digestiva. Il quadro clinico ècaratterizzato principalmente dall’evento dispeptico chesi inquadra nella variabilità del dolore, del bruciore edell’acidità epigastrica (pirosi) e nella comparsa, più omeno intensa, di crampi, nausea, vomito e pesantezzagastrica, espressione di una vera e propria difficoltà di-gestiva. Questa sintomatologia, troppo spesso valutatagenerica e vaga dall’approccio clinico classico, diventaomeopaticamente preziosa e determinante se viene in-dividualizzata, qualificata, circostanziata e modalizzata.L’altro aspetto dell’indagine è lo studio del contesto ge-nerale in cui il malato ha sviluppato la sua gastrite, re-lativamente al suo stato affettivo e psicoemotivo, allesue abitudini alimentari, al suo tipo di attività lavora-tiva, ed in particolare al suo stile di vita. La semeioticaomeopatica dunque va a compendiare e a integrarequella classica, inoltre stabilisce direttamente la prescri-zione del medicamento corrispondente alle modalità ealle espressioni patogenetiche soggettive del malato.Sulla base di queste valutazioni cliniche il medicoomeopata può stabilire la strategia terapeutica con l’in-dividuazione del simillimum diatesico. Per brevità pos-siamo estrapolare e descrivere solo alcuni tra i piùimportanti medicinali omeopatici, sia policresti sia adazione gastrica elettiva.

• Nux Vomica, nella sua modalità psorica, è un iperste-nico che utilizza lo stomaco come mucosa d’elimina-zione. Esprime un impianto genetico individuale cherisponde soprattutto nel momento in cui un regime divita inadatto ai reali bisogni psico-fisici dell’organismorealizza un’auto-etero intossicazione, ed il cui compor-tamento mostra una notevole ipersensibilità nervosa, chesi esprime con impazienza, irritabilità ed intolleranza alminimo ostacolo. Il rapporto con il cibo è dettato dallasua personalità che si identifica in un soggetto, uomo odonna che sia, nevrotizzato dalla ricerca del successo so-ciale, irriducibilmente incline ad auto intossicarsi, cheama gli abusi di alcol, caffè, tabacco e che fa uso eccessivodi farmaci. Le turbe digestive sono evidenziate da nausea,sensazione di intensa pesantezza, bruciori e crampi epi-gastrici una o due ore dopo i pasti e, soprattutto, da unainvincibile sonnolenza post prandiale che migliora dopoun breve riposo.

• Lycopodium, dall’aspetto prematuramente vecchieg-giante, si presenta relegato nel suo conflitto tra una ipe-remotività marcata con avidità di affetti e uncomportamento orgoglioso e autoritario che possonofarlo scivolare inesorabilmente in uno stato depressivo.Soffre per una dispepsia non solo gastrica ma anche epa-tica e come tale riflette la diatesi tubercolinica. Il quadrodispeptico è ipostenico, con una insufficiente motricitàdel tubo digerente che determina una intensa aerofagiaper fermentazione gastrica post prandiale anche in rap-porto a minime quantità di alimenti ingeriti, e da nauseae sonnolenza che non migliora con il riposo. Il brucioreed i crampi si presentano soprattutto di notte, a digiuno,con attacchi di fame che lo risvegliano.• Pulsatilla, diatesicamente esprime una insufficienzaepatica, gastrica e pancreatica ad impronta tubercolinica.Non digerisce le sue delusioni affettive né i suoi falli-menti che le rimontano nello stomaco. Assimila con dif-ficoltà gli alimenti grassi, di cui ha disgusto, ha dolore epesantezza epigastrica, ma soprattutto nausea ed erutta-zioni rancide che hanno il gusto degli alimenti, si saziarapidamente e ha la bocca secca e amara con alitosi.• Argentum nitricum è considerato medicamento diconfine tra psora e luesinismo per la tendenza evolutivadel quadro gastritico in ulcera peptica. Il nitrato d’ar-gento si caratterizza per una tossicità sia a livello del si-stema nervoso cerebro spinale, soprattutto periferico,con turbe della coordinazione motoria e mentale, sia perirritazione e infiammazione delle mucose del tubo ga-stroenterico con tendenza ulcerativa. Il tratto psichicoche ne deriva è di un personaggio angosciato ed insicuro,inquieto e tormentato che si esprime in modo precipi-toso e frettoloso, incapace di attendere con calma, hasempre l’impressione che “il tempo passi troppo lenta-mente” tanto ha fretta di finire ciò che ha appena ini-ziato, per questo è ansioso del risultato di tutto ciò cheintraprende. Elemento dominante è la confusione essen-ziale nell’inconscio tra “essere” e “avere”. Tenta di com-pensare tutti i freni che lo trattengono con un atteggia-mento precipitoso, perché perseguitato da sensi di colpaderivanti dall’insicurezza e da un vissuto cronologico pre-cipitoso che incombe, come l’ora delle scadenze che gra-vano minacciose. Questa colpevolezza lo corrode anchee soprattutto al livello gastrico, innescando una iperse-crezione cloridrica della mucosa che, evolvendo, può fa-vorire un’ulcera peptica. L’infiammazione gastrica ècausa di dolore epigastrico bruciante, irradiato a sinistraalle false coste e all’omoplata, aggravato dalle bevandecalde. È anche presente un gonfiore gastrico post pran-diale che determina palpitazioni ed è parzialmente mi-gliorato da eruttazioni e pirosi incontenibili.

Altri medicamenti possono essere considerati estrema-mente utili per la loro polarità digestiva ed essere impie-gati nelle gastriti secondo il quadro clinico prevalente.Quando il bruciore causato dall’ipercloridria rappre-senta il sintomo dominante possiamo individuare Ro-binia, che presenta rigurgiti acidi e vomito acquosocon bruciori epigastrici soprattutto notturni irradiatial dorso e in cui l’acidità è così intensa da irritare boccae denti.

LEGASTRITI

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QUADERNI DI MEDICINA INTEGRATA

Può risultare strano parlare di gastroenterologia inMedicina Tradizionale Cinese (MTC) su una rivi-sta di medicina integrata, partendo da un sintomo

così aspecifico come le gastralgie. Tuttavia, può essere unbuon modo per cercare di capire, anche da un punto divista metodologico, come l’integrazione si strutturi a par-tire dall’accettazione teorica, prima ancora che pratica,delle diversità dei modelli epistemologici, dal riconosci-mento della loro utilità nella descrizione della individua-

lità del malato e dalla valutazione della loro efficacia, sianella applicazione congiunta che disgiunta, nella curadella malattia, individuandone indicazioni, limiti, gradie step di applicabilità. Da molti autori sono state ripe-tutamente sottolineate le profonde diversità che esistononella medicina occidentale e nella Medicina TradizionaleCinese per quanto riguarda le modalità con cui si descri-vono le malattie e il modo con cui le si classifica e le sidistingue.

