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GIOVANNI PASCOLI

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GIOVANNI PASCOLI

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NASCE a San Mauro di Romagna (1855)

MUORE a Bologna (1912)

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TENTA DI RICOSTRUIRE IL NUCLEO FAMIGLIARE

EVENTO TRAGICO: assassinio del padre (10 agosto 1867)

LAUREA A BOLOGNA: 1882

INSEGNANTE DI LATINO E GRECO: nei licei di Matera e Massa

LE TRASFORMAZIONI POLITICO SOCIALI DI FINE SECOLO PRODUCONO UNA GRAVE CRISI NEL POETA CHE TROVERA’ LA PACE SOLO RITIRANDOSI A VITA PRIVATA NELLA CASA DI CASTELVECCHIO

SI TRASFERISCE CON LE SORELLE IDA E MARIA

RITORNA A BOLOGNA QUALE SUCCESSORE DI GIOSUE’ CARDUCCI ALL’UNIVERSITÀ –corso di letteratura italiana- 1905)

PUBBLICAZIONE DELLE SUE OPERE PRINCIPALI

La vita (1855-1912)

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San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l'aria tranquilla arde e cade, perché si gran pianto nel concavo cielo sfavilla. Tornava una rondine al tetto: l'uccisero: cadde tra spini: ella aveva nel becco un insetto: la cena dei suoi rondinini. Ora è là, come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; e il suo nido è nell'ombra, che attende, che pigola sempre più piano. Anche un uomo tornava al suo nido: l'uccisero: disse: Perdono; e restò negli aperti occhi un grido: portava due bambole in dono... Ora là, nella casa romita, lo aspettano, aspettano invano: egli immobile, attonito, addita le bambole al cielo lontano. E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereno, infinito, immortale, oh, d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male.

X AGOSTO

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Analisi della poesia: METRICA: sei quartine di decasillabi e novenari alternati. rime alternate (ABAB) con assonanze

FIGURE RETORICHE: • di suono: consonanze-assonanze e enjabement • di sintassi: anafora, iperbato • di significato: metonimia (il suo nido che pigola) e (al suo nido) similitudine (come in croce) arallelismo (tra la rondine e il padre)

TEMI: • La morte in parallelo alla forte sofferenza • Il sentimento di angoscia e di tristezza nei confronti del presente

COMMENTO: Emergono i tre grandi temi della poesia di Pascoli: • Il simbolo del nido • La sofferenza • Il mistero del male

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OPERE

MYRICAE (1891) Raccolta di poesie Temi familiari e campestri Semplicità della poetica (umili tamerici-arbusti)

CANTI DI CASTELVECCHIO (1903) Temi campestri, ma anche i tragici ricordi dell’infanzia

I POEMI CONVIVIALI (1904) Componimenti dedicati a fatti e personaggi dl mito e della storia antica

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POETICA

1)Sensibilità maturata attraverso le tragedie famigliari 2)Attaccamento alla sua terra

3)Di fronte al male del mondo la poesia diventa CONSOLATORIA

4) Compito del poeta è spiegare , attraverso la sua intuizione (fanciulllino) le ragioni profonde dell’esistenza.

5) IL FANCIULLINO: dentro ogni uomo esiste una parte infantile-fanciulla. Il poeta riesce ad ascoltare questa voce con la quale penetra la realtà e scopre i segreti

7) Grazie al fanciullino le cose piccole di ogni giorno hanno un significato SIMBOLICO-ALLUSIVO

6) Il fanciullino guarda il mondo come se fosse la prima volta

8) LINGUAGGIO: importanti la MUSICALITÀ e IL RITMO. Le parole hanno un valore FONICO, scelte per le suggestioni che evocano. I nomi sono precisi, dialettali e anche aulici (plurilinguismo).

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Il lampo

E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, livida, in sussulto;

il cielo ingombro, tragico, disfatto:

bianca bianca nel tacito tumulto

una casa apparì sparì d'un tratto;

come un occhio, che, largo, esterrefatto,

s'apri si chiuse, nella notte nera.

