VIGIL J.M. - Teología Del Pluralismo Religioso - Borla 2008

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Teologia del pluralismo religioso

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  • Teologia del pluralismo

    religioso

  • Jos Maria Vigil

    Teologia del pluralismo religioso

    Verso una rilettura pluralista del cristianesimo

    Boria

  • Titolo originale Teologia del pluralismo religioso. Curso sistemtico de Teologia Popular

    2008, Ediz ioni Boria s.r.l. via delle Fornac i , 50 - 00165 R o m a

    Ediz ione i ta l iana e t r aduz ione a cu ra di Fe rd inando Sudat i e Cinzia Thomare iz i s

    Col laboraz ione di Jos Antonio Padova e Nicole t ta R o t u n d o

    ISBN 978-88-263-1684-0

    Prefazione

    La pluralit delle religioni, in un mondo al centro di una unificazione tanto accelerata come mai la storia ha cono-sciuto, pone tutti noi, credenti e non credenti, davanti a uno dei compiti pi urgenti e decisivi. Non c' pi spazio n per la reciproca ignoranza n per la neutrale distanza. Il con-tatto risulta continuo e il contrasto inevitabile. Questo non possiamo cambiarlo, come Karl Jaspers diceva delle situa-zioni-limite: ci che sta nelle nostre mani la possibilit di modificare e di configurare il proprio atteggiamento. Il fu-turo dipender, in effetti, dal modo in cui riusciremo ad af-frontare la sua sfida. E la sua opportunit.

    In realt, basta uno sguardo sul nostro mondo per rendersi conto di ci che in gioco. Niente meno che la compren-sione del religioso come tale, in primo luogo. Non solo pa-re messa in discussione la verit specifica della propria reli-gione, che ha cessato di essere l'unica ed stata notevol-mente corretta da ogni esclusivismo, etnocentrismo o pre-tesa di privilegio; ma anche la verit della religione in se stes-sa, minacciata dalla sua stessa pluralit, disparit e con-traddizione. In gioco sta la stessa convivenza, perch sareb-be disumano vivere solo a lato di persone che, per quanto diverse siano le loro idee, speranze o pratiche religiose, si ri-mettono in definitiva allo stesso Mistero che a tutti fa da fon-damento e tutti avvolge. Si deve persino, alla fine, temere per la stessa sopravvivenza, in un mondo dove il religioso, chiamato a essere pace e concordia, diventa troppe volte pol-vere e spada: lo mostra ogni giorno l'orrore dei conflitti ar-mati e lo ricorda il motto di Hans Kung, che afferma non esserci pace tra le nazioni, se non c' tra le religioni.

    Questa lunga e un po' solenne considerazione tenta di es-sere un ingresso di sensibilizzazione per un libro che ha preso con seriet la sfida. Lo fa con intelligenza e cuore: con quell'amabile intelligenza che appartiene alla genuina riflessione teologica. L'amabilit salta all'occhio immediatamente, come gene-

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  • rosa apertura all'altro e a ci che dell'altro, rifuggendo da ogni indizio di privilegio e con chiara ripugnanza di-nanzi a qualunque segno d'imposizione. Di qui la decisa simpatia e la chiara opzione per la prospettiva pluralista. Decisamente ispirato alle proposte di John Hick, ma sen-za sottomettersi pi di tanto a esse, Jos Maria Vigil pro-pone una visione religiosa che riallaccia immediatamente a Dio ogni persona e ogni cultura, senza elezioni di fa-vore o privilegi arbitrari. Con un realismo storico che cer-ca di vedere ogni religione mentre nasce per se stessa dal-la comune radice divina; bench, naturalmente, questo non neghi l'influsso e l'interinflusso, l'aiuto e la critica, la co-munione e la collaborazione tra le diverse tradizioni.

    Il cristianesimo cos confessato con gioia e vissuto con dedizione, senza che per questo sia necessario appellarsi a proclami di unicit n a pretese di esclusivit. Tutto ci che in esso - grazie soprattutto alla parola, alla vita, alla morte e resurrezione di Ges di Nazareth - scoperto co-me speranza e liberazione o vissuto come profondit, de-finitivit e grandezza, non viene considerato possesso esclu-sivo, bens dono da condividere, che non nega n mette in discussione le ricchezze degli altri; n, ovviamente, rifiuta di lasciarsi fecondare da esse. La generosa accoglienza del-la inreligionazione serve da categoria mediatrice, che fa-cilita una comunione senza rinuncia al proprio e senza ne-gazione dell'altrui.

    chiaro che questo atteggiamento cordiale obbliga l'au-tore a essere profondamente consapevole della rivoluzio-ne teorica che presuppone l'assumere con tutte le sue con-seguenze questo limpido atteggiamento del cuore. Vera-mente la nuova situazione convoca la teologia affinch ri-pensi molto a fondo tutti i suoi temi basilari, con l'avven-tura e il rischio che sempre comporta l'addentrarsi, come il marinaio portoghese, per mari mai prima navigati.

    Non basta, bench sia necessario e cos lo fa l'autore, rive-dere la storia del problema e la stessa storia del cristiane-simo, con le sue magnifiche luci e le sue terribili ombre. S'impone di ripensare, sul fondamento di una ermeneutica aggiornata e prestando attenzione alla plurale chiamata del-le diverse religioni, concetti tanto gravi e decisivi come quel-lo di rivelazione e di verit religiosa. necessario reimpo-

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    stare alla radice - con l'ampia ristrutturazione di mentalit e di pratiche che questo implica - il problema della mis-sione. La stessa figura di Cristo, tanto decisivamente cen-trale per la specificit cristiana, chiede di essere inquadra-ta in un fondamentale teocentrismo, che faccia giustizia della presenza salvifica di Dio nelle altre religioni. Un sem-plice sguardo all'indice mostrer subito al lettore o alla let-trice la ricchezza e l'ampiezza della trattazione. Una cosa eccellente della stessa - forse il maggiore merito del libro - che, malgrado tanto ampia complessit, l'au-tore abbia raggiunto un'esposizione chiara, graduale e pie-na di sfumature, che escludono ogni genere di affrettata semplificazione. A ogni passo della riflessione sa regolare l'informazione, cercando di dare parola intelligibile e ri-sonanza cordiale a questioni talvolta molto sottili. Cosa che, del resto, poteva aspettarsi chiunque conosca qualche suo libro precedente. La qualit pedagogica di Jos Maria apre qui l'intero ventaglio delle sue possibilit.

    Non si tratta, pertanto, di mera retorica quando il libro si presenta come corso sistematico di teologia popolare. Popolare, devo chiarire immediatamente, per questa chia-rezza e per il suo senso pratico e realistico, non per ca-renza di profondit o di sufficiente informazione. La sua conoscenza della bibliografia sul tema sorprender pi di una volta perfino gli specialisti (dalla Spagna, ma con l'ag-giunta di chi presta un'attenzione maggiore di quanto sia abituale tra noi alle pubblicazioni di lingua inglese, cos ricca su questo problema). Se, infine, si tiene conto che al passo con le lezioni offre un'autentica antologia di testi e piste per il lavoro di gruppo, il risultato quello di un ve-ro strumento di formazione autentica, critica e riflessiva. Vale a dire, un libro che, senza venir meno al rigore, ri-sulta accessibile non solo al teologo, ma anche al letto-re comune non specializzato, e perci stesso pu essere utilizzato come manuale di studio per gruppi di forma-zione nella pastorale ordinaria. Non estranea a questo deciso atteggiamento pedagogico la parresa evangelica, cio quella libert di parola che in un'epoca di pesante silenzio della teologia risulta tanto necessaria per rendere credibile la fede e alimentare u n a speranza veramente incarnata. In tal senso, questo libro ha una speciale freschezza, come tanti altri richiami che

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  • ci giungono dall'America Latina. Continua a spirare di l quell'aria liberatrice che arriva alla vecchia Europa carica della libert, dell'impegno e dell'energia che nascono dal vivo contatto con le necessit elementari, con il grido del-la povert e dell'oppressione. La realt in carne viva non tollera parole vuote n paure ufficiali: esige il ricorso alla libert evangelica, nella sequela di colui che non nascose la luce sotto il moggio n rivest di ambiguit il suo mes-saggio alla citt degli uomini.

    Chiara, dunque, e coraggiosa l'esposizione, non ignara del-la rivoluzione teologica che comporta l'addentrarsi per sen-tieri cos scarsamente o, a volte, addirittura per nulla per-corsi. Ma, proprio per questo, aperta e in cammino. Non siamo davanti a un'opera che cerchi di presentarsi come conclusa e finita. Appare, piuttosto, come ricerca aperta, disposta al dialogo e cosciente della provvisoriet delle sue proposte. Baster la lettura a dimostrarlo con sufficiente chiarezza. Inoltre, ho avuto personalmente il privilegio di assistere in dialogo fraterno alla sua lotta, decisa e onesta, con alcune difficolt che prendono d'assalto tutti noi quan-do ci affacciamo a quell'abisso insondabile che il pro-cesso della salvezza di Dio nella storia umana; soprattut-to, quando ci avviciniamo, stupiti e grati, alla sua decisiva manifestazione in Cristo, senza per questo ignorare la sua straripante presenza in altre figure che hanno elevato ed elevano la coscienza e la vita religiosa dell'umanit. In ma-niera significativa, mi scriveva in una lettera: Credo che siamo tutti profondamente coscienti del "movimento di prospettive" in cui siamo immersi. come quando uno viaggia e vede che il paesaggio si allunga, si curva, si re-stringe... e continua a dispiegare davanti ai nostri occhi stupiti viste nuove e sconosciute... L'umilt di sapere che non possiamo bloccarci su posizioni chiuse, gi fatte, in-discutibili... essenziale. Per me lo , sinceramente.

    So bene che una prefazione si presta sempre alla retorica e all'esaltazione amichevole. Ma credo di non esagerare quando affermo che non facile trovare un libro che, co-me questo che dalla sua America di adozione ci consegna Jos Maria Vigil, apra tante prospettive teoriche e incida tanto profondamente sui compiti della vita reale.

    ANDRS TORRES QUEIRUGA

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    Presentazione

    Questo un libro di teologia delle religioni, ramo gio-vane della teologia che oggi si soliti definire teologia del pluralismo religioso. Vuol essere per un libro di teolo-gia popolare, pensata cio anche per il lettore comune, non solo per gli specialisti o gli accademici. Oltre a questi ultimi, potranno leggerlo con uguale profitto le comunit, i giovani (di et o di spirito), gli operatori di pastorale, gli educatori popolari... e tutti coloro che vorranno sceglierlo come manuale di base per organizzare attorno ad esso un corso di teologia popolare, anche con l'aiuto di qualche animatore o animatrice.