36 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 1

Il contributo della MTC

Emilio Minelli

Vice Direttore, Centro Collaborante OMS per la Medicina Tradizionale, Università degli Studi di MilanoE-mail: [email protected]

LEGASTRITI

Iris versicolor in cui tutte le secrezioni sono acide ma ibruciori non si irradiano dorsalmente e si associano aderuttazioni, nausea, vomito mucoso e acido subito dopoi pasti. Sulfuricum acidum, invece, ha dei bruciori ga-stroesofagei sia durante sia dopo la digestione, con erut-tazioni acide e pirosi, che cerca di mitigare con bevandecalde. Lo stomaco è malgrado tutto ipocinetico con sen-sazione di ptosi gastrica. Nelle gastralgie acute ipersecre-tive, in cui il dolore è particolarmente intenso, Kaliumbichromicum ha dolori brucianti immediatamente dopoi pasti e vomito vischioso e amaro mentre Kreosotum hadolori brucianti più tardivi e vomito vischioso ma dol-ciastro. Se, invece, nel quadro clinico prevale il gonfioreepigastrico, differenziamo: Nux moschata, che presentauna aerogastria sproporzionata alla quantità di cibo in-gerita, fino a provocare dispnea e lipotimia; Asa foe-tida, che manifesta intensa distensione gastrica postprandiale, causata da spasmi e da una peristalsi retro-grada, non migliorata da eruttazioni; Antimonium cru-dum che, dopo abusi di alimenti acidi o grassi, ha unmarcato gonfiore gastrico, pesantezza con nausea allavista del cibo, vomito persistente che non migliora ilquadro clinico, ed un induito linguale tipicamentespesso e lattiginoso.

ConclusioniLa complessità della clinica dell’apparato digerente, te-stimonia e favorisce l’opportunità di una scelta terapeu-tica omeopatica in rapporto a quadri morbosi non solofunzionali comunque invalidanti, ma mostra la sua effi-cacia anche in quelle situazioni in cui, spesso, si è già in-staurata subdolamente una patologia lesionaleprogressiva e irreversibile. Gli organi digestivi sono fre-quentemente organi bersaglio sensibili di perturbazioni“distanti”, come espressione finale di una disfunzioneprofonda, ed è proprio questo l’ambito in cui l’omeopa-tia è in grado di integrarsi con la biomedicina e contri-buire al processo di guarigione.

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QUADERNI DI MEDICINA INTEGRATA

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Raramente, invece, sono state sottolineate le similitudiniesistenti tra i due pensieri. Un vecchio aforisma, a benvedere condivisibile dallo stesso pensiero confuciano,dice che: «Denominare equivale a conoscere». In effetti,sia il pensiero medico occidentale che quello cinese dasempre hanno riconosciuto la necessità di una correttadenominazione della malattia e, per fare ciò, si sonoimpegnati in un lungo e complesso lavoro di studio eclassificazione, che, attraverso passaggi ed evoluzionisuccessive, è giunto sino a noi.Questo lavoro testimonia l’esigenza, sentita da en-trambi i sistemi, di ordinare e catalogare l’esperienzasintomatologica, vissuta al letto del malato, in quadrinosografici portatori di una potenzialità interpretativaed esplicativa di quella esperienza più vasta e generale,in grado di costituirsi come strumenti diagnostici eprognostici, che, al di là dell’esperienza del singolocaso, potessero essere applicati all’universo delle per-sone malate. In effetti, la denominazione delle malattiee la conseguente creazione di una disciplina tesa a de-finire i criteri con cui una malattia può essere ricono-sciuta e classificata, sebbene dimenticata e trascurata, èun’attività talmente intrinseca al fare medico di tuttele latitudini che, talora, ci si dimentica del poderoso la-voro culturale che diuturnamente il medico svolgenell’espletamento del suo lavoro diagnostico, così comedell’enorme lavoro culturale che nei secoli, singoli me-dici, così come intere scuole, hanno elaborato per co-struire il background culturale che consente al medicomoderno di operare.

La nosografia in MTCIl complesso procedimento conoscitivo che, partendodalla raccolta dei sintomi, consente al medico di ricono-scere un ben determinato processo fisiopatologico carat-terizzato da specificità di sede e di causa e da una definitasequenza patogenetica è, forse, a tutt’oggi, l’aspetto piùcaratteristico dell’attività medica nel suo complesso.Questo procedimento identificativo e classificativo dellamalattia è alla base della nosografia contemporanea, tut-tavia, in maniera più o meno estesa, esso fa parte di unprocedimento di approccio alla malattia che, seppur af-finatosi nel tempo, è presente nel pensiero medico sindalle origini. A tutt’oggi non abbiamo elementi per rite-nere che questo procedimento, almeno nella sua strut-turazione logica, sia stato estraneo al pensiero medicocinese tradizionale già a partire dal Classico dell’internodell’Imperatore Giallo.Ancora oggi, nella nosografia cinese, il sintomo occupaun ruolo primario, rispetto anche alla sua spiegazioneteorica o allo studio della sua derivazione eziopatogene-tica. Per questo, la nosografia della Medicina Tradizio-nale Cinese, più che una nosografia esplicativa osistematica, conserva tuttora la struttura e le caratteri-stiche di una nosografia descrittiva. Questa asimmetriache troviamo tra la nosografia occidentale moderna, dipiù marcato carattere eziopatogenetico, e la nosografiacinese rende conto del perché nella descrizione dellemalattie sarebbe errato pretendere di rintracciare unacorrispondenza punto a punto tra la nosografia occi-dentale e la nosografia cinese.

Molti dei quadri descritti, infatti, si strutturano attornoa un sintomo primario, che ne costituisce il termineidentificativo, mentre, solo talvolta e più raramente, sistrutturano complessi sintomatologici, caratterizzati daun chiaro riferimento eziopatogenetico, che presentanoanalogie più consistenti con i modelli di malattia, percome li troviamo descritti nella clinica moderna. A nostro parere, però, va sottolineato come ciò che lanosografia cinese non ha in capacità esplicativa del sin-tomo è presente, quasi a mo’ di compenso, in ampiezzae completezza descrittiva, non solo del sintomo primariodi una determinata sindrome, ma anche di tutte le ca-ratteristiche fisiopatologiche di contesto, relative al pa-ziente in cui un determinato disturbo si manifesta.

Una nosografia integrata

A questo punto, a nostro parere, può essere legittima unadomanda. Se i due sistemi nosografici hanno sviluppatosoprattutto una tendenza a descrivere e a cogliere le va-rietà con cui un determinato quadro morboso si pre-senta, per quanto riguarda il sistema nosografico cinese,e una attitudine a esplicare i sintomi e le sindromi, ri-conducendoli a unitarietà attorno a una singola causa dimalattia, spesso localizzata e individuata attraverso gli ar-tifici della moderna tecnologia, per quanto riguarda il si-stema nosografico occidentale, non è possibile ipotizzareche la sistematica applicazione congiunta dei due modelliconsenta una comprensione più completa del malato edel morbo?Questo modo di procedere presenta numerosi motivi diinteresse, di cui il più importante è costituito dalle mag-giori possibilità di individualizzazione della terapia chene derivano. Come abbiamo già accennato, la base dellanosografia cinese è una nosografia di tipo descrittivo,di cui, più volte, si sono sottolineati i limiti, rispetto aimodelli più moderni.Tuttavia, resta vero il fatto che la nosografia descrittiva,incentrata sui sintomi e sui segni che il paziente pre-senta e dichiara, oltre ad avere conservato un’indubbiapotenzialità conoscitiva, è anche il momento di studioe descrizione della malattia, che consente di ridurre alminimo la distanza tra il sapere del medico sulla ma-lattia e il sapere del paziente sulla medesima. Se nel momento diagnostico/nosografico, e non si vedecome potrebbe non essere così, si ha l’inizio del mo-mento conoscitivo della malattia per il medico, è indub-bio che in esso stia anche il primo e principale momentoin cui si struttura quella relazione medico-paziente, chepuò nascere nel segno del conflitto o nel segno dell’al-leanza, e si capisce perché su quel punto vada concen-trata una maggior attenzione, rispetto a quanto sinoraè stato fatto, e perché un’integrazione della nosografiaoccidentale e della nosografia cinese sarebbe utile perfornire il massimo livello di conoscenza possibile, rela-tivamente al morbo, e la migliore opportunità di con-divisione della malattia del paziente, senza che questodebba necessariamente ostacolare le procedure per unaconoscenza scientifica.

