Numero 1 2013

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VERONICA MARCHI/ MARIA OLIVERO/ VERDIANA V GARIBOLDI/ GIOVANNI PELI/ FRANCO BAGGIANI/ OUTPUT/ PREMARONE/ REAZIONE ACUSTICA/ LUIGI MARIANO/ FEDERICO CIMINI/ CAR QUEEN KILLERS / KOAN / VERDIANA V GARIBOLDI/ PERFECT BREED / THE SKRAPS / MARCO D’AMBROSIO/CATTIVO COSTUME/ PIERPAOLO SCURO /LA BANDA DEL TARANTINO /NEWS/ RECENSIONI... Web-zine indipendente fondata nel 2007. Fanzine ufficiale anno 1 N°1 info e contatti www.suonidelsilenzio.blogspot.com [email protected]

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interviste e recensioni di musica rock e affini:ILA, ILENIA VOLPE, LA MENADE, VERONICA MARCHI, MARIA OLIVERO, VERDIANA V GARIBOLDI, GIOVANNI PELI, FRANCO BAGGIANI, OUTPUT, PREMARONE, REAZIONE ACUSTICA, LUIGI MARIANO, FEDERICO CIMINI, KOAN, CATTIVO COSTUME, LA BANDA DEL TARANTINO...

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VERONICA MARCHI/ MARIA OLIVERO/ VERDIANA V GARIBOLDI/ GIOVANNI PELI/ FRANCO BAGGIANI/ OUTPUT/

PREMARONE/ REAZIONE ACUSTICA/ LUIGI MARIANO/ FEDERICO CIMINI/ CAR QUEEN KILLERS / KOAN /

VERDIANA V GARIBOLDI/ PERFECT BREED / THE SKRAPS / MARCO D’AMBROSIO/CATTIVO COSTUME/

PIERPAOLO SCURO /LA BANDA DEL TARANTINO /NEWS/ RECENSIONI...

Web-zine indipendente fondata nel 2007. Fanzine ufficiale anno 1 N°1 info e contatti www.suonidelsilenzio.blogspot.com [email protected]

Page 2: Numero 1 2013

Pagina 2

SUONI DEL SILENZIO

Fanzine indipendente di musica

anno 1numero 1

(nuova serie 2013) .

Collaboratori :

Antonio Di Lena, Vincenzo Calò,

Rosario Magazzino, Gabriele Casale,

Gianluca Distante e Andrea Corvino.

Grafica a cura di Antonio Di Lena.

Info e contatti:

[email protected]

oppure visitate il sito

all’indirizzo

www.suonidelsilenzio.blogspot.it

“URGENTE” La redazione di

“Suoni Del Silenzio”

cerca collaboratori per la

fanzine.

Contattate la

redazione a :

[email protected]

I S T R U Z I O N I P E R L ’ I N V I O D I M A T E R I A L E

SONORO E PROMOZIONALE ALLA REDAZIONE:

I supporti sonori e audiovisivi (CD, LP, DVD) i libri e il materiale

promozionale in genere prima di essere inviati alla redazione si prega di

contat tare la redaz ione de l l a fanz ine a l l ’ i nd i r i zzo

[email protected] dopodiché in base al materiale che intendete

inviare vi forniremo le coordinate d’invio, non verranno pubblicate

recensioni di materiale che sarà arrivato in redazione senza biografia del

gruppo e breve storia del lavoro compiuto. Si avvisa inoltre che all’indi-

rizzo www.suonidelsilenzio.blogspot.it verranno pubblicate tutte le

recensioni solo dopo 1 mese dalla pubblicazione del numero corrente in

edicola.

Eccoci qui, dopo un'estate di

selezioni di articoli, news e re-

censioni finalmente avete tra le

vostre mani il primo numero

ufficiale cartaceo di “Suoni del

Silenzio”. Un’estate di lavoro,

scelte e precisazioni, per non

lasciare nessuno degli articoli

che dal 2007 sono comparsi

sulle nostre varie piattaforme

web (my space, facebook,

blogspot e dominio ndr.) fuori

dal giro. Abbiamo osato 52 pa-

gine per la nostra fanzine, e

sarà così per i prossimi numeri

che usciranno bimestralmente.

Le porte della nostra fanzine

sono aperte a tutti coloro che

vorranno pubblicare o inviarci

news, live, recensioni di cd,

libri, film, mostre, eventi cultu-

rali, radio, web tv e anche altre

fanzine non per forza musicali,

per uno scambio di idee e ma-

gari un progressivo migliora-

mento della fanzine stessa. Ri-

badisco il mio invito a tutte

quelle attività che vogliono o

vorrebbero contribuire alla di-

vulgazione di Suoni del Silenzio

in primis alle edicole e alle libre-

rie, potete contattarci alla mail

[email protected], lo

stesso indirizzo vale per le

band, scrittori, registi e artisti

in genere se vogliono essere

recensiti o intervistati. Il nostro

sito rimane sempre lo stesso

www.suonidelsilenzio.blogspot.c

om aiutateci a farli raggiugere i

50.000 contatti prima di fine

anno sarebbe una grande im-

presa, detto questo buona lettu-

ra a tutti

Antonio Di Lena

(fondatore Suoni del Silenzio)

Page 3: Numero 1 2013

Pagina 3

NEWS

RECENSIONI

INTERVISTE

DVD

LIBRI

LIVE

INFO

[email protected]

Page 4: Numero 1 2013

Pagina 4

NEWS 6/7

GIOVANNI PELI 8

OUTPUT 9

PREMARONE 9

FRANCO BAGGIANI 9

VERONICA MARCHI 10

REAZIONE ACUSTICA 10

LUIGI MARIANO 11

FEDERICO CIMINI 12

CAR QUEEN KILLERS 13

MARIA OLIVERO 13

ILENIA VOLPE 14/15

ILA 16

KOAN 17

LA MENADE 18/19

VERDIANA V GARIBOLDI20/21

PERFECT BREED 22

THE SKRAPS 22

MARCO D’AMBROSIO 23

MAX GAZZE’ (ANALISI DEI TESTI) 23

CATTIVO COSTUME 24

PIEPAOLO SCURO 25

LA BANDA DEL TARANTINO 26

POESIE 27

A BEAUTIFUL MIND 27

RECENSIONI 27/51

GIOVANNI PELI PAG.8 LUIGI MARIANO

PAG 11

FRANCO BAGGIANI PAG.9

FEDERICO CIMINI PAG.12

Page 5: Numero 1 2013

Pagina 5

MARIA OLIVERO PAG 13

ILENIA VOLPE PAG. 14/15

ILA PAG.16

LA MENADE PAG.18/19

PIERPAOLO SCURO PAG.25 MAX GAZZE’ (ANALISI DEI TESTI) PAG.23

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Pagina 6

*I Nightwish pubblicheranno il 29 novem-

bre per la Nuclear Blast il nuovo DVD

"Showtime, Storytime".

Questo sarà disponibile in formato 2 CD

digipack, 2 LP, in edizione limitata 2 Blu-ray

+ 2 CD digipack e 2 DVD + 2 CD digipack.

*Il frontman degli AS I LAY DYING Tim

Lambesis sarà processato con l'accusa di

aver assoldato un killer per uccidere la sua

ex-moglie. Lo ha deciso la corte di San Die-

go nella giornata di ieri, quando il giudice

Robert Kearney ha stabilito che ci sono suf-

ficienti prove a carico del cantante per pro-

cedere con il giudizio.

*E' stato un week end turbolento per Carlos

Santana, che venerdì sera ha subito un

incidente d'auto uscendone, per fortuna,

illeso. Il chitarrista si trovava a Las Vegas

ed era alla guida del proprio veicolo. Secon-

do quanto riportato dalla Polizia locale, San-

tana era da solo sulla propria auto, che

all'interno di un parcheggio è andata a col-

pire un altro veicolo, dove, per fortuna, non

c'era nessuno a bordo. L'altra auto era fer-

ma e la macchina di Carlos Santana, evi-

dentemente, non andava a forte velocità,

per cui tutto si è risolto soltanto con un

bello spavento per il musicista. Brutte noti-

zie, invece, per i paparazzi assetati di gos-

sip: nessuno scandalo di alcol e droga qui è

in corso. Il musicista, secondo quanto ripor-

tato dalle autorità locali, non era sotto l'in-

fluenza di nessun tipo di sostanza: l'inciden-

te è stato solamente frutto di stanchezza o

una disattenzione.

Santana non era impegnato in uno show

venerdì sera, ma si trovava a Las Vegas per

una serie di eventi in corso in questo perio-

do: il chitarrista è infatti impegnato in una

residency all'House of Blues del Mandalay

Bay Hotel di Las Vegas, per una serie di live

che si tengono tutti all'interno del locale.

Santana è recentemente stato in concerto

anche in Italia, per tre live che hanno in-

fiammato il pubblico. Il tour e gli eventi in

residency sono probabilmente un ottimo

modo, per Santana, per affilare le sue corde

prima di un nuovo importante appuntamen-

to. L'artista ha infatti annunciato la pubbli-

cazione di un nuovo album di inediti, che

arriverà nei negozi nel 2014, con la parteci-

pazione dei membri originali della formazio-

ne con la quale il chitarrista 66enne, reduce

dallo storico Festival di Woodstock e da 10

Grammy Awards, ha mosso i primi passi nel

mondo della musica. Il disco, attualmente

in fase di lavorazione, sarà composto da

brani inediti.

*I cechi INFERNO pubblicheranno il nuovo

album "Omniabsence Filled By His Great-

ness" il 24 settembre su etichetta Agonia

Records. Il disco è stato registrato, mixato

e masterizzato presso i Necromorbus Studio

da Tore Stjerna, mentre la Fenomeno De-

sign ha curato il packaging.Ecco la tracklist

dell'opera, e a seguire un trailer introdutti-

vo:'Pervasion''The Firstborn From Murk''The

Funeral 'Of Existence''Revelations Through

The Void''The Vertical Fissure Of The Most

Distant End''Metastasis Of Realistic Visions'

*"Back To The Front", il decimo album degli

svedesi ENTOMBED, è stato posticipato a

causa di alcuni "imprevedibili problemi tec-

nici", dal 29 ottobre all'inizio del 2014.

*I RUSH hanno svelato i dettagli del loro

nuovo album dal vivo, la prima pubblicazio-

ne dopo l'introduzione nella Rock And Roll

Hall Of Fame."Rush: Clockwork Angels

Tour" sarà pubblicato su etichetta Anthem/

Roadrunner Records il 19 novembre, men-

tre la versione DVD sarà edita da Anthem/

Zoe Vision/Rounder.L'opera immortala il

concerto dello scorso novembre all'Ameri-

can Airlines Arena di Dallas, ed avrà la se-

guente tracklist:Set One:01. Subdivi-

sions02. The Big Money03. Force Ten04.

Grand Designs05. The Body Electric06. Ter-

ritories07. The Analog Kid08. Bravado09.

Where's My Thing?/ Here It Is! (drum solo)

10. Far CrySet Two:11. Caravan *12. Cloc-

kwork Angels *13. The Anarchist *14. Car-

nies *15. The Wreckers *16. Headlong

Flight */ Drumbastica (drum solo)17. Peke's

Repose (guitar solo)/ Halo Effect *18. Se-

ven Cities of Gold *19. Wish Them Well

*20. The Garden *21. Dreamline *22. The

Percussor (I) Binary Love Theme (II)

Steambanger's Ball (drum solo)23. Red

Sector A *24. YYZ *25. The Spirit Of Ra-

dioEncore:26. Tom Sawyer27. 2112Bo-

nus:28. Limelight (soundcheck recording)

29. Middletown Dreams30. The Pass31.

Manhattan Project ** With the Clockwork

Angels String EnsembleSpecial Features

(Blu-ray/DVD only)* Can't Stop Thinking

Big (25-minute tour documentary)* Behind

The Scenes (featuring Jay Baruchel)* Out-

takes* Interview With Dwush* Family Goy*

Family Sawyer* The Watchmaker

(intermission tour film)* Office Of The

Watchmaker (closing tour film).

*I tedeschi PRIMAL FEAR hanno iniziato il

mixing del loro nuovo album con Jacob

Hansen presso i suoi Hansen studio di Ribe.

Il disco sarà pubblicato a gennaio su eti-

chetta Frontiers Records.

*Parlando con Metal Kaoz, il leader dei

DOWN Philip Anselmo ha dichiarato che la

band ha già pronta una nuova canzone del

nuovo EP, previsto per il primo quadrime-

stre del 2014.Per quanto riguarda il suo

nuovo progetto solista, invece, ha affermato

che con i THE ILLEGALS ha finito di mixare

il nuovo EP, definito "molto diverso" dall'al-

bum "Walk Through Exits Only" e in vendita

durante il prossimo Housecore Horror Film

Festival alla fine di ottobre.

Page 7: Numero 1 2013

Pagina 7

È tutto pronto

per la quarta

ed iz ione de l

ROCK HARD FE-

STIVAL ITALIA,

dove anche que-

st'anno vedremo

alternarsi sul

palco del LIVE

CLUB di Trezzo

sull’Adda band

della scena na-

zionale ed inter-

nazionale. Come

sempre la ker-

messe sarà ricca

show esclusivi e

p e r f o r m a n c e

irripetibili per la gioia dei Metalheads italiani. Di

seguito gli orari delle esibizioni: SODOM

(exclusive Italian show)23:30 TANKARD

(exclusive Italian show)21:55 ASPHYX (exclusive

Italian show)20:35 ATTACKER19.25 CRIPPLE BA-

STARDS (“Misantropo a senso unico” special

show)18:20 DEATH MECHANISM (Feat. BULLDO-

ZER)17:25 NATIONAL SUICIDE16:40

ASGARD15:55 AGONY FACE15:10 Apertura Can-

celli: 14:30 ROCK HARD FESTIVAL ITALIA 2013.

Nell’area estiva, appositamente attrezzata anche

in caso di maltempo oltre a punti di ristoro e area

lounge, sarà presente un vero e proprio METAL

MARKET con stand di di dischi, merchandise e

rarità e non mancheranno i vari media partner

dell'evento: ROCK HARD ITALIA, PUNISHMENT

18,FOAD RECORDS,SCARLET RECORDS,YAMA

TATTOO STUDIO,PRIMRODIAL PAIN,MY GRA-

VEYARD PRODUCTIONS,JOLLY ROGER RE-

CORDS,TSUNAMI EDIZIONI,EMP Mailorder Ita-

lia,METALITALIA.com,TRUEMETAL.it ….e molti

altri! Il LIVE MUSIC CLUB è provvisto di ampi par-

cheggi gratuiti e un ristorante al piano superiore,

dal quale è possibile assistere direttamente al

concerto. BIGLIETTI Il costo del biglietto in pro-

mozione è di 30 € più diritti di prevendita. Prezzo

in cassa € 35 Le prevendite sono disponibili attra-

verso i seguenti circuiti e rivendite autorizzate:

TICKET ONE M@ILTICKET LIVE CLUB TICKET VI-

VATICKET Sabato 14 Settembre 2013 ROCK

HARD FESTIVAL ITALIALIVE CLUB Viale Mazzini

58 Trezzo Sull’Adda (MI) SODOM, TANKARD,

ASPHYX, ATTACKER, CRIPPLE BASTARDS, DEATH

MECHANISM, NATIONAL SUICIDE, ASGARD, AGO-

NY FACE ROCK HARD ITALY Official Web Si-

te:www.rockharditaly.com Special Media Partner:

Metalitalia.comwww.metalitalia.com Official Event

Partner: EMP Mailorder Italia www.emp-online.it

Supported by:Yama Tattoo Studio Primordial Pain

tattoo LIVE MUSIC CLUBwww.liveclub.it

I FAUST cercano

batterista in vista dei

prossimi impegni live in Italia e

all'estero previsti per il 2013/2014.

Le audizioni sono aperte a tutti; chi

è interessato può inviare un'email

a: [email protected] FAUST:

w w w . d e a t h m e t a l . i t M S A :

www.musicsolutionsagency.it

Abbiamo bisogno al più presto di un nuovo chitarrista, tutte le info sulla band, sul

genere e ascolti sono disponibili sulla nostra pagina www.facebook.com/

BleedingZero SI RICHIEDE: -serietà e impegno -preparazione tecnica adeguata ad

un repertorio metal non tecnicissimo, ma di una certa complessità -capacità di

leggere la musica e/o i tab -uso guitar pro 6 o disponibilità ad iniziare ad usarlo

(possiamo fornire noi il programma) -disponibilità per 2 prove al mese in cui con-

solidare insieme il lavoro sui brani svolto individualmente a casa nel tempo libero -

preferibile -ma non indispensabile- accordatura in Re o 7 corde. La band possiede

un repertorio composto da pezzi propri e alcune cover, ha registrato un promo EP

che è in fase di mixaggio e sta lavorando a nuovi brani. L'obiettivo è suonare il più

possibile ovunque si riesca, promuoversi il più possibile sfruttando il materiale re-

gistrato e il web, registrare nuovo materiale in futuro. Siamo tutti nell'area Prato/

Pistoia, ma non abbiamo problemi a spostarci per le prove. Ci teniamo a precisare

che questo non è un progetto messo su per divertirsi alla buona. Certo il diverti-

mento è una parte principale di quello che facciamo, ma ci piace lavorare in modo

professionale, condividendo obiettivi ed impegnandoci al meglio per conseguirli.

Contattateci se veramente interessati su FB o per email: in-

[email protected]

Page 8: Numero 1 2013

Pagina 8

INTERVISTA A CURA DI

VINCENZO CALO'. Arti-

sticamente, in che con-

siste la tua tenacia? Mi

piace l'idea di creare un

piccolo mondo, dove coe-

sistano i contrasti, ad

imitazione del mondo in

cui vivo. Ho cominciato a

scrivere da ragazzino e a

registrare canzoni speri-

mentando la "messa in

scena sonora" di esse

nell'ormai lontano 2001.

Da allora ad ogni produ-

zione faccio un passo in

avanti sotto molti punti di

vista e questo è il modo

in cui la mia tenacia si

manifesta. Altro aspetto è il confronto costante con le persone, il

pubblico, gli altri artisti. Nel 2012 sono giunto al primo album uffi-

ciale, il nuovo salto in avanti l'ho compiuto grazie alla produzione

artistica di Stefano Castagna, all'aiuto di un grande musicista come

Silvio Uboldi e alla fiducia che mi ha dato Paolo Bruno della Kandin-

sky Records. In quale genere musicale ti rispecchi maggior-

mente o precisamente? In esso come scindi il dolce dall’a-

maro, la leggerezza dall’impegno? Data la mia frequentazione

anche in ambiti letterari e la mia grande passione per la poesia, il

genere musicale in cui mi rispecchio maggiormente è la canzone

d'autore, perché mi piace pensare che una canzone sia una sorta di

mini-opera lirica in cui la melodia, l'arrangiamento, l'interpretazione

vocale e le sonorità siano la "messa in scena sonora" del testo. Mol-

to spesso ascolto, e fino a pochi anni fa sperimentavo anche suo-

nando, altri generi musicali. Per un periodo mi sono dilettato anche

nella musica contemporanea, ambito che poi ho frequentato come

scrittore di testi per amici compositori, mi interessano molto le spe-

rimentazioni della musica elettronica e tento di aggiornarmi il più

possibile sulle infinite e sfuggenti diramazioni in generi e sottogene-

ri della musica leggera underground. Tuttavia ogni volta che trovo

qualcosa di interessante penso subito a come poter utilizzare l'idea

all'interno di una struttura-canzone. Credo che scegliere la canzone

sia già di per sé una dichiarazione di leggerezza. Scegliendo un'arte

"pop" si dichiara il desiderio di essere ascoltati da tutti, la disponibi-

lità a voler essere presi in considerazione da chiunque abbia 3 mi-

nuti, al massimo 4 (credo che sia la durata perfetta di una canzo-

ne). La leggerezza insita in quest'arte e nelle sue regole di base dà

la possibilità di agire "per contrasto" con gli ingredienti che la com-

pongono: melodia/armonia, struttura, testo, arrangiamento. Il mio

singolo "Tutto quello che fai" per esempio è una specie di gioco con

certi cliches del rock classico, la cui "rocciosità" rende vitale ed

energico un testo che è cantabile da un punto di vista sonoro ma

sicuramente ostico nel contenuto, disperato e nichilista, che privile-

gia la comunicazione "per immagini" anziché uno stile diretto e pro-

sastico (stile che di solito rifuggo). Riesci a richiamarti all’ordine

durante un’esibizione, se sì in che momento e a quale scopo?