    Logicamente, potr essere utilizzato anche per la lettura individuale, sia dal cristiano comune che dall'accademico o teologo. In questo caso, il lettore potr saltare alcune par-ti minori chiaramente pensate per la pedagogia di gruppo, bench la lettura completa l'aiuterebbe probabilmente a captarne e assimilarne meglio il contenuto. Per il resto, le lezioni o i capitoli cercano di essere completi in se stessi, anche a rischio di ripetere qualche dato. Il fatto che si presenti come corso sistematico indica so-lo la finalit pedagogica con cui stato concepito, ma n o n certo che si tratti di una materia che oggi possiamo dare per acquisita e conclusa, solida e definitiva... La teologia del pluralismo religioso, soprattutto quella che si inscrive nel paradigma pluralistico, ancora un'avventura che ini-zia a compiere i suoi primi passi... Come ogni teologia, avr bisogno di tempo e dialogo per crescere e maturare anco-ra di pi. Siamo appena agli inizi del cammino, ma sono gi molte le persone che con sana inquietudine intuiscono le sfide che appaiono all'orizzonte, e che desiderano af-frontarle... Questo libro per loro, per le persone inquie-te e in ricerca. Non per coloro che preferiscono la sicu-rezza al rischio, il possesso alla ricerca, ci che noto a ci che ancora da conoscere.

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  • L'autore il primo a essere consapevole della provvisoriet di queste impostazioni, della necessit di una ricerca per-manente... ed pi che disposto a rivedere, correggere, mi-gliorare... In ogni caso, ritiene che la cosa pi sicura sia... continuare a cercare.

    JOS MARIA VIGIL

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    Impostazione del corso

    Questo capitolo costituisce una traccia per impostare e ini-ziare il corso; rivolto a un gruppo di studio condotto da un animatore o un facilitatore. Chi voglia compiere questo percorso attraverso la lettura per-sonale individuale pu passare direttamente alla prima le-zione, capitolo primo.

    I. Motivazione e obiettivi

    Teologia del pluralismo religioso (TPR) il nuovo nome che sta adottando ai nostri giorni la Teologia delle reli-gioni (TR), che, a sua volta, un nuovo ramo teologico, il cui sviluppo ebbe inizio a partire dagli anni '60 del se-colo scorso. cos recente che la maggior parte degli ope-ratori di pastorale e dei teologi non l'hanno studiata nella loro formazione nei seminari o nelle universit.

    La TPR o TR teologia, riflessione, alla luce della fe-de, sul tema del pluralismo religioso, cio sulla pluralit delle religioni, sul fatto che la religione non una ma molte: cosa significa ci nel piano di Dio? Dio lo ha effet-tivamente voluto? O piuttosto qualcosa di naturale? forse un errore umano? O magari una, la religione vo-luta da Dio? La nostra quella vera e le altre sono false? O tutte le religioni sono uguali?

    C' di pi. Questa teologia, negli ultimi 20 anni, non solo si sviluppata, ma ha fatto nuovi passi che suppongono un salto qualitativo rispetto a posizioni teologiche che era-no state conservate per secoli e persino millenni. Alcuni aspetti che la TPR sta affermando sono nuovi a tal punto che mai i nostri predecessori avrebbero potuto immagi-narli, e nemmeno molte persone intorno a noi. Infatti que-sta teologia oggi sta suscitando un vivace dibattito, e non mancano critici o detrattori scandalizzati.

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  • Studiare la TPR significa allora aprirsi ad un tema real-mente nuovo, che ancora si sta formando e di cui molte persone ignorano l'importanza del significato. La TPR ha cos l'incanto della novit, dell'apertura verso orizzonti sco-nosciuti, dove siamo provocati da valutazioni che a volte turbano le nostre convinzioni pi profonde, convinzioni possedute pacificamente da sempre...

    Per noi credenti, lo studio della TPR non lo studio di qualcosa di esterno, di separato da noi, di una teoria che non ci riguarda... piuttosto qualcosa che ci tocca inti-mamente, che pu mettere in crisi la nostra fede, il senso stesso della nostra vita... E ci pu portare, senza dubbio, a reintrepretare, a ricomprendere, a esprimere in un altro modo molte di quelle formule che abbiamo ripetuto dalla pi tenera infanzia, che abbiamo sempre pensato fossero cos... perch s, e che mai avremmo immaginato che sa-rebbe arrivato il giorno in cui avremmo osato esaminarle criticamente e persino modificarle...

    Ci che lo studio della TPR pu offrire non quindi l'ac-quisizione di nuove conoscenze, su un piano puramente teorico, ma una discussione e una rifondazione delle no-stre conoscenze religiose gi acquisite, un rinnovamento delle convinzioni religiose di base che ci porter ad una nuova forma di vivere la religione, ad una pratica nuova. Si dice che ci che alcune scuole di TPR propongono sia un nuovo paradigma, cio una nuova forma globale di arti-colare e combinare gli elementi della fede, a partire da al-cune nuove basi e da alcuni presupposti globalmente diffe-renti. Il nostro corso vuole aprirsi a questa mutazione di pa-radigma che in avvicinamento e che permarr. Per questo non si rivolge a persone che per principio sono chiuse a tut-te le possibilit di cambiamento, n a chi, anche con la mi-gliore buona volont, non si sente capace di cambiare...

    Quasi sempre la TPR posta in relazione con il dialogo interreligioso, perch, effettivamente, non si pu preten-dere di dialogare con persone di un ' altra religione senza prima aver posto le basi di questo dialogo, cosa che evi-dentemente il significato della religione e del pluralismo delle religioni. Tuttavia non sufficiente avere esperienza di dialogo tra le religioni per studiare la TPR, n la TPR sar utile solo per chi ha la missione o la possibilit di dia-

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    logare con persone di altre religioni. Tutte le persone che compiono un cammino religioso hanno bisogno di affron-tare il tema del significato della pluralit delle religioni, perch si trovano a vivere in un unico mondo che di-ventato piccolo come un fazzoletto, grazie ai mezzi di comunicazione. In ogni caso, lo studio della TPR serve per-ch possiamo dialogare tra di noi sulla nostra stessa reli-gione, per realizzare cio un intra-dialogo, come diremo pi avanti.

    II. Metodologia latino-americana

    Il corso segue la metodologia latino-americana, quella che si muove secondo il noto schema vedere, giudicare e agire. Parte dalla realt, non da principi teorici e astratti. Si pro-pone di vedere la realt, non tanto quella storica, quan-to quella attuale, dal punto di vista , ovviamente, del plu-ralismo religioso. In seguito cerca di giudicare questa realt e, per farlo, deve illuminarla. qui che ricorre alla teoria: si dota di strumenti logici, mette mano ai principi e li rivede criti-camente. Tutto ci riconduce infine alla realt, avendo acquisito un nuovo modo di vederla; ci si traduce in un agire diver-so, in una nuova pratica. Ci sono persone che vivono in maniera conflittuale il rap-porto tra teoria e pratica: alcune hanno in avversione la teoria (anti-intellettualismo), altri si rifugiano in una teo-ria che non fa riferimento alla pratica (idealismo, specu-lazione pura). . . Il rapporto corretto di unione e mutuo servizio tra teoria e pratica. La pratica ha bisogno della teoria per essere lucida e la teoria ha ragione d'essere in rapporto alla pratica (cos'altro, se no?). Noi affermiamo che non c' niente di pi pratico che una buona teoria e che la migliore pratica quella che comprende la cono-scenza della propria teoria. Il nostro corso vuole inserir-si in questa linea di unione tra teoria e orizzonte pratico, tipica della prassi latino-americana.

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  • III. Il corso come studio personale individuale

    Bench il corso presenti una metodologia pensata per il la-voro di gruppo, stato anche concepito per essere affron-tato come studio personale individuale. Il percorso di idee di un corso collettivo lo stesso che deve essere compiu-to anche nella lettura personale. Il singolo lettore seguir l'itinerario accompagnato dalle spiegazioni dell'autore co-me fosse una riflessione collettiva.

    Anche se capitoli sono autonomi e possono essere letti singolarmente, l'ordine in cui sono posti non casuale, per-ci si raccomanda una lettura che segua la sequenza dell'iti-nerario logico del corso sistematico. L'insieme dei temi se-gue un pensiero ed una costruzione organici. Vengono in primo luogo avvicinati i temi fondamentali, che sono ba-se e filtro per i successivi; senza la loro revisione e ap-profondimento critico non sarebbe possibile avanzare en-tro gli altri temi da essi, in qualche maniera, dipendenti.

    Il singolo lettore potr saltare alcune delle parti riferite al-la metodologia di gruppo (preparativi del corso, indica-zioni per l'animatore...), per gli sar utile leggere le do-mande suggerite per le riunioni di gruppo; per esempio, dovr riflettere e cercare di rispondere, con la certezza che ci gli permetter di calarsi pi approfonditamente nella comprensione del tema.

    IV. Metodologia specifica per il lavoro di gruppo

    Il corso pensato per essere realizzato da gruppi di gio-vani o adulti di medio livello culturale. Non un corso per esperti o per teologi - e nemmeno per censori! Raccomandiamo la metodologia utilizzata dalla cosiddet-ta Teologia popolare: sessioni di lavoro o riunioni di stu-dio con frequenza settimanale, possibilmente con l'ac-compagnamento di un animatore o un'animatrice.

    Con 24 sessioni a frequenza settimanale il corso viene svol-to in 8 o 9 mesi, tenendo conto delle settimane di festa, delle vacanze e di difficolt impreviste. Se 24 incontri so-no troppi per il gruppo, si pu decidere di sopprimere qual-che sessione o di unirne alcune. Se, al contrario, si valuta che gli incontri siano pochi, il gruppo potr sdoppiare le

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    i unit pi complesse, o potr introdurre altro materiale ori-ginale che risponda alle caratteristiche del gruppo. La durata abituale di ogni sessione di lavoro o di studio dipender dalla disponibilit di tempo di ogni gruppo. Ge-neralmente sufficiente un'ora e mezzo. Eventuali letture di preparazione o successive all'incontro e attivit com-plementari possono aiutare ad approfondire il tema. Le unit didattiche che presentiamo per ogni sessione of-frono di norma i seguenti elementi: sviluppo del tema testi antologici di commento domande per la discussione e l'approfondimento

    di gruppo suggerimenti di attivit complementari bibliografia. L'animatore del corso preparer in anticipo la sessione, con la libert di selezionare ci che valuter pi adeguato, di arricchire il materiale con altri elementi che creder op-portuni e di adattare la sessione al livello e al tipo di vita dei membri del gruppo. Probabilmente in ogni sessione dovr fare una selezione entro l'ampio numero di suggerimenti, di testi antologici e domande che le unit didattiche offrono. Le riunioni dovranno svolgersi in un clima di fiducia, di totale libert di opinione, di democrazia religiosa, dove ognuno possa esprimere ci che sente e crede, quello che non gli chiaro, ci in cui non crede, l'evoluzione di ci che sente e crede durante lo svolgimento del corso. Perch il corso, con molta probabilit, porr delle sfide, colpir, obbligher ad assumere posizioni anche nuove, inaspetta-te, persino sconcertanti...

    Da una parte il gruppo realizzer collettivamente un per-corso di conoscenza, con un metodologia partecipativa. Dall'altra, si costituir come una comunit di persone che condividono la ricerca nella fede, ricerca che include la revisione di sicurezze antiche, la condivisione di crisi, sfide, perplessit, dubbi, timori, decisioni... Per questo cos importante e imprescindibile creare un clima di fidu-cia e di rispetto.