IL LAMPO

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Gemmea l'aria, il sole così chiaro che tu ricerchi gli albicocchi in fiore, e del prunalbo l'odorino amaro senti nel cuore...

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante di nere trame segnano il sereno, e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate, odi lontano, da giardini ed orti, di foglie un cader fragile. E' l'estate fredda, dei morti.

NOVEMBRE

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Il lampo

E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, livida, in sussulto;

il cielo ingombro, tragico, disfatto:

bianca bianca nel tacito tumulto

una casa apparì sparì d'un tratto;

come un occhio, che, largo, esterrefatto,

s'apri si chiuse, nella notte nera.

1. CARATTERISTICHE FORMALI METRICA: La poesia è costituita da 12 versi suddivisi in tre strofe, le quali sono composte da tre endecasillabi e un quinario ciascuna. RIMA: La rima è di tipo alternata (ABAB). Come figura di timbro troviamo soltanto FIGURE RETORICHE • di suono: l’allitterazione per assonanza in “e” e “o” e per consonanza in “s” e in “r”. e in f r g

nell'ultima strofa che tende a riprodurre il suono delle foglie (funzione onomatopeica) • di sintassi: - iperbato: “secco è il pruno”, “stecchite piante”, “vuoto il cielo”, “sembra il

terreno”, “di foglie un cader fragile” anastrofe: “gemmèa l’aria”, “l’dorino amaro senti” • di significato: sinestesia: “cader fragile” e “odorino amaro” - ossimoro: “estate fredda” Il titolo è di tipo interpretativo perché dietro ad una parola si nascondono aspetti che non si comprendono alla prima lettura della poesia, poiché si comprende subito che il titolo si riferisce ad una collocazione nel tempo mentre significa anche il mese nel quale si ricordano i propri cari che sono venuti a mancare

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Il lampo

E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, livida, in sussulto;

il cielo ingombro, tragico, disfatto:

bianca bianca nel tacito tumulto

una casa apparì sparì d'un tratto;

come un occhio, che, largo, esterrefatto,

s'apri si chiuse, nella notte nera.

LAVANDARE

Nel campo mezzo grigio e mezzo neroresta un aratro senza buoi che pare dimenticato, tra il vapor leggero. E cadenzato dalla gora viene lo sciabordare delle lavandare con tonfi spessi e lunghe cantilene: Il vento soffia e nevica la frasca, e tu non torni ancora al tuo paese! quando partisti, come son rimasta! come l’aratro in mezzo alla maggese

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Commento: Lo scenario è la campagna autunnale con i suoi tristi colori e con gli echi della fatica umana: su tale scenario il poeta proietta il suo stato d’animo, smarrito e malinconico. Gli oggetti quotidiani si caricano di significati particolari: l'immagine dell'aratro in mezzo al campo, immagine con cui si apre e si chiude la lirica, diviene simbolo di abbandono e di tristezza. C'è nella poesia un senso di desolazione con cui il poeta esprime la pena del proprio cuore

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Dov’era la luna? ché il cielo notava in un’alba di perla, ed ergersi il mandorlo e il melo parevano a meglio vederla. Venivano soffi di lampi da un nero di nubi laggiù; veniva una voce dai campi: chiù...

Le stelle lucevano rare tra mezzo alla nebbia di latte: sentivo il cullare del mare, sentivo un fru fru tra le fratte; sentivo nel cuore un sussulto, com’eco d’un grido che fu. Sonava lontano il singulto: chiù...

Su tutte le lucide vette tremava un sospiro di vento: squassavano le cavallette finissimi sistri d’argento (tintinni a invisibili porte che forse non s’aprono più?...); e c’era quel pianto di morte... chiù...

L’ASSIUOLO

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CAVALLINA STORNA Lettura della poesia (chiavetta)