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Le gastralgieLo spettro di disturbi, che la MTC comprende all’in-terno delle gastralgie, è piuttosto numeroso e va dasemplici gastralgie funzionali a gastroduodeniti, cor-relate a stasi di energia e di sangue, a ulcere gastricheo duodenali, in relazione a stasi di sangue, alla presenzadi tumori, definiti come “masse”. Orientativamente,in prima ipotesi, vale la pena di sottolineare come lastasi di energia (qi) sia prevalentemente correlata a di-stensione dell’epigastrio. Se si ha un reflusso del qi cherisale in controcorrente, compaiono, invece, rigurgito,nausea e vomito. Se vi è una stasi di sangue, è prepon-derante, in particolare, il sintomo dolore fisso, intenso,profondo, spesso notturno. Le lesioni organiche, qualiipertrofia o atrofia della mucosa, ulcere e masse com-paiono, invece, come complicanze delle precedenticondizioni, qualora non siano state tempestivamentetrattate, e possono essere accompagnate da tutti i sin-tomi già citati, in maniera varia. Classicamente, tra lecause che determinano i quadri sopracitati possiamotrovare: aggressioni di energie cosmopatogene, errorialimentari, squilibri psico-emozionali o alterazionidegli equilibri endogeni di energia/sangue o di aspettiyin/yang dell’organismo. Sia i quadri clinici che la sin-tomatologia possono essere classificati in vari modi,ma, senza dubbio, una delle modalità più semplici èquella che individua quadri da pienezza “shi” e quadrida vuoto “xu”.

EziopatogenesiCause cosmopatogene - Tra i fattori cosmopatogeni sonosoprattutto il freddo, per la sua azione di blocco, il calore,per la sua azione di prosciugamento dei liquidi e l’umi-dità, per la sua azione ostruttiva, che, ostacolando la cir-colazione di energia/sangue, possono alterare lafunzionalità gastrica, producendo dolore, gonfiore e di-spepsia.Cause alimentari - Per quanto riguarda gli alimenti, que-sti possono diventare causa di squilibrio soprattuttoquando vengono assunti in quantità sproporzionata oquando, per la loro natura eccessivamente fredda otroppo calda, determinano quadri di freddo o calore, inmaniera analoga a quanto accade per le energie cosmo-patogene. In questo senso, l’eccessiva assunzione di cibispeziati produrrà quadri di calore a livello gastrico. L’as-sunzione di eccessive quantità di frutta e verdura di na-tura fredda determinerà quadri di eccesso di freddo.L’eccessiva assunzione di cibi grassi, quadri da eccesso diumidità.Fattori psicoemozionali - Sono soprattutto i sentimenti difrustrazione e di collera repressa, che, agendo sul Fegato,possono determinare inizialmente quadri di stasi del qidi Fegato, il cui effetto può farsi sentire a livello delloStomaco con un quadro dispeptico e con quadri di nau-sea, vomito, rigurgito e riflusso. Tuttavia, anche quadriemozionali, connotati da un’eccessiva tendenza alla ri-muginazione e all’ossessività, possono bloccare le dina-miche funzionali dello Stomaco e della Milza-Pancreascon quadri di stasi, dispepsia, dolore, che, talvolta, pos-sono accompagnarsi anche ad alterazioni dell’alvo.

A questi fattori possono aggiungersi o sostituirsi malat-tie debilitanti croniche, stati di affaticamento eccessivo,fattori costituzionali, come ad esempio il deficit eredi-tario dell’energia centrale (zhong qi), che possono cau-sare stagnazione di energia/sangue a livello delloStomaco.

SintomatologiaGastralgie da eccesso energeticoForme da freddoIl quadro è caratterizzato da un quadro clinico speci-fico, cui si sommano dei segni generali di freddo a li-vello di tutto l’organismo. Il quadro specifico ècostituito da: dolore epigastrico, che migliora col caldoe col massaggio; senso di freddo, in sede epigastrica, chespinge il paziente a coprire la parte; crampi; se stasi diqi, dilatazione epigastrica; se risalita di qi in controcor-rente, nausea, riflusso, rigurgito o vomito di alimenti odi liquido chiaro; se stasi di qi di Fegato, ipocondralgie,acidità, senso di oppressione al petto; se stasi di sangue,gastralgia violenta, con dolori profondi e fissi; linguabluastra, con induito bianco, in caso di stasi di qi; polsoa corda o teso o rugoso o lento, a seconda dei vari qua-dri.

Forme da caloreIn questo caso abbiamo un quadro generale, che si ca-ratterizza per la presenza di calore a livello di tutto l’or-ganismo, e un quadro specifico che si caratterizza per:dolore epigastrico, che peggiora col caldo e col massag-gio; pirosi gastrica; miglioramento con bevande fredde;stomatiti; se qi in controcorrente, vomito di saporeamaro, giallastro o francamente biliare; ematemesi e me-lena; lingua rossa con induito giallo; polso a corda o ra-pido o ampio, a seconda della situazione specifica.L’accumulo di umidità aumenta il senso di oppressionee pesantezza. L’assunzione di liquidi o cibo può esseredifficile e la digestione è sempre faticosa. L’induito lin-guale è spesso e colloso, il polso scivoloso.Una variante di questa forma è quella determinata daaccumulo di cibo, con dispepsia, acidità, dolore aggra-vato dalla pressione, induito giallo e polso scivoloso, concomparsa di qi, che risale in controcorrente, determi-nando eruttazione, rigurgito, nausea e vomito alimen-tare.

Gastralgie da deficit energeticoForme da deficit di qiIl quadro è caratterizzato da segni generali quali astenia,pallore, dispnea da sforzo, ipersudorazione e da un qua-dro specifico composto da: distensione epigastrica po-stprandiale; feci moli o stipsi ostinata; gastralgia chemigliore col caldo, il massaggio e mangiando; se risalitadi qi in controcorrente, vomito postprandiale, nausea eiporessia; se crollo del qi, gastroptosi e prolassi; linguapallida; polso debole. Questo quadro spesso si complicacon segni di deficit di sangue.

Forme da deficit di yangIl quadro è caratterizzato da un quadro generale conpaura del freddo, estremità fredde e sensazione di freddo

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interno. A questi si aggiungono sudorazione fredda, po-liuria oppure oliguria con edemi. Il quadro specifico, in-vece, è composto da: dolori epigastrici sordi e profondi,che peggiorano col freddo, migliorati da applicazione dicalore locale e dall’assunzione di bevande calde; diarreao stipsi ostinata; lingua pallida, edematosa, bordi im-prontati dai denti, con induito bianco e umido; polsodebole o lento. Questo quadro spesso si complica consegni di stasi di sangue.