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  • V. Domande per dialogare/riflettere

    A) Se non stato ancora fatto, si pu iniziare con una pri-ma presentazione personale da parte di ciascuno: nome, provenienza, lavoro o studio, situazione personale e qua-lunque altro aspetto di se stessi che pensiamo possa inte-ressare gli altri (Fare un giro, uno dopo l'altro, parlando fino a un massimo di tre minuti ciascuno, o pi, secondo l'opinione dell'animatore).

    B) Per approfondire la presentazione, si pu fare un se-condo giro rispondendo a queste domande: Come ho saputo di questo corso? Perch mi sono deciso a farlo? Perch mi interessa? Che cosa mi aspetto? Ho qualche timore? Qualche speranza? Che cosa ho sentito dire finora della teologia delle reli-gioni e del pluralismo religioso?

    C) Se tra i membri del gruppo c' una certa confidenza, sa-r bene condividere il significato religioso che ha per lo-ro frequentare questo corso. L'animatore vedr come far-lo. La seguente pu essere una traccia per condividere: Che significa per me, dal punto di vista religioso, la de-cisione di fare questo corso? Sento il tema del pluralismo religioso come qualcosa di teorico, o come qualcosa che pone una sfida alla mia fe-de? E in che senso? Ho dei dubbi (che forse non riesco a formulare con chia-rezza, ma ci sono) che vorrei affrontare e risolvere? Ci sono temi del pluralismo religioso che ho paura di af-frontare perch mi sembra che potrebbero farmi dubitare di alcuni principi fondamentali della fede ? Per esempio... Sono disposto a rifondare la mia fede, se ce ne fosse bi-sogno? In che senso? Posso considerare questo corso come un cammino di di-scernimento per la mia fede? Sono disposto a modificare i miei atteggiamenti di fede se qualcosa si dimostra sba-gliato o se scopro qualche nuova prospettiva? Posso rimanere chiuso a tutti i cambiamenti, o devo es-sere aperto alla possibilit di conversione?

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    Invitiamo a commentare questo testo di Raimon Panikkar: Perch sia reale, il dialogo interreligioso deve essere ac-compagnato da un dialogo intra-religioso, cio deve co-minciare col mettere in questione me stesso e col traccia-re la relativit delle mie credenze (che non la stessa co-sa del relativismo), accettando il rischio di un cambia-mento, di una conversione, di un rivolgimento dei miei mo-delli tradizionali. Quaestio mihi factus sum, io stesso so-no diventato domanda, diceva il grande africano Agostino. Non si pu entrare nel campo del dialogo interreligioso senza questo atteggiamento autocritico (Il dialogo intra-religioso, Assisi 2001, p. 115).

    D) Terminare la sessione prendendo decisioni concrete sui seguenti punti: Quanto tempo possono durare le nostre sessioni? Possiamo preparare prima i temi attraverso alcune let-ture? Possiamo completarli successivamente con qualche atti-vit complementare raccomandata? Che calendario di sessioni di lavoro possiamo stabilire? Dove e quando terremo le nostre riunioni? Chi sar l'animatore del gruppo (sia pure supponendo una metodologia partecipativa?) Chi parteciper? Ci sono altre persone che possono partecipare e che pos-siamo invitare? Ci sono altre domande da porre?

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  • Capitolo primo A partire dalla nostra esperienza

    Obiettivo

    Nella presentazione abbiamo detto che questo libro si ispi-ra alla metodologia latino-americana del vedere, giudica-re, agire. Inizia dunque partendo dalla realt. L'obiettivo di questa prima sessione di lavoro proprio partire dalla realt della nostra esperienza riguardo al tema. Inizieremo col mettere in comune questa esperien-za perch ognuno si arricchisca conoscendo quella degli altri, ed anche per arricchire gli altri esprimendo loro le reazioni che queste esperienze suscitano in noi. Non si tratta dunque, in questa sessione, di risolvere pro-blemi, quanto di impostarli nella maniera pi ampia e dettagliata. Nello stesso tempo ci conosceremo e stringeremo legami, che faranno del nostro gruppo di studio qualcosa che as-somiglia ad una comunit di amici. Il seguente schema ci pu aiutare a condividere questa no-stra esperienza per gradi o livelli progressivi, in modo ordi-nato. Se avremo tempo, potremo dialogare in maniera infor-male a partire dalle domande e dalle frasi del punto 4, sen-za pretendere di svilupparle tutte n di giungere a tutti i co-sti ad un accordo comune.

    Schema di domande per condividere la nostra esperienza1

    1. Cosa ci hanno insegnato

    - Cosa mi hanno insegnato durante la mia infanzia (scuo-

    1 L'animatore pu adattare questo schema di domande secondo il

    proprio criterio.

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  • la, collegio, catechismo, congregazione, famiglia...) riguar-do alle altre religioni?

    2. La nostra esperienza riguardo al pluralismo religioso

    - In che ambiente religioso si sviluppata prima d'ora la mia vita? Descrivere com'era, che problemi (o vantaggi) aveva, cosa si pensava al riguardo, nel mio ambiente fa-miliare, sociale o ecclesiale... - Com' oggi l'ambiente in cui mi trovo dal punto di vista della pluralit delle religioni? - I miei familiari appartengono a una o a varie religioni? Spiegare. - Qualcuno di noi ha letto libri riguardanti altre religioni? Qualcuno ha letto i libri sacri di altre religioni (indigene, afro, islam, induismo, buddhismo...)? - Posso presentare al gruppo qualche esperienza signifi-cativa riguardo al nostro tema, che ritengo interessante da condividere?

    3. Cosa pensiamo adesso

    - Quali opinioni abbiamo sentito quando eravamo bambi-ni rispetto alle altre religioni (primo punto), che non ci ser-vono adesso? In quali cose, in cui allora credevamo, oggi non crediamo pi? - In conclusione, come spiegare in poche parole ci che penso riguardo alle altre religioni?

    4. Se c' tempo parliamo di...

    - C' salvezza al di fuori della nostra religione? - necessario convertire al cristianesimo le persone di al-tre religioni, per far piacere a Dio? - Come pu essere che dopo 2000 anni i 2/3 del mondo non siano ancora cristiani? Chi ha sbagliato: - Dio, la Chie-sa, i missionari, i cosiddetti infedeli? - Cosa si potrebbe fare per accelerare la conversione del mondo alla religione cristiana? O basta che si converta a Ges Cristo? O non necessario nemmeno questo?

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    Esercizio raccomandato: Vero o falso?

    In primo luogo si scelga una delle affermazioni della lista se-guente e, a turno nel gruppo, ognuno la definisca vera- o falsa, senza commentare. Poi, in un secondo giro, ognuno dica le motivazioni del pro-prio giudizio, ascoltando quelle degli altri, senza discuterne. Infine apriamo il dialogo tra le differenti opinioni dei parte-cipanti, senza necessariamente cercare di giungere ad una conclusione, ma semplicemente condividendo i diversi pun-ti di vista. Se c' tempo si scelga un'altra frase e si ripeta il procedi-mento.

    - Solo Cristo salva. - San Francesco Saverio che, quando and in India e Giap-pone come missionario, credeva che tutti gli asiatici che non conoscevano Cristo fossero destinati alla condanna, si sbagliava. - Dio voleva una sola religione e in questa cre Adamo ed Eva, ma il peccato originale e la dispersione del genere umano, dopo l'episodio della torre di Babele, furono ci che consent l'apparire delle false religioni. - La pluralit delle religioni procede dal male, non da Dio. - Se non ci fosse stato il peccato originale, non avrebbe dovuto aver luogo la Redenzione; la storia avrebbe segui-to il Progetto originale di Dio e il Piano di Salvezza ini-ziato nella Creazione. - Nel cristianesimo Dio che cerca l'uomo; nelle altre re-ligioni sono gli uomini che cercano Dio. - Fede solo quella dei cristiani; nelle altre religioni non c' fede, ma "credenze". - Solo la Chiesa cattolica ha diritto di chiamarsi "Chie-sa". La famosa barzelletta di Mingote (umorista spagnolo): Una pia vecchietta commenta con un'amica: in cielo ci ri-troveremo... sempre noi. - La fede cristiana vera? verit? la verit? una ve-rit tra molte? "verit per qualcuno"? "la verit per tut-ti"?

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  • Capitolo secondo La nuova situazione

    del pluralismo religioso

    Una volta condivisa la nostra esperienza personale sul tema, apriremo gli occhi sulla realt estema pi ampia. Come si colloca il pluralismo religioso nel mondo di oggi? Secondo il nostro metodo teologico, siamo ancora nella fa-se del VEDERE: partiamo dai diversi livelli di osservazione della realt.

    I. Sviluppo del tema

    Il tema del PR non un tema teorico, che sorge come ri-flessione speculativa o come pensiero di qualche intellet-tuale che lo vuole trasmettere alla societ. Il PR, la sua sfi-da, la sua istanza, i suoi interrogativi, provengono dalla realt del mondo di oggi, dalla realt dell'attuale societ. E in questo corso noi vogliamo partire dalla realt at-tuale. Nel bene e nel male, il mondo cambiato sia nell'ambito religioso che in quello culturale. Siamo un mondo in cui attualmente le carte si sono mescolate, completamente mescolate. Dagli albori dell'umanit, da tempi immemorabili, le so-ciet umane sono esistite come in compartimenti stagni: ogni societ nel suo piccolo mondo, nel suo habitat, chiu-sa in se stessa e isolata dalle altre, senza conoscere quasi nessun'altra cosa tranne la propria esistenza. certo che le migrazioni umane e gli scambi commerciali sono anti-chi. Ma tutto ci niente a confronto con ci che succede oggi. Grazie al progresso e al miglioramento dei mezzi di comunicazione (trasporti, viaggi, comunicazioni, teleco-municazioni...) le societ si sono miscelate in una intera-zione e conoscenza reciproca, in un processo che sta ac-celerando esponenzialmente, tanto che negli ultimi decen-ni il maggiore fenomeno sociologico la mondializzazio-

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    ne (che distinguiamo da globalizzazione, termine che divenuto proprio dell'aspetto finanziario e neoliberale). Mondializzazione significa che il mondo sta diventando uno, che tutti gli elementi e le dimensioni delle societ del nostro pianeta si stanno inter-relazionando e diventando reciprocamente dipendenti. Ogni societ non pi un mondo a parte, ma diventa membro di un insieme socia-le pi grande, integrata in un unico mondo che le ab-braccia tutte come sub-societ. I viaggi, le migrazioni (principalmente per ragioni econo-miche), il turismo, i legami familiari fanno s che non esi-stano quasi pi luoghi vergini del pianeta, in cui vivono solo gli aborigeni, senza relazione con le altre societ. Allo stesso modo, ci sono sempre meno zone isolate dal contat-to e dalle influenze mondiali. Noi tutti siamo sempre pi coinvolti reciprocamente, con maggiore intensit e maggio-re immediatezza in reti sempre pi ampie e numerose1.

    Questo fenomeno, cresciuto esponenzialmente nel XX se-colo grazie allo sviluppo dei mezzi di comunicazione do-vuto alle nuove tecnologie, sta trasformando il mondo in una unica grande societ (mondializzazione), in un vil-laggio globale in cui le culture e le religioni di ogni so-ciet, che finora hanno vissuto isolate e senza conoscersi tra loro, si sono fatte vicine e si vedono obbligate a convi-vere. Oggi, praticamente tutte le religioni sono entrate in contatto2 e tutte sono presenti l'una all'altra, inevitabil-mente.