In realtà penso che in un'esibizione si debba essere sempre "in or-

dine", da lì poi lo show può assumere nuovi ed in attesi sconfina-

menti… col mio nuovo progetto ho la fortuna di avere una band di

grandi musicisti che mi permettono una libertà espressiva notevole

e posso sconfinare a piacimento. Molto dipende anche dal pubblico,

i concerti sono sempre imprevedibili e la tensione emotiva che sca-

turisce da certe "variabili" è la cosa più divertente del suonare in

pubblico. I critici quando si devono pulire la bocca? Cosa vuol

dire essere generosi oggigiorno? Non so se ho capito bene la

domanda… trovo che molti critici si affidino alla moda del momento

e non siano molto "liberi" nonostante lo confessino spesso. Credo

che i critici debbano badare alla sostanza e all'autenticità di una

proposta, e solo in seconda istanza alla "confezione". La generosità

è naturale per un artista autentico, non è questione di prolificità ma

di sincerità… la questione è: "sono un artista dalla nascita, faccio

del mio meglio, prendere o lasciare". E non è affatto presunzione

tutt'altro, concerne l'accettare come si è e camminare così nel mon-

do, è una cosa umile in realtà, è un mettersi a disposizione. Penso

che l'esigenza comunicativa di un artista sia simile a quella di tutte

le persone (l'artista non è un marziano) quando hanno bisogno di

confrontarsi, di appagare la curiosità che spinge a mettersi in rela-

zione con le altre persone. Diciamo che l'artista ha un ulteriore mo-

do di comunicare, credo che l'arte sia un modo per trasferire emo-

zioni a più persone contemporaneamente. Discograficamente si

produce per causa d’interesse generale? La domanda va fatta

ai discografici, credo che le cose più interessanti siano prodotte

anche per questo, può essere una motivazione sincera che nasce

dalla pura passione per la musica. Credo sia bellissimo. Sono tempi

duri in cui è difficile mettere insieme passione e business. E’ possi-

bile voltare pagina coi sentimenti? Tutto è possibile con i senti-

menti perché sono completamente assurdi. La quotidianità sta

scivolando verso l’oblio del precariato per ricreare malcostu-

me? Il malcostume non ha bisogno di essere ricreato. Sicuramente

alcune caratteristiche della società contemporanea non favoriscono

l'estinguersi del malcostume. Non si affaccia un futuro roseo per

molte persone giovani e non più tanto giovani. Credo comunque

nonostante abbia avuto alcune derive di simpatia verso la cosiddet-

ta "antipolitica", la soluzione debba ancora venire dalla politica, una

volta però che essa abbia davvero fatto i conti con l'opinione pubbli-

ca, e ciò purtroppo in Italia non è affatto scontato, dato che è con-

fusa perfino l'identità stessa dell'opinione pubblica. Il rinnovamento

che auspico della politica partitica italiana sta proprio in una nuova

relazione con la società civile. Potrebbe essere un ottimo punto di

partenza per affrontare la realtà nel breve periodo. Non è affatto

scontato che in Italia stiano bene soltanto i ricchi. Non è scontato

che si debba essere raccomandati. Molte situazioni sono aggravate

dalla remissività, dalla pigrizia fisica e mentale, la storia insegna

che si può cambiare (perfino in meglio!). Come ti metti a disposi-

zione del mondo virtuale, in che occasione lo consideri reale?

Il virtuale è una piccola porzione del reale, i due mondi non sono in

contrasto. Mi piace usare i social network, e attraverso di essi ho

conosciuto molte persone e la cosa mi ha arricchito sia dal punto di

vista umano che artistico. Penso che sia un'ottima possibilità da

sfruttare al massimo come molte altre non associabili ad un moni-

tor. Sicuramente essere invasi da informazioni artistiche o di altro

tipo può generare ulteriore confusione (ed anche noia) ma credo

per così dire che si debba sparare nel mucchio, puntare anche sulla

quantità e sulla libertà, sia come fruitore che nel propormi. Penso

inoltre che la rete possa stimolare la creatività, attraverso l'uso

contemporaneo dei blog e dei social network un artista può definire

anche meglio la sua immagine che è strettamente collegata alla sua

modalità comunicativa, non solo in senso artistico ma anche nel

senso del puro relazionarsi.

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Pagina 9

L ' u s c i t a d e l l a b u o n a m u s i c a

Gli Output nascono come band nel settembre 2012, ad opera di

Antonio Ribezzo, Andrea Lippolis, Lorenzo De Tommaso e France-

sco Benizio, questo gruppo formatosi nella città pugliese di Fran-

cavilla Fontana ci ha deliziato con delle performance davvero otti-

me, ribaltando e facendo riscoprire della buona musica. Questo

quartetto ha fatto suoi più generi dal blues al heavy metal propo-

nendo delle ottime cover di grandi artisti rock come Hendrix a

gruppi come Deep Purple ma anche reinterpretazioni di ballate

classiche come what a wonderful world di Louis Armstrong, ma

questo gruppo di ragazzi non sono solo bravi a proporre cover,

hanno scritto e proposto al pubblico 3 stupende canzoni con temi

scottanti e azzeccatissimi per un period o c o m e q u e l l o v e n t

u r o ! La band ha inoltre avuto a che fare con qualche live dove è

riuscita a farsi un nome e ad affermarsi. Cosi quando vedrete un

volantino fra le strade dovreste pensare che sarebbe opportuno

f a r e u n s a l t o a v e d e r l i !

Andrea Corvino

Associazione Musicisti Riuniti...La vostra denominazione pre-

suppone che un tempo eravate divisi...? Diciamo che non era-

vamo associati in una causa comune per lo sviluppo della musica

creativa anche se a Firenze essere divisi è uno sport secolare, da

centinaia di anni ci facciamo la guerra fra parrocchie a scapito

dell'interesse comune, vecchia malattia fiorentina e piu in generale

italiana. Checco Zalone spiritosamente sostiene che il Jazz

alla lunga è una rottura di..., è vero? Assolutamente no, il Jazz

se ascoltato e capito diventa qualcosa da cui non puoi staccarti e

alla lunga gli altri generi diventano poca cosa, poi parlare di Jazz

significa parlare di un oceano di musiche anche diverse fra loro,

ormai la parola Jazz è superata dai tempi. Scusate se insisto a

trarre spunto dal pensiero di questo comico che oggi fa ten-

denza, ma è vero che ai jazzisti è concesso stravolgere una

qualsiasi partitura tanto il risultato che ne consegue verrà

sempre ritenuto di assoluto rilievo, come se l'ascolto fosse

pervaso da un'atmosfera prestabilita? Questo comico farà an-

che tendenza ma dice cose che non condivido affatto, il Jazz o l'Im-

provvisazione se sono di rilievo si sentono, idem se sono cose fatte

con i piedi, quindi il bravo jazzista ottiene un bel risultato, l'incapa-

ce un brutto risultato, occorre però essere preparati per capire la

differenza. Come si percepiscono le rivoluzioni? Spesso in ritar-

do e all'inizio con irritazione, ogni grande rivoluzionario è in netto

anticipo sui tempi. Per un'artista il gesto più atroce equivale

alla reazione più inaspettata del pubblico? Non necessariamen-

te, a volte può essere il contrario. Il Passato è passato? Sì sem-

pre, ma mai dimenticarlo e non farne tesoro, chi sputa sul Passato

sputa sul Futuro. Avete mai baciato uno strumento che posse-

devate, che tenevate in mano, aldilà della Musica? Sì certo, la

mia tromba l'ho baciata spesso, è un gesto d'Amore per la Musica.

INTERVISTA A CURA DI VINCENZO CALO’

Ragazzi, cosa celate dietro

ogni passo? Incubi, fantasmi,

calcoli. Di cos'è infestata la

musica? Dell'indifferenza e

dello spirito del tempo. Esi-

bendovi puntate alla perfe-

zione? No. Puntiamo alla

compenetrazione tra perfor-

mance, performers, performed

e spectators. Mai vissuto in

prolungato ritiro spirituale?

Uno di noi sì. Ha vissuto un'e-

sperienza mistica non religiosa

che ha portato grande proficuità. Vi siete mai sentiti impediti di

qualcosa? Impediti di impedire a qualcuno una qualsiasi coercizio-

ne. Da cos'è dovuto il permesso di disturbare secondo voi?

Dalla volontà. Trovate strano il mio interesse per voi? Sì. In

conclusione, pensate che vi prendiate eccessivamente? Sicu-

ramente non sul serio. I PremarOne sono su MySpace...! INTERVI-

STA A CURA DI VINCENZO CALO’

Page 10: Numero 1 2013

Pagina 10

L’ispirazione può venire condannata al buonsenso? Ti è capitato

di prendere delle difficili decisioni artistiche? Più che altro si ri-

schia qualche volta di autocensurarsi, per paura di dire la verità. A me

è capitato qualche volta, e trovo che sia liberatorio riuscire a centrare il

bersaglio, dire quello che si pensa, quello che si sente davvero... Im-

presa ardua. Nel mondo della musica, i risvegli epocali vanno

pretesi ad ogni costo? La loro lentezza dipende da fin troppi

riferimenti esterni? Di chi ci dobbiamo ancora stupire? Secondo

me bisogna partire dal presupposto che siamo tutti diversi, per forza.

Non c'è clonazione, si rischia qualche volta di desiderarla imitando dei

modelli, ma ognuno di noi metterà sempre qualcosa di nuovo in quello

che fa proprio perché siamo tutti diversi l'uno dall'altro. A me non spa-

venta l'idea che il meglio sia già stato inventato, non perché mi accon-

tenti di non poter essere ad esempio Paul McCartney, ma perché sono

felice di chi sono io. Secondo te come si ottiene un rapporto equi-

librato, continuativo con la parola cantata? Amandola, come tutte

le cose della vita. Devi essere pronto a soffrire, a offrire. come in Amo-

re. Mentre suoni uno strumento quando perdi la cognizione del

Tempo? Totalmente, è l'unico momento in cui mi eclisso. Non si è

mai troppo grandi per…? ... tornare a studiare...! La tua composi-

zione necessita di un contesto abitativo? Sì assolutamente, più

come luogo della scrittura in sé. Le idee partono camminando, corren-

do, guidando, ma poi le devo necessariamente vomitare in casa, sedu-

ta sulla scrivania. Credi che le vie di entrata e di uscita dal suc-

cesso coincidono? Dipende da cosa si intende per "successo", perché

per me il successo è sentirsi soddisfatti e appagati in quello che si fa,

quindi perché uscirne? Fino ad oggi ce ne sono successe di tutti i

colori da non trovare più un elemento compensatorio? C'è sem-

p r e u n m o d o p e r r i m e d i a r e .

INTERVISTA A CURA DI VINCENZO CALO’

Si può fare Arte con fermezza e deter-

minazione, essa può valere un impegno

educativo, o è meglio andare sempre a

sensazione? Si, si può fare, ma spesso è

anche una decisione sofferta, perché, prima

di tutto, è un istinto, un bisogno, e se diven-

ta poi Dipendenza e Passione allora non si

fanno calcoli e progetti. Farà parte

della tua vita. Sicuramente tutto ciò

ha un impegno Formativo personale

e può educare comunicando e facen-

do continuare a sperare in qualcosa

di vero. Per il resto, le sensazioni e

l’intuito sono l’unica possibilità per

l’emozioni. Preferite spendere o

risparmiare il generico? Se non si

spende è inutile risparmiare. Crede-

te che ci stiamo avvicinando al

punto di meritare una condanna

unanime a cosa? Alla rassegnazio-

ne che abbiamo davanti alle imposi-

zioni dei governanti europei e nazio-

nali. Aprite la finestra e…? Respiro, spero

che ci sia il Sole. Vi si riconosce sul palco

a effetto immediato? Beh, questo non lo

sappiamo. Basta che l’effetto sia vero e for-

te. Su cosa state a discutere principal-

mente in sala registrazione? Su cose

secondarie alla natura delle canzoni. Co-

munque, dopo tutto, comprese le discussio-

ni, vince la Reazione! Siete certi della

qualità del vostro pubblico? Se sono ve-

nuti a sentirci suoniamo per loro e diamo il

massimo. Vi sentite seguiti? Né seguiti, né

perseguitati. Siamo felici quando le persone

ci danno una possibilità, ci ascoltano e com-

prendono la nostra musica… solo questo.

Cosa succede prima e dopo una vostra

esibizione? La cosa migliore del Prima di

solito è la cena insieme, la cosa peggiore del

Dopo è caricare gli amplificatori in macchina.

L’affetto degli amici ci aiuta sempre Prima e

Dopo. Mai avuto problemi con i diritti

d’autore, basta avere un’etichetta di-

scografica? Quali Diritti ?!? Cosa consi-

gliate in tal senso a chi è agl’inizi? Go-

deteveli… il resto è da scoprire. Le famiglie

vi supportano? Sempre. Sempre. Sempre.

intervista a cura di Vincenzo Calò

Page 11: Numero 1 2013

Pagina 11

Secondo te un attentato alla musica in

cosa consisterebbe? E’ già avvenuto e non

ce ne siamo accorti? L’attentato alla musica,

in particolare in Italia, è già in atto da decenni.

E’ lo spogliarla quasi completamente dal suo

valore culturale. E’ lo strumentalizzarla per fini

diversi rispetto al suo valore profondo. E’ l’uti-

lizzarla non per ciò che è, ma per riempire altri

contenitori vuoti, usa e getta, come alcuni

palinsesti radio o TV che devono fare audien-

ce, rincoglionendo bene la gente. La musica è

anche spettacolo, a volte. Ma non può essere

solo spettacolo. La musica è cultura. Anche la

musica popolare è cultura, non è uno show

televisivo che deve rispondere a un direttore di

rete ignorante, che dipende magari pure da un

politico o da un imprenditore senz’anima.

Ascoltarti vuol dire ancora cercare di ca-

pirti, interpretarti? La musica d’autore fa

ancora parlare? Fa parlare le nicchie. Le

nicchie cercano sì ancora di capire, di interpre-

tare, per fortuna. Le nicchie ancora sono vive

e vegete, discutono, fanno ragionamenti intel-

ligenti. Ma rischiano di restare appunto troppo

isolate e di perdersi nel vento. La musica d’au-

tore è in forte crisi di mercato. “Il mercato è il

Demonio, il mercato è Dio” (cit.). Quando la

cultura, come per esempio nei mitici anni ’70,

era al centro dei movimenti e degli interessi

sociali, civili e politici di un periodo o di un

intero Paese, allora la musica d’autore, sia

impegnata e sia non impegnata ma comunque

poetica, era una musica popolare e dunque

anche commerciale. E nessuno poteva avere

paura (come invece ora) della parola

“commerciale”, perché tanto quel

“commerciale” rappresentava la qualità. Era

persino trendy. La gente “tendeva” verso un

interesse vivo, anche intellettuale, ma nel

senso non pesan-

te del termine. E

quindi tutto era

permeato di in-

telligente vivacità

creativa. Gli anni

’80, soprattutto

in Italia, hanno

purtroppo portato

piano piano tante

inversioni di ten-

denza, fino al

piattume odierno,

i n c u i i l

“commerciale” è

ormai diventato

sinonimo di spaz-

zatura. Io, da

sognatore, auspi-

co sempre dentro

di me un ritorno

della cultura al

centro degli inte-

ressi del mio Paese: a questo corrispondereb-

be subito una straordinaria rinascita anche

della canzone d’autore in termini di maggiore

visibilità. E farebbe bene a tutti. Andare be-

ne, andare per la maggiore… che diffe-

renza c’è? La stessa che ci può essere tra il

viaggiare a buona velocità, al volante di una

ben sicura 1600 di cilindrata, e il viaggiare

invece a 280 km/h, bellissimi e fiammeggianti,

su una Porsche. Rischiando di schiantarsi alla

prima curva pericolosa per eccesso di esalta-

zione del momento. Preferisco andare bene.

Andare per la maggiore mi fa pensare a un

qualcosa di inebriante ed eccitante, ma che ha

spesso il sapore dell’effimero. Non m’interes-

sa. Io sono per i viaggi sicuri e molto lunghi, in

cui si costruisce qualcosa di profondo che pia-

no piano resta e sedimenta nel tempo. Le

fiammate improvvise e allucinate, seguite

spesso dall’oblio, non fanno parte dei miei

gusti, né forse delle mie tendenze caratteriali

o artistiche. La canzone della Vita…? Per-

ché? Non ce l’ho. O forse ne ho avute troppe,

nel tempo. Le canzoni della Vita cambiano,

può anche darsi che a 5 anni fosse “Dolce

Remi”, chissà. E’ tutto un flusso, un liquido

che si sposta, non un pezzo di ferro. E’ tutto

un fiume. La prima canzone della Vita che mi

viene ora in mente è “Something in the night”

di Bruce Springsteen, perché quel testo sono

(stato?) io fino all’ultima parola, per decenni.

Ma è solo un granello tra le tante Canzoni della

mia Vita. L’apprendimento artistico deriva

di più dagli aspetti formali o da quegl’in-

formali? Dista o no dal proporsi in manie-

ra professionale? Insegno pianoforte a molti

allievi alle primissime armi, ma solo musica

leggera, in genere pop-rock-blues (non potrei

mai insegnare la classica, che non conosco). E

mi sono accorto che per molti ragazzi appas-

sionati di musica leggera l’aspetto formale o

palloso dell’impostazione classica è a volte un

rischio che non ci si può permettere di correre.

Le mie orecchie sono piene zeppe di storie di

ragazzi amanti della musica leggera che hanno

abbandonato lo studio del pianoforte per so-

pravvenuto reale “sfinimento” e noia, dovuto

al tipo di insegnamento, d’impostazione troppo

classica e formale per loro, che cercavano ben

altro da suonare. Magari vogliono suonare

Lucio Dalla o Fossati, non Chopin o Bach, ecco.

Quindi mi sono inventato un metodo molto più

diretto e pratico d’insegnare la musica leggera,

in cui la mia figura (di umile insegnante) con-

serva sempre la sua dignità professionale, da

rispettare, ma tende però a venire molto in-

contro alle reali esigenze degli allievi, coinvol-

gendoli quasi da subito, dopo le prime lezioni,

su pezzi da loro molto amati. L’apprendimento

in questo caso è rapidissimo e tutti i miei allie-

vi mi ringraziano perché li rendo appassionati

e desiderosi. La molla è sempre la passione,

ma associata alla chiave di lettura migliore.

Alla fine di una composizione ti è mai ca-

pitato di sentire d’aver dimenticato qual-

cosa? Sempre. Più che altro sento ogni volta

che ciò che ho scritto è incompleto o decisa-

mente migliorabile. Vedo spesso alcune com-

posizioni come bozze, per molto tempo. Qual-

che volta è vero, sia chiaro. Ma tantissime

altre volte, a distanza di qualche settimana o

mese, mi accorgo d’aver detto anche troppo. E

in certi rarissimi casi sono persino soddisfatto.

La mente di giorno, il cuore di notte… o

viceversa? Molto spesso, sì. Ma mente e cuo-

re non possono per me essere mai troppo

scissi, combatto le asincronie da quando sono

nato e credo che debbano cercare il più possi-

bile di viaggiare all’unisono. Sia di notte che di

giorno. Hai bisogno di stare solo per…?

Rigenerarmi. Quando avevo 13-14 anni soffri-

vo molto dei momenti di solitudine, perché mi

facevano sentire isolato dal mondo, senza

troppe conoscenze, perso nel nulla coi miei

libri-amici. Ora che di gente ne conosco anche

troppa, di ogni specie e risma, e che devo

gestire ogni minuto mille cose e mille persone,

la solitudine la cerco con forza, senza sosta,

periodicamente, perché mi rinfresca come

l’acqua da bere. La solitudine ora ha per me

l’effetto rigenerante di una bella dormita

all’ombra, d’estate: appena sveglio, mi sento

poi più forte per riprendere tutte le mie attivi-

tà. Diffido non poco da chi non sa stare bene

da solo. Io con me sto benissimo, mi do fre-

quenti pacche sulle spalla anche dopo essermi

pesantemente sfanculato. Mi sono abbastanza

simpatico: dovreste sentire come mi faccio

ridere!

INTERVISTA A CURA DI VINCENZO CALO’

Page 12: Numero 1 2013

Pagina 12

Cosa c'è da capire subito per

vagare senza farsi male mu-

sicalmente parlando? La mu-

sica è un percorso intrinseco in

ognuno di noi: c'è sempre, vo-

lenti o nolenti, e ci accompagna

in ogni fase della nostra vita.