Forme da deficit di yinÈ caratterizzato da un quadro generale, in cui sono pre-senti calore ai Cinque cuori (mani e piedi e centro delpetto), zigomi rossi, sete, febbre vespertina, sudorazionenotturna, ansia e oliguria con urine scure. Il quadro spe-cifico è composto da: gastralgia con pirosi e peggiora-mento col caldo; fame accompagnata da senso di nauseae vomito; bocca secca e stomatiti; stipsi oppure diarrea,con senso di bruciore anale; lingua rossa, con scarso in-duito e fissurazioni; polso fine e rapido.

TerapiaCome abbiamo visto, i quadri nosografici descritti dallanosografia cinese includono sintomi tutt’altro che ras-sicuranti quali l’emorragia e l’ematemesi. È fuori discus-sione, dunque, che se in fase diagnostica potrannorendersi necessari approfondimenti effettuati con tuttala tecnologia diagnostico-strumentale, di cui il medicodispone, per meglio definire il quadro lesionale organicoeventualmente presente, dal punto di vista terapeuticosi dovrà tenere conto delle risposte più efficaci che il me-dico ha a disposizione. Ciò potrà talora condurre allaprescrizione di farmaci di comprovata efficacia da solio, talaltra, in associazione con la terapia agopunturistica.È fuor di dubbio che, in alcuni casi, in cui l’aspetto fun-zionale è assolutamente preminente, la terapia troverànell’agopuntura, utilizzata come strumento terapeuticoprincipale, un’affidabile risorsa.

Gastralgie da eccesso energetico - I punti maggiormenteutilizzati in letteratura sono costituiti da:12 VC; 21 St;20 V; 36 St; 6 M. L’azione di questi punti è piuttostocomplessa e serve per regolarizzare i movimenti di discesadello Stomaco, con un’azione di tipo procinetico. Spesso,questi punti, nel caso ci si trovi di fronte a forme dafreddo, vengono riscaldati per mezzo di sigari di Moxaper una ventina di minuti. A questi vengono spesso ag-giunti: 6 MC, un punto ad alta azione specifica sullanausea e sul vomito; 25 St, nei casi in cui la distensioneaddominale abbia un aspetto rilevante; 4 M, che, stimo-lato elettricamente per 20 minuti, è in grado di ridurrel’acidità gastrica.Infine, possono essere utilizzati i punti 3 F, se ci si trovain una situazione di stasi di qi o di iperattività dello yangdi Fegato; i punti 14 F, se ci si trova di fronte a doloridegli ipocondri, sempre da stasi del qi di Fegato e, infinei punti 40 St, se vi sono accumuli importanti di umidità.

Gastralgie da deficitI punti più frequentemente utilizzati sono costituiti da:12 VC; 6 VC; 8 VC; 20 V; 43 V; 36 St; 6 M. Anche in

questo caso, la funzione di questi punti è quella di fa-vorire la motilità gastrica, regolarizzando la peristalsie le funzioni digestive. Se il quadro è caratterizzato dadeficit di qi e di yang, bisognerà utilizzare la moxibu-stione per il riscaldamento dei punti, mentre, in casodi deficit dello yin, è indicato l’uso della sola agopun-tura. A questi punti potranno, poi, essere aggiunti: 6MC, un punto ad alta azione specifica sulla nausea e sulvomito; 3 F, se ci si trova in una situazione di stasi di qio di iperattività dello yang di Fegato; 17 V, 10 M e 4 VC,in caso di deficit di sangue; 23 V e 7 Rn, in caso di deficitdello yang di Rene; 20 VG, in caso di gastroptosi.

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QUADERNI DI MEDICINA INTEGRATA

Con il termine generico di “gastrite” si tende a rag-gruppare una notevole varietà di sintomi che ri-guardano la funzionalità gastrica. Questi sintomi

possono manifestarsi con tensione epigastrica, sensazionedi pienezza dopo un pasto normale, eruttazioni, nausea,pirosi ma anche dolore epigastrico che compare dopo al-cune ore dal pasto o durante la notte e scompare con l’as-sunzione del cibo (sintomi riconducibili a ulceragastro-duodenale), oppure sensazione di bruciore e aci-dità gastrica e/o esofagea (reflusso gastro-esofageo).La porzione antrale dello stomaco produce gastrina, or-mone digestivo, il cui rilascio è regolato dalla stimola-zione vagale, dalla distensione dello stomaco determinatadalla massa del cibo e dalle proteine parzialmente dige-rite. La gastrina, entrata in circolo, stimola le cellule pa-rietali gastriche a produrre acido cloridrico e, in minormisura, stimola le cellule principali a secernere pepsinae fattore intrinseco. La produzione di HCl si arresta, perfeedback, quando il pH gastrico raggiunge il valore 2.Il pH, per una buona digestione gastrica, deve esserecompreso tra i 2 e 3, mentre la funzionalità è alterata davalori di pH inferiori o superiori.Il bolo alimentare acido che arriva al duodeno stimola,in seguito, la produzione di pepsina pancreatica. L’aci-dità gastrica è un elemento importante non solo per ladigestione ma anche per mantenere la riserva alcalinadell’organismo. Infatti lo ione H+, necessario per formarel’acido cloridrico, deriva, soprattutto, dalla scissionedell’H2CO3 che, scindendosi, cede uno ione idrogenoH+ liberando una base debole (HCO3-) che va a costi-tuire la riserva basica dell’organismo.I fattori legati alla digestione gastrica non possono co-munque essere ricondotti soltanto ad uno stato di ipo oiper- cloridria gastrica, ma anche ad uno squilibrio neu-rovegetativo, al trofismo della mucosa, alla funzionalitàdi altri organi o apparati e, più in generale, al terreno delsingolo soggetto. Lo stesso Helicobacter pylori (che si svi-luppa più facilmente in situazioni di ipocloridria, ed èfra le cause principali dell’ulcera gastro-duodenale), siproduce quando si altera sia il terreno gastrico sia, piùin generale, quello dell’individuo.Tra i fattori che intervengono ad alterare il trofismo dellamucosa e la funzionalità gastrica vanno ricordati: la co-stituzione dell’individuo e, in particolare, un eventualedebolezza costituzionale specifica dell’organo; le abitu-dini alimentari (un’alimentazione povera di fibre, l’abusodi bevande gassate, caffé, cibi fritti, alcolici, cioccolato,etc.); eventuali allergie o intolleranze alimentari; lo stiledi vita (fumo, frequenti abbuffate, vita sedentaria, etc.);la risposta “individuale”ai conflitti e alle emozioni; lo

stress e l’eccessiva produzione di radicali liberi; l’uso difarmaci ( soprattutto tra gli antinfiammatori i FANS);l’Helicobacter pylori; la funzionalità epatobiliare; la di-sbiosi intestinale e lo stato di acidosi tessutale. Questielementi vanno analizzati per poter impostare un tratta-mento di terreno che non si soffermi solo a sopprimereil sintomo.