    Anticamente, da che mondo mondo, la vita abituale del-le societ trascorreva incentrata unicamente nella propria cultura e nella propria religione. Certo si sapeva che esi-stevano societ con altre culture e altre religioni, per la distanza faceva s che la loro esistenza non fosse un dato di cui far conto e non era nemmeno pensabile dialogare con le loro religioni; rimanevano confinate piuttosto nella

    1 Le trasformazioni tecnologiche attuali s'intrecciano con altre tra-

    sformazioni, la mondializzazione, e insieme stanno creando un nuo-vo paradigma: l'era delle reti (PNUD, Informe sobre desarrollo hu-mano 2001, Mundi-Prensa, Mexico 2001, p. 12). 2 Torres Queiruga, Andrs, El dialogo de las religiones, Sai Terrae 1992,

    p. 38. ID., La revelacin de Dios en la realizacin del hombre, Cri-stiandad, Madrid 1987, pp. 390-391.

    23

  • sfera dell'immaginazione o della classica letteratura fanta-stica di viaggio verso luoghi esotici. Nel mondo attuale un dato di fatto che le religioni e le culture si vedano obbligate a convivere. Molte societ so-no pluriculturali, vi si integrano gruppi che provengono da altri paesi, ci sono quartieri abitati prevalentemente da di-verse etnie o specifiche culture. Le diverse religioni non so-no pi lontane, ma si trovano nella stessa societ e persi-no nella stessa citt. Con una semplice passeggiata in una grande citt possiamo avvicinarci a templi e cappelle di differenti confessioni cristiane, alla sinagoga, alla pagoda, alla moschea, al tempio ind o al tempio Bahai... I cre-denti delle altre religioni non sono pi separati da oceani, ma vivono vicino, nella stessa strada o persino nello stes-so palazzo. Non pi necessario viaggiare o uscire dal pro-prio ambiente per incontrare altri credenti, perch ormai molte famiglie - soprattutto tra i pi giovani - hanno mem-bri, consanguinei o acquisiti, di un'altra religione rispetto a quella tradizionale della famiglia. Il PR non una teo-ria, un fatto che si avvicina sempre di pi a noi in tutti gli ambiti: nella societ, nella citt, nel lavoro, nella co-municazione, anche nella famiglia... e nessuno pu sot-trarsi a questo nuovo paesaggio umano.

    La pluralit delle culture nel mondo considerata in ma-niera crescente come un fattore di conflittualit. Dopo la caduta del muro di Berlino, gli analisti politici del primo mondo, i quali pensano che siamo ormai alla fine della storia e che il problema ideologico risolto, hanno lan-ciato la tesi che il conflitto principale del mondo attuale non pi ascrivibile al piano economico, ma a quello cul-turale: sono le grandi civilt che creano i blocchi in con-flitto. Il libro di Samuel P. Huntington, Lo scontro delle ci-vilt3, sarebbe il pi qualificato sostenitore di questa tesi. Gli atti di terrorismo dell'I 1 settembre 2001 hanno ancor pi accentuato la visione del primo mondo, secondo cui il conflitto sarebbe di natura culturale, tra civilt. Ovvia-mente, l dove si fronteggiano blocchi culturali, il plurali-smo religioso in prima linea, poich in buona parte i bloc-chi culturali si mascherano da blocchi religiosi.

    3 Garzanti, Milano 2001.

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    Oltre a questa convivenza fisica - pacifica o conflittuale -tra persone di diverse religioni, c' anche una convivenza nella conoscenza. Oggi conosciamo gi o possiamo cono-scere le religioni con un livello di profondit che non era possibile ai nostri antenati. In qualunque societ sviluppata oggi si trovano buoni li-bri, seri, documentati, profondi e accessibili, che offrono alla portata di tutti una conoscenza valida e sufficiente di molte religioni del mondo. I migliori antropologi cultura-li vendono tanto quanto i teologi, e i libri sacri orientali sono venduti quanto la Bibbia. In Occidente almeno, ter-minato quel tempo in cui in ogni societ c'erano solo a di-sposizione libri che difendevano apologeticamente la reli-gione ufficiale contro le altre.

    Basta scorrere i numerosi canali televisivi disponibili in molti paesi4 per dimostrare che in qualunque momento del giorno e della notte qualche canale sta trasmettendo un re-portage su una religione indigena americana o sui mona-ci di una religione orientale del sud est asiatico, o un'in-tervista seria e coscienziosa con un filosofo che difende po-sizioni agnostiche o atee... Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TICs) di ambito mondiale, che hanno creato la possibilit di un incontro umano ininterrotto che sta per giungere ad una dimensione universale, hanno anche creato la possi-bilit di un incontro interreligioso mondiale. Lo stru-mento unificante dei sistemi elettronici di comunicazione di ambito mondiale crea un forum per l'incontro mondia-le delle diversit religiose. Non possiamo pi evitare l'in-contro interreligioso. Le altre religioni si sono fatte pros-sime nell'incontro con i nostri vicini. Non possono pi es-sere trattate come sistemi di credenza astratti rappresen-tati da culture straniere, o pratiche religiose attuate a di-stanza di sicurezza in terre lontane. Hanno un volto uma-no: i volti dei nostri vicini5. Oggi potremmo quasi dire che, se non dialoghiamo inter-

    4 Le previsioni dicono che ci stiamo avvicinando al momento in cui

    da qualunque parte del globo ci potremo sintonizzare con circa cin-quecento canali della televisione. 5 Schwbel, Christoph, Encontro inter-religioso e experincia frag-

    mentra de Deus, in Concilium 289 (2001/1), p. 114. 25

  • religiosamente con qualunque grande religione, perch non abbiamo preso l'iniziativa, ma i nostri possibili inter-locutori sono qui, a nostra portata.

    Novit storica

    Siamo la prima generazione in tutta la storia dell'umanit che si trova in questa situazione. la prima volta che una gran parte dell'Umanit vive in un ambiente religioso veramente plurale. la prima volta che la parte di umanit, che ha pas-sato la vita senza alcuna relazione con persone e istituzioni di altre religioni, ha tra le mani questa possibilit: se non pratichiamo il dialogo interreligioso per mancanza di abi-tudine e di immaginazione, non di possibilit. La coscienza delle nuove generazioni, dal canto suo, deve misurarsi con una offerta di senso, culturale e religioso, enormemente plurale e, naturalmente, n convergente n armonico, con un pluralismo semplicemente giustapposto, senza un ordinamento n un dialogo interno, almeno fi-nora. una trasformazione che suppone una vera rivo-luzione nella coscienza religiosa dell'Umanit; stiamo vi-vendo in un momento della storia in cui 1' accesso alle di-verse religioni ha un'ampiezza e una profondit senza pre-cedenti6.

    L'evoluzione del mondo e della sua cultura, cos come il contatto vivo tra le diverse religioni ci hanno reso coscienti che l'esperienza vitale religiosa si trova in una situazione nuova e, riguardo ad alcuni aspetti importanti, radical-mente nuova-1.

    Le religioni, per, non sono teorie; sono i credenti, sono persone in carne ed ossa. Noi possiamo vedere la trasfor-mazione e l'influsso che la religione compie sulla loro vi-ta, persino sulla loro santit. Questo ci d una conoscen-za viva delle religioni, molto pi rilevante della conoscenza teorica che troviamo nei libri di dottrina e teologia.

    6 Arthur, Chris, Religious Pluralism. A Metaphorical Approach, The

    Davies Group, Aurora, Colorado 2000, p. l . 7 Torres Queiruga, A., El dialogo de las religiones en el mundo actual,

    in El Vaticano IH, Herder-El Ciervo, Barcelona 2001, p. 69. I corsivi sono nostri.

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    In alcuni ambienti questo gi una realt: per esempio nel mondo dei giovani universitari. Figli, liberi e inquieti, di una generazione abituata a risposte pronte ricevute in ere-dit, e allo stesso tempo figli dei mezzi di comunicazione (davanti ai quali hanno passato pi ore che coi loro pro-fessori), non accettano pi spontaneamente impostazioni monoreligiose perch cos; di fronte a qualunque in-terrogativo ultimo etico o filosofico chiedono qual la ri-sposta delle altre religioni; vogliono metterle a confronto, forse scegliere la migliore. Non si sentono pi vincolati spontaneamente a una religione che dovrebbe essere per loro la religione. Si considerano persone libere, senza vincoli ufficiali verso una certa religione, cittadini di un mondo plurireligioso, dove potranno discernere e sceglie-re la propria religione. La prospettiva del pluralismo reli-gioso entrata, senza dubbio, nella coscienza della gene-razione pi giovane8.

    Cause

    Sono quattro i grandi fattori che, secondo Jean Claude Bas-set, originano l'attuale situazione del pluralismo religioso: L'interreligiosit , allo stesso tempo, un fenomeno so-ciale e culturale. In senso sociale si tratta dell'interazione di minoranze religiose importanti e attive ( una situazione che caratterizza il subcontinente indiano da molto tempo, ed anche l'attuale Europa occidentale, con la presenza di milioni di musulmani e di comunit buddhiste, ind o sik, insieme a cristiani ed ebrei), lavoratori emigrati, rifugiati politici, studenti, dirigenti che per il loro lavoro conduco-no una vita cosmopolita che li rende cittadini internazio-nali, cittadini del mondo; si moltiplicano anche i matri-moni misti in senso religioso e la conseguente formazione religiosa dei bambini; assistiamo anche alla diffusione di informazioni e opinioni religiose diverse attraverso i mez-zi di comunicazione9.

    8 Davis, Charles, Christ and the World Religion, Herder & Herder, New

    York 1971, p. 25. 9 Basset Jean Claude, El dilogo interreligioso, Descle, Bilbao 1999,

    p. 7.

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  • Sfide Questa situazione presenta profonde sfide, soprattutto per la generazione nata in societ che conoscevano una sola re-ligione: la visione di un mondo coerente e certo viene tur-bata dal contatto con altre prospettive, la scala di valori sta-biliti entra in concorrenza con altri valori e altre norme. Non solo si ingrandito il campo delle conoscenze, viene anche sottoposta a giudizio la nozione stessa di verit. La filosofia occidentale diventa una corrente di pensiero tra le altre, co-me la musulmana, l'indiana, la cinese, ecc.10.

    Questa interpenetrazione delle societ con le loro culture e religioni, che si fanno presenti l'una all'altra, penetran-do l'una nell'altra, riempiendosi di PR, un fenomeno nuo-vo (la novit nella sua dimensione mondiale), e in que-sto senso appena iniziato. Non sappiamo come si svi-lupper. Non sappiamo che uomini e che donne divente-ranno i bambini che oggi crescono entro questo plurali-smo religioso, che in atto e permarr. Non possiamo og-gi esprimere le riflessioni che ascolteremo fra trent'anni, quando questa nuova generazione, nata e cresciuta in un ambiente pluralista, prender la parola e ci dir come per-cepisce il mondo secondo la propria esperienza che noi, nati e formati in u n ambiente di singolarit culturale e re-ligiosa, non possiamo immaginare.