Non credo che ci si possa far del

male musicalmente parlando

perché noi siamo portati a sce-

gliere quello che ci piace e por-

tarlo avanti; ci lasciamo traspor-

tare da una musica sempre pre-

sente ma che sotto sotto sce-

gliamo noi, ci da sicurezza. Cre-

di che il sistema discografico

non è perfetto perché si agi-

sce più da "produttori di sé

stessi" che da "autori per gli

altri"? Il sistema discografico

funziona nel momento in cui un

autore si mette a ragionare su

sé stesso, sul messaggio che

vuole dare e sulla forma migliore

per fare arrivare questo mes-

saggio. Inteso così il sistema

discografico dipende dall'impo-

stazione dell'artista. Se un can-

tautore si affida ad un produtto-

re che decide per lui (cosa che

avviene nelle "major"),

deve avere la consape-

volezza di farlo a suo

rischio e pericolo perché

un produttore può sapere

le tecniche artistiche e

comunicative ma se avrai

fortuna sarà solo una

gran botta di culo che ti

farà fare successo per

qualche settimana, se

invece di mezzo c'è un

apparato musicale che

pone come principale

obiettivo il messaggio e

non il target, l'arte e non

il successo, il "dare for-

ma" e non il prodotto,

allora, secondo me, usci-

rà fuori un bel lavoro.

Con la tua formazione

artistica puoi essere

libero di...? Di tutto.

Intanto credo di essere

cantautore per me stes-

so. Il fatto di far ascolta-

re i miei brani alla gente

deriva dalla necessità di

dire la mia al "mondo",

uno sfogo. Alla base re-

sta il fatto che io scrivo

perché la scrittura, che è

un prodotto del pensiero,

è la più grande forma di

libertà: nessuno potrà

mai dirmi che non posso

farlo. Per cui scrivendo

dico quello che voglio,

quando voglio e se vo-

glio. Nel tuo caso costa

più fatica osservare il

suonato o il cantato? Secondo

me non si tratta di osservare ma

di ascoltare: sono dell'idea che

la gente oggi ascolti poco, molto

poco, quando in realtà dovrebbe

fermarsi, chiudere gli occhi e

ascoltare, e mi riallaccio alla

domanda dicendo che è più diffi-

cile ascoltare (o osservare,

usando un ottimo simbolo) il

"suonato" perché nel "cantato" a

volte basta fare un po' di atten-

zione ed arrivare ad una soluzio-

ne diretta. Il suonato invece è

una questione di sensazione, di

interpretazione e non si avrà

mai la certezza che l'interpreta-

zione di un suonato sia quella

giusta, quella che l'autore vor-

rebbe darti ma sarà sempre

personale. E' la formula che

utilizzavano gli autori ro-

mantici per infondere le

emozioni...Quale stagione ti

si addice? Trovo del bello in

tutte le stagioni, c'è sempre

qualcosa da fare in maniera po-

sitiva. Ho notato che in genere

siamo portati a lamentarci di

ogni stagione favorendo sempre

quella opposta: d'estate troppo

caldo, d'inverno troppo freddo e

via dicendo… Dove ti possiamo

vedere di frequente? Su inter-

net, nei locali a suonare, in giro

per Bologna a cazzeggiare o in

Calabria o, magari, se proprio la

coincidenza sarà esagerata,

mentre faccio la spesa al super-

mercato. La società moderna

può ritenersi complessiva o

complessa? La società moder-

na è complessivamente com-

plessa. C'è un film che si chiama

"I complessi", degli '60 se non

sbaglio, credo che allora sia sta-

to girato per descrivere un'ecce-

zione della società, adesso più

mi guardo intorno e più vedo

protagonisti di quel film. Si po-

trebbe fare un sequel. Quando

ti approcci con qualcuno/a

percepisci più prudenza o

allarmismo? L'approccio è un

fatto naturale. Troviamo

"approccio" dalla conoscenza al

sesso, credo che siano i due

estremi di questo termine. esse-

re prudenti in un approccio vuol

dire essere un po' falsi nei con-

fronti di chi ti è di fronte, essere

allarmisti vuol dire avere paura.

Io nutro tranquillità e piacere nel

conoscere gente nuova, poi ogni

tanto dimentico i nomi quindi

l'allarmismo mi si crea in quel

caso per paura di fare una brut-

ta figura...!

INTERVISTA A CURA DI

VINCENZO CALO’

Page 13: Numero 1 2013

Pagina 13

Nel rock si entra per poi

non uscire più? Se inten-

diamo il modo di approcciarsi

alla musica sicuramente

si...mentre se si parla esclu-

sivamente di suoni non ci

poniamo limiti di sorta.

Qual'è stato secondo voi il

periodo più elettrizzante

della storia del rock? Me

lo riuscite a descrivere?

Beh dipende...tra di noi ci

sono varie influenze...ma

possiamo dire che gli anni 60

-70 con un ritorno neglia

anni 90(Nirvana e Radio-

head) siano i migliori. Avete

mai sentito di fare qual-

cosa d'importante? No,

saranno gli altri a dirlo. In-

vece cosa si prova dopo

aver raggiunto un tra-

guardo? V'è già capitato?

Sembrerà una cazzata, ma

ascoltare gente canticchiare

i tuoi pezzi fa piacere… Cosa

contiene il più pesante

carico sulle spalle che vi

siete portati fino ad oggi?

Le casse...quelle sono molto

pesanti...Fortuna e Sfi-

ga...esistono, si compen-

sano? Amiamo i gatti ne-

ri...La richiesta più strana

che avete fatto e ricevu-

to? Ci hanno chiesto di fare

karaoke...ovviamente abbia-

mo rifiutato...Credete che

dimorando in una buona

posizione economica si

possa fare musica al me-

glio? Dipende, è ovvio che

ottimi strumenti aiutino...ma

fortunatamente la qualità di

ciò che fai non dipende dagli

strumenti...bensì dalle idee.

Ciao e grazie!! Car Queen

Killers

Intervista a cura di Vincenzo

Calò

L'ultima volta che

hai perso il senso

di orientamento...?

Oggi... ma non è mai

una perdita. Se per-

do, trovo. E' il conti-

nuo senso delle cose,

tutto si trasforma. Le

risposte ti devono

arrivare per forza,

quali muri vuoi far

crollare? Le risposte

non devono arrivare,

sono qui, sei tu che le

trovi. Ma non sono

interessata tanto alle

risposte, "la risposta"

è un punto di arrivo,

mi interessa di più la domanda, il viaggio, vivendo gli eventi intensa-

mente, "on the road". Non cerco risposte. Come scrive Neruda “Io qui

non vengo a risolvere nulla. Sono venuto solo per cantare e per farti

cantare con me. Mi batto contro il muro della mediocrità e del conformi-

smo, contro la tristezza degli snob”. L' unica risposta è il rock'n'roll !

Quando componi punti pure sull'ipotetica diffidenza del pubblico

all'ascolto? Quando compongo non penso al pubblico, in quel momen-

to siamo la stessa cosa. Sono "connessa"... una storia, un' immagine,

un momento, una voce, una necessità, la forza di una cosa vera, la

melodia forte e semplice, diretta e bella che la racconta. "Take your

song out to the wind, capture a heart -like me - visionary girl" è un

passaggio della canzone Visionary Girl che ho scritto con Matt Lindsay,

è quello che sono. cercando sempre di essere onesta con me stessa,

seguendo la mia visione. Manca veramente poco a...? All' uscita del

disco. E' stata dura. Sono stati due anni di lavoro, di ricerca e di sacrifi-

ci. Sono contenta della produzione, dei musicisti, di tutte le persone che

hanno condiviso con me questo viaggio. Ora aspetto settembre! Pensi

che la tecnologia non si fermerà più, andrà avanti a spese di chi

e di cosa? Il mondo va avanti, cambia e la tecnologia non si fermerà. A

spese di chi non saprà come utilizzarla e di chi non potrà permettersela.

Nel campo artistico oggi posso registrare velocemente, imparare, cono-

scere con più semplicità; posso spendere molto meno per produrre un

disco e restare in contatto con le persone, conoscere e rielaborare at-

mosfere e suoni di ieri, registrarli, salvarli, trasformarli. La musica è

"Connessione" e la tecnologia mi aiuta a sviluppare questa connessione.

Dipende da te, dagli strumenti che hai per capire come utilizzarla: è il

veicolo delle idee e se usato con competenza, arrivi sulla luna. La voce

del popolo: secondo te quale strumento musicale può riprodurla al me-

glio, e perché? Lei: la chitarra. perché lei suona con te, è abbracciata a

te, diventa parte di te. Victor Jara nella sua canzone "Manifesto" canta:

"La chitarra ha cuore di terra e ali di colomba", "Yo no canto por cantar

ni por tener buena voz, canto porque la guitarra tiene sentido y razón.

Tiene corazón de tierra y alas de palomita, es como el agua bendita

santigua glorias y penas." Un cantautore riesce a mettere da parte

qualsiasi polemica? No. Mai.

A cura di Vincenzo Calò.

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Si riesce ancora a estrarre buona musica dal cilindro? Oc-

corre fare per forza dei sacrifici enormi? Secondo me c’è mol-

tissima buona musica in giro, tra la tanta “fuffa”, davvero molte

buone cose, soprattutto all’estero. Personalmente amo quello che

faccio e quello che scrivo, ma non sono io che devo valutare il mio

lavoro. da quel che posso vedere ai miei concerti, la gente si di-

verte, apprezza il disco e quando va via si sente felice, per cui io

sono contenta. I sacrifici

non si fanno per scrivere le can-

zoni, non nel mio caso almeno, si fanno semmai per continuare a

fare i musicisti e a vendere dischi, ma non a scrivere delle belle

canzoni. Come si chiama il tuo nemico? …Pigrizia! Nel quoti-

diano c’è qualcuno o qualcosa di cui ti dimentichi troppo

spesso? Qualcuno? forse me stessa. Qualcosa? mi dimentico di

tante cose, ma alla fine porto tutto a termine. Ma sei ancora

contenta di fare del “bene”? Assolutamente. La mia non è tan-

to una scelta, quanto un modo d’essere. Ci pensavo proprio ieri

sera, le cose che faccio (come la Settimana Della Musica ad esem-

pio) sono faticose, ma non me l’ha ordinato il medico, lo faccio

perché mi va, lo faccio perché “è giusto così”. Sono sempre stata

una di quelle persone alle quali piace “fare”, anziché aspettare che

ci pensi qualcun’altro, a “farle”. Nonostante la fatica e a volte i

fallimenti, aiutare gli altri credo sia una delle cose più belle che si

possano fare... anche fosse solo per “occupare il tempo”. A quale

punto di un live esce fuori tutto il tuo carisma? In quale

caratteristica fatta ad arte te lo riservi? Non saprei, bisogne-

rebbe chiedere al pubblico. Di sicuro ci sono un paio di canzoni

che smuovono emotivamente sia me che gli spettatori, e questo è

bellissimo, e non credo si tratti di carisma, ma di energie, sincerità

ed intenti. Per farti un esempio, la scorsa settimana ho suonato in

un Ospedale Psichiatrico Giudiziario per la Settimana Della Musica,

e si è creata una magia che chiaramente non nasceva soltanto da

me, dai miei musicisti o dalle mie canzoni, ma decisamente dalla

commistione delle energie di tutti i presenti. Che poi è il bello della

musica! Per rispondere alla seconda parte della domanda, quindi,

non saprei proprio che dire. Faccio tantissime cose e le faccio tutte

con entusiasmo, quindi... boh? Quando componi stai

“composta”? Decisamente no, non sto mai composta, nella vita

intendo…! Di solito mi siedo a gambe incrociate sul letto o sul di-

vano, imbracciando la chitarra, con davanti un block-notes ed una

penna. Arriveremo veramente a sentire da ciascun individuo

una storia diversa? Non credo, per un semplice motivo: Le can-

zoni derivano dalle esperienze o dalla fantasia, che comunque si

rifà alla vita, e la vita è “uguale” in molti casi. Voglio dire, tante

persone fanno esperienze simili (che è uno dei motivi per il quale

la gente spesso si rispecchia nelle canzoni di questo o quel can-

tautore) e di conseguenza credo che nessuno possa dire mai di

scrivere una storia com-

pletamente “diversa”. E

poi un’altra cosa da non

dimenticare mai, cioè

che le idee stanno nell’a-

ria, e non è un modo di

dire; non ce ne rendia-

mo conto ma spesso

persone diverse magari

lontane centinaia di chi-

lometri hanno un’idea

simile se non uguale. Lo

vedo spesso accadere in

settori diversi, e quindi

perché no, anche nelle

canzoni.

INTERVISTA A CURA DI

VINCENZO CALO’

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Innanzitutto grazie di aver accettato la

nostra intervista… “Grazie a voi per aver-

cela concessa.” Come si è sviluppato il

progetto Koan e dove vorrebbe arriva-

re? “I Koan nascono nel 2006 con l'inten-

zione di dare un suono a delle idee che ci

tormentavano da un po'. Sin dall'inizio ab-

biamo scelto di spingerci oltre le nostre

capacità sia tecniche che compositive, cer-

cando di far confluire nei nostri brani tutta

l'esperienza d'ascolto della musica che più

ci interessava e stimolava. Questo ci ha

portato a scrivere molti brani ,ma a regi-

strarne pochi (tendiamo ad essere molto

selettivi nella scelta dei pezzi), con i quali

cerchiamo principalmente di creare dei buo-

ni prodotti, o meglio risultati, musicali. Non

abbiamo mire di successo commerciale, ci

soddisfa appieno il giudizio dei pochi “ma

buoni” che dedicano parte del loro tempo

ad ascoltarci. Un obbiettivo che ci poniamo

è sicuramente quello di migliorare e di riu-

scire a creare musica che in primis riesca a

stupirci ancora.” Krav Maga è un lavoro

autoprodotto, anche voi denunciate

nonostante la vostra posizione musica-

le geografica (Pavia ndr) l'assenza di

lanci da parte di realtà musicali come

lo siete voi? “Noi crediamo che il mercato

musicale, sia underground che commercia-

le, sia saturo di prodotti di poco valore che

purtroppo spesso oscurano l'uscita di bands

molto meritevoli. Credo che la colpa sia da

imputare in primis a coloro che scelgono di

produrre musica per poterla vendere: que-

sto li porta a conformarsi a degli standard

che sono già di per sé di bassa lega e così

non “buttano l'occhio” a realtà minori più

interessanti e magari più sperimentali. Poi

in Italia c'è la cattiva abitudine di fare dei

distingui netti , anche nella musica: o sei

“commerciale” o sei “alternativo”. E questo

è davvero sbagliato perchè porta anche il

semplice ascoltatore a scegliere o l'una o

l'altra ricetta, conformandosi ad essa e per-

dendo il gusto di scoprire ed apprezzare

musica per proprio conto.” Ho letto che in

collaborazione con un altro progetto

interessante quale Musashiden, state

creando una nuova etichetta, ovvero la

Toilet Smokers Club Records volete

svelare qualche novità a riguardo? “La

T.S.C. è un'idea nata dalla mente di Filippo

Morini, voce e chitarra dei Musashiden, che

in nome dell'amicizia e del rispetto recipro-

co ci ha chiesto di far parte di questa fami-

ly. Al momento siamo bloccati da impegni di

studio/lavoro, ma a breve e con tutta la

calma possibile cominceremo a lavorare a

nuovi progetti insieme. Probabilmente usci-

rà un nuovo split in cui compariranno nuove

tracce sia nostre che loro. Ed ultimamente

si è unito al progetto anche Marco Matti,

voce e chitarra degli Allan Glass, che con la

sua esperienza in studio di registrazione sta

aiutando i Musashiden a mettere su nastro

loro nuovi lavori.” I koan ( kung'an in

cinese ) sono, nella filosofia buddista,

dei manuali attraverso i quali poter

raggiungere la tanto aspirata illumina-

zione", questa l'ho letta sul vostro spa-

ce, ma quale illuminazione tendete a

dare musicalmente? “In realtà non abbia-

mo aspirazioni da “grandi anime”, speriamo

che qualcosa illumini noi e ci aiuti sempre a

fare meglio. Quando abbiamo scelto il no-

stro nome, lo abbiamo fatto perchè il Koan

è traducibile anche come “paradosso”. E

l'idea che la nostra musica potesse essere

in un certo qual modo “paradossale”, inse-

rendoci idee contrastanti tra loro, ci alletta-

va alquanto. Magari non ci siamo ancora

riusciti...vorrà dire che ci impegneremo di

più.” Nirvana, Melvins,Kyuss, Helmet,

Melvins...sono solo alcune delle vostre

influenze, soprattutto si sente dalla

vostra musica questo omaggiare nello

spirito questi miti, cercate di staccarvi

musicalmente da loro (anche se l'idea

personale si sente tantissimo)? O li

tenete sempre come dei punti di riferi-

mento? “Ascoltiamo tantissima musica da

sempre, generi differenti e soprattutto

“inconciliabili”. In ogni genere , o gruppo o

addirittura brano puoi trovare qualcosa che

ti colpisca e volente o nolente ti influenza.

Siamo ispirati dai Melvins così come da Mi-

les Davis, dai Nirvana come dai King Crim-

son e qui potrei dilungarmi sino a domani.”

“Koan” 2006; “Live @Spazio Musica” 2008 ;

“Krav Maga” 2009, 3 ep autoprodotti

con tanti sacrifici ma mantenuti forse

troppo nell'underground o incompresi

capolavori mantenuti nell'ombra?

“Probabilmente non abbiamo ancora trovato

quel quid in più da poter colpire “la massa”.

Poi naturalmente l'autoproduzione ha i suoi

limiti: soldi e contatti in primis. Se ci ag-

giungi inoltre che solo perché sei

“emergente” non hai la possibilità di suona-

re nemmeno in una birreria... la strada di-

venta ancora più impervia.” Nella vostra

carriera avete aperto il concerto ai Li-

nea 77 al Thunder road di Codevilla che

sensazione vi è rimasta da quella espe-

rienza? “Suonare con alcuni gruppi come i

Linea 77, o gli Zu, o i King Bong, o i Morko-

bot di sicuro t'insegna a capire che non ba-

sta la voglia di suonare ma servono anche

impegno , costanza e dedizione, insomma

“fare sacrifici”, come direbbero i più vec-

chi.” Ok ragazzi grazie della pazienza e

della collaborazione...alla prossima.

“Grazie ancora a tutto lo staff, e in bocca al

lupo per tutto.”

INTERVISTA A CURA DI ANTONIO DI LENA

Page 18: Numero 1 2013

Pagina 18

CIAO RAGAZZE E BENVENUTE A SUONI

DEL SILENZIO…“Ciao a te…” COME

MAI SONO QUASI 4 ANNI CHE NON

ASCOLTIAMO NULLA DI NUOVO, NO-

NOSTANTE I VOSTRI LIVE CHE PER

FORTUNA CI SONO?! “Bè, perché in que-

sti ultimi anni sono cambiate parecchie

cose...diciamo che una serie di eventi ha un

po' rallentato la nostra attività, e questo ha

riguardato sia i live (che sono ripresi a par-

tire da quest'estate) che la produzione di

nuovo materiale. A pochi mesi dalla pubbli-

cazione di "Male di Luna" abbiamo affronta-

to una grossa crisi a livello personale che ci

ha portate a mettere in discussione, paral-

lelamente ai nostri rapporti personali, an-

che il progetto musicale. Ci sono voluti un

paio di anni per appianare le cose e il risul-

tato non è stato univoco. Da una parte, io

(Tatiana) e Tanya ci siamo ritrovate ed

abbiamo riscoperto il desiderio di continua-

re a condividere la musica e l'avventura ne

La Menade. Dall'altra, Lucia e Cristina, che

nel frattempo avevano intrapreso nuovi

progetti, hanno manifestato un cambia-

mento di priorità e di obiettivi. E' stato un

periodo difficile.. c'è voluto del tempo per

ufficializzare la loro decisione di uscire dalla

band: non è facile lasciarsi alle spalle tanti

anni di lavoro e di sogni condivisi. Ma

tant'è. Passato il tempo fisiologico per dige-

rire la loro decisione, io e Tanya abbiamo

deciso di rimetterci in gioco: abbiamo ini-

ziato a cercare e provare altre musiciste,

finché ci siamo imbattute nelle nostre nuo-

ve Menadi: Chiara Milita, bassista e Federi-

ca Bernabei, batterista. Abbiamo rimesso

su una

scaletta

p e r

ripren-

dere a

suonare

dal vivo

e inizia-

to a

d e d i -

c a r c i

a l l a

compo-

sizione

di nuo-

ve can-

z o n i . ”

C'è IN

C A N -

TIERE

QUAL-

COSA DI NUOVO? “Sì, l'intenzione è di

realizzare a breve un nuovo album. Abbia-

mo già parecchie idee su cui lavorare ed un

brano quasi ultimato, in fase di missaggio.