Piante con tropismo gastricoindicate nelle gastriti iposecernentiUna ridotta secrezione gastrica, presente in oltre il 50%degli anziani, è spesso associata ad un disturbo definitodai pazienti col termine di “indigestione”, sintomo de-scritto come senso di eccessiva sazietà, tensione e pesan-tezza postprandiale, gonfiore sopraombelicale, a voltedolore epigastrico (1). Le piante indicate nella dispepsiacon un’azione carminativa, antispastica e procinetica, sisuddividono in due categorie: piante con principi amariche vanno assunte prima dei pasti con azione riflessasulla mucosa gastrica e sulla secrezione epatobiliare;piante con principi aromatici che vanno assunti dopo ipasti con azione diretta sulla mucosa.

Piante con principi AmariGenziana lutea (3)Pianta erbacea perenne, appartiene alla famiglia dellegenzianacee. Si usa la radice raccolta in autunno. Con-tiene principi amari : glucosidi, ac.fenolici, fitosteroli,triterpeni e pigmenti xantonici. Il fitocomplesso haun’azione stimolante la secrezione dei succhi gastrici(2),la pianta viene indicata secondo un uso tradizionalenella dispepsia atonica, nell’inappetenza, nel meteori-smo gastrico, ma anche nelle convalescenze e nella leu-copenia secondaria. È controindicata nell’ipersecrezionegastrica e nell’ulcera gastroduodenale. Non ci sono, adoggi, studi sufficientemente esaustivi secondo EBM.Dosi: 30-40 gtt. di tintura madre in acqua calda primadei pasti principali oppure 1-2 cp da 300 mg di estrattosecco, sempre prima dei pasti principali. Non ci sonodati su eventuali effetti collaterali, controindicazioni ointerazioni. Energeticamente di natura calda e saporeamaro, secondo i principi della MTC, ha un’azione ditonificazione del triplice riscaldatore e di drenaggio epa-tico.

Rabarbaro (3)Pianta erbacea perenne, appartiene alla famiglia delle po-lygonaceae. Si usa la radice raccolta in primavera o inautunno. Contiene glicosidi e tannini, e l’azione del fi-tocomplesso e le conseguenti indicazioni dipendono

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Il contributo della fitoterapia

Erus Sangiorgi

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dalle dosi e dalle modalità di somministrazione. Alledosi di 300-600 mg di E.S., oppure 5-7 gr di polvere ininfusione, somministrati in una sola volta, si hanno ef-fetti lassativi sia per stimolo della peristalsi intestinalesia per richiamo di acqua all’intestino. Dosi notevol-mente inferiori: 10-20 gtt di T.M.,oppure 50-100 mgdi E.S., oppure 1 gr di radice polverizzata in infuso, as-sunti prima dei pasti principali, hanno in vece un’azionecarminativa e coleretica. A queste dosi questa pianta èindicata nelle dispepsie e nell’insufficienza biliare. Ècontroindicata in gravidanza e alle dosi sopraindicatenon presenta interazioni o effetti collaterali. Energetica-mente di natura fredda ad alte dosi, tiepido-fresco a bassidosaggi, di sapore amaro. Secondo i principi della MTCtratta la stagnazione del Qi di Fegato e di Stomaco.

Achillea (3)Pianta erbacea perenne, appartiene alla famiglia delleasteracee. Si usano le sommità fiorite raccolte all’iniziodell’estate. Contiene olii essenziali, glucosidi, flavonoidi,triterpeni e tannini. Studi farmacologici hanno eviden-ziato l’azione antinfiammatoria (4), antiossidante, an-tiemorragica e antispastica. Studi clinici in doppio ciecohanno evidenziato sia l’attività coleretica (5), sia l’atti-vità antinfiammatoria e antispastica sullo stomaco (6).Indicata, secondo EBM, nelle epatopatie e nelle gastro-patie iposecernenti. Secondo l’uso tradizionale, oltre al-l’indicazione per dispepsia, inappetenza, atoniadigestiva, epatopatie, è consigliata anche nelle disme-norree, metrorragie, emorragie, emorroidi e spasmi ga-strointestinali.Dosi: 30-50 gtt di T.M. in acqua calda prima dei pasti,oppure 3-5 gr di pianta essiccata in 200 ml di acqua bol-lente per infusione prima dei pasti. Da non usare in gra-vidanza, non ci sono dati disponibili su contro-indicazioni o effetti collaterali. Energeticamente di naturafresca e sapore amaro e leggermente piccante, secondo laMTC ha un’azione di tonificazione del Qi di stomaco emilza, muove il sangue e tonifica il Qi di rene.

Carciofo (3)Pianta appartenente alla famiglia delle composite, siusano le foglie culinari che contengono acidi fenolici,flavonoidi, fitosteroli. Diversi studi clinici (7-8), hannodimostrato l’efficacia di estratti di carciofo nelledispepsie, nell’insufficienza biliare, nei dolori addo-minali, nausea, vomito e flatulenza. Secondo l’usotradizionale, consigliata anche nell’ipercolesterolemia,si utilizza nella stipsi con feci dure e secche, nell’iper-uricemia e nei reumatismi.Dosi: 30-50 gtt, oppure 1-2cp. da 300 mg 2-3 volte algiorno prima dei pasti. È sconsigliato l’uso durante l’al-lattamento, non presenta effetti collaterali o controindi-cazioni particolari. Energeticamente di natura fredda e disapore amaro, secondo la MTC purifica il fuoco di Fe-gato e VB, elimina la secchezza e calore nel Grosso Inte-stino. Altre piante contenenti principi amari contropismo gastrico sono: Arcangelica, Centaurea, Artemi-sia Vulgaris.

Sempre tra le piante indicate nelle gastriti iposecernenti,ma con azione diretta sulla mucosa gastrica, da assumeredopo i pasti, sono considerate quelle ad alto contenutoin olii essenziali, in particolare gli estratti di semi diAnice, Finocchio, Cumino, e foglie di Menta. Questiestratti svolgono azione carminativa, eupeptica e antifer-mentativa. Nell’uso tradizionale un decotto di polveredi Zenzero(3), 1 cucchiaino raso di polvere x 1 tazza diacqua, bevuto caldo prima dei pasti, ha un’azione car-minativa e favorente la digestione gastrica. Gli estrattidi zenzero sono indicati secondo studi di EBM, nelledispepsie, nel vomito gravidico e nelle nausee in corsodi chemioterapia.

Piante con tropismo gastricoindicate nelle gastriti ipersecernentiNelle situazioni di ipercloridria con disturbi di aciditàgastrica, pirosi, dolori, rigurgiti acidi, le piante indicatesono: Piantaggine, Altea, Malva, con azione protettivasulla mucosa gastrica per azione delle mucillaggini, laCalendula con azione antinfiammatoria, il Fico, la Me-lissa, indicata nelle forme con predominanza psicosoma-tica, e la Liquirizia. Ficus Carica, macerato glicerico dellegemme, alla prima decimale (1DH), è particolarmenteindicato nelle neurodistonie e nelle turbe neurovegetativegastriche. Il meccanismo d’azione, di probabile originediencefalica (8), ne determina un rimedio utile nei di-sturbi psicosomatici e funzionali del tratto gastroente-rico, nelle gastroduodeniti, nell’ulcera gastro-duodenalee nell’esofagite da reflusso. Dosi: 30-50 gtt 2-3 volte aldì prima dei pasti per almeno due mesi. Nelle ulcere èutile l’associazione con Alnus Glutinosa MGSucco di Cavolo: è ben documentato (9), l’uso tradizio-nale del succo di cavolo fresco, 1 litro al dì in dosi frazio-nate, che risulta essere un buon coadiuvante nella curadelle gastriti ipersecernenti e nell’ulcera gastro-duodenale.L’azione antinfiammatoria e cicatrizzante è dovuto all’altocontenuto in glutamina, e in radicali solforati.