    L'Umanit, le 800 o pi generazioni che si dice abbiano percorso il nostro pianeta, hanno sempre vissuto con la convinzione che la realt avesse UNA forma determinata, la forma descritta e presentata dalla propria cultura e dal-la propria religione. L'Umanit, nel corso dell'attuale ge-nerazione, ha cominciato a vivere con la presenza vicina e permanente di tutte le religioni e culture chiamate uni-versali, che devono convivere in competizione tra loro nell'indicare un orizzonte di senso.

    Un cambiamento sostanziale sta avvenendo nella storia dell'Umanit. Noi ne siamo testimoni. Questo il piano di realt da cui vogliamo partire, il contesto in cui vogliamo innestare le nostre domande sul pluralismo religioso. Che ripercussioni ci saranno o sono gi in atto di questo plu-

    10 Ibid.

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    ralismo che gi parte della realt? Che trasformazioni im-plica o esige nelle religioni stesse? Le religioni, che hanno vissuto ognuna nel proprio mondo senza la presenza delle altre, possono continuare a dire e a ripetere in questo con-testo totalmente diverso, le stesse cose che hanno sempre affermato? possibile prevedere una trasformazione profonda delle religioni? Questi cambiamenti fanno paura? Con uno sguardo di fede, si pu dire che questa situazione costituisca, allo stesso tempo, una sfida di Dio alle religioni e un grande opportunit, un kairs? E in che senso?

    II. Testi antologici da leggere e commentare

    Quasi 450 imam in questo momento presiedono le orazioni in 500 moschee distribuite in tutta l'Olanda.

    Secondo dati dei centri ufficiali di statistica, nell'anno 2015 quasi il 50% degli abitanti di 4 grandi citt - Amsterdam, Rotterdam, L'Aia e Utrecht - proverr da minoranze etni-che. Di questi, l'80% sar musulmano (El Pais, Madrid, 5 ottobre 2002).

    In Spagna, l'Islam non un credo estraneo agli spagnoli. Le statistiche lo situano come il pi numeroso dopo la chie-sa cattolica, data la sua crescita negli ultimi anni, soste-nuta dall'ondata migratoria. Pi di mezzo milione di resi-denti sono seguaci dell'Islam e la cifra in crescita (El Pais, Madrid, 19 settembre 2001). Secondo il Sunday Times dell'I 1 maggio del 1997, il nu-mero di musulmani praticanti in Gran Bretagna supera quello degli anglicani praticanti nell'anno 2002. Dati del 1995 indicavano 536 mila musulmani praticanti contro 854 anglicani praticanti; in pochi anni si prevede che la cifra sar: 760 mila fedeli per l'islam e solo 756 mila per la chiesa anglicana (Adista, n. 39, maggio 1997, pp. 10-11). Gi ci sono pi di mille milioni di musulmani nel mondo . L'islamismo ha sorpassato il cattolicesimo nel numero di fedeli nel 1986 ed ha continuato a crescere. A questo rit-mo, ci saranno 1100 milioni di credenti nell'anno 2000. Il numero di adepti aumenta anche in aree tradizionalmen-te cristiane, come l'Europa, l'Africa occidentale e gli Sta-

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  • ti Uniti. E persino in Brasile: rivista Super interessante (maggio 1997) p . 59*. Si possono consultare i dati principali aggiornati riguar-danti le religioni del mondo in Panorama delle religioni del mondo e in America Latina di Franz Damen in Agen-da Latinoamericana 2003, pp. 36-37. Anche: Siamo sorpresi di scoprire che negli Stati Uniti ci sono pi musulmani che episcopaliani, pi musulmani che membri della chiesa presbiteriana e pi musulmani che ebrei, circa 6 milioni. Restiamo attoniti nel sapere che Los Angeles la maggiore citt buddhista del mondo, con una popolazione buddhista che copre tutte le categorie dei buddhismi asiati-ci, dallo Sri Lanka alla Corea, insieme a un gran numero di statunitensi buddhisti. In tutto il paese, il numero di perso-ne di religione buddhista raggiunge circa i 4 milioni. Gli Stati Uniti sono diventati il paese pi differenziato del mondo, dal punto di vista delle religioni. La nuova era di emigrazione diversa dalle precedenti, non solo nella sua ampiezza e complessit, ma anche per la sua stessa dinamica. Molti degli emigranti che arrivano oggi negli Stati Uniti, mantengono forti legami con i paesi d'ori-gine, mediante viaggi e reti di comunicazione transnazio-nali, posta elettronica o fax, linee telefoniche satellitari e notiziari televisivi via cavo. Riescono a vivere qua e l, in tutte le forme che le moderne comunicazioni e telecomu-nicazioni hanno reso possibile (ECK, Diana L., A New Re-ligious America, pp. 3-5).

    III. Domande per riflettere e per dialogare

    - davvero plurale la societ in cui viviamo, il nostro pae-se, l'ambiente in cui personalmente ci muoviamo?

    * Secondo il World Christian Database, solo recentemente (maggio 2007) i musulmani, con 1.322 milioni di aderenti, avrebbero supera-to i cattolici, calcolati in 1.115 milioni. Bisogna per tener presente che mentre il calcolo dei cattolici preciso, a motivo dei registri par-rocchiali, quello degli islamici approssimativo, dal momento che per convertirsi all'islam sufficiente recitare dinanzi a testimoni la shaada, vale a dire dichiarare che non c' che Dio all'infuori di Al-lah e che Maometto il suo profeta [N.d.T.]. 30

    - Quante persone ciascuno di noi conosce che non appar-tengono alla nostra religione? Facciamo il conto: nella no-stra famiglia, nelle nostre amicizie, nel lavoro, negli studi, nel nostro palazzo, nella nostra via... - Quali libri, video o altre documentazioni conosciamo ri-guardo al tema delle religioni del mondo? - Quali mezzi, motivi, possibilit ha una persona del no-stro ambiente di conoscere altre religioni e di porsi in re-lazione con loro? - vero che i problemi che affliggono il mondo non sono di natura economica, ma culturale e religiosa come sembra affermare Samuel Huntington? Questa tesi sar fondata o sar una forma per occultare il conflitto economico?

    IV. Esercizi raccomandati

    - Entrare in vari motori di ricerca di Internet e trovare pa-gine relative alle diverse religioni - Fare un elenco delle religioni che sono presenti nel no-stro quartiere o citt. - Cercare in Internet il tema pluralismo religioso , teo-logia delle religioni e altri termini relazionati (in inglese: religious pluralism, theology of religions). - Cercare di stabilire contatti con qualcuno di un'altra re-ligione per mezzo di Internet (posta o chat). In seguito va-lutare l'esperienza.

    Bibliografia

    ARTUR CHRIS, Religious Pluralism. A Metaphorical Approach, The Davies Group Publishers, Aurora, Colorado, USA, 2000.

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    HUNTINGTON SAMUEL, El choque de civilizaciones y la reconfgura-cin del orden mundial, Paids, Buenos Aires-Mxico-Barce-lona 1997.

    KNITTER PAUL, NO Other Name, Orbis Books, NY 1985, pp. 1-6. V. a p. 69 l'ediz. ital.

    31

  • KUNG HANS, En busca de nuestras huellas. La dimensin espiritual de las religiones del mundo, Debate, Barcelona 2004.

    SAMUEL ALBERT, AS religies hoje, Paulus, So Paulo 1997. SCHWOBEL CHRISTOPH, Encontro inter-religioso e experincia frag-

    mentria de Deus, in Concilium 289 (2001).

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    Capitolo terzo A partire dalla storia.

    Dalla prospettiva del pluralismo

    Secondo il nostro proposito di partire dalla realt, esten-deremo il nostro sguardo anche alla dimensione temporale: come stato il pluralismo - o la mancanza di pluralismo -nella storia? Noi, forse senza saperlo, ci portiamo dentro la storia che ci ha preceduto. Per questo necessario tenerla presente, perch non ci condizioni e non ci induca a ripe-terla. Nessuno parte da zero, bench lo crediamo...

    I. Per presentare il tema

    Per studiare il tema del pluralismo importante guardare indietro, al tempo dal quale proveniamo, alla storia dell'Uma-nit. Oggi abbiamo gi, pi o meno tutti, acquisito un sen-so di pluralismo e di tolleranza, almeno superficialmente, per la storia che abbiamo alle spalle fatta di secoli e per-sino di millenni di atteggiamenti contrari al pluralismo. Ne parleremo a partire dall'esperienza dei cristiani, in par-ticolare a partire dalla tradizione cattolica (crediamo an-che che, probabilmente, potremmo parlarne allo stesso mo-do rispetto ad altre tradizioni cristiane, o persino rispetto ad altre religioni). Ci riferiremo a vari momenti simbolicamente important i entro questa nostra storia, attraverso i seguenti testi anto-logici.

    II. Testi antologici

    Nell'Antico Testamento

    Tutti i testi che nell'AT si riferiscono alle divinit degli al-tri popoli, i popoli vicini, qualificano dispregiativamente tali divinit come idoli e le descrivono negativamente: sono opere di mani umane, cose morte (Sap 13,10),

    33

  • sono niente (Is 44,9), ci che vano (Ger 2,5; 16,19), menzogna (Ger 10,14; 2,4; Bar 4,7). Solo Yahv il ve-ro Dio (Ger 10,10). D'altra parte il popolo giudeo dell'AT ha la convinzione di essere un popolo diverso, il popolo di Dio, l'eletto che deve vivere separatamente dai gentili, non mescolarsi con loro. Quando il Signore tuo Dio ti avr introdotto nel paese che vai a prendere in possesso e ne avr scacciate davanti a te molte nazioni: gli Hittiti, i Gergesei, gli Amor-rei, i Periziti, gli Evei, i Cananei e i Gebusei, sette nazioni pi grandi e pi potenti di te, quando il Signore tuo Dio le avr messe in tuo potere e tu le avrai sconfitte, tu le vote-rai allo sterminio (Dt 7,1-2). Israele dovr senza compas-sione distruggere gli altari e le immagini di questi popoli sconfitti e scacciati, e non fare alleanza n imparentarsi con loro. L'Israele del Deuteronomio ha la convinzione di essere il popolo eletto, il santo, di fronte agli altri popoli che adorano idoli vani (Dt 7,3-6). Questa posizione cos aggressiva espressa nel Deuterono-mio non pu essere considerata come qualcosa che attra-versa tutta la Bibbia, ma solo come un punto culminante, simbolico, che richiama l'attenzione.

    Nel secolo XV

    Nel secolo XV in Europa emerge un altro punto culmi-nante, simbolicamente molto importante. Il Concilio di Fi-renze nell'anno 1452 dichiar di credere fermamente, di professare e insegnare che nessuno di coloro che si trova-no fuori dalla chiesa cattolica, non solo i pagani, ma an-che i giudei, gli eretici e gli scismatici potranno parteci-pare alla vita eterna. Andranno al fuoco eterno che sta-to preparato dal diavolo e dai suoi angeli (Mt 25,4), a me-no che prima di morire si incorporino alla Chiesa... nes-suno, per quanto generose siano le sue elemosine o persi-no sparga il suo sangue a causa di Cristo, potr salvarsi se non rimane nel seno e nell'unit della Chiesa cattolica (DS 1351). Extra Ecclesiam nulla salus (fuori della Chiesa non c' salvezza), si diceva. Tutti coloro che muoiono fuori della Chiesa (in quel momento non esisteva la Chiesa prote-34

    stante) non potranno entrare nella vita eterna, ma finiranno nel fuoco eterno. L'affermazione pu sembrare forte, ma non propria solo del Concilio di Firenze, bens un'af-fermazione cristiana comune in tutto il Medio Evo.