Pensavamo di renderlo disponibile entro

poco tempo, anche se non so ancora esat-

tamente in che modo...insomma, stiamo

lavorando e sentiamo forte la necessità di

produrre qualcosa che sia in linea con quel

che siamo oggi.” QUANTO SIETE CAM-

BIATE DA "CONFLITTI E SOGNI" PER

ARRIVARE A "MALE DI LUNA"? "E' stata

una continua, e perlopiù inconsapevole,

evoluzione...il tempo, le esperienze, le per-

sone che incontri e con cui lavori, tutte

queste cose ti segnano e ti lasciano dentro

piccole tracce che spesso si manifestano

solo dopo tempo. Senz'altro quanto fatto

per "Conflitti e Sogni", l'esperienza in studio

con David

Lenci (Red

H o u s e

R e c o r -

d i n g s ) ,

l ' i n t ensa

a t t i v i t à

live che ne

è segui-

ta...tutto

ha contri-

buito a

farci cre-

scere e

maturare

c o m e

band, ci

ha fatto

acquisire maggiore consapevolezza delle

nostre capacità e ci ha portato gradualmen-

te alla ideazione e realizzazione di "Male di

Luna". Mentre in "Conflitti e Sogni" ci sia-

mo fatte "guidare" maggiormente dall'espe-

rienza altrui, essendo alla nostra prima

produzione ed essendo tutte senza dubbio

più "acerbe", in un certo senso, in "Male di

Luna" ci siamo esposte in prima persona,

curandone e seguendone ogni singolo

aspetto, dalla pre-produzione al missaggio.

E infatti ritengo che esso rappresenti una

fotografia reale di quello che eravamo al

tempo (2007) e la sintesi perfetta del no-

stro modo, di allora, di comunicare." AIU-

TA PIU’ UN CD DISTRIBUITO BENE O

UN LIVE FATTO CON TANTA PASSIO-

NE? "Un cd ben distribuito è molto utile

sempre che il nome del gruppo riesca a

circolare e, nel nostro paese, altro modo

non c'è che darsi molto da fare con i con-

certi. Se dal vivo riesci a dimostrare quel

che vali, se riesci a stupire il pubblico ed a

conquistarlo, allora quel pubblico magari

andrà anche a cercare il tuo disco nei nego-

zi e, a quel punto, sarebbe ottimo che lì

trovasse il tuo cd! Ad ogni modo, mentre ad

una non-(buona) distribuzione si può in

qualche modo tentare di ovviare con altri

espedienti (diffusione on line, vendita ai

concerti, etc), quando a mancare è la pre-

senza sul palco e la capacità di comunicare,

nascono i veri problemi… Abbiamo sempre

sostenuto con forza l'importanza dell'attivi-

tà live e, infatti, il concerto e il contatto con

il pubblico, restano per noi il momento più

importante, quello che prediligiamo ed in

cui riusciamo a comunicare tutta la grinta e

le emozioni racchiuse nella musica e nei

testi delle nostre canzoni."

Page 19: Numero 1 2013

Pagina 19

AIUTA ESSERE UNA BAND TUTTA AL

FEMMINILE OPPURE IL BEN PENSARE

MASCHILISTA CI METTE DEL SUO?

"Questa è la domanda che ci perseguita da

sempre… La nostra personalissima espe-

rienza ci ha convinte del fatto che essere

una band femminile può, inizialmente, stuz-

zicare la curiosità della gente e creare una

sorta di "fenomeno" che attira un discreto

pubblico agli appuntamenti live. Ma abbia-

mo anche notato che questa curiosità si

accompagna spessissimo a dei pregiudizi

reali, dettati dalla (sotto?)cultura o dall'abi-

tudine, che poi ti porti dietro a lungo e che

richiedono tanta capacità di sopportazione,

da un lato, ma anche una grande forza di

volontà dall'altro. Insomma, devi necessa-

riamente farci i conti ed affinare la fiducia

in te stesso, nei tuoi mezzi e nel tuo pro-

getto. Noi non abbiamo mai temuto i pre-

giudizi e ne abbiamo sentite di tutti i colori:

ciò nonostante, abbiamo sempre ferma-

mente creduto che i pregiudizi, assieme alle

critiche, ti offrano in fondo la possibilità di

metterti alla prova. E poi, fatica a parte, si

prova un gran gusto a lottare per abbatter-

li, dimostrando con i fatti il proprio reale

valore." COSA VI ASPETTATE DALLA

SCENA UNDERGROUND ITALIANA? LA

MENADE POTRA’ DIRE ANCORA LA

SUA? “E' difficile aspettarsi qualcosa e, allo

stesso tempo, non credo che ci si debba

necessariamente aspettare qualcosa. Il

nostro unico obiettivo è continuare a suo-

nare la nostra musica perché è il solo modo

che abbiamo per esprimere le nostre emo-

zioni. Lo faremo, anzi, continueremo a far-

lo, nell'unico modo che sappiamo: suonan-

do e sudando, sfogando nella nostra musica

le nostre idee, le nostre delusioni e le no-

stre visioni.” A QUALI BAND VI ISPIRA-

TE? A tante e a nessuna in particolare.

Ognuna di noi ha il suo background musica-

le che si porta dietro e che influenza il suo

personale modo di apportare il proprio con-

tributo all'interno della nostra musica. Ci

sentiamo essenzialmente libere di attingere

a tutto ciò che ci emoziona, ad ogni sonori-

tà che tocca le nostre viscere...senza sche-

mi, senza pregiudizi e senza un obiettivo

particolare. La libertà, di espressione, e il

piacere di sperimentarci ogni volta...forse

queste sono le vere e uniche fonti della

nostra ispirazione. GRAZIE DEL TEMPO

CHE CI AVETE DEDICATO… "Grazie a voi

per la piacevole chiacchierata..."UN SALU-

TO AGLI AMICI DI SUONI DEL SILEN-

ZIO..."Un saluto a voi con l'augurio che la

musica accompagni sempre ogni istante

della vostra vita..."

INTERVISTA A CURA DI ANTONIO DI LE-

NA

Page 20: Numero 1 2013

Pagina 20

Hai il grande merito di…? Sicuramente di

essere estremamente determinata e cocciu-

ta: quando mi metto in testa un obiettivo

riesco sempre a raggiungerlo e questo cre-

do che sia un enorme vantaggio nell'affron-

tare le cose, qualunque sia l'ambito in que-

stione. Applicato alla musica il discorso

rende ancora meglio: quando studio e fac-

cio gli esercizi che mi dà il mio maestro ci

metto anima e corpo e non mollo mai da-

vanti alla prima difficoltà… questo mi ha

aiutata moltissimo ad andare avanti e a

superare alcuni dei limiti tecnici che avevo

fino a poco tempo fa… sono sicura che sia

un atteggiamento estremamente positivo

per continuare a crescere sul proprio stru-

mento. Per suonare bene la batteria

devi saper più sopportare o persegui-

tare un’esibizione nella sua complessi-

tà musicale? La figura del batterista si

dice che sia la più figa, perché secondo

te? Secondo me non esiste una formula

esatta per riuscire a "suonare bene la bat-

teria"… l'importante è riuscire a tirare fuori

quello che si ha dentro, cercando di farlo

arrivare a chi ti ascolta: questo credo sia il

traguardo più bello per un batterista, ma in

generale per un musicista. Il cuore che

metti in ciò che suoni è la cosa che fa dav-

vero la differenza! Credo anche che avere

una buona dose di tecnica permetta di rag-

giungere più facilmente tale obiettivo, an-

che se la tecnica a mio avviso deve essere

più un mezzo per comunicare al meglio

emozioni e stati d'animo che un obiettivo

da perseguire, l'esasperazione in tal senso

può anche rovinare una bella canzone.

Onestamente non penso che la figura del

batterista sia necessariamente la più figa…

dipende sempre da chi è seduto dietro alle

pelli e dall'atteggiamento che ha nel suona-

re. Molte persone però sono del parere che

i batteristi riescano a trasmettere un fasci-

no maggiore degli altri strumentisti..non

saprei, è una cosa parecchio soggettiva!

Probabilmente anche vedere drummers che

roteano le bacchette o che mentre suonano

stili estremi fanno headbanging aiuta a

rimanere incantati! Alla batteria s’è rag-

giunta la parità dei sessi, o c’è sempre

stata e non ce ne siamo mai accorti?

Mmmm… questo è un discorso molto com-

plicato. Non credo che ci sia una vera e

propria parità dei sessi in ambito musicale,

soprattutto parlando di uno strumento co-

me la batteria. La maggior parte della gen-

te (anche di chi suona purtroppo) lo collega

automaticamente al sesso maschile e quasi

tutti rimangono stupiti quando vedono una

donna con le bacchette in mano. Certo,

questa può anche essere una reazione nor-

male a qualcosa a cui non si è abituati a

vedere spesso (a differenza di situazioni

esistenti all'estero, dove esistono molte più

batteriste professioniste che in Italia)…

certo è che sentire discorsi del tipo "le don-

ne non possono suonare generi come il

rock o il metal perché non sono capaci" mi

fa letteralmente andare fuori di testa! Molti

credono che siano tipi di musica nei quali la

differenza la fa un bicipite scolpito… beh, si

sbagliano! Avere una buona dose di tecnica

aiuta ad imprimere la giusta forza con il

minimo sforzo, quindi non bisogna essere

dei culturisti e tantomeno essere necessa-

riamente uomini per suonare questa musi-

ca! Recentemente ho partecipato ad un

contest americano riservato a sole batteri-

ste di sesso femminile e… c'era da rimanere

a bocca aperta!! Ho visto ragazze (anche

molto giovani) fare cose assurde, cose che

probabilmente nemmeno molti maschietti

riuscirebbero a fare! Quindi è tutto relati-

vo… poi è vero che esistono anche molte

ragazze che si presentano sul palco con un

look particolarmente accattivante, forse

anche troppo per un concerto… se poi non

sono in grado di suonare è logico che con-

tribuiscano a dar adito al pensiero "quella

fa concerti solo perché si mette tutta sco-

sciata…ma va beh, è una donna che t'a-

spetti?"… ecco, questo non aiuta certo a

combattere i pregiudizi esistenti. E’ un

danno per l’autenticità della batteria

l’avanzare degli effetti moderni? Batte-

ria e modernità possono andare di pari pas-

so… se la seconda non sovrasta completa-

mente la prima. Certo è che con la diffusio-

ne delle nuove tecnologie praticamente

chiunque può fare a meno di un batterista

per registrarsi le proprie cose, basta avere

un pc e qualche programma tipo Logic o

Pro Tools. Di per sé non è una brutta cosa

questa, se un chitarrista non trova qualcu-

no che renda al meglio i propri pezzi può

comunque fare da sé senza dover rinuncia-

re a registrare le canzoni che ha composto.

Ci sono però anche band che pur avendo un

batterista in carne ed ossa si affidano an-

che troppo alla tecnologia in fase "studio" e

magari sul cd senti delle cose mostruose

che però dal vivo non riscontri… il live è

sempre la prova del nove, lì non si scappa:

se non fai quello che è sul cd la gente se ne

accorge subito. Un altro aspetto di questo

discorso poi riguarda i suoni: molti generi

odierni (soprattutto in ambito metal) predi-

ligono la triggerazione completa dei fusti

(cassa, tom e timpano, spesso anche del

rullante) appiattendo molto il suono com-

plessivo della batteria e azzerando le dina-

miche. Sicuramente si tratta di generi suo-

nati con alcune "costanti" stilistiche che

vengono esaltate maggiormente in questo

modo… però personalmente un suono trop-

po finto non mi fa impazzire. Non sono con-

traria a prescindere all'uso dei trigger, in-

tendiamoci eh! Credo infatti che una buona

dose del suono naturale dei fusti abbinata

sapientemente all'uso di tale gingillo possa

dare ottimi risultati, solo che in commercio

ci sono batterie che suonano da paura gra-

zie al legno con cui sono costruite e sareb-

be un peccato trascurare di default questo

aspetto! Sei una di quelli che predilige

portare lo strumento da casa per poi

montarlo sul palco prendendo tutto il

tempo che vuoi, accarezzandone i det-

tagli pubblicamente…? Onestamente la

batteria è lo strumento più sfigato in questo

senso: spesso e volentieri devi fare le cose

velocemente montando il prima possibile lo

strumento e procedendo poi così più rapi-

damente alla microfonatura e al sound-

check. Di base riesco sempre ad arrivare in

perfetto orario al locale in modo da evitare

queste corse, purtroppo se ti capita un im-

previsto e trovi traffico in autostrada devi

recuperare velocizzando i preparativi. Se

però hai affianco persone che sanno dove

mettere le mani e ti aiutano riesci a gestire

meglio queste situazioni.

Page 21: Numero 1 2013

Pagina 21

Da chi o cosa ti vorresti ritenere davvero indipendente? Dal

dovermi sottomettere completamente ai cliché che impone il genere

che sto suonando: una cosa che non ho mai accettato e che ha in-

fluenzato alcune scelte passate è stata proprio questa. Ho sempre

cercato di avere un margine di libertà in ciò che faccio (soprattutto

all'interno di gruppi che propongono pezzi originali) ricercando il giu-

sto compromesso tra ciò che rientra nel mio stile e ciò che la gente si

aspetta dalla canzone che sta ascoltando. Uno dei miei batteristi pre-

feriti è Dirk Verbeuren (Soilwork): lui pur avendo una grande attitudi-

ne estrema (forte uso dei blast beat, degli incastri e dei tappeti di

doppio pedale a velocità molto elevate) ha anche un forte background

fusion… e la cosa si sente nei pezzi!! Le parti di batteria di questo

gruppo non sono convenzionali, anzi!! Ci sono cose che ti spiazzano il

più delle volte perché non te le aspetti… però se noti bene valorizzano

moltissimo i pezzi e danno una marcia in più alla band intera perché

contribuiscono a differenziarla da molte altre che propongono lo stes-

so genere. Questo riassume perfettamente il concetto che ho detto

all'inizio della domanda. Il batterista giocoforza ha la stessa di-

mestichezza con le percussioni manuali (tamburi, tamburelli,

bonghi ecc) ? No no… sono strumenti completamente diversi. Io ad

esempio non ho mai provato a suonare le percussioni ma penso che

avrei molte difficoltà nell'approcciarle pur suonando la batteria da 8

anni. Ci sono dietro tecniche completamente diverse e ogni strumento

è bello proprio per questo! Credo sia un po' come suonare la chitarra e

passare al basso, la logica forse è la stessa ma devi cambiare comun-

que certi aspetti. Oltre che Tullio De Piscopo, chi ha pubblicato

lavori, sessioni musicali di sola batteria che hanno lasciato un

segno nella storia? Se sì, ne puoi citare alcuni ai lettori di

“Suoni Del Silenzio”, provando a farli appassionare? Credo che

Joe Morello abbia fatto uno dei metodi di batteria più diffusi e studiati

di sempre… onestamente non saprei quali altri indicare però ce ne

sono sicuramente tanti e per tutti i gusti…mi ispira molto il recente

metodo "Metal Drumming" di Raphael Saini (batterista sardo). Mi in-

curiosisce molto e non vedo l'ora di acquistarlo, soprattutto perché il genere spiegato è quello che ho sempre suonato. Sono dell'idea

che però studiare un metodo senza avere una persona in carne e ossa che ti spieghi i dubbi che incontri man mano crei parecchi pro-

blemi e complichi un po' le cose. L'ideale è studiare con qualcuno che sa il fatto suo e che ti segue passo dopo passo.

INTERVISTA A CURA DI VINCENZO CALO'

Page 22: Numero 1 2013

Pagina 22

-CIAO RAGAZZI E BENVENUTI A SUO-

NI DEL SILENZIO… “Un saluto a tutto lo

staff e a tutti i lettori”. TOP DEMO PER LA

RIVISTA METAL MANIAC, NIENTE MA-

LE… “Beh si niente male davvero, un’o-

biettivo che é arrivato senza il minimo

preavviso e senza nessuna aspettativa.

Dopo anni che leggi una rivista con stima e

rispetto per tutti coloro che ci lavorano su

é una gran bella soddisfazione poter vede-

re la tua faccia, il tuo gruppo e il tuo cd

stampati sopra affiancati da una bella scrit-

ta rossa che recita “MANIAC DEMO” .” -

TIRATEMI LE SOMME DI QUESTI 5 AN-

NI DI ATTIVITA' MUSICALE.. “Guarda,

tirare le somme é un’operazione difficilissi-

ma quando hai fatto di tutto e di più, tra

split e cambi di lineup e di genere é stato

un periodo davvero travagliato un po' per

tutti. Comunque sono stati 5 anni necessari

per maturare un po' ognuno di noi come

musicista. A livello tecnico e compositivo

abbiamo fatto passi davvero notevoli e

continuiamo ancora a farne.

Comunque dai, sono stati anni

di soddisfazioni alla fin fine,

l’aver prodotto 2 cd, l’aver suo-

nato anche al fianco a tanti

gruppi fantastici e l’aver vinto

un concorso regionale sono sta-

te le tappe salienti di questi 5

anni che non hanno fatto altro

che gratificarci per il duro lavoro

svolto da ognuno di noi.” DAL

ROCK ALL'INDUSTRIAL PER

POI PASSARE AL DEATH ME-

TAL A COSA DOBBIAMO

QUESTA METAMORFOSI?

“Quando si é ragazzini si é facilmente in-

fluenzabili, senti un gruppo e lo consideri il

tuo preferito e due mesi dopo sei punto e a

capo con un altro. In più i cambi abbastan-

za repentini dei membri della band non

hanno certo aiutato a trovare una stabilità

da questo punto di vista. In più é stato un

processo mosso sempre dalla voglia di

sperimentare, di cercare di salire ad un

livello successivo. Questo unito alla voglia

di migliorarsi ci ha aiutati a raggiungere li

connubbio perfetto per noi.” -RAGAZZI LA

PUGLIA NOSTRO MALGRADO REGALI

DELLE FIGURE MUSICALI DA BUSI-

NESS, è ANCHE UNA TERRA DOVE CI

SONO CENTINAIA DI TALENTI RAC-

CHIUSI IN CANTINA VOI COSA PENSA-

TE DI QUESTO? “Eh...la dura verità...Qui

da oni ci sono band che meriterebbero più

di ciò che ottengono ma l’italia é forse il

luogo più sfavorevole allo svilutto di un

certo tipo di cultura e l’ennesima dimostra-

zione sono i recenti avvenimenti che ri-

guardano il Sikelian Hell metal festival. Per

fare una band metal in italia devi avere più

palle che cervello. E’ ovvio che vedendo ciò

che succede da queste parti le etichette

estere non hanno una grande stima dell’i-

talia e di conseguenza non puntano su

gruppi nostrani nonostante avremmo molto

da dire; forse molto più rispetto a regioni

estere che oramai hanno dato il meglio di

se con le prime leve e, apparte qualche

notevole band recente, non fanno altro che

tirare fuori il classico MORE OF THE SAME.

La speranza che ci sia una rivalsa della

cultura musicale del belpaese ovviamente

rimane.”- PROGRAMMI FUTURI PER I

P E R F E C T B R E E D ?

“Attualmente non abbiamo le idee chiaris-

sime, ma posso dirti che stiamo compo-

nendo per un prossimo lavoro in studio e

stiamo cercando date in giro per poter pro-

muoverci a dovere.” -MY SPACE VI AIU-

TA COME BAND O RISCHIA DI ESSERE

UN SITO CONFUSIONALE VISTO I MI-

GLIAIA DI GRUPPI MUSICALI CHE CI

SONO? “Beh, entrambe le cose. I difetti

sono un prezzo da pagare per una visibilità

a livello mondiale. Internet in generale é

una manna e una maledizione allo stesso

tempo visto il suo bacino di utenza il grup-

po emergente é felicissimo di usarlo, ma la

band sotto contratto che trova in free do-

wnload tutte le sue fatiche musicali,

beh...capisco che gli girino un po le palle.”

-GRAZIE RAGAZZI PER IL TEMPO CHE

CI AVETE CONCESSO ALLA PROSSIMA..

“Grazie a voi per lo spazio e in bocca al

lupo per tutto. Stay metal!”

INTERVISTA A CURA DI Antonio Di Lena

Quando vi sentite bene ragazzi? Quando nel quotidiano sorpassate qualcuno, ve ne infi-

schiate altamente di costui? Quando facciamo rock e tutti i pensieri di vita quotidiana diventa-

no nulla! Se è stato sorpassato ce ne infischiamo...pensiamo a chi ci sta davanti e lo puntia-

mo...perché c'è sempre qualcuno davanti! Ma è proprio necessario fare un bilancio di quan-

to si spende? E' meglio non farlo mai....se no ci si deprime! Rispettate filosofie e idee origi-

nali nel comporre? Solo idee originali...le minestre riscaldate non ci piacciono! Gli eroi di oggi

sono quelli che perdono le battaglie giudiziarie? Non esistono eroi… Da cosa dipende la

possibilità di continuare a fare musica? Dalla voglia di suonare e basta...non per lavoro ma

per VOGLIA DI FARE ARTE. Oramai la gente s'è accontentata di crescere in termini minori?