Liquirizia (3)Pianta perenne originaria dell’area mediterranea,appartiene alla famiglia delle Papillionaceae. Si usano leradici raccolte in autunno. È considerata, erroneamente,una pianta senza particolari qualità ed è conosciuta piùcome edulcorante che come pianta con evidentiproprietà terapeutiche. Contiene saponine triterpeniche(ritenuti i principali responsabili dell’attività terapeutica)e flavonoidi. Numerosi studi clinici controllati hannodeterminato l’efficacia clinica di estratti di Liquirizia neltrattamento dell’ulcera gastrica (10-11). Secondo l’usotradizionale, questa pianta è consigliata nelle gastriti enell’ulcera gastrica, nelle allergie, nelle bronchiti, nelleoligo-amenorree, nelle epatopatie. Recenti studi, nonancora sufficientemente esaustivi, hanno evidenziato unazione terapeutica della radice nelle epatiti virali (12). Èoggetto di ricerche l’uso di estratti di Liquirizia inmenopausa e nelle alterazioni del ciclo mestruale. LaGlicerizzina può determinare alcuni effetti collaterali percui esistono in commercio estratti di Liquiriziadeglicerizzata (DGL), tuttavia secondo alcune ricerchela planta tota sarebbe più efficace dei singoli componenti

LEGASTRITI

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QUADERNI DI MEDICINA INTEGRATA

e con minor effetti collaterali. Dosi: 3-5 gr. di radice in200 ml di acqua per infusione, oppure 30-50 gtt di T.M,oppure 1-2 cp di DGL da 300 mg. 2-3 volte al dì primadei pasti. Controindicata nell’ipertensione,nell’insufficienza renale, nell’ipopotassiemia e nelloscompenso cardiaco. Se ne sconsiglia l’uso ingravidanza e, poiché gli estratti di Liquiriziafavoriscono l’eliminazione di Potassio, non vannoassociati ai diuretici tiazidici o glucosidi cardioattivi.Nei consumatori abituali di Liquirizia si è notata unadiminuzione della libido e disfunzioni sessuali neimaschi. Energeticamente di natura neutra e saporedolce, secondo la MTC tonifica il Qi e la Milza, earmonizza il Centro; calma il fuoco di Stomaco,umidifica il Polmone, tonifica lo yin di Rene e rinforzail Cuore.

Conclusioni

Le piante sopradescritte andranno scelte sia per il lorotropismo d’organo sia valutando le loro azioni secondarie(antispastica, di riequilibrio neurovegetativo, di stimo-lazione epato-biliare) che saranno utili per correggere ilterreno del soggetto affetto da disturbi gastrici.

Bibliografia1. J.E. Pizzorno- M.T. Murray “ Trattato di medicina naturale “

ed. Red Novara 2001 Vol.1 pag.511-5142. Glatzel, H.and K. Hackenberg. 1967. Roentgenological studies

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3. E.Sangiorgi-E.Minelli-G.Crescini-S.Garzanti – Fitoterapia,Principi di fitoterapia Clinica, Tradizionale, Energetica, Mo-derna- ed. CEA –Milano 2007

4. Goldberg AS et al. Isolation of the anti-inflammatory princi-ples from Achillea millefolium, Journal of Pharmaceutical Sci-ences 1969, 58:9838-941.

5. Sama SK, Krishnamurthy L, Ramachandran K, Lal K. Efficacyof an indigenous compound preparation (Liv-52) in acute viralhepatits: A double-blind study. Indian J Med Res 64:738-742,1976.

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7. Fintelmann V. Antidyspeptische und lipidsenkende Wirkungenvon Artischockenblätterextrakt. Ergebnisse klinischer Unter-suchungen zur Wirksamkeit und Vertraglichkeit von Hepar-SL forte an 553 Patienten. Zeitschrift fiir AIIgen Medizin,1996,72 (Supp12):3-19

8. F. Piterà- Compendio di gemmoterapia clinica- De Fabbri edi-tore 1994

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Gino Santini -��Questa�divisione�avrebbe�senso�se�gliindividui�fossero�tutti�uguali�e�così�le�patologie.�Ma�puoitrovare�la�costituzione�che�considera�"alta"�anche�una15-30CH�e�un'altra�che�ti�costringe�a�somministrare�abreve�distanza�più�dosi�da�200CH�prima�di�vedere�qual-che�effetto.�E�non�abbiamo�considerato�la�variabile�"pa-tologia"...� Le� categorizzazioni� sono� utili� se� non� cicomplicano�la�vita,�cosa�nella�quale�sono�bravissime�lescuole�di�omeopatia!�:-)

Paolo Bellavite -�Purtroppo�questi� sulle�diluizioniomeopatiche�sono�per�ora�discorsi�basati�su�impressionipersonali�e�non�su�prove�certe.�Forse�in�futuro,�se�si�rac-cogliessero�sistematicamente�i�risultati�clinici�con�unprotocollo�condiviso,�si�potrebbe�aggiungere�soliditàalle�impressioni�personali.�Sui�topi�di�laboratorio,�in�ri-gorosissimo�doppio�cieco,�ho�verificato�che� il�Gelse-mium�ha�effetti�tipo�ansiolitici�(cfr.�la�rubrica�“Spotligh”,a�pag.�27,�ndr).�Somministrato�1�volta�a�l�giorno�per�8-9�giorni.�L'ordine�dell'efficacia�rispetto�al�placebo�è�(piùo�meno�perché�cambia�un�po'�con� i�modelli):�9CH>30CH�>�5CH�>�7CH�>�4CH.�NON�c'è�una�vera�e�propriacrescita�con�la�diluizione,�come�si�vede,�ma�un�anda-mento�un�po'�alternante.�La�meno�efficace�è�semprestata�comunque�la�4CH.�Comunque,�TUTTE�le�diversediluizioni/dinamizzazioni�hanno�effetto�nella�stessa�di-rezione�ansiolytic-like.�Non�tutti�i�topi�rispondono,�ma�nellamedia�un�effetto�del�medicinale�si�vede�chiaramente.�Nelsingolo�caso,�non�so.�Posso�solo�parlare�della�media�di�48soggetti�per�ogni�gruppo�(6�esperimenti�con�8�animali�pergruppo).�Aconitum�sugli�stessi�modelli�invece�non�fa�nullao�peggiora�la�ansietà�alla�7CH.�Non�voglio�ovviamente�so-stenere�che�ciò�sia�trasferibile�all'uomo,�ma�solo�serve�a�di-mostrare� che� nell'ambito� delle� diluizioni� omeopatichefunzionano�un�po'�meglio�le�alte�che�le�basse�(io�chiamoalte�quelle�oltre�Avogadro,�tra�cui�anche�la�9�per�ragioni�chenon�sto�qui�a�spiegarvi).�E�comunque�l'importante�è�dareil�medicinale�"giusto",�anche�se�si�sbaglia�la�dose�(a�partela�4CH)�non�è�poi�così�grave,�un�effetto�si�ottiene�comunque.Almeno�sul�topo�(teniamo�conto�comunque�che�tutti�i�nor-mali�farmaci�sono�prima�provati�sul�topo�e�di�solito�gli�ef-fetti�coincidono...).�Beh,�volevo�dire�la�mia�da�ricercatore,spero�sia�un�contributo�utile�e�confortante�comunque.