    Nel secolo XIX

    Gregorio XVI, nell'enciclica Miravi Vos del 15 agosto 1832, afferma:

    Veniamo ora a un'altra sorgente trabocchevole dei mali da cui compiangiamo afflitta al presente la chiesa. L'"in-differentismo" vogliamo dire, ossia quella perversa opi-nione che per fraudolenta opera degli increduli si dilat in ogni parte, che cio in qualunque professione di fede si possa conseguire l'eterna salvezza dell'anima, se i costu-mi si conformano alla norma del retto e dell'onesto. [...] Di questa inquinatissima sorgente dell'"indifferentismo" scaturisce quell'assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire per ciascuno la libert di coscienza: errore velenosissimo a cui appia-na il sentiero quella piena e smodata libert d'opinare che va sempre alimentandosi a danno della chiesa e dello sta-to, non mancando chi osa vantare con impudenza sfron-tata provenire da siffatta licenza alcun vantaggio alla re-ligione. [...] mentre l'esperienza di tutti i secoli fin dalla pi remota antichit luminosamente dimostra che citt per opulenza, per dominazione, per gloria le pi fiorenti, per questo solo disordine, cio per una eccessiva libert di opinioni, per la licenza delle conventicole, per la sma-nia di novit, andavano infelicemente in rovina (nn. 36-37, Enchiridion delle Encicliche, voi. 2, EDB, Bologna 2002). Questo solo uno dei rifiuti che i Papi di quel tempo lan-ciano solennemente contro gli errori dell'epoca: il pen-siero moderno, le libert sociali, la democrazia, ci che noi oggi riconosciamo come diritti umani. . . Nel testo in que-stione, che risale a non pi di due secoli fa, si negano fron-talmente e con eccesso di disprezzo, la libert di coscien-za, la libert religiosa e il pluralismo religioso, con tut ta la solennit del magistero pontificio.

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  • Nel Concilio Vaticano II (1965) Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libert religiosa. Il contenuto di una tale libert che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte dei singoli individui, di gruppi socia-li e di qualsivoglia potere umano, cos che in materia reli-giosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza n sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformit ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma indivi-duale o associata. Inoltre dichiara che il diritto alla libert religiosa si fonda realmente sulla stessa dignit della per-sona umana quale l'hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione (Dignitatis Humanae, n. 2). La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stes-sa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verit che illumina tutti gli uomini (No-stra Aetate, n. 2).

    La Dominus Iesus del Cardinale Ratzinger (2000) contraria alla fede della Chiesa la tesi circa il carattere limitato, incompleto e imperfetto della rivelazione di Ges Cristo, che sarebbe complementare a quella presente nelle altre religioni (6). Deve essere, quindi, fermamente ritenuta la distinzione tra la fede teologale e la credenza nelle altre religioni [...], che esperienza religiosa ancora alla ricerca della verit asso-luta e priva ancora dell'assenso a Dio che si rivela. Questo uno dei motivi per cui si tende a ridurre, fino talvolta ad annullarle, le differenze tra il cristianesimo e le altre reli-gioni (7). I libri sacri di altre religioni, che di fatto alimentano e gui-dano l'esistenza dei loro seguaci, ricevono dal mistero di Cri-sto quegli elementi di bont e di grazia in essi presenti (8). Quanto lo Spirito opera nel cuore degli uomini e nella sto-ria dei popoli, nelle culture e religioni, assume un ruolo di preparazione evangelica e non pu non avere riferimento a Cristo (12). 36

    Se non sono escluse mediazioni partecipate di vario tipo e ordine, esse tuttavia attingono significato e valore unica-mente da quella di Cristo e non possono essere intese co-me parallele e complementari. Risulterebbero, tuttavia, contrarie alla fede cristiana e cattolica quelle proposte di soluzione, che prospettassero un agire salvifico di Dio al di fuori dell'unica mediazione di Cristo (14). chiaro che sarebbe contrario alla fede cattolica conside-rare la Chiesa come una via di salvezza accanto a quelle costituite dalle altre religioni (21). Se vero che i seguaci delle altre religioni possono rice-vere la grazia divina, pure certo che oggettivamente si tro-vano in una situazione gravemente deficitaria se parago-nata a quella di coloro che, nella Chiesa, hanno la pienez-za dei mezzi salvifici (22).

    III. Per sviluppare il tema

    Abbiamo messo in evidenza alcuni momenti importanti di una storia segnata da gesti e azioni contrari all'accettazio-ne del pluralismo religioso. Anche se non possiamo qui di-mostrarlo, il bilancio globale di questa storia potrebbe es-sere sintetizzato cos: Ci sono stati praticamente 20 secoli di esclusivismo: qua-si 2000 anni nei quali il cristianesimo ha pensato global-mente, ufficialmente e in maggioranza che l'unica vera religione, che tutte le altre religioni sono false, o sono in-venzioni umane o una semplice preparazione per il van-gelo, o, in ogni caso, una partecipazione alla religione cristiana.

    Nel mondo cattolico l'esclusivismo stato abbandonato da meno di 50 anni, con il cambiamento suscitato dal Con-cilio Vaticano II. Questo significa che tale mutamento iniziato solo nell'attuale generazione, cosa che spiega co-me nell'immaginario popolare non abbia ancora avuto tem-po n per diffondersi n per radicarsi; al contrario, la men-talit popolare comune mantiene ancora nel proprio sub-cosciente la certezza ancestrale che il cristianesimo l'unica vera religione. La posizione pluralista - secondo la quale Dio si rivela in tutte le religioni, senza discriminazioni da parte di Dio

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  • - una posizione teologica che suscita ancora sorpresa e incomprensione. il pensiero civile, filosofico, scientifico, profano.. . quel-lo che ha portato alle Chiese queste trasformazioni del pensiero. Sono stati la scienza, la filosofia, i movimenti sociali e politici in generale ci che ha spinto le Chiese cristiane ad abbandonare posizioni di monopolio, di esclu-sivismo, di cristianit, forzando la trasformazione del-l ' immaginario della societ.Deplorevolmente molte Chie-se cristiane hanno assunto nella storia posizioni contra-rie a tutte le moderne libert, e sono anche ufficial-mente contrarie al pluralismo religioso. Hanno soltan-to preso l'iniziativa di praticare il dialogo religioso l do-ve ne hanno bisogno per il fatto di trovarsi in minoran-za... Le istituzioni religiose sono normalmente molto in-fluenzate dai loro interessi istituzionali, com' facilmen-te dimostrabile.

    In ogni caso bisogna segnalare che un altro volto del cri-stianesimo sempre esistito: pensatori, filosofi, teologi che, in modo eccezionale, intuirono che l'atteggiamento di chiu-so esclusivismo non rispondeva alla verit, e si aprirono ad atteggiamenti pi tolleranti e pluralisti (Erasmo da Rot-terdam, Nicola Cusano, Raimondo Lullo, Marsilio Fici-no...), furono per l'eccezione che conferma la regola. Il Concilio Vaticano II costitu per la Chiesa Cattolica l'accettazione di buona parte delle critiche che la cultura moderna aveva fatto agli atteggiamenti integralisti della Chiesa negli ultimi secoli. Si trattato di un aggiornamento e di una riconciliazione col mondo moderno. Per fu su-bito evidente che quel rinnovamento non bastava, che si doveva elaborare una nuova lettura del pluralismo religio-so. Nonostante ci si produsse in seguito una involuzione della Chiesa cattolica e la dottrina ufficiale rimase indie-tro rispetto all'evoluzione della teologia.

    IV. Domande per condividere e approfondire

    - Le religioni dei popoli che circondavano il popolo d'Israe-le, di cui ci parla l'Antico Testamento, erano religioni buo-ne, valide? Cosa pensa l'Antico Testamento di queste reli-gioni e dei suoi dei?

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    - Cosa pensiamo riguardo alle affermazioni del Concilio di Firenze del 1452? - Per Gregorio XVI, ormai nel sec. XIX, la libert d'espres-sione e la libert di coscienza sono negative. C' oggi qual-cuno che lo pensa ancora? Sappiamo se questo atteggia-mento negativo di fronte alle libert moderne fu solo di Gregorio XVI o del Magistero della Chiesa Cattolica nel suo insieme? - Ci sono religioni che oggigiorno pensano che la libert religiosa, diversa dalla propria, sia negativa. Per esempio? - Cosa dice il Concilio Vaticano II sulla libert di coscien-za e la libert religiosa? Siamo d'accordo con ci che af-ferma? - Un esercizio interessante pu essere studiare il caso del-la storia del proprio paese: che ruolo vi ha giocato la reli-gione, le religioni? C' stata qualche religione che ha cer-cato di escludere le altre nell'identit nazionale? una con-vivenza basata su una coscienza convinta di pluralismo o semplicemente rassegnata?

    Bibliografia

    AEBISCHER-CRETTOL MONIQUE, Vers un oecumnisme interreligeux; jalons pour une thologe chrtienne du pluralisme religieux, Cerf, Paris 2001.

    CANOBBIO GIACOMO, Chiesa perch: salvezza dell'umanit e media-zione ecclesiale, San Paolo, Cinisello Balsamo 1994, pp. 72-100.

    LUCCHETTI BINGEMER MARIA CLARA (org.), Violncia e religio. Cri-stianismo, islamismo, judaismo, Loyola, So Paulo 2002.

    LEON MARIO A. RODRIGUEZ, A invaso e a evangelizaco na Ame-rica Latina (sec. XVI), in DUSSEL, Enrique (ed.), Historia Liberationis; 500 anos de historia de Igreja na America Latina, Paulinas/CEHILAS, So Paulo 1992.

    SULLIVAN FRANCIS A., Hay salvacin fuera de la Iglesia?, Descle, Bilbao 1999, collezione Teoria, n. 2. L'autore ripassa tutta la storia della Chiesa Cristiana cercando di ripercorrere l'evolu-zione lungo i secoli del principio: fuori della Chiesa non c' salvezza.

    TEIXEIRA FAUSTINO, Teologia de las religiones. Una vision panora-mica, collana Tempo Axial, Abya Yala, Quito 2005. L'unico manuale di teologia delle religioni scritto fin'ora in America Latina. Nella sua prima parte compie un excursus storico del-le diverse valutazioni sulle religioni nel cristianesimo.

    39

  • THION PAUL, Retour aux missions? Une lecture de l'Encyclique Re-demptors Missio, in Nuovelle Revue Theologique 114/1 (1992) p. 81.

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    Capitolo quarto Il pluralismo religioso nella storia

    dell'America Latina

    Con lo sguardo rivolto ancora alla storia, dedichiamo speci-ficamente un capitolo all'America Latina.