Mi fate un esempio pratico di quest'ultimi? Tutti i poveri lavoratori! L'obiettivo è arrivare a

fine mese...non realizzare sogni! Mai subito minacce sulla propria pelle? Non ancora…La

realtà supera sempre la finzione? Speriamo proprio di no...se la realtà vince siamo tutti fottu-

ti! Cercateli pure su MySpace...! Intervista a cura di Vincenzo Calò

Page 23: Numero 1 2013

Pagina 23

In che consiste

la tua preroga-

tiva artistica?

Nel cercare di

riuscire a fonde-

re musica e te-

sto in modo tale

che l’una sia

l ’ e s p r e s s i o ne

i n s c i n d i b i l e

dell’altro. Cioè la

fusione profonda

ed emozionale

delle due parti.

Anche nella

musica italiana

c’è bisogno di

r o t t a m a r e ?

Sicuramente sì,

ma non esiste

un giudizio unico perché ogni persona ha i suoi gusti, che vanno

rispettati. Con quale strumento pensi che si possa arrivare a

“dirle di tutti i colori”? Con gli strumenti che creano i colori

dell’amore della sincerità e del rispetto delle proprie e delle altrui

idee. Valori che, in questa società ormai decadente, se venissero

usati, si potrebbe dirne e farne di tutti i colori. Chi decide davve-

ro che un lavoro discografico è buono, nei tuoi pezzi ti senti

di avere totalmente ragione…? Chi decide davvero? Questo è

uno dei tanti misteri del mondo discografico. Quando scrivo una

canzone, non penso ad avere ragione di qualcosa ma cerco soltan-

to di esprimere i miei sentimenti e stati d’animo. L’ultima volta

che hai fatto la fila, ce la racconti…? Non esiste per me un’ul-

tima volta che ho fatto la fila, perché è un rito che si ripete ogni

giorno della mia vita, da quando ho deciso di essere un musicista:

è l’ispirazione che mi spinge a cercare di scrivere una canzone,

che esprima le mie emozioni più profonde che possano essere

condivise ed arrivare direttamente al cuore di chi la ascolterà. Le

persone serie ti devono per forza fissare negli occhi? Se ti

riferisci quando devono dare un giudizio artistico allora sì. Ma una

persona può anche dire “Ti amo” con gli occhi abbassati ed arros-

sire per la paura di un rifiuto. A che serve un malessere esi-

stenziale? Noi artisti abbiamo la fortuna di rendere catartico un

malessere esistenziale trasformandolo, attraverso il dolore che ci

procura una forza che ci permette di fare uscire allo scoperto, con

il nostro lavoro, i sentimenti più nascosti. Nella cronaca dei sen-

timenti c’è qualcosa che ti annoia? La cronaca dei sentimenti

può prendere strade a volte inaspettate, sconosciute, imprevedibi-

li, per questo se i sentimenti vengono vissuti profondamente non

c’è niente nella sua cronaca che possa annoiarmi.

Intervista a cura di Vincenzo Calò

M.GAZZE’ “Max Gazzè”.

ANALISI DEI TESTI

Portando a essere quello che dobbiamo, ossia delle guide al corteggiamento, non riusciamo a

stare zitti un momento, e cadiamo volontariamente in molteplici fini, nella certezza di realizzare

trasparenze d’Infinito per rivisitare l’imperfezione delle cose in continua evoluzione se prese

come beni quotidiani, per categorie standard e in termini di risparmio energetico. Nella condizio-

ne di sopportarci cerchiamo un evento interessante da scartare alla base per rappresentare del

misticismo in pratica, dall’aspetto logicamente supposto. Nella funzione di protezione l’Amore si

appropria di un modus operandi con la parola sull’onda di un quesito che soffre l’estinzione cli-

matica scaricabile il bisogno, oggettivo e fuori discussione, di gestire la società in Terra, nella

prassi di quello che succede muovendoci sul serio, specialmente…ed è così che diamo l’assalto

devastante all’Anima dai toni scuri, degni da mettere a fuoco se capissimo come fare il pieno

d’entusiasmo in scelte obbligate a seconda dei vari prodotti di consumo. Ancorati ad un beneficio di massa, siamo veri in parte modu-

lare, giustappunto per avere un motivo per personalizzare il senso di quiete che dà il là all’approccio orientativo tranne che per molti

disadattati alla parità di contatto prima che di durata di un gesto di cortesia esposto ottemperando ad una crisi di possesso specificata

per residui organici esaminati a livello genera-

le, nascendo e morendo per una data proce-

dura, per avvisare di nascosto su arrivi e par-

tenze lungo una scia di saliva ricreata a segui-

to del notevole ruolo divulgativo che conta

sull’aiuto dei perdenti, quelli che non detengo-

no le regole auree del singolo individuo e si

firmano sulla pelle per un servizio utile alla

Coscienza, per avere chiaro una surroga di

distinguo, disponibili a fare tutto contestual-

mente ad un cambio di garanzia, attrezzati per

ottenere gratuità e combattere in ogni senso.

Vincenzo Calo’

Page 24: Numero 1 2013

Pagina 24

Secondo voi, chi si assume tutte le responsabilità nel va-

riegato (?) mondo discografico è in realtà un gran paracu-

lo...? Che cos’è il mondo discografico? Non lo conosco il mondo

discografico, in realtà ognuno sceglie la strada che vuole, la stra-

da che può. Devi chiederti qual è il senso del tuo far arte, qual è

la meta. Devi vedere cosa sei disposto a cedere per raggiungere

la meta, altrimenti ti ritrovi con uno che ti dice cosa e come fare

e lo devi pure pagare, oppure ti ritrovi in un mondo che non ti

appartiene. Credo che l’unica visione di quello che vuoi fare con-

sista nell’autoproduzione. Nel momento che scegli come collocar-

ti, ti sei assunto le tue responsabilità. In generale rispetto tutti e

scelgo quello che sento giusto per… cattivo costume! V'è mai

capitato d'essere stati fraintesi artisticamente, magari al

momento d'esibirvi? Ci fraintendiamo abbastanza da soli…

nella vita trovi sempre chi ti ama, chi ti odia e chi “nun te se fila

proprio”. Devo dire che quando portiamo in giro il nostro concept

“In bilico”, una rappresentazione che fonde i nostri pezzi con rea-

ding poetici videoproiezioni e teatro danza, trovo sempre una

grande attenzione e un gran rispetto da parte di chi resta ad

ascoltarci. Poi possiamo piacere o non piacere, ma è un altro paio

di maniche… sicuramente il nostro non è intrattenimento, lo defi-

nirei più un trattamento d’anime per chi ci viene a vedere. La

vostra strumentazione è dotata di una ragione esclusiva-

mente atmosferica? Alla ragione ancora ci dobbiamo arrivare,

questa band nasce con una formazione rock a 2 chitarre, basso e

batteria… dal 2011 stiamo sperimentando grazie ad una serie di

collaborazioni tante possibilità sonore… la scelta dei suoni varia di

concerto in concerto, a seconda della situazione e delle anime in

gioco. Possiamo essere in undici, e fare un viaggio nel suono a

partire dalla prima forma ch’è il canto, e poi passare a tamburi e

tammorre, con l’elettrico, l’elettroacustico o in tre in versione

acustica ed essenziale… tutto questo concorre ad uno spettacolo

sempre vivo e in divenire. Come subentrano dei nuovi ele-

menti d'ispirazione nel vostro caso? Grazie all’universo, la

terra, il sole, la luna, la vita, le stagioni dell’anima, l’andare cicli-

co del mondo, il cammino dell’umanità… Percepite altrove la

voglia d'essere guidati nella comunicazione? Nel senso se

c’è qualche entità che ci guida in quello che facciamo? Può

essere… percepiamo nell’underground un’esigenza e una voglia

comune che andrebbero unite e canalizzate per creare nuovi spa-

zi e nuovi servizi per dar voce agli invisibili e ai non

catalogabili, a proposito di questo mi piace citare Ezio

Noto e il suo “Dedalo Festival”, Fabio Fuzz Fanuzzi di

“Fuzz Studio”, che lavorano in tal senso. E Renè Miri,

da quest’anno direttore artistico del “Rito Della Luce”.

Vi sentite sempre in grado di badare a voi stessi? No,

ma senza incoscienza non scruti nuovi orizzonti… sia-

mo un gruppo che fino ad oggi ha curato tutti gli

aspetti (creazione, produzione e promozione), ci vuo-

le una grande energia mentre lotti per sopravvivere…

il nostro è un progetto nato nel 1993 e viaggia di pari

passo con l’andare delle nostre esistenze. Siamo in

cammino, vedremo cosa ci riserveranno i nuovi incon-

tri. Vi augurate che non venga registrato/a...?

Se ci registrano ci fanno un favore, in rete ci sono un

bel po’ di nostre cose, tutto in creative commons, per

la libera diffusione delle arti. Comunque se mi è pos-

sibile preferisco far uscire le cose nuove prima sui

nostri canali ufficiali… a breve ad esempio ci sarà il nostro ep

“Livello 0”, terzo atto sonoro di questa saga, “In bilico”, per la

quale stiamo lavorando alla produzione finale, che sarà un cofa-

netto dvd contenente un cortometraggio prodotto con Insania

Project, nostri fratelli di cammino, costituito da immagini dai vari

live che abbiamo fatto, quadri di pittori che hanno collaborato

con noi concedendoci di proiettare le loro opere negli spettacoli,

ossia di Cuba (Antonio Umberto Bruno Colosimo) e del maestro

Umberto Verdirosi… ah, poi verrà incluso un libricino con le poe-

sie degli autori presenti in questa rappresentazione, che sono:

Margherita Sagnibene, Claudio Gabola, Mariella Soldo, Martina

Campi , Valentina Gaglione, Umberto Verdirosi e me, oltre ai bra-

ni del viaggio Cattivo Costume…! Dicendo la verità cosa può

succedere oggi, di aver posto le basi ad un diritto di popo-

larità? Si esiste nella propria esperienza, nella propria verità ed

onestà intellettuale, se in questo processo qualcuno si identifica e

si riconosce… ben venga. Poeticamente se fai impazzire la

parola viene meno un dato tipo di armonia? La sana follia,

quella che rompe schemi di oppressione ed omologazione, è l’ar-

monia dell’attimo tuo e del tuo universo. Lavoriamo con gli ar-

chetipi, con i concetti… lavoriamo per far sì che nelle nostre esibi-

zioni la parola si fonda con il suono, con l’immagine e il movi-

mento alla ricerca dell’unità… cerchiamo di rappresentare, per

quello che abbiamo vissuto e viviamo, l’eterno viaggio dell’uomo

per mare e il suo approdo alla terra… nel nostro umile piccolo…!

Esistono vittorie e/o sconfitte in ogni senso? Vincere o per-

dere non ha senso, se segui la tua strada tutto è semplicemente

vita, vissuta e arsa… sono concetti che implicano aspettative, e

qui aspettative non ne abbiamo, se non quella di migliorarci co-

me esseri umani e vivere l’arte nel suo senso più sublime… cura-

tivo ed evolutivo. Cosa significa venire dal nulla? Disegnare la

tua strada, creare il tuo spazio anche se nessuno ti ha dato nulla

e se non sei il figlio di…! Significa caparbietà, avere un’esigenza

interiore alla quale proprio non puoi rinunciare e portarla avanti

finché puoi, cercando di non cadere nella vanità dell’ego… perché

l’intento smuove l’universo. Confermo di essere nel pieno delle

mie facoltà mentali, per quello che si può! Ringrazio, a nome di

tutto il collettivo itinerante di Cattivo Costume, la vostra redazio-

ne per questa intervista. A cura di Vincenzo Calò.

Page 25: Numero 1 2013

Pagina 25

Come si getta scompiglio nel

Tempo? Sconvolgendolo. Sta a

tutti noi capire come. La tua

coscienza ha mai prodotto dei

mostri? Si, ma rimangono sem-

pre ben nascosti lì perché altri-

menti potrebbero distruggere ciò

che ho e che c'è di buono in me.

Esistono forme espressive

impareggiabili? E' una domanda

a cui non saprei rispondere, sin-

ceramente. Dovresti chiederlo a

qualcun altro, è una questione

che non mi pongo. Qual'è la

prima e l'ultima caratteristica

che trasudi sul palco? Sicura-

mente la sincerità e la voglia di

emozionare ed emozionarmi.

Credo che sia alla base di tutte le

mie esibizioni sia da solista che

con il mio altro progetto, i Silen-

zioInsipido. Del resto, ho iniziato

a scrivere canzoni, ben nove anni

fa a 14 anni, proprio per questi

due bisogni: prima come sempli-

ce passatempo, quasi come gio-

co, poi per il bisogno di emozio-

narmi e per raccontarmi le mie

stesse emozioni e per risentirle,

quasi come spettatore della mia

stessa vita. Quando ti lasci

prendere dalle ondate d'ispi-

razione? Se intendi come mo-

mento della giornata, ti rispondo

che il 90% delle mie canzoni sono

state scritte di notte, perché i

telefoni sono spenti, i citofoni non

suonano, i familiari dormono,

nessuno mi cerca e ho l'atmosfe-

ra giusta per dedicarmi totalmen-

te a me stesso. Se invece intendi

in quali situazioni della vita di

tutti i giorni, non c'è un criterio

preciso: posso scrivere dopo un

litigio o dopo una passeggiata, o

dopo che non sia successo asso-

lutamente nulla . Cos'hai da

limare? Questo me lo dovresti

dire tu! Scherzi a parte, ho 22

anni e so di dover crescere arti-

sticamente ancora tanto. Il cam-

mino per me è ancora lunghissi-

mo: così avrò tempo per scrivere

altre canzoni brutte! Come con-

vinci la società a spogliarsi?

Non convinco nessuno, sarebbe

una partita persa in partenza, e

che forse non mi interesserebbe

nemmeno. Il procedimento, se-

condo me, è inverso: chi ha già

deciso di "spogliarsi" magari tro-

va piacere ad ascoltarmi (o me lo

auguro, perlomeno). Gli altri,

semplicemente, ascoltano o fan-

no altro, e va benissimo così.

Bisogna essere per forza (e

quindi a tutti i costi) realisti?

Anche in questo caso, ti rispondo

in due modi, a secondo di come

vogliamo intendere il realismo.

Se intendiamo il realismo come

l'essere veri e sinceri, allora ti

rispondo che nella musica è indi-

spensabile: un musicista che non

è sincero muore dopo poco. Se

invece lo intendiamo come biso-

gno di raccontare la realtà, allora

il realismo non è poi così impor-

tante: potrei scrivere una canzo-

ne che racconta il presente dove

tutti ci vogliamo bene, siamo tutti

belli, carini e simpatici e nessuno

griderebbe allo scandalo.

Vincenzo Calò

Page 26: Numero 1 2013

Pagina 26

Quando la musica si lega al cinema, c'è

un'Arte che perde di smalto e l'altra

che invece ne guadagna? A volte può

accadere, ma nel caso dei cult movie di

Quentin Tarantino, direi che ne guadagna-

no entrambe abbondantemente. Basti pen-

sare alla scena ne "Le Iene" in cui

Mr.Blonde taglia l'orecchio al poliziotto sulle

note di "e"una sequenza cinematografica

impossibile da scindere in immagini-

musica: è un insieme esplosivo ed è diven-

tata un classico del nostro show. Og-

gigiorno ci possiamo mettere nel-

le condizioni di fare spettacolo

all'improvviso? Sicuramente non è il

nostro caso dato che cerchiamo di

curare lo show in ogni minimo detta-

glio. Lavoriamo molto durante le pro-

ve per poterci concedere delle

"divagazioni" durante i live ed il risul-

tato è buono....a volte!!!! E' giusto

descrivere le tragedie sociali iro-

nicamente? Evviva l'ironia, non ba-

sta mai. Il mondo va avanti in ogni

caso, tocca a noi decidere come vi-

verle. Credete che la musica mo-

derna sia così lineare e parallela

ad un modo schematico di ven-

dersi al punto tale che ogni con-

cezione emotiva viene meno? No

assolutamente! Ormai i canali di ven-

dita sono molto vari e l'Artista si può

permettere di uscire un bel po’ dagli

schemi preconfezionati e comunicare

emotivamente "senza filtri", diretta-

mente all'ascoltatore. Certo, bisogna

avere qualcosa da dire...(forse è que-

sto il punto). Vi siete mai sentiti

strumentalizzati da qualcuno, per un

determinato contesto? Preferite il gior-

no o la notte? A volte, purtroppo capita.

La musica, come altre forme d'arte, soprat-

tutto negli ultimi anni non gode di partico-

lari attenzioni, anzi. Ovviamente chi opera

in questi settori ne subisce le conseguenze.

La notte ci piace un sacco!!! Il vostro re-

pertorio va costantemente monitorato

e curato per un progetto che amplifichi

ulteriormente lo spirito della band, o

avete raggiunto quello che desiderava-

te e continuate solo ad omaggiare il

vostro immaginario? Siamo in continuo

movimento, ci piace cambiare anche quello

che fino a qualche mese prima considera-

vamo intoccabile. In quattro anni di attività

abbiamo modificato/aggiunto/eliminato

parti dello show molte volte e nonostante

tutto, non ci sembra mai abbastanza!!!!

Mai avuto a che fare con un mito del

vostro tempo, di persona? Bè, c'è il ma-

cellaio della rosticceria equina dove spesso

ci riuniamo per pianificare i "colpi" che fa

degli arrosti eccellenti. Davvero un mi-

to… Il pubblico come e quanto contri-

buisce nelle vostre esibizioni? Il pubbli-

co ha un peso enorme per la buona riuscita

dello show;in ogni nostro live c'è sempre

qualcuno che viene preso "gentilmente"

dalla platea, per interpretare la parte del

poliziotto, nella scena del taglio dell'orec-

chio, diventando parte integrante dello

spettacolo. Abbiamo tre tipologie di pubbli-

co fondamentalmente: Quelli che sulle note

di "Never Can Tell" pensano al twist della

coppia Thurman/Travolta in "Pulp Fiction";

Quelli che sulle note di "Never Can Tell"

pensano allo spot dei pavesini di qualche

tempo fa; Quelli che sanno chi è Chuck

Berry. Nel 99% dei casi va a finire che bal-

lano insieme e noi insieme a loro in un me-

ga twist collettivo ed è la cosa che ci fa più

piacere in assoluto!!!!

INTERVISTA A CURA DI VINCENZO CALO'

Page 27: Numero 1 2013

Pagina 27

All’ingenuità

Mangia piano i tuoi poteri

ad un impatto zero e in un laboratorio aperto

alle influenze degli oggetti negati

all’ingenuità.

Contengo favori di una memoria che sorride stancamente

che mi abbassa alle vie di mezzo

tra lame superflue, per invitarci

all’avvicinamento delle fredde trasparenze

quelle che non augurano le loro origini.

Distese di forza di volontà prometti

mentre giro il mondo coi suoi segreti

che danno soddisfazione alle nostre qualità ubriacanti

sotto uno strato di salute spaesata.

La felicità è una bella nuvola che riecheggia

quando non ti sembra doverosa e mi presento

ad un orgoglio sul quale s’investe senza che si realizzi

tra le nudità del piacere cieco ma intelligente

alla vista del Sole colorato di bianco, messo in ammollo

negli occhi, assieme alle ossa che si succedono

succhiate dalla Natura, in un angolo di terra.

Dimmi dei tuoi mutamenti

nell’idea di far riposare delle distanze

perché non voglio spegnere il nostro Destino.

VINCENZO CALO'

Abbiamo una voce che non si curva, che affolla i nostri affetti per metterli an-

che a tacere, legandoci le mani, nessuno ce la dà sul serio a fissare dei soste-

gni. Però siamo ancora in tempo a procurarci le cose necessarie per vederci

buoni in ogni gesto contestabile da poteri assoluti che stanno per crollare,

mentre un piccolo demone esulta in grande accogliendo fallimenti in mobilita-

zioni popolari…

La sintesi di un messaggio liturgico

Non è conforme ai comportamenti del pensiero

Pagine di diario caratterizzate dall’irritazione

Per ricavarci la capacità di amare…

Vieni a purificare questa sofferenza

In un fastidio che ho finalmente riconosciuto

Fra sole e pioggia

Fino alla sera di oggi.

Sottovalutiamo le diffusioni di un virus

Per rinsaldare rapporti già buoni

Per una sorta di testamento spirituale

Lettere consegnate ma mai rese note.

Sono qui, con una mia vecchia conoscenza

A combinare impegni

Per meritarsi una bella sculacciata

Dall’atmosfera che possiamo vincere.

Sotto il naso passa la perfezione

E potrei fingere di non conoscerti

Per dover riflettere

E restituirci assicurati

Da cose disdicevoli che ci denudano

Da facce che non ti resistono

Tra il dispiacere ed una consumazione.

E se Dio non fosse sé stesso?

Interpretiamo l’umano comportamento

Come provocazioni dure e disonorevoli

I precetti non s’incontrano davvero

E cammino per altre vie

Per afferrare la Vita

Con labbra sincere.

Non avermela a male

Se c’è una bestia che ti guarda

Se nei pantaloni non c’è nessuno che faccia qualcosa di speciale…

Verrà ai nostri funerali

Perché alle interruzioni ti ritrovi uccisa

Da chiamate anonime.

Finisce sulla carta quel minimo di buon senso

Che ti tira fuori le forze

Per sentirti libera

Su terreni delicati

Tra i pensieri che si son fatti alti e insostenibili

Di aspettare che il PC si carichi

Per sferrare la superiorità sui popoli

Nell’osservanza rigorosa di queste norme

Nei racconti di un’aspra polemica

Con le mani lavate

Con il cuore, progetto di salvezza

Ad accreditare le notizie

A tornare un valore tradizionale

Sui combattimenti arrestati, destinati

Agli spostamenti del caldo

Sulla criticità delle mie condizioni

In una freccia che puoi scagliare

Ai bambini di una guerra fra scommesse indulgenti.

Lascia fare a noi

Che l’Oriente ci porta temporali

Alla speranza di ripeterci

Che supereremo i ritardi

Di questi appuntamenti amichevoli

Per revocare misure estreme.

Il pieno si fa prima di cominciare

Non sei stata chiamata a consegnarti

A votare tutte queste opposizioni.

VINCENZO CALO' (poemetto tratto dall'opera edita "C'è da giurare che siamo

veri...")

A beautiful mind

Dichiarando la paura di superare qualsiasi paura si ricom-

pone la possessività dei sensi di colpa per dei coinvolgi-

menti reali, che s’interrompono ragionando tra sé e sé.

Una sorta di protezione sintomatica danneggia quell’inge-

nuità che farebbe comodo improvvisamente. Le congratu-

lazioni si accettano se in mezzo a tanta sincerità da razio-

nalizzare sposi il segreto di un male curabile brandendo

deja-vù da grandi lavoratori di una benedizione mai acci-

dentale. Puoi immaginare gli stati d’animo di Russell

Crowe durante uno spettacolo di orgoglio e superbia che si

riprende per una soluzione che difende il soggetto del film

dalla livellatura storica resa drastica per far parte di un’i-

dentità culturale esaudibile col genio matematico, concre-

tizzato tramite piani sequenza di uno sforzo notevole, la

cui gestione corrente fa capo ad una premura deliziosa,

che verrà meno una volta cristallizzato lo stato attivo del

fallimento dell’uomo in quanto tale, che accetta confronti e

critiche senza adottare misure, delegittimato da un’abilità

vocazionale, tesa allo sviluppo di progetti e idee pervenuti

per richieste di approdo non sponsorizzate ideologicamen-

te. La guerra fredda è un avvenimento singolare che pro-

cede sulla scia di una responsabilità senza più luce, che si

consuma attraverso semplici aggiornamenti sull’impegno

che non stai a segnalare, tralasciando la pressione di una

riconoscenza sensazionale solo in ambito professionale. La

deduzione del dolore mentale evidenzia una messinscena

rifilabile come opera divorata da un principio di vecchiaia

che decidi di confessarlo in maniera del tutto logica, rive-

dendo in ogni passaggio di Vita un paladino della Giustizia

che vince la sua sventura. I fantasmi chiave sono armati di

spionaggio, pronunciati verso un’esperienza nervosa che si

taglia a fette, ad ingannare la tenerezza del racconto uma-

no che si afferma da subito, come se ben pochi lo mettes-

sero in conto per dettagliare una drammaticità perfetta, da

commedianti. Al centro dell’attenzione pullula una perso-

nalità che non sa il fatto suo, ma che implica il coraggio

delle opinioni, degli sfottò, dei buoni sentimenti, per la-

sciare un segno sul mondo che gira, da comprovare.

Vincenzo Calò

Page 28: Numero 1 2013

Pagina 28

P I N K F L O Y D .

“The Wall Immer-

sion Edit”.(EMI).

La bellezza di sei cd

+DVD , il sogno dei fan

dei Pink Floyd si realiz-

za del tutto, contiene

pezzi dei demo e le speciali versioni di Thin

Ice e Goodbye Blue Sky , senza effetti sulle

voci, capolavori di una band mito nel rock

storico. Antonio Di Lena VOTO 8/10

SALVATORE IAIA.

“Libera Espressio-

ne” (Demo). Oggigior-

no la difficoltà di muo-

versi sul piano della

tutela dei diritti è desti-

nata a grosse imprese

sotto il profilo dell'ordi-

ne pubblico, all'ordine del giorno. Per un

maggior allargamento della nostra facoltà di

rispondere su come invertire la rotta si deve

tornare ad essere solari, con le competenze

arricchite di ciò ch'è rimasto vivo: il permes-

so di soggiornare in un diretto coinvolgi-

mento, per orientarsi in materia di forma-

zione e lavorare sui giovani, come se fosse-

ro marce da ingranare culturalmen-

te.Salvatore Iaia, in preda ad un'arsura lati-

no-americana, assiste a dei pregiudizi intra-

montabili, vorace acusticamente, sotto l'a-

spetto interpretativo, con un delirio all'origi-

ne d'armonizzare al momento giusto, per far

scattare la molla del peccato d'ingenuità, in

questo caso di barcollare sulla linea dell'o-

rizzonte ch'è facile arrotolarla a spirale,

mentre i fumi della malinconia s'incentivano

per cacciare il timore di non raccontare le

vicissitudini dei suoi desideri, come faceva

De Andrè, che si faceva male per voler be-

ne, e inserire l'indipendenza logica tipica di

Rino Gaetano, per colorare un pianto libra-

torio (non è un errore di battitura, volevo

scrivere proprio "libratorio"), per non bana-

l i z z a r l o . I n t e r e s s a n t i s s i m o …

Vincenzo Calò /VOTO: 8+ /10

SUSHY “Faccio Quello Ke Voglio” (We

C a n R e c o r d s / U n i v e r s a l )

Se c'è bisogno di un tormentone da infilare

in campagne promozionali per prodotti di

largo consumo pubblico richiedetelo a

sushy.Lei canta "faccio quello ke vo-

glio"...non sembra,è

chiaro che si sta facen-

do assorbire da esigen-

ze discografiche che

sfrecciano senza lan-

c ia re un r i co r -

do.Indubbiamente è

portatissima al microfono,ma temo che non

trasmetta appieno quel senso di ribellio-

ne,rimarcato volentieri con uno stile che

esalta invece la sua immagine esterna. I

messaggi (a forma di sms) si fanno prosciu-

gare,incattiviti debolmente con toni leggeri

da chi punta al profitto piuttosto che enfa-

tizzare certi difetti umani per migliorarsi

ulteriolmente andando oltre i canoni d'im-

patto predisposti.Fa quindi tenerez-

za,ingurgita una verve rockettara ma si

trucca tamponandosi la coscienza con il r&b

e il funk,come se avesse paura di svanire

nell'acquario delle illusioni. L'interpretazione

è compressata dal raggiungimento stracotto

di un obiettivo, e si lascia divorare crudel-

mente dalla banalità di gesti che minano il

rapporto di coppia,come dalla sensualità

moderna che eleva l'individuo fino a render-

lo impalpabile in un fluire stressante di fi-

ghettoneria. Aprendo questa dimensione,il

chiacchiericcio prende a pulsare nelle tem-

pie e sogni d'essere vincente.

Vincenzo Calò VOTO 7-/10

NATALIE IMBRU-

GLIA “Left of the

Middle” (BMG) Il

cuore della realtà di

questa artista austra-

liana batte in un an-

golo remoto della sua

stanza, e lei ci rientra

nel calcio che gli dà, per destini avversi da

rivedere subito in sfida, in buona sostanza,

dal tutto del niente. Ascoltandola ti sciogli,

non puoi fare a meno della sua intrapren-

denza con cui prova a sfondare tra i nervi il

loro spendibile. Nelle sbavature del giorno,

cercando giustizia troviamo i suoi sensi,

immagini combinate dal disincanto con forze

smarrite da un motivo per conoscersi, a

seguito di un periodo di magra (natalie im-

bruglia, essendo anche un'attrice, soffriva di

"disoccupazione"). Il tratto umano

(riassunto con quel giro armonico all'inizio di

"torn") è meta ambita per gli avvoltoi, ma la

voce splende comunque, strattonata dalla

fragilità di una ragazza come tante, sui suoi

oceani ghiacciati, pacifici, su cui sei sempre

pronto a festeggiare il terrore d'amare qual-

cuno/a per poi dire che non ce la facciamo e

cedere nuovamente il cuore, ricominciare da

vie lontane, le zone meno a rischio, a richie-

dere assurdità per il resto del mondo che

non conta più niente e che passa tra le

gambe, a caccia di un'idea tirata al sole e

finita negli occhi di natalie, che tolgono il

respiro, riconducibili nei diritti di una perso-

na, per ricostruire la normalità nei punti che

indichiamo, su agonie discontinue grazie alle

ballate di questo album, uno dei più raffinati

lavori pop-rock di fine anni '90, di fresca

ampiezza sonora, che ha fatto presa senza

e c c e s s i v e p r e t e s e .

VOTO: 9-/10 Vincenzo Calò

C A R A C H A N -

GREN.“Where The

Corpses Sink Fore-

vere”(Season Of

Mist/Audioglobe).

Gli olandesi Carach

Angren tornano con

un capolavoro che si

potrebbe benissimo definire un “musical

dark”, con tinte teatrali black tra Satyricon e

sinfonie orchestrali . Nulla viene dato al

caso e le minime parti musicali vengono

attribuite alle tracce con maestria e sapien-

za, ottimo disco per un film d’avventura

magari del genere “assetati di sangue”….

Antonio Di Lena VOTO: 8.5/10

P U N K R E A S .

“Noblesse Oblige”.

( E d e l ) .

Come giocatori di golf

tornano alla ribalta i

Punkreas , già in pas-

sato ci avevano rega-

lato non capolavori

ma pezzi orecchiabili. Tutto qui, oggi invece

presi dalla crisi s’infighettano tutti e cercano

di racimolare qualche spicciolo vendendo

questo cd di bassissima fattura. Poche idee

e un punk che di punk non ha neanche il

nome . Rimandati…

Antonio Di Lena VOTO 5/10

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Pagina 29

VERDENA. "Solo un

Grande Sasso" .

(Universal). Inabissa-

to, quasi ad assistere

alle funzioni organiche,

con una calma apparen-

te che ricopre la dolcez-

za di un'evasione, rinunci all'inizio a farti

largo nella testa. Gli eroi paiono arresi ai

vuoti che l'amore, nudo e crudo, colma esa-

gerando, barcollando sui fili del caos esi-

stenziale sussurrato con tempi musicali det-

tati da un'energia intravista ad implorare

qualcosa di nuovo. E' qui che il "regressive"

spunta e sospinge la band in su, verso la

gola secca dell'ignoto. L'inacidirsi di una

meta obbligatoria stacca ogni quesito dai

buoni intenti, e danneggia la scintilla di un

tu per tu che muta in suono ingombrante. I

Verdena vogliono perdersi nel cielo per sca-

tenare temporali, gettare rumori sulla terra

identificata in una sofferenza risaltata da un

intreccio di chitarre elettriche ripulito dalla

batteria e poi fumato da parole che centra-

no il bersaglio. L'unico bagliore incande-

scente langue nell'immensità di un risenti-

mento che non conosce ridimensionamenti.

Alla coda della propria importanza, sul far

della morte di un battito di cuore, il delirio

rende limpida l'angoscia e produce amara,

intrattenibile ricchezza d'istinto che si con-

centra nello specifico dell'essere, indifeso,

deciso a fuggire urlando al Destino, caval-

cando attriti invasi da cenni di superiorità, a

costo di distruggere quello che si era creato

in coppia. Ma il ricordo, ancor fresco, irrom-

pe a stabilire contorsioni mentali. Ripararle

è un'impresa che non ci riguarda, è dura.

Vincenzo Calò VOTO: 8/10

FABER, AMICO

F R A G I L E …

GENOVA 12

MARZO 2000

“Tributo a Fabri-

zio De Andrè”

Siamo al punto

nodale in materia

di censura, avendo stavolta un chiaro moti-

vo per incenerirla, l’impegno a rafforzare

una figura di cantastorie già di suo strato-

sferica, paradossalmente richiusa in tutto

quello che c’è da rifare. Notare la cura e

l’attenzione per la catalogatura delle inter-

pretazioni, come se dessero speranza allo

spettatore di riversarsi in pace, in un flusso

di artisti uniti dal sacro vincolo dell’amicizia

(anche s’esigo da più di una decina d’anni a

questa parte la giustificazione per l’assenza

di De Gregori). Davvero impossibile non

riconoscere la circostanza eccezionalmente

commemorativa, non vederla portare ad-

dosso un carico di poesia civile in doppio cd/

live elevato al valore, insostituibile, di posi-

tiva territorialità, per vincere in casa propria

le paure del sopravvissuto che tra vino,

amore e anarchia crede fervidamente di

custodire un dramma come un tesoro, ela-

sticizzato dalla sorte ingerita per sognare il

momento a portata di mano, come se cre-

pare e creare un centro di continua tradu-

zione dell’Infinito volessero dire la stessa

cosa. Sulla base orchestrale, l’evento coniu-

ga quasi per gioco il Tempo e l’Anima, fe-

steggiando per la Vita come se donassi al

pubblico uno strumento per comprendersi

(“Ho visto Nina volare” nella versione di

Zucchero n’è l’esempio), col metro di giudi-

zio applicato ad una sperimentazione per-

cettiva fuori dal comune, d’irraggiungibile

nenia dacché aperta alla consacrazione po-

polare, atteso l’Oltre dalla ridondanza di un

accordo di chitarra classica. Qui ti appassio-

ni al platonico fottersi, al susseguirsi della

morte di una bestia in calore, in fondo al

sacco della spazzatura, preferendo di perdo-

nare pur sempre il Domani che però è già

andato perso svuotandoti di contro per il “se

così fosse, se così si decidesse” (vibrante è

dir poco sull’apporto di V.Rossi), in un lam-

po di favore, ma critico con la maggioranza

che non considera alcuna libertà come rifor-

ma epocale. Ampio risalto dunque al gusto

di vedersi arrabbiati, sputtanato dall’analisi

continua di fenomeni socio/culturali atte-

nuati pensando da colpo basso alla sentenza

che arriva comunque, legata a interessi

personali rispettabili se chiedi un talento

nell’arrivare in fondo, fino a emarginarti, al

cuore della notte, per fare i conti con la

pubblica amministrazione dormendo in un

cimitero all’ora di punta, a forza di sbeffeg-

giare l’allegria episodica nell’aria con un

rock vivace ma non troppo, da creatura

prestabile al clamore della materia

quand’essa è intoccabile, attaccabile. De

Andrè viene musicato camminando sulle

corde tese di un’assenza climatica suggella-

ta dallo smistamento delle partiture su una

voce che non offre colpi di scena, anticipan-

te la realtà incastonata tra noia e meravi-

glia, per annunci di brevità, in forma priva

di strategia, quasi costretto a mandare af-

fanculo il principio della correzione compor-

tamentale che invita a osservare sulla base

di quanto si ascolta per la costituzione ad

hoc della personalità. Risulta incredibile

l’attività diplomatica sospesa in nessun po-

tere di pregiudizio, in ricordi non detti da sé

a evidenziare un’immediatezza suggestiva-

mente rapace per l’abitudine di coinvolgere

pecore all’ammasso, all’autenticità impianti-

stica del palco che induce alla messa in gi-

nocchio…sarà piuttosto il potere della retori-

ca ad alleviare la pressione della natura

delle cose sulla rivendicazione delle conven-

zioni, in una concordia di successi che rita-

glia gesti complessi, quelli che si danno per

scontato, non vedendo dove stai e quale

legge rappresenti nella nuda occasione d’in-

contrarsi che annulla le distanze caratteriali,

giacché le anomalie di un rilascio di diritto

hanno l’effetto scisso dalla causa che va

avanti perché non inventato di sana pianta.

Semmai ci sarebbero le parole da memoriz-

zare obbligatoriamente (che figuraccia quel-

la di Celentano!), in lacrime di Battiato ca-

lanti a interrompere le rivisitazioni tutt’altro

che generiche del merito di sciogliersi in una

dichiarazione di fede, d’uguaglianza stupefa-

cente, talmente bella da illudersi tra selezio-

ne, acculturamento e preparazione in nome

di un’idea di autocontrollo che viene meno

per culo e non per sfiga, come degno am-

p l e s s o n e l l ’ o p i n i o n e p u b b l i c a .

Vincenzo Calò VOTO: 8,5/10

G N U U U T T 7 7

“ D e m o n e

2007” (Demo)

Innanzitutto bisogne-

rebbe capire se

Gnuuutt vista la

provenienza geogra-

fica di questo gruppo (Bari ndr.) voglia dire

ingoiare, vista anche la copertina che propo-

ne una sfregiata fanciulla che appunto ciuc-

cia (forse una pistola). Comunque, dubbi a

parte, questo Demone 2007 neanche il de-

monio lo vorrebbe ricevere per la ricorrenza

festosa dei suoi 666 anni. Orripilanti e di-

sgustosi suoni che sconfinano con il limiti

massimi dell’ascoltabile. “Suoni” dea-

th’n’rool cantati con una disgustosa voce

roca dal singer King of Terror in italiano

(potrebbe essere anche groenlandese, non

importa) e lo schifo ti riempie le budella.

Certo è un demo, ma se io fossi il genitore

di uno dei componenti dopo aver ascoltato

questo obbrobrio li manderei a tagliare vi-

gna nelle tenute di Al Bano! Disgustosa feli-

cità! VOTO 1/10 Antonio Di Lena

FORETASTE . “Alone

Whit People Around

E.P.”(Boredom). Il

duo francese estrapola

il suo secondo singolo

dall’album Love on

Demand, è giusto che

per far sprecare alla

casa discografica un po' di soldi s’inventi

questo E.P. omonimo con tre versioni della

stesa traccia. Un synth pop d'ascoltare in

viaggio di notte ma attenzione a non pren-

d e r e s o n n o .

Antonio Di Lena VOTO 4/10

Page 30: Numero 1 2013

Pagina 30

LENNY KRAVITZ. “5” . (Virgin Re-

cords). Col fracasso vocale smussato dal

sentirsi irraggiun-

gibili, su una base

meravigliosamente

schitarrevole puoi

connotare un’inter-

pretazione pop

trangugiante cenni

di ok nella libertà che suggella il vento della

passione. Il funky, beneaugurante, tralascia

stermini d’impressione soporifera all’ameri-

canata tendenza di avercela con chi non sa

calibrare la mira verso il cielo. Nella prima

parte è come se James Brown sfrecciasse

in macchina a irradiare l’autore prima, e il

suo capacitarsi sulle constatazioni amiche-

voli poi. Languida fusion di appropriati con-

vincimenti scavalca ogni sorta d’altruismo,

per destare trasgressione in sguardi che

dicono tutto e il contrario, al vuoto privo

d’angolature ottuse, cercate senza darlo a

vedere per il compito di risollevarsi dal pal-

pito sonorizzante la bellezza dell’attrito

istantaneo, che scorre sulla pelle di caccia-

tori e prede in azione seppur perennemente

sconvolte da figure di riferimento (che nel

caso di Lenny Kravitz è sua madre, attrice

di sit-com esportate in Italia con successo…

mi ritornano ora in mente i spassosissimi

Jefferson!). Nel complesso è un omaggio

alla Vita data, colta e spremuta sull’oriz-

zonte raggomitolato, a dimostrare di tenere

duro nei movimenti lenti da smargiasso,

atmosferico incontrista. Non puoi fare a

meno di riprendere a evincere la vastità

antifona del rocker, che si oscura con la

foga dell’uomo che non deve chiedere mai,

per effetto melodico, strisciante sull’imma-

gine bella che composta dal principio uma-

nitario, e poi catturabile dalla verve elettro-

nica che persuade invece spaesata indipen-

denza. Lenny scrive, canta, suona e produ-

ce come a celebrare la sua forza d’animo

che non sembra trovare paragoni oggettivi,

attorno a lui v’è un piacere percussionevole

che, invece di frugargli dentro, eleva sma-

nia di protagonismo. I pezzi, facilmente

staccabili l’uno dall’altro, ti rapinano lette-

ralmente, alla strenua di versi utopici in

lamina d’acciaio, di parole ripetute nell’oc-

casione di tracciare un punto di vista a fa-

vore del delirio scombussolante l’organismo

servizievole quanto un lusso che magari

non avevi richiesto, per cui devi ringraziare

l’intoccabile malinconia…la conseguenza è

che ascoltandoli ogni parte del corpo va per

conto suo. Soul e jazz restituiscono spesso-

re all’album verso la fine, alla riproduzione

dei sensi ambiti pacatamente, in cui spicca-

no stavolta tastiere che si offrono volentieri

a mani aperte come ad amplificare il pro-

trarsi di un contatto esterno, ma pur sem-

pre autobiografico. L’ostacolo va inteso

come distanza da percorrere per non dare

soddisfazione a chi combatte sporco per

attenuare un senso di colpa. Col potere di

assegnarci a dovere, in un mondo carente

di supereroi pare che non ci si comporti nel

migliore dei modi, e che si perda gusto a

rettificare la realtà. Forse s’è figli di un pre-

giudizio, e spariremo a ruota per un bene

personale, con la mente serenamente ba-

sata sulla superiorità sessuale, non essen-

doci altro da comporre. I cambi di rotta

vengono eseguiti tra l’apertura e l’avvia-

mento di un motore, come se non volessi

tornare indietro mai più, a comprendere

l’imbarazzo totalitario, in uno spazio esclu-

sivamente pubblicitario. I quesiti su even-

tuali programmi cuociono la carne, non

parlano di caramelle, ma la svolta non arri-

va se metti in giro grossolanamente un’esi-

stenza. Sognando come tutti scherzi nella

libertà dei poteri conferiti, nella possibilità

concreta di procacciarsi caratteri senza un

mandato, che va gestita da professionista,

come uomo di guardia, col segnalatore

automatico di posizione non guasto. Sì, se

battezzassi ogni cosa al suo tempo merite-

resti beatitudine, la stanchezza del senti-

mento più imprevedibile in un colpo di fru-

sta, ma le cose si fanno a modo proprio, e

invii messaggi per sperare poi di essere

richiamato a mordere come un essere uma-

no in una specie di gioco d’ombre, aperto

come lo sono gli occhi nel corso di una sor-

presa innocua, di una festa d’intenti che

raggiunge il culmine per mezzo di una sem-

plice arrabbiatura, non avendo secondi fini

o, peggio ancora, la voglia di assistere a

delle scelte illogiche nell’immobilità parziale

di un grande tema di discussione che sa, al

tatto, di sbarre di prigione. Condivisibili in

parte, non possiamo salvarci appieno dai

fallimenti epocali, mai chiariti in primo pia-

no, facendo un ottimo, indefesso lavoro, e

così veniamo presi a male parole nella sta-

gione delle fortune, messi in castigo, in un

deposito di armi leggere memorabile come

il relax che serve per esagerare a salutarci

a vicenda. Vincenzo Calò VOTO 9/10

NECROPHAGIST “Epitaph” (Relapse

Records/Self ) I Necrophagist sono una

band tedesca di technical brutal death

metal capitanata dal geniale chitarrista –

cantante Muhammed Suiçmez , che, con

questo disco ci regala un misto di brutalità

e melodia fuori dal comune. Brutali-

tà,tecnica,melodia ecco gli ingredienti di

questo album. Fin dalla prima traccia,

“Stabwound”, si viene colpiti dalla violenza

sonora proposta dai Necrophagist:traccia

t r a s c i n a n -

te,devastante,riffs fe-

nomenali e mai banali

che sfociano in assoli di

chitarra ultra tecnici e

melodici.Segue la fan-

tastica “The Stillborn

One”che alterna tempi cadenzati a sfuriate

tipicamente brutal con riferimenti a Per

E l i sa d i Ludwig Van Beetho-

ven.Successivamente tocca a Ignominious

And Pale forse il pezzo più debole dell’al-

bum che non brilla di luce propria.”Seguono

le stupende“Diminished ToBe”, “Epitaph”e

“Only Ash Remains”;quest’ultima spettaco-

lare arricchita da uno passaggio di Romeo e

Giulietta di Prokofiev(inserito alla fi-

ne).Chiudono l’album “Seven”e “Symbiotic

In Theory” pezzi distruttivi,travolgenti. In

definitiva Epitaph è un album genia-

le:ottima produzione,ottimi pezzi ma, può

risultare di difficile ascolto perché i pezzi

risultano molto intricati e le strutture sem-

brano assomigliarsi le une all’altre ma è

solo un’impressione dopo alcuni ascolti

infatti non potrete fare a meno di ascoltar-

lo. VOTO 8/10 Gabriele Casale

STING “If i

Ever Lose

my Faith in

Y o u ” ( A & M

R e c o r d s )

P a l a d i n o

de l l ' amore ,

alle prese con

le tempeste

provocate dalla sua passione, che armoniz-

za la sua lei per risiederci nei pensieri...E

poi naufrago in umplugged, a fargli compa-

gnia è la sua voce, ricamata e calda, che

richiama l'attenzione maledetta per intra-

prendere una voglia di possesso, cingendo-

si di musica serafica, con le luci soffuse e

facili da immaginare mentre immalinconi-

scono il sound, per graffiare il vissuto dei

presenti all'esibizione, sollecitato dai tocchi

d'artista di una band invisibile dietro di lui,

avente quel senso d'avventura ubriacante

nei toni del soul come nell'ampiezza del

jazz, con in mezzo una candela inneggiante

al b lues. Una botta e v ia…

VOTO8-/10 Vincenzo Calò

Page 31: Numero 1 2013

Pagina 31

V I N I C I O C A P O S S E -

LA"L'Indispensabile"(Warner Music) Impres-

sionano le sue

cavità vocali riem-

pite dall’umiltà nel

predisporsi alla

malinconia poi

giocabile con un’in-

terpretazione per

nulla preventivata,

di una originalità

surreale, che spre-

me la musica,

artigianale, nota per nota. Lui delira da Dio, a

tratti fa pure una certa paura, scioglibile dal

divino fiato che anima trombette, trombe e trom-

boni, mentre le corde armoniche s’intrecciano per

un immaginario in festa. Basso e contrabbasso

sono d’appoggio per una retroattiva introspezio-

ne del paesaggio in movimento, così capita che

effluvi di terra d’Oriente s’insinuino tra i colori

della primeggiante America latina, in una defini-

zione orchestrale che ti fa venire il buon umore,

che ammalia la danzareccia fede nel Prossimo. Le

viscere dell’ascoltatore vengono profumate dalle

leggende del buon vivere, dagl’impulsi di un

amore civile completato dalla romantica solitudi-

ne di Vinicio, di un groove macchiato da gocce di

vino miste al sudore del tipico tanghero, offusca-

to dalla vaporosa espansione di popolari, impro-

fanabili usanze. E che dire del cantato, deruttato

in una parola che non conosce soste, se sei por-

tato alla poesia del piano tastato dalle incursioni

di un tempo che fu, dipinto dall’autore prendendo

spunto dal suo avere un’aria allegra ma morente

per sempre in un tu per tu allentato dal silenzio

delle percussioni come dalle sinfonie ansanti.

L’insieme è posseduto da una capacità d’osserva-

zione che mira all’alba che attende il tramonto e

viceversa, trascinata nel buio più bestiale, di quei

vicoli cittadini dimenticati dal moderno consumi-

smo, illuminato da versamenti di swing. Il risul-

tato è uno splendido giramento di testa che non

puoi bloccare, perché almeno Vinicio Capossela

va lasciato stare a sorridere al terrore del Doma-

ni, al cielo puntellato di stelle, da un sogno uma-

no. E’ una greatest hits che alimenti centrandone

il trasporto, equilibrato. Ci si esibisce in misura

imponente ma con un peso esiguo, a imbastire il

complesso rapporto diretto con la responsabilità

di ciò che accade, di fronte ad una implicita pres-

sione sanguigna, idee in caduta libera su di una

specie di campo neutro, che fan disperare cia-

scun sentimento tra arrivi e partenze, in forma

vaga e ottimistica, con fermezza inesorabile,

scavalcabile solamente da ciò che si vive volendo

procedere con una certa energia, in colpi di fru-

sta e sotto tempeste di orgoglio, a far lievitare

una spiegazione provinciale senz’aver preteso

l’invito ufficiale per sortire l’effetto speciale che

cerchiamo, con la vera sofferenza del soldato

steso in verticale, dinanzi agli amori di un popolo

sotto l’impeto struggente degl’ideali, della natura

che balza agli occhi dando credito alla spirale

della volontà, come ad assorbire l’appariscenza,

lo squilibrio tra la realtà giuridica e quella di

fatto, pratiche già archiviate che ammollano la

tensione per una ragione di principio dalle nor-

mali speranze, per uno spirito eversivo che cam-

bia il corso di storie singole nell’applicazione della

logica all’ostentazione della fragilità per parlare

ancora più chiaro, abbandonati alla sostanza in

compromettente riserva. Si sta più o meno allo

scoperto, con lo scambio di troppe parole a con-

fermare le nostre necessità di ferro scaldato sulle

asperità della vivacità, a generare esistenza per

poter sembrare curiosi poi ricontattando decisioni

immortali nelle firme reali sui grandi quesiti di un

re che mai si confronta con la gravità degli avve-

nimenti. Ci forniamo di una svolta radicale inda-

gando su come si mangia e beve nei voli del

silenzio, quelli che non sono in programma nelle

guide turistiche, nei fatti rivoluzionari con prota-

gonisti i padroni del dramma morale, come sui

vecchi disegni dell’assenza o per atteggiamenti

ambigui. La simpatia per il rispetto che proviamo

per i raggi del Sole regge il nostro fuoco sacro,

che diverrà una stella nelle mani di un istante per

coordinare azioni di rivalsa come scegliere i tem-

pi di congettura tra le figure di spicco logistico

che intervengono in modo amichevole rappresen-

tando forze efficienti radunate da una parte, a

nutrire fiducia per gli accordi di base riportati

dagl’incarichi civili, in base agli ordini predisposti

dando un’occhiata in giro invece che la mano con

ogni mezzo, col coraggio di confessarsi ai proces-

si di scissione dall’organismo, in fenomeni pro-

fondamente anarchici che impediscono, conte-

nendolo, il disordine creato dal materialismo,

dalla violenza delle cose, di una banda di tipi

sospetti, usata sulle soluzioni minime, naturali.

Voto: 9/10 VINCENZO CALO'

AA.VV. “Roma 2009 / Primo Maggio Li-

ve”(Alice Records) Nella scatola della com-

prensione ci sono

denunce per un’epoca

non gestita con equili-

brio, di autori e musi-

cisti in grado di parla-

re oggettivamente

puntando i loro stru-

menti di lavoro

sul l ’autenticazione

fatta di pelle e ossa per costruire un’esperienza

seriale, un suggello di libertà non proprio ele-

mentare se non si rivedono nella canzone delle

condizioni generali. Il punto d’incontro, d’argo-

mentare, rientra in un coraggio incorreggibile se

si sta chiusi nella solitudine della Giustizia a sco-

modare il Governo dalle sue vittorie elettorali,

partendo dalla sostanza prima che dall’apparen-

za, a fare sempre meglio, per un virtuosismo da

rendere forse più avveniristico, e sapere così il

contrario di tutto, di una vita da sognare per

continuare a procedere speditamente, tra le

affermazioni che si scambiano di posto rimbal-

zando… sprazzi di verità nel divenire parte inte-

grante del panorama. Prendersi di fatto è come

navigare in dei fiumi in piena, volendo invocarsi,

pronti ad appoggiarsi nella domanda politica

dall’entusiasmo che deve tornare automatico per

sentire l’importanza di ciò che succede, anche

della verifica dell’assurdità di una ragione ideolo-

gica, sotto un sistema di potere contestabile per

natura succedendo di microfono in microfono,

una tradizione da reintrodurre con professionalità

altrimenti la scena, quel megapalco prevaricherà

sempre sulle critiche indispensabili… ma i dati

sono di chi li vuole, per un giudizio ch’eccede a

razziare il relitto del lavoro senza la possibilità di

avere davvero una maggioranza sulle leggi at-

tuali, di detenere la dimensione di una valutazio-

ne primaria circa le idee da sostenere, seleziona-

bili al Sole ereditando il Passato in maniera ordi-

nata, esenti dall’illegalità. Sotto un mito ombra le

esibizioni non sono mai sottocontrollo, ma con la

diretta tv si cavano i meandri del durante, quella

società visibilmente occupata a manovrare la

ricerca di un evento che sviluppi l’intelligenza e

non solo del sarcasmo nel corpo di una giornata.

La definizione, tra certi interessi e la disponibilità

a ricrearli viene approvata nella presenza di una

condivisione non campata in aria, di vicende

umane condannate ad uno stato di diffamazione

alata e nemmeno tanto competente al luogo

preciso per mostrarsi conflittuali, con ulteriori

ipotesi d’accusa (giudiziosa!). La scelta dei pezzi

live da parte di ogni singolo artista culmina con

la speranza di creare borse di studio per i figli dei

caduti sul lavoro, frutto della voglia di dare attri-

buibile ad una nuova etichetta indipendente all’o-

rizzonte, l’Alice Records, distribuita grazie alla

complicità del quotidiano “Il Messaggero”. Si

comincia col prodotto musicale del Blasco

che accontenta esclusivamente i suoi fan,

detronizzabile per mezzo del talismano

prog, tenuto in pugno dalla Pfm per essere

lanciato in aria, all’indimenticabile De An-

drè. Poi spazio alla diversificazione dell’in-

tuito artistico di Caparezza come alla co-

municazione impersonata da Edoardo Ben-

nato tra il vecchio e il nuovo, tra due fra-

telli, prima dell’allegra, boccaccesca malin-

conia elaborata dai Bandabardò magari con

quell’incontrollabile respiro che risuona

poeticamente grazie ai Nomadi, a precede-

re la veste raffinata dei Blue Noise che

ricopre la chitarra calamitevole del grande

Robben Ford, distinta dal tambureggiante

canto di Cisco che richiama la folla subito

raccolta dagli Afterhours con una chitarra

che stavolta rapina la melodia a conferma-

re i suoi bagliori tramite l’interpretazione,

di Marina Rei tra le percussioni grunge,

dell’anima al femminile, sputata al moder-

no smussabile con la sensibilità a tutto

spiano di Roberto Angelini, o travolgibile

dal rock in vortice intimistico dei Motel

Connection, con sonorità disciolte nel blues

calorosamente dai sorprendenti Bsbe, vin-

citori dell’edizione 2009 di “Primo Maggio

tutto l’anno”.

TRACKS: VASCO ROSSI il mondo che vorrei, PFM

volta la carta, CAPAREZZA la grande opera,

EDOARDO BENNATO rinnegato, BANDABARDO’ il

mistico, I NOMADI lo specchio ti riflette, BLUE

NOISE & ROBBEN FORD storyville, CISCO i cen-

to passi, AFTERHOURS ballata per la mia piccola

iena, MARINA REI donna che parla in fretta,

ROBERTO ANGELINI tempo e pace, MOTEL CON-

NECTION cypress hill, BSBE fanno meglio.

Voto: 7,5/10

Vincenzo Calò

Page 32: Numero 1 2013

Pagina 32

OFFLAGA DISCO PAX.

“ B a c h e l i t e ” .

( S a n t e r i a /

Audioglobe). All’inizio,

dolci accordi di chitarra

classica ti fanno imma-

ginare chissà quale elucubrazione senti-

mentale, poi retrocedi in un amplesso equo-

solidale che non c’è mai stato, un’assenza

incentivata da illusioni portate alla ribalta,

completa di personaggi del mondo della

cultura, dello sport o dello spettacolo con-

vinti, dall’inizio alla fine (che non è ancora

stata sancita finché si esibirà questa band),

che una fede politica non vale l’altra. Ce li

vedo bene gli OfflagaDiscoPax ad accompa-

gnare il creatore di Blob, Enrico Ghezzi (e

lui sì ch’è un mito!), nei suoi racconti di

cinema controcorrente su rai3, nel cuore

della notte, con un unico frammento estre-

mizzato d’intelletto armonico e atomico al

contempo, di cui non saprai mai se portava

o no a qualche energica illustrazione, del

Tempo e del caso, da condividere. Quindi,

ip ip urrà alle sconfitte dei propri sogni, a

colmare una realtà che non è la tua, per la

quale forse non vale la pena sopravvivere,

ecco che il sonoro si computerizza con par-

simonia, come se si vagasse nella gestualità

di terroristi appartenenti ad una vena pro-

vinciale inquadrata idealmente, negli anni

’70, che al 2010 non viene intagliata con

curiosità dai più, ma rinsecchita noiosamen-

te. Il sintetizzatore si risveglia di tanto in

tanto come uno zombie che ti fulmina dan-

do una debole pacca sulla spalla, in paesag-

gi e percorsi di un vivere civile in fondo

ingestibile, mixati parlando esclusivamente

alle macerie del comunismo. Sempre più

fieri di una solitudine alimentare riassumibi-

le in una nota musicale che, non evolvendo-

si, rigonfia atmosfere di evasione incidenta-

le, sulla quale si gioca al massimo con se-

condi di violini e sax orgiastici, ma assoluta-

mente non rotti come può sembrare invece

la batteria, di timida ripercussione o nulli

come il rock che ci sarebbe andato benissi-

mo, e che avrebbe fatto rifluire uno scom-

penso emotivo odorante di chiuso. La voce,

di cervellotica rimembranza, s’impegna

nell’istruire invano il germe della modernità,

di certo maggiormente volgare, e stona con

sarcasmo, perciò ne deduco anche in ciò

l’unicità del tono nella non del tutto presa in

giro dei principi di una libertà pasoliniana,

sfruttata con una campionatura elevata

all’intimo, quasi struggente. Stanchi come

verità nascoste, indossiamo corone di pen-

sieri morti. Per ricordare qualcuno che ci

somigli proteggiamo la nostra reputazione,

con un’ansia celebrativa da giustificare ripe-

tutamente, per essere quantomeno apprez-

zati come orgogliosi ricostruttori di un patto

di stabilità. Riconosci gli uomini buoni quan-

do questi hanno cose importanti da dire,

con bocche impastate di malinconia e dispe-

razione, in posa per un quadro infinito. Per

un ascolto felice di niente d’insolito non si

deve sentire mai puzza di bruciato. Ci si

viene incontro, in amicizia, credendo al pro-

gresso, tra i suoi verdetti di diversa grada-

zione. Nel chiedere tolleranza zero man-

chiamo spesso in senso lavorativo, perciò

quella reputazione da proteggere la dà in

barba alla Ragione che risiede in case mo-

deste, comportandosi come un essere uma-

no a ricoprire il venerabile, senz’aver mai

capito com’è la situazione dei servizi pubbli-

ci, inventando inconsciamente problemi di

contrapposizione, la caricatura di qualsiasi

immagine, con la forza di permeare autenti-

cità riformatrice attraverso delle debolezze

strutturali, giocando politicamente con un

processo creativo. Intravedi la luce con una

straordinaria forza d’animo, tra le fughe

potenti di una ingrandita, vulnerabile inno-

cenza e i fragili ritorni di una fame di sogni,

vigilata sopportando il cammino della pro-

pria presenza sul tempo per sballarsi, per

avere un aspetto fantastico, col nome scrit-

to addosso per non perdere le occasioni di

rivincita, invece che vagare senza una ma-

lattia nei famigerati carceri di una leggenda

ideologica, come le transazioni di un aggra-

vio pesante qual è l’identificazione degli

omicidi di una inesatta mente.

VOTO: 7+/10 VINCENZO CALO'

RISONANZE FOLK

“Per il Sonno, per l'Ip-

nosi o per il Vi-

no” (Autoproduzione)

Strumentale allegria

dilaga, annullando i limiti

seccanti del perbenismo,

con un sapore retrò ad infiammare il siste-

ma nervoso fino a renderlo sorte bruciata

per dei capricci popolari. Le tradizioni mar-

tellanti sulla dignità, stando al messaggio

che si vuol comunicare o imporre se dipendi

o meno dalla memoria sconfitta dai tempi

moderni, sono però facile preda delle tra-

versie ideologiche. S'inneggia al sentimen-

talismo dell'emigrante destinato alla pover-

tà del suo ruolo liquidabile con la voce del

silenzio. Il linguaggio della quotidianità fa il

suo gioco orchestrale, enfatizza i difetti di

un risveglio, e il sorriso si colora d'intimità

per essere stracciato dal sovrano di turno.

La ribellione, a parole, viene cancellata e

resta una cornice per dei vuoti violenti co-

me l'indifferenza, a forma di spirale. Il suc-

co musicale non è per niente dolce, se be-

vuto in un sol sorso da chi non lo sa gusta-

re. Vincenzo Calò VOTO: 7+/10

SACRA SINDROME

“V.I.P (Veleno in Pillo-

le)” (Demo) Il classici-

smo mentale può portare

alla depressione del gio-

vane, furioso tra sostanze

tossiche non vedendo l’ora di rifugiarsi negli

affetti ristretti alla certezza che possano

cessare da un momento all’altro. Questi

promettenti rapper t’invitano indirettamente

a muoverti, perché il tempo scorre inesora-

bile e non riesce a cogliere le esigenze di

tutti … Delusi dalla morbosità scaricata da

un fine prettamente materiale che non ci

dovrebbe riguardare, parole srotolate inci-

tano a non contenere una Passione da

sconfinarla fino ad incontrare nuova curiosi-

tà incoraggiati dall’emotività, coscienti che

non sappiamo volare. Lavoro eretto su una

base che si sa come intensificarla. Accurato,

appoggiato da una credibilità che va presa

sul serio uscendo dall’ambito del gioco, al

contrario del genere musicale che viene

esercitato. Vincenzo Calò VOTO 7-/10

LA STRANGE. “Queen

of Disguise”. (SPV/

Audioglobe). Compli-

menti alla mantovana La

Strange one-girl band

che mette sù dieci tracce

decise di puro hard rock.

La voce è molto più decisa di Amy Lee o

addirittura Skin e i paragoni sonori sono

Guns N’Roses e Aerosmith, forse magari

per una volta dall’ Italia non esce la solita

cantante costruita su immagine femminile

manipolata dal mondo sempre più maschili-

sta che vende per copertine tutte tette e

culo. Brava, decisa e coerente.

Antonio Di Lena VOTO:8/10

B E R E F T .

“Leichenhaus”. (The

End). Debutto dalle

tematiche pesantissime

per i Bereft, che narra-

no due episodi nella

trama del lutto. La pri-

ma è: le camere mor-

tuarie dell’800 europeo, dove si facevano

sostare i defunti per alcuni giorni onde evi-

tare ulteriori presenze di vita, la seconda

fase, non meno “allegra”, narra dell’abban-

dono in Tibet di cadaveri nei luoghi sacri,

lasciandoli alle intemperie e agli animali,

favorendo il ciclo della vita. Album di doom

funereo con una voce da orco da far rabbri-

vidire un intero cimitero di assassini.

Antonio Di Lena VOTO:7/10

Page 33: Numero 1 2013

Pagina 33

ANTONIO DI LENA.

“Miele Vampiro EP”.

(Fat Sound Records/

SuonidelSilenzioRe-

c o r d s ) .

Accomodiamoci pure

tra queste tre tracce

per assistere all’elogio sulla Diversità, sacri-

lega secondo il buoncostume, da cui spun-

tano cenni di umana superiorità, per intima-

re delle muse a snervare il bene dei senti-

menti dal malessere sociale generante il

dolore per la Vita impossibile da castigare,

in fondo comune, in un volo oscurantista a

smuovere cieli insanguinati a seguito d’idea-

li arresisi alla circolazione nelle vene di un

individuo che nessuno pare sia intenzionato

a raccogliere da sfaccendato persecutore

della sua crudezza, della sua nudità assorta

in un senso di orientamento fugace, che

scalda la voce del cantautore, densa di ca-

ratteriale estremità, dettata come tempo

armonico ad un batterista sorprendente,

tale Matteo Spinelli, sicuro del suo quieto,

ingenuo evadere a tratti addirittura spadro-

neggiante sulle chitarre elettriche al punto

tale da renderle ancora più orecchiabili,

sciolte per un grunge arrangiato con la ma-

sticazione di effetti sonori in quanto espan-

sivi per una richiudibile dimensione, con un

fare poco più simpatico e lucido rispetto ai

precedenti lavori, merito dell’etichetta brin-

disina Fat Sound Records. Tinti di una fun-

zione magnetico/criminale, ci rifugiamo nel-

le conquiste di un attimo, con in pugno la

rosa dei venti che ha perso i petali nel lavo-

rio di una tematica d’approccio, tra vincitori

e perdenti. Sottoforma di fiabe incande-

scenti ci rassegniamo al rispetto generico,

vegliando sull’immoralità corrispondente ad

accettazioni promozionali, ma esistere nel

proprio essere è una speranza di grande

futuro che si estrae da un sistema assente,

e chissà se adatto per raccontarci a vicenda

di come pecchiamo d’ intensità.

VOTO 7/10 Vincenzo Calo’

HIG ON FIRE.

“De Vermis Myste-

r i i s ” .

(Eone). Matt Pike,

(leader, voce e chitarra

dei Hig On Fire), sicu-

ramente fatto da allu-

cinogeni crede che

Gesù Cristo abbia avuto un fratello gemello

che sia andato in croce per lui, detto ciò ha

lavorato sodo su questa storiella che è la

trama di “De Vermis Mysteriis”, un sound

stoner grind con voce possente e profonda,

chitarra spara fuoco , basso da paura e bat-

teria lancia bombe. Vi consiglio di dare un

ascolto all’album, altrimenti non compren-

derete mai la follia degli Hig On Fire.

Antonio Di Lena VOTO 6.5/10

THEATRE DES VAMPIRES. “Moonlight

Waltz Tour 2011”.

(Dreamcell11/Aural

Music/Audioglobe).

Con grande piacere tor-

nano in DVD i romani

Theatre des Vampires.

Questo lavoro anticipa il

film “Cult of Lamia” che

vede protagonista la

front woman Sonya Scarlet, il live è quello

di Mosca dello scorso anno dove si vedono

in primis le doti teatrali della band sempre a

testa alta nel proporre pezzi horror/gothic.

Antonio Di Lena VOTO:6/10

OFFLAGA DISCO PAX. “Gioco di Socie-

tà”. (Venus). Da

Cavriago (Reggio Emilia),

si dove c’è la famosissi-

ma piazza Lenin, nuovo

attesissimo lavoro per i

“compagni” Offlaga Disco

Pax. Suoni elettronici

“raccontati” e non cantati come ormai la

formazione emiliana ci ha abituati da mol-

tissimo tempo. La loro originalità è sempre

in questo sound che narra fiabe moderne,

un limite che amalgama musica, passione e

lotte. Non è un album per pochi intimi ma

un capolavoro (ennesimo) per tanti rivolu-

zionari. Antonio Di Lena VOTO:8.5/10

T U C H U L C H A .

“ R e f l e c t i o n o f G o d ” .

( A u t o p r o d u z i o n e ) .

Ottimo...sprecato...devastante, sono questi

gli aggettivi che si addico di più a questa

band. Tuchulca è il nome di una divinità

Etrusca e la band in questione suona divina-

mente poco più di venti

minuti di un death me-

tal che ricorda molto i

Six Feet Under. Deva-

stanti suoni entrano

nella mente che l'ep si

lascia ascoltare con

facile rabbia e determinazione. Peccato che i

nostri cinque siano autoprodotti, un cd del

genere sul mercato potrebbe solo far bene

nonostante il periodo no della vendita di

materiale musicale, ma il metal non è ven-

dita, il metal è passione, rabbia, ragione di

vita. Mi auguro in futuro di ritrovare la band

con qualche contratto discografico o perchè

no in un bel tour a recensire il loro show,

questi spaccano alla grande, teneteli d'oc-

chio. VOTO 8/10 Antonio Di Lena

PROGETTO ORB. “Cera

di Ef…”. (Demo). L’in-

genuità, vogliosa di pec-

cati, abbraccia un canta-

storie. La metabolizzazio-

ne giunge al tardi, nel

tepore emanato dalla tristezza. La serenità

soffre di mania di persecuzione, una nenia

glaciale per quant’è immenso a tratti il sen-

timento qualunquista, la ricompone, con la

limpidezza profusa da noie altrettanto intro-

spettive. L’estasi minuscola provocata

dall’apparire, ti costringe ad invocare illusio-

ni tambureggianti per un periodo accomo-

dante di cui sei autore trasparente che sva-

nirà quando sarà davvero impossibile so-

gnare. L’inizio dei pezzi dà respiro ampio ad

una creatività bisognosa di ricerche musicali

talmente possenti da sciogliere l’odio per

delimitazioni socio/economiche. Il progetto

va solo incoraggiato, siamo alla partenza di

uno scopo. Vincenzo Calò VOTO 6+/10

T A R J A T U R U N E N .

“Henkäys Ikuisuude-

sta”. (UniversalMusic).

Album di cover eccetto

“Kuin henkäys ikuisuut-

ta”, scritta appunto dalla

Turunen con la collabora-

zione del produttore del cd Esa Nieminen, e

per la talentuosa ex-Nightwish si apre un

nuovo capitolo niente male. Non strappatevi

i capelli perché, sarà che non siamo abituati

a questo genere di cose, ma Tarja canta

canzoni di Natale poco affine alle sonorità

metal. Va lodato solo il fattore canoro della

singer finlandese ma nulla di più. Resoconto

finale: una grossa trovata pubblicitaria di

canti lapponi per un Natale poco metallico.

Antonio Di Lena VOTO 5/10

FUNERA EDO“Curse of

Cain” (Demo) Una cosa ben

precisa è certa, con i gruppi

black metal i demo, cd, ep e

via scorrendo le identificazio-

ni e l’espressione di un giudizio musicale

diventano assai differenti e complesse, per-

ché, come nel caso dei Funera Edo il loro

lavoro, o sarà eccellente e maestoso oppure

verrà buttato nel dimenticatoio musicale che

ognuno di noi possiede in sè. In questo caso

ci troviamo davanti ad un piccolo capolavoro

di black metal che se seguito con ulteriore

cura e spesa economica da parte di qualche

etichetta anche nostrana potrà sicuramente

far innalzare i suoi frutti. Un sound grezzo

graffia all’interno di questo demo proprio

come un gradito e sconfinato suono da fore-

sta nordica. Rabbioso, psicotico e violento,

q u e s t o è “ C u r s e o f C a i n ” .

Antonio Di Lena VOTO 6.5/10

Page 34: Numero 1 2013

Pagina 34

LITFIBA“ Sogno Ribel-

le” (Warner)Rimbrotti

di un anticonformismo

esercitato pur costretti

poi a tornare indietro,

dandoci dentro con chi-

tarre di uno stimolo roc-

keggiante, tastiere dallo stile anni ’80 e

percussioni d’irremovibile persuasione che

non si confondono fornendo così luce alla

voce grossolana, da scaricabarile, di Piero

Pelù che se la spassa tra le sue prime hit col

suo assistente fidato, Ghigo Renzulli. Brani

riarrangiati in una versione più o meno live,

senza togliersi di dosso sconvolgimenti dire-

zionali, rimanendo quindi selvaggi al punto

di ridere e scherzare su come si finisce ma-

le, in un periodo malinconico a proliferare

per volontà di meteoropatico richiedente

una soluzione esotica immaginata come

positività retrograda ma spiazzante quel

senso di noia urbana posseduta per forza di

volgare sfarzo e in modo irreprensibile, im-

possibile da ritrarre perché in fondo s’è im-

prendibili scacciapensieri che mirano ad una

visione armonica d’ideali, colorata dalla

presenza indissolubile di spiriti maligni, per

una legge impronunciabile dacché seguitata

da servi benedetti nel nome di un’ipocrisia

ricoperta di passioni morte come indiani e

banditi ch’erano fieri di proseguire per stra-

volgimenti, serializzati privi di un carisma

pur avendolo, ma che non credevi fosse

perentorio fino a rendere amara la descri-

zione di una condizione reverenziale nel

disaccordo comune, nel lavoro quotidiano di

tendere alla fine del giorno una smania

classistica di pubblico impiego come di pri-

vata persecuzione. E’ naturale la frenesia

per gesti che ponderano la solitudine cle-

mente, atmosferica, risuonante per chi è

adibito a trattenere una palpitazione tra-

scendentale da cartone animato. Nei mean-

dri di un pensiero incollabile i Litfiba issano

l’asta della perspicacia più controproducen-

te, data la sistematica e materiale riunione

di popoli falcidiati da scopi irriguardosi, con

un rigurgito intenzionale ch’esige ampiezza,

correggibile se si è liberi di espatriare per

lasciare un segno sulla propria pelle, invece

d’essere imprigionati in animali addomesti-

cati, fino a tacere.Segui una corrente d’aria

non sapendo cosa pensare, come fare un

dono che rappresenti la Terra, per immagi-

nare ciò che si vuole con una prontezza di

riflessi in eterna fase di costruzione, nel

tempo di agitarsi non conoscendo effettiva-

mente la gravità di un problema, di un bene

da chiarire come portatori d’interessi so-

vraesposti per poi ritenersi inopportuni. Dal

generale al particolare nulla osta alla nostra

realizzazione, nemmeno gli eventi da siste-

mare in un unico soggetto di materia insi-

stente sulle incomprensioni. Passo silenzio-

samente davanti a te, con le manifestazioni

di follia dell’uomo che si ripete per non

mancare come l’acqua all’individuazione dei

comportamenti per avere il benché minimo

riscontro positivo sulla parzialità dei dati

prospettici a livello ambientale. La scelta di

utilizzarti in un mercato come combustibile

è indipendente per quanto si cresce tanto

per essere soggetti a manovre di chiusura.

Levati dall’emotività, provoco la tua pressio-

ne, un piacere tanto per rilassarsi in lavori

di distinguo da fare col cervello che non

trova comodità per dichiarazioni di residen-

za rassicuranti, nell’assunzione seria

dell’impegno di beccarsi una pena formal-

mente espressa, considerata ad alta perico-

losità dato l’intervento sui propri diritti che

determina gli elementi per chiedere di valu-

tare un mistero in virtù del progresso inte-

grabile al filo della chimica, sopra il quale

uomini di completamento si arrangiano in-

terloquendo in lingua madre cogli alimenti

sottobanco, abituati dalla criticità del Passa-

to, di un diniego da forzare per poter essere

presi in società come un carico di arrivi e

partenze da gestire senza lasciarsi pregare

più di tanto di presentarsi come numeri alla

ridistribuzione equa del dire, con la sintesi

dell’eccedere, a fare battute secondo un

parere non appassionato alla coerenza di

Pensiero convenuta sul piano tecnico per

documenti da riprodurre nell’invito a star

sotto le leggi della Natura con una strategia

politica, una professione in prestito alterna-

tiva a qualsivoglia punto di riferimento, al

f a t t o d i a p p a r t a r s i .

VOTO: 8/10 Vincenzo Calò

PROGETTO ORB. “Via da me”.(Demo).

Una disperata voglia

di affondare nella

natura pare ingabbia-

ta, e le melodie, pe-

santi come un ricor-

do, trovano rifugio

nella femminilità da

struccare, che non

s'è riusciti a contemplare appieno, che com-

porta l'inevitabile andirivieni di una civiltà

definita dalla fragilità che allontana la con-

cretezza. Il suono dell'acqua nel bel mezzo

del lavoro riassume un racconto frenetico,

dinanzi al quale traspare spettacolare me-

diocrità, e l'interpretazione, stilisticamente

affascinante, perde in tecnica vocale. L'au-

tore ha individuato un bisogno d'aiuto attra-

verso viaggi interiori così complessi che

debilitano l'apparire, insignificante al ritorno

dell'onda del presente. Alla fine, lo spirito

"degregoriano" acceca l'originalità, e si ha la

sensazione che ci sarebbe molto altro da

dire se cullati dalla sensibilità in perenne

strattonamento a seguito di un intrigo com-

posto dall'umanità (per essere distrutto?).

Vincenzo Calò VOTO:6+/10

ANTINOMY“Origin Of All Pain”(Demo)

Problemi nell’Antinomy family, perché ap-

pena finito il demo, la singer Johana è stata

allontanata dalla band. In

attesa di nuovi eventi ri-

guardanti la line-up del

gruppo dedichiamoci a

questo lavoro. Il demo di

ben nove tracce è un mi-

sto tra metal, gothic, death e addirittura

industrial. La pecca del lavoro è quella di

mischiare troppa sperimentazione sonora

che porta il suono del demo ad essere sto-

nato. Magari sono io che non capisco il me-

tallico mondo degli Antinomy o sono loro

che sono mooolto più avanti di me…Forse !

Su www.myspace.com/antinomyband si

possono ascoltare quattro tracce del demo.

Antonio Di Lena VOTO 3/10

TRIVO. “Emoterapia”. (Grezzissimo

Productions).Ancora una volta lei, la terra

(forse) perfetta per creare musica: la Pu-

glia, sì, questo Trivo arri-

va appunto da lì (Foggia

per l’esattezza) e ci rega-

la un demo interamente

autoprodotto e ben cura-

to. Diciassette tracce che

hanno del folle, che sem-

brano a tratti musiche scritte per film auto-

prodotti o per cortometraggi alternativi gi-

rati, perché no, proprio nel Tavoliere. Titoli

interessanti sin dall’intro, “Traccia 1-artista

sconosciuto” che uscirà sicuramente in tutte

le autoradio d’Italia a tutti quegli emergenti

che fanno ascoltare la propria opera ad un

amico o a qualche possibile interessato del

lavoro. Trivo ci mette di tutto in questo la-

voro: scarabocchi batticuoranti, rumori ra-

nocchiosi, corde vocali non educate, chitarre

scordate, bassi troppo alti, pianole infantili,

synth genuini, loop stomachevoli, batterie

di cartone, percussioni abominevoli, foto

antiestetiche, video malfatti, matite spunta-

te, inchiostri indecorosi, acrilici depressivi,

tempere immorali, musiche scialbe, testi

superficiali, arrangiamenti orripilanti ... Tut-

ta questa è pura passione. Sinceramente

apprezzo tantissimo questo artista perché

dimostra che il suo ingegno può prendere

vita, può divenire grande, basta solo farlo

conoscere e capirlo, e ancora una volta fa

onore alla scena alternativa italiana, male-

dettamente incompresa, nascosta e dal

fascino che non è per tutti. Autoproduzione

che non potete farvi sfuggire.

VOTO 9/10 Antonio Di Lena

Page 35: Numero 1 2013

Pagina 35

KNYGHT “Bet Every-

thing” (Anko Musik).

Cosa fanno i lanci giova-

nili promozionali sul mer-

cato?! Questo Ep regi-

strato a Ottobre 2008

presso gli Anko Music Studio di Monaco di

Baviera (Germania) da H.Hinze non è altro

che la miccia che farà esplodere o la voglia

di fare successo oppure l’idea di dare molta

immagine e poche idee musicali. Un glam-

rock alla Bon Jovi & co. Una presentazione

quasi alla Tokio Hotel nazionale per far sì

che questi ragazzi facciano soldi e succes-

so. Sono sicuro che se la band avesse ini-

ziato il suo tragitto in maniera meno esplo-

siva sarebbe stata più credibile, le influenze

si sentono ma sembrano che vengano pilo-

tate dalle idee di qualcuno e non da Tommy

e compagni. Non è cattiveria, qui non si

parla della bravura o meno della band, ma

mi gioco le palle che gli Knyght possono

fare di più senza essere supervisionati da

qualche Dio minore della scena musicale.

Con il passare del tempo spero di ascoltare

questo gruppo con qualcosa di nuovo e più

personale, sperando che i ragazzi lascino

alle spalle i propri miti e mettano su qual-

co sa a l l a Knygh t ve r amen te .

VOTO:5/10 Antonio Di Lena

MAX GAZZE’ “Ognuno

fa Quello che gli Pa-

re?” (Virgin). Spasmi

incentivati di una filosofia

abitudinaria, presi per

misure longitudinali da

una complessità che accenna inizialmente

alla new wave, riempita per rallegrarsi ma

non troppo alla ricerca di un gergo accatti-

vante fintanto che si può sperimentare,

comprovata nell’autore in questione, a ri-

cordare il miglior Battiato. Appena ti ritieni

preda di una sinfonia ecco il bonario in-

ghiottimento da parte del pop/rock trasci-

nante la trascuratezza di chi si sente inap-

propriato e non gli resta altro che ironizzare

sulla condizione umana, col respiro amplifi-

cabile in fasi alternative dall’esagerazione

che risiede nei suoni della natura lodata

dagl’impiegati dello stress moderno, di per

sé noiosi e indifferenti modelli di una sur-

reale angoscia a ricadere sulle percussioni,

e asciugabile dall’altruismo acustico a tor-

mentare il pensiero rivolto all’altezzosità di

archi non del tutto infondati. Poi irrompe

l’armonica, col suo folk nel ripiegare sull’at-

trito sentimentale (tema assorto in ogni

traccia pressoché), ma il vortice musicale è

talmente radicale che rende loquaci luoghi

e spazi all’approssimarsi del vuoto esisten-

ziale riproducibile con un’arpa al dir poco

virtuale che scandisce il ritmo delle riconci-

liazioni tra l’uomo e l’invenzione che lo sop-

primerà, dato il genio raccolto nella descri-

zione di un regno incantato col clavicemba-

lo e le trombe, qual è la volgarità meccani-

ca del provinciale ad attutire la compagna

di