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CASE REPORT

43HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 1

Le calcolosi della colecisti sono per lo più asintoma-tiche. Nelle litiasi biliari asintomatiche viene indi-cata l’astensione terapeutica e una dieta adeguata.

La terapia farmacologica dissolutiva dei calcoli, per lo piùintrapresa con i derivati dell’acido desossicolico, deve es-sere prolungata per lungo tempo ed essa è spesso ineffi-cace non sempre è risolutiva. In generale il rischio dipresentare una colica biliare nei portatori di calcoli è co-munque molto basso (2-3%). Al contrario, quando sifosse manifestata una prima colica biliare, le recidive sonoalte (60% nei due anni successivi). Per questa ragionedopo anche una sola colica, soprattutto in caso di calcolimultipli di piccole dimensioni, l’indicazione è la coleci-stectomia preventiva, sia per evitare le coliche sia per pre-venire il rischio di formazioni tumorali, che è basso mapresente. Nella fasi avanzate della gravidanza può verificarsi un in-cremento della produzione di bile, la colecisti può svuo-tarsi più lentamente, dilatarsi ed essere più predispostaalla formazione di calcoli. La causa, oltre alla predispo-sizione individuale, è legata al diverso assetto ormonaledurante la gravidanza. Raramente questa condizione di-venta sintomatica. I calcoli formati diventano perma-nenti. Qualora si presentasse una colecistite acuta ingravidanza , l’indicazione è chirurgica.

Obiettivo del case report

Il caso presentato riguarda una colica biliare da calcolosiverificatasi 15 giorni dopo il parto in una giovane donna.La donna, trattata precocemente subito dopo la colicacon rimedi omeopatici, è rapidamente migliorata dalpunto di vista sintomatologico. Le ecografie successivehanno evidenziato, dopo soli otto mesi, la scomparsa deicalcoli. Al follow up (due anni) la paziente sta bene e lacolecisti non contiene calcoli.

Presentazione del caso

C. F. è una bella signora, di professione ingegnere mec-canico, nata nel 1974. Si è trasferita a Torino per lavorarein FIAT nel 2005, fino ad allora aveva vissuto a Perugia,sua città natale, dove si è laureata. A Torino, lo stessogiorno del colloquio per l’assunzione, incontra il collega,anche lui al primo colloquio, che diventerà suo maritodopo pochi mesi. Alla fine di agosto del 2006, quandola conosco, ha partorito da poco più di due mesi: devovisitare per la seconda volta come pediatra di famiglia ilsuo bambino, che è mio assistito.

Alla prima visita era stato portato dal padre: la mammaera malata. In quella occasione avevo prescritto al bam-bino un medicinale omeopatico per le coliche gassose.Alla visita del secondo mese di vita il bambino sta benis-simo, C. F. invece è pallida, magra e sofferente. Ha unalitiasi biliare e ha manifestato una violenta colica pocopiù di un mese prima. Ora ha sintomi importanti dimaldigestione. Si cura con l’omeopatia da quando erabambina, ma il suo omeopata è a Perugia e non può se-guirla. Ha capito dalla mia precedente prescrizione di unrimedio omeopatico al suo bambino che, oltre che pe-diatra di famiglia, conosco e pratico la medicina omeo-patica. Ora mi chiede una consulenza urgente per sé. Lavisito nel pomeriggio, è il 22 agosto 2006.

Anamnesi convenzionale

Genitori viventi in buona salute. Un fratello in buonasalute. Nata a termine per parto eutocico. Comuni esan-temi infantili. Mai ricoveri né interventi. Crisi acetone-miche per tutta l’infanzia e colon irritabile, particolar-mente fra i 9 e i 12 anni. È stata curata già dall’infanzia,come tutta la sua famiglia d’origine, per lo più con me-dicinali omeopatici.Menarca a 14 anni. Non dismenorrea. Soffre con frequenzaravvicinata di herpes labiale e afte, scatenati dallo stress.Miopia e astigmatismo lievi. Porta gli occhiali.Una sola gravidanza, fisiologica, con iperemesi nel primotrimestre e buona salute nei mesi successivi. Ha lavoratosenza problemi fino alla fine della gravidanza. Il 19 giugno2006 parto cesareo per presentazione podalica (neonato di4 kg). Nessuna complicanza. Attualmente sta allattando.Negli ultimi giorni di giugno 2006 comincia a soffrire diepigastralgie a barra, sempre più violente e seguite da vo-mito. Il medico di famiglia prescrive antispastici, che cal-mano solo parzialmente il dolore ma che, essendo inallattamento e per avversione ai farmaci, la paziente usa conforse troppa parsimonia (quasi mai). Il 6 luglio 2006 il do-lore assume le caratteristiche di una vera violenta colica,tanto da costringerla ad andare in pronto soccorso. Gliesami ematologici rivelano un AST a 231 e un ALT a 312(fig. 1), la bilirubina è normale. L’ecografia, urgente e senzaidonea preparazione, non permette di visualizzare la colecistima evidenzia un fegato ingrandito, steatosi epatica e faldaliquida periepatica da versamento peritoneale (fig. 2). L’eco-grafia viene ripetuta il 19 luglio 06: il fegato appare normale,la colecisti, allungata, “contiene numerose formazioni litia-siche fonoassorbenti di piccole dimensioni” (fig. 3).

Un caso di litiasi biliare sintomatica

Luisella Zanino

Medico specialista in pediatria, esperto in omeopatiaE-mail: [email protected]

Casi clinici descritti secondo le Linee Guida del Case Report redatte dalla SIOMI

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Casi clinici descritti secondo le Linee Guida del Case Report redatte dalla SIOMI

Figura 2(in basso a sinistra)

Visita PSdel 6 luglio 2006.

Figura 3(in basso a destra)Referto ecografico

del 6 luglio 2006.

Anamnesi omeopatica

Avvezza alle visite omeopatiche, C. F. parla tranquilla-mente e con ordine, attenta alla modalizzazione dei sin-tomi. Lo sguardo è brillante, acuto, diretto. La invito adesporre liberamente i suoi problemi di salute. Esordiscecon un: “Lo sapevo che sarebbe accaduto, tengo tutto dentroe mi rodo il fegato!”.