    I. Per sviluppare il tema

    Il continente latino-americano ha una storia con caratte-ristiche proprie che lo rendono particolarmente rilevante per la prospettiva del pluralismo religioso. In effetti, l'unico continente in cui la maggioranza della popolazione attuale erede di una invasione proveniente da un altro continente (altro gruppo umano, altra cultura, altra religione). La popolazione originaria fu in gran par-te decimata, mentre i suoi attuali superstiti sopravvivono relegati in angoli lontani o dislocati in settori marginali della societ. E questo il risultato di un processo che fu compiuto con la presenza di una religione che, di fatto, con la sua evangelizzazione legittim una conquista. Il con-tinente oggi, come noto, in maggioranza cristiano (e la met dei cattolici del mondo vive nelle Americhe)1. Succede, per, che in America attualmente non esiste un solo monumento religioso rituale che abbia origini pre-ispaniche. Tutti furono distrutti e in molti casi i loro ma-teriali furono utilizzati per la costruzione di nuovi templi o palazzi coloniali. Questo non accaduto, per esempio in molti luoghi dell'Estremo Oriente (Giappone, Cina, Tai-landia, Giava), dell'India o del Vicino Oriente e dell'Africa, dove, nonostante l'arrivo di missionari dall'Europa, at-

    1 Secondo i dati dell'Annuario Pontifcio 2004, Il 50% dei cattolici vi-

    ve nel continente americano, il 26% in Europa, il 12,8% in Africa, il 10,3% in Asia e lo 0,8% in Oceania.

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  • tualmente si pratica il culto in molti luoghi che sono mil-lenari2. La domanda : com' possibile che popoli cristiani abbia-no compiuto una invasione e una conquista in un Con-tinente gi abitato? Com' possibile che l'invasione porta-ta a termine dai cristiani abbia distrutto popoli e religio-ni? Che atteggiamento verso le altre religioni ebbe la re-ligione dei conquistatori? Nel domandare che atteggia-mento verso le altre religioni avevano i conquistatori, stia-mo domandando - con parole moderne - che teologia del-le religioni (che idea del valore o del significato delle al-tre religioni) avevano i conquistatori, consciamente o in-consciamente, a parole o realmente.

    Elaboreremo i lineamenti di questo atteggiamento - la teo-logia delle religioni dei conquistatori - prendendo in con-siderazione le seguenti testimonianze storiche.

    II. Testi antologici

    Il primo catechismo che venne scritto in America (pro-babilmente tra il 1510 e il 1521), quello di Pedro di Cor-doba, comincia con la rivelazione di un gran segreto che voi mai conosceste n udiste: Dio ha fatto il cielo e l'in-ferno. In cielo stanno tutti quelli che si sono convertiti al-la fede cristiana ed hanno vissuto bene; all'inferno stanno tutti quelli che tra di voi sono morti, tutti i vostri ante-nati: padri, madri, nonni, parenti e quanti sono esistiti e sono passati per questa vita: e l andrete anche voi se non sarete amici di Dio e non vi battezzerete e diventerete cri-stiani, perch tutti quelli che non sono cristiani, sono ne-mici di Dio3. Riscoperto nel 1924, abbiamo oggi un libro prezioso, do-vuto all'ammirevole lavoro di ricerca di Fra Bernardino di Sahagn, intitolato I colloqui dei dodici apostoli. In esso si raccoglie nella lingua nhuatl l'ultimo atto pubblico di alcuni saggi e sacerdoti aztechi sopravvissuti, che difesero

    2 Siller, Clodomiro, El monoteismo indigena, in Teologia India, tomo

    II, Abya Yala, Quito 1994, p. 94. 3 Cf. Duran, J. Guillermo, Monumenta catechtica ispanoamericana,

    voi. I, Buenos Aires, 1984.

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    le loro credenze religiose e la loro forma di vita davanti ai missionari giunti in Messico. Questi predicavano loro che ci che gli antenati aztechi avevano insegnato e lasciato co-me eredit tutto menzogna, vanit, finzione; non con-tiene nessuna verit4. Sappiate e siatene certi che nessu-no degli dei che adorate Dio n datore di vita; tutti sono diavoli infernali5. I saggi rispondono: Avete detto che non conosciamo il Signore... che non erano veri i nostri dei. una nuova pa-rola questa che voi dite. Da essa siamo sconvolti, da essa siamo offesi. Poich i nostri progenitori... ci diedero le lo-ro norme di vita, onoravano gli dei, ci insegnarono tutte le loro forme di culto, tutti i modi di onorare gli dei. Era dot-trina dei nostri avi che per gli dei che si vive. Noi sap-piamo a chi dobbiamo la vita... come si deve invocare, co-me si deve pregare. Ed ora dovremo distruggere l'antica regola di vita? E gi molto che siamo stati sconfitti, che ci sia stato impedito un nostro governo. Lasciateci dunque morire, lasciateci ormai perire, visto che i nostri dei sono morti!6. Fra Vincente Valverde, cappellano ufficiale che accom-pagnava Francisco Pizarro in quella che di fatto fu l' inva-sione dell'impero inca, intim ad Atahualpa di adorare Dio, la croce e il Vangelo, perch tutto il resto una burla. Atahualpa rispose che egli non adorava che il Sole che non muore mai e gli dei che aveva anche nella sua legge7. Il famoso missionario Antonio Vieira, a Bahia, in Brasi-le, poteva dire agli schiavi negri: La vostra schiavit non una disgrazia, ma un grande miracolo, perch i vostri pa-dri sono all'inferno per tutta l'eternit. Voi, al contrario, vi siete salvati, grazie alla schiavit8.

    4 Cf. Los coloquios de los doce apstoles, in Monumenta..., cit., p. 215

    5 Ibid. 187.

    6 Leon Portilla, Miguel, El reverso de la conquista, Mortiz, Mexico, 1990, pp. 23-28. Il testo completo contenuto in Agenda Latino-ame-ricana 1992, p. 51. Consultabile anche in . 7 Leon Portilla, Miguel, El reverso de la conquista, cit., pp. 113-121,

    dove si trova il racconto completo. Un riassunto sufficiente si pu trovare in Agenda Latinoamericana 1992, pp. 74-75. Consultabile an-che in . 8 Vieira, A., Sermone quattordicesimo (1633). Cf. Sermes, voi. 4, to

    mo 11, n. 6, Lello & Irmao, Porto 1959, p. 301.

    43

  • Si pu anche ricordare che non solo i missionari venuti nelle Indie Occidentali, ma tutti i missionari cristiani, per molti secoli, la pensarono come il famoso Francisco Javier, che and nelle Indie Orientali convinto che chi non ascoltava e accettava il vangelo era privato della sal-vezza.

    In occasione della visita di Giovanni Paolo II in Per nel 1985, Maximo Flores, del Movimento Indio di Kollasuyo (aymara), Emmo Valeriano, del Partito Indio (aymara) e Ramiro Reynaga, del Movimento Indio TupacKatari (ke-shwa) consegnarono al Papa una lettera nella quale scri-vevano: Noi, indios delle Ande e dell'America, decidiamo di approfittare della visita di Giovanni Paolo II per resti-tuirgli la sua Bibbia, perch in cinque secoli essa non ci ha dato n amore, n pace, n giustizia. Per favore, riprenda la sua Bibbia e la restituisca ai nostri oppressori, poich loro hanno bisogno dei suoi precetti morali pi di noi. Per-ch dalla venuta di Cristoforo Colombo sono stati imposti all'America con la forza, una cultura, una lingua, una reli-gione e valori propri dell'Europa. La Bibbia arriv a noi co-me parte del progetto coloniale imposto. stata l 'arma ideo-logica di questo assalto colonialista. La spada spagnola che di giorno attaccava e assassinava il corpo degli indios, di notte diventava una croce che legava l'anima india9.

    III. Domande per riflettere e per dialogare

    Una volta lette queste testimonianze storiche, impostiamo le questioni teorico-pratiche che da esse emergono: - Quali tratti consideriamo caratterizzanti l 'atteggiamento che il cristianesimo ebbe verso le religioni indigene che in-contr al suo arrivo in America? - Pensavano i cristiani che le religioni indigene avessero qualche valore? Oppure avevano persino un valore negati-vo, ai loro occhi? Come si spiega che non ebbero alcuna riserva nello sradicarle e nel distruggerle?

    Anticipando la tematica del nostro corso, possiamo ora in-terrogarci e conversare:

    9Agenda Latino-americana 1992, p. 57.

    44

    - Le religioni indigene precolombiane (e le religioni non cristiane in generale) hanno un valore salvifico? - Si pu dire che gli indigeni erano idolatri se non cono-scevano il Dio di Ges Cristo e adoravano i loro Dei? - accolta da Dio la preghiera che gli indigeni rivolgono ai loro Dei? - Le religioni indigene contengono qualche parte di verit o tutta la verit? - Se Cristo ci port la salvezza ed essi non conobbero Cri-sto, pu giungere a loro la salvezza dello stesso Cristo? - Perch essi non conobbero Cristo? Perch Dio si mani-fest nel Continente eurasiatico e non in quel luogo che chiamiamo americano? un'ingiustizia da parte di Dio privarli di qualcosa di essenziale per la salvezza? Forse che Dio per secoli limit il suo rapporto con gli essere umani ai confini del mondo giudeo, di cui ci narra l'AT? - Bisogna essere cristiani per salvarsi? - E se non bisogna esserlo, a cosa serve il cristianesimo? - Hanno senso le missioni, i missionari, l'evangelizzazio-ne missionaria? Che senso hanno? (Non si deve pretendere di rispondere a tutte le domande n di giungere a un accordo fra tutto il gruppo in questo dialogo, che servir solo ad attivare questa tematica nel gruppo; ma pi avanti torneremo su questi temi).

    IV. Esercizi raccomandati

    - Studiare le origini della presenza della religione attual-mente maggioritaria nel nostro paese, che sia o non sia il cristianesimo, in qualunque continente il gruppo si trovi. Come giunse quella religione in questa terra? C'era una po-polazione autoctona di un'altra religione? Qual stato l'at-teggiamento (la teologia delle religioni) della religione che giunse? Come avvenne l'incontro? Fare uno sforzo per conoscere la storia dei rapporti tra le religioni che so-no state presenti sulla nostra terra. - Vari tra i libri indicati nella bibliografia seguente con-tengono elementi molto importanti sul comportamento del cristianesimo al suo arrivo nel Continente americano e il suo rapporto con le religioni indigene. Dove sia possibile, si pu distribuire una selezione di letture tra i componen-ti del gruppo; prima della sessione di lavoro e, durante es-

    45

  • sa, ciascuno espone non solo il contenuto della lettura ma anche il giudizio che l'atteggiamento del cristianesimo di fronte alla religione indigena si meritato; tutto ci se-guito da un dibattito generale.

    Bibliografia

    ANONIMO, El libro de los libros de Chilam Balam, Fondo de Cul-tura Econmica, Mexico (1948), 1985.

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    TODOROV TZVETAN, La Conquista de America. La cuestin del otro, Siglo XXI, Mexico 1987.

    46

    VIGIL JOS MARIA, Valor salvifico de las religiones no crstianas, ; Diakonia 61 (mar-zo 1992) pp. 23-40, Managua. Estudios Ecumnicos 33 (enero 1993) pp. 23-29, Mexico.

    Il 47

  • Capitolo quinto L'ermeneutica del sospetto

    Per completare il nostro partire dalla realt o vedere, ci confronteremo con un atteggiamento o criterio interpretati-vo che consideriamo necessario sia perch la nostra visione della realt sia matura e critica, sia per suscitare in noi un atteggiamento di vigilanza, perch le nostre elaborazioni teo-logiche non siano inconsapevolmente influenzate da interessi propri o altrui.

    I. Per sviluppare il tema

    Ciascuno di noi deve fare il bilancio di questo sguardo che abbiamo dato alla storia nelle lezioni precedenti, con l'at-tenzione posta al tema del pluralismo religioso. Il bilancio critico che noi proponiamo piuttosto preoccupante: - la Scrittura e le tradizioni fondanti del cristianesimo di-sconoscono di principio il pluralismo religioso; - il cristianesimo, che era una religione marginale e per-seguitata alla sua origine, pi tardi, quando fu accettata dall'impero romano, and a sostituire la religione di quel-lo stesso impero, imponendosi come unica, perseguitando le altre e legittimando in ultima istanza l'impero...; - la religione cristiana visse molti secoli unita al potere, come religione di Stato (regime di cristianit), imposta ob-bligatoriamente, intollerante, ritenendosi l'unica e assolu-ta religione; - la religione cristiana ha intrapreso guerre religiose con-tro altre religioni (le crociate innanzitutto) e ha convissu-to tranquillamente con alcune delle maggiori violenze del-la storia, legittimandole nella pratica (la schiavit, la con-quista del Continente americano, la globalizzazione del capitalismo, l'usura dell'attuale debito estero...); - il cristianesimo si lasci condurre per mano dai poteri

    48

    d'Europa nell'invasione dell'America e nella persecuzione e distruzione delle religioni indigene; pi tardi avrebbe ap-profittato dell'espansione neocoloniale dell'Occidente la-sciandosi condurre verso gli altri continenti; - la teologia e la spiritualit cristiane, in ognuno dei loro testi e dei loro gesti, lasciano trasparire la convinzione di essere l'unica religione vera e assoluta, il destino religioso finale per tutta l'umanit. In queste convinzioni hanno vissuto i cristiani durante qua-si 20 secoli (fino ad appena 40 anni fa), continuando tran-quillamente e senza discussione a essere convinti che la lo-ro fosse l'unica religione vera, l'eletta, la predestinata, quel-la chiamata a evangelizzare tutto il mondo con le sue mis-sioni e i suoi missionari, quella a cui presto o tardi tutta l 'umanit si sarebbe convertita. Senza dubbio, l'evoluzio-ne del mondo, lo sviluppo delle comunicazioni e dei mo-vimenti migratori, la crescita demografica dei paesi del Ter-zo Mondo, l'espansionismo dell'islam, la nuova situazione di convivenza plurireligiosa sorta come conseguenza di tut-to ci, e lo sviluppo di una mentalit pi cosciente e criti-ca, hanno favorito il sorgere di un atteggiamento di sospet-to, che spinge molti cristiani e teologi a interrogarsi su que-ste convinzioni fino ad ora intoccabili.

    Sta apparendo sempre pi chiaramente ai cristiani, spe-cialmente agli storici e ai teologi, la possibilit che tali con-vinzioni che pretendevano di apparire come nettamente teologiche e puramente religiose, potrebbero essere anche frutto di motivazioni occulte e interessi nascosti, cosicch potrebbero in realt fungere da ideologie, vale a dire, da costruzioni teoriche razionali destinate a giustificare i pro-pri interessi corporativi1.

    Tornando a guardare la storia del cristianesimo con un cuore sensibile verso i poveri e le vittime, vediamo che una storia di molta sofferenza, di grande mancanza di li-bert, di numerose religioni assoggettate, perseguitate, di-strutte.. . una storia di conquiste e colonizzazioni di ter-ritori, di sfruttamento economico internazionale dei pove-

    1 Vi un altro significato positivo della parola ideologia; qui la con-

    sideriamo in questo significato critico negativo.

    49

  • ri da parte di un Nord ricco... e cristiano. evidente che tutto questo non positivo n pu pretendere di giustifi-carsi come volont di Dio...

    La domanda : in tutta questa storia di violenza, di espan-sione, di conquista, di dominazione... e con questo bilan-cio, avr giocato qualche ruolo la dottrina dell'unicit e il carattere assoluto del cristianesimo? La dottrina, la teolo-gia, la spiritualit... saranno state autonome, indipenden-ti, neutre, puramente religiose, sorte direttamente dalla fonte divina stessa... o saranno state anche, in qualche mo-do, frutto degli interessi umani dei loro protagonisti? Cio, avranno avuto una componente ideologica?

    Un buon metodo per adottare un atteggiamento coscien-temente critico consiste nel farsi la vecchia domanda del diritto romano: Cui bono?, ossia, per il bene di chi? A be-neficio di chi, una determinata teologia o dottrina? pos-sibile che certe dottrine si siano sviluppate teologicamen-te per influsso dell'interesse di determinati gruppi, i quali, beneficiandone, potevano giustificare la loro egemonia o dominare su altri gruppi... possibile... perch molto umano.

    Alcuni autori chiamano questo atteggiamento critico di so-spetto ermeneutica del sospetto: un atteggiamento in-terpretativo (questo significa la parola ermeneutica) che si occupa di scoprire le radici e i fattori inconsci o effetti-vamente nascosti che sono intervenuti nella elaborazione della teoria o della dottrina, in questo caso della teologia cristiana.

    Con questo atteggiamento necessario riesaminare nuova-mente la storia e vedere in quanti casi alcune dottrine, teo-logie o disposizione ecclesiastiche... malgrado si presentas-sero apparentemente come affermazioni strettamente reli-giose, abbiano svolto la funzione di giustificazione ideolo-gica delle azioni di forza che il gruppo cristiano ha eserci-tato contro altri gruppi che furono le vittime del nostro egoi-smo corporativo, mascherato religiosamente. Affermiamo questo principio: tutta la dottrina o teologia o spiritualit che nel passato ha prodotto effetti deleteri di oppressione, dominio, disprezzo, che stata causa di do-lore o di distruzione... contro altri gruppi, popoli o reli-

    50

    gioni, deve essere sottoposta a critica in base a questa er-meneutica del sospetto e deve, almeno, essere riconsidera-ta, perch di principio sospettata di essere un'ideologia. Questo principio apre la strada alla seconda parte del no-stro corso, il giudicare. Andremo a riesaminare e rico-struire la nostra teologia da questa prospettiva della plu-ralit delle religioni, molto attenti a che la nostra teologia non sia un'ideologia, cercando di renderci consapevoli - e liberi - degli interessi di ogni genere che s'intrecciano al di sotto delle nostre affermazioni teologiche.

    L'ermeneutica del sospetto non l'invenzione di nessun genio filosofico e nemmeno un semplice frutto della criti-ca moderna; in realt ha un fondamento anche evangelico, poich pu riferirsi direttamente alle parole di Ges: Non pu un albero buono dare frutti cattivi (Mt 7,15-20; Le 6,43). Una dottrina che produce frutti dannosi o peccami-nosi non pu essere considerata corretta o veritiera. Non pu essere ortodossia (dottrina corretta) poich in se stessa non neppure ortoprassi (pratica corretta). Molte opinioni e dottrine che abbiamo potuto vedere nel-la storia del cristianesimo non adempiono al minimo eti-co, questa regola d'oro che il Vangelo esprime: Non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te (Mt 7,13; Le 6,31). Ci sentiremmo molto offesi se le al-tre religioni assumessero nei nostri confronti atteggiamenti simili ad alcuni di quelli che noi abbiamo tenuto verso di loro nelle nostre posizioni dottrinali. Dobbiamo sottopor-re nuovamente al giudizio del Vangelo queste dottrine che per tanto tempo abbiamo potuto ingenuamente procla-mare, sottoponendole all'ermeneutica del sospetto e ri-considerandole2 .

    Due osservazioni

    Adottando questa ermeneutica del sospetto, in realt stiamo dando un orientamento non neutrale alla Teologia

    2 Dobbiamo seguire la regola d'oro e concedere all'esperienza reli-

    giosa delle altre grandi tradizioni la stessa presunzione di possibilit di affidabilit cognitiva che reclamiamo per la nostra (Hick, God has Many Nantes, The Westminster Press, Philadelphia 1982, p. 24).

    51

  • delle religioni che stiamo elaborando. Deve essere una teo-logia a partire dall'opzione per i poveri, intendendo con poveri tutto il forte e ampio significato della parola: non solo chi economicamente povero, ma anche colui che culturalmente povero (per essere altro), la persona emar-ginata per ragioni di genere (per essere altra), la razza considerata inferiore, la cultura disprezzata, la classe sfrut-tata, la minoranza emarginata... Dal punto di vista dell'op-zione per i poveri, povero la persona che subisce in-giustizia3. Da questa prospettiva, da questa opzione, che la prospettiva e l'opzione del Dio della Vita e della Giu-stizia, vogliamo costruire dal primo momento la nostra teologia del pluralismo religioso.

    Bisogna anche osservare che questa ermeneutica del so-spetto non si applica solo al carattere ideologico delle dottrine religiose nel campo degli interessi socio-econo-mici-politici, ma in tutti i campi. Per esempio, nel carhpo culturale. La religione , antropologicamente parlando, parte della cultura ed , in buona misura, debitrice del con-testo culturale in cui si storicamente sviluppata. La cul-tura, che nel complesso una sorta di conoscenza inte-ressata, si basa a sua volta su aspetti materiali che la con-dizionano e la rendono possibile, favorendone sviluppi e interpretazioni differenti in funzione delle necessit della vita. Oggi gi molto studiato, da parte dell'antropologia culturale, il legame della religione con questi condiziona-menti materiali e interessi sociali del gruppo umano, sen-za che questo sia di ostacolo al suo carattere al contempo autonomo. Tutto ci anche un aspetto dell'ermeneutica, culturale in questo caso, che non affrontiamo ora, ma che necessario tener in conto. Mediante l'ermeneutica del sospetto, dunque, si pu e si deve evidenziare il possibi-le carattere ideologico e interessato di una dottrina, rispetto a qualunque dimensione della realt: economica, politica, culturale, di genere...4.

    3 J.M. Vigil, La opcin por los pobres es opcin por la justicia y no es

    preferencial, in Rivista Teologica Xaveriana, 49, gen.-mar. 2004, Bo-got. In Enfoque, giugno 2004, Cochabamba. 4 Mary Aquin O' Neill dice, per es., che questa una delle costanti

    nella metodologia della teologia fatta dalle donne. Noi donne ci av-viciniamo ai testi del cristianesimo con un sospetto. Convinte che c' un pregiudizio androcentrico, non possiamo pi accettare semplice-

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    II. Testimonianze antologiche per esercizi didattici in gruppo

    Il Requerimiento (intimazione - ingiunzione) il testo che la Spagna conquistatrice del secolo XVI decise di leg-gere ai capi indigeni per far loro conoscere i titoli che cre-deva legittimassero il suo diritto a im