Il sintomo attuale dominante è la maldigestione e con-seguente depressione reattiva, con irritabilità e desideriodi isolamento, di dormire. La paziente “non digerisce piùnulla” e ha paura di mangiare. Anche piccole quantitàdi cibo provocano dolore epigastrico a barra, gravativo,sordo, irradiato a destra, associato a cefalea e nauseasenza vomito. C. F. è preoccupata, teme di non riusciread allattare adeguatamente il suo bambino, e parallela-

Figura 1Esami ematologici PS.

mente rifiuta le terapie farmacologiche (le è stato propo-sto l’acido ursodesossicolico). È dimagrita. Ha terrore diavere altre coliche, dice di esser stata malissimo. Non sacome far fronte alla situazione e sua madre, arrivata daPerugia per darle aiuto, da due mesi invade il suo spazioe la irrita, soprattutto se cerca di consolarla. Inoltre ilbuon cibo le manca: si definisce buongustaia e man-giona, nonostante sia sempre stata magra. Non ama idolci, adora il salato e tutti i cibi molto saporiti. Fino adue mesi fa ha sempre digerito benissimo, l’alvo è rego-lare dalla prepubertà. Le coliche addominali e l’alvo al-ternante che aveva da bambina erano scomparse,secondo lei, con le terapie omeopatiche e “dopo aver di-gerito sua madre”. Freddolosa, il cibo “la scalda”, se di-giuna il freddo aumenta e con esso la stanchezza. Sidefinisce un’astenica da sempre. Beve molto, principal-mente acqua, anche se ai pasti non disdegna il vino. Orapurtroppo deve rinunciare a tutto. Lo fa anche perché,allattando, ha molto senso di responsabilità, forsetroppo. La sua educazione è stata rigida, in adolescenzasi è ribellata a una “mamma tedesca”, poi è rientrata neibinari sviluppando “un eccessivo controllo dell’ego”. È ra-zionale, precisa, logica: un vero ingegnere! La via di fugaper lei è la solitudine. Da sola sta bene, si ricarica. Nonha disturbi del sonno, anzi, ama molto anche dormire.Non ama invece parlare del sé più profondo, ha moltiamici superficiali e la gente le piace ma ha solo una veraamica, dai tempi dell’adolescenza, con la quale a volte siconfida. Permalosa e suscettibile alla minima offesa, nonama essere giudicata e prova rancore, suo malgrado,

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CASE REPORT

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Figura 4(in alto e a lato)Immagini ecografichedel 19 luglio 2006.

Figura 5(a destra)Referto ecograficodel 19 luglio 2006.

Casi clinici descritti secondo le Linee Guida del Case Report redatte dalla SIOMI

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Figura 6(in alto a sinistra)

Valori ematologicidi agosto 2006.

Figura 7(in alto a destra)

Ecografiadel 12 aprile 2007.

molto a lungo. Legge e studia molto. Il lavoro le piace,ma “non è la sua priorità”, preferisce fare la madre di fa-miglia. Forse la perseveranza è conseguenza dell’educa-zione , più che una vera indole. “Senza educazione rigidanon ce l’avrei probabilmente fatta a raggiungere un obiet-tivo”. Conseguire un obiettivo lo doveva ai genitori, perquesto l’ha fatto. Ha in progetto per il futuro di trasfe-rirsi a Bari, la città del marito, avere tanti figli e magarilavorare part time. Il nord la deprime: ama il mare e laluce del sud.

Esame obiettivo

La paziente è bruna, grandi e penetranti occhi neri, lab-bra carnose facili al sorriso, flessuosa, slanciata, ben pro-porzionata. Le mani sono fredde, le dita lunghe e sottili.La pelle è trasparente, molto chiara, leggermente arida econ qualche impurità. La gestualità e l’andatura armo-niose, lente ed eleganti. L’abbigliamento curato ed al-trettanto elegante.Condizioni generali buone. Cute pallida, mucose rosee.Non ittero. Altezza 168 cm, peso 52 kg, PA 120/80, AC:toni validi, ritmici, assenza di soffi. FC 74 battiti/mi-nuto. AR: nella norma. Organi ipocondriaci: nei limitidella norma. Fegato all’arco, segno di Murphy positivo,addome palpabile, epigastrio dolente alla palpazione pro-fonda. Tono e riflettività nella norma.

Terapia

Prescrivo esami ematologici di controllo, che risulterannonormali (fig. 4). Programmo una terapia con un rimediodi fondo, sulla base della similitudine psichica, eziologica,modalità generali e tipo sensibile, con Natrum muriaticum200CH, 3 granuli la sera da lunedì a venerdì, fino a mi-glioramento. Come rimedio complementare, per la sin-tomatologia locale, Lycopodium 9CH, 3 granuli mattinoe pomeriggio, sempre da lunedì a venerdì, fino a miglio-ramento.Dopo tre settimane la paziente non presenta più sintomidi mal digestione, il tono dell’umore è migliorato e riescea mangiare senza avere successivo senso di peso epiga-strico, cefalea, bocca amara e nausea. Ha liberato la dieta,compatibilmente con l’allattamento. Digerisce tutto. Èpiù serena. Allatta. Sopporta male la madre, che per for-tuna fra un po’ tornerà a Perugia. Prescrivo Natrum mu-riaticum 200CH, 3 granuli una volta alla settimana(sabato) e Lycopodium 9CH, 3 granuli una volta al dìda lunedì a venerdi, per due mesi.Alle successive visite di controllo del bambino, la pazientemi tiene aggiornata sui suoi sintomi. Sta bene. Nessunsintomo di mal digestione. Mantengo la terapia invariatafino a dicembre 2006, quando, in assenza di sintomi, de-cidiamo di sospendere la terapia.

Follow upDopo tre mesi dalla sospensione della terapia omeopatica(aprile 2007) la paziente, in completa assenza di sintomi,

Casi clinici descritti secondo le Linee Guida del Case Report redatte dalla SIOMI

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Casi clinici descritti secondo le Linee Guida del Case Report redatte dalla SIOMI

esegue una ecografia di controllo(fig. 5), che evidenzia una “cole-cisti di normale morfologia ed am-piezza e priva di calcoli”.Nessuna terapia.Il controllo ecografico del 5 otto-bre 2007 conferma l’assenza dicalcoli (fig. 6).Nessuna terapia.La paziente, che vedo regolar-mente per le visite pediatriche alfiglio, attualmente (giugno 2008)è in ottima salute, ha program-mato una nuova gravidanza e staper trasferirsi a Bari.

Discussionee conclusioni Il medico esperto in omeopatia èmedico due volte: suo compito èindirizzare il paziente verso il tipodi cura che consenta il miglior ri-sultato, nel concetto di medicinaintegrata, senza partigianerie apriori. Nel caso illustrato (colica biliarein donna giovane, calcoli multi-pli di piccole dimensioni) l’indi-cazione sarebbe solo chirurgica,per l’alto rischio di comparsa dinuova colica entro i due annidalla prima.La paziente per contro non solorifiutava l’uso di farmaci tradi-zionali, sia per la sua condizionedi nutrice sia per la sua abitu-dine sistematica dall’infanziaalle cure omeopatiche, ma in-tendeva fermamente percorrerela strada della cura omeopatica,prima di sottoporsi alla coleci-stectomia. La rapida scomparsa dei sintomie il successivo riscontro dellascomparsa dei calcoli dopo la te-rapia omeopatica sono stati sor-prendenti. Resta evidente che, seil problema non si fosse risolto,sarebbe stato compito del medicoomeopata indirizzare la pazienteal chirurgo.Nessuna terapia.

Figura 8Referto ecograficodel 5 ottobre 2007.

Figura 9Ecografiadel 5 ottobre 2007.

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Esempio di libro: Blumberg BS. The nature of Australiaantigen: infectious and genetic characteristics. In: PopperH, Schaffner F, editors. Progress in liver disease. Vol. IV.New York and London: Grune and Stratton; 1972. p.367-79.

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Esempio di articolo di giornale: Lebel MH, Freij BJ, Sy-rogiannopoulos GA, McCracken GS. Dexamethasonetherapy for bacterial meningitis. N Engl J Med 1988;15: 964-71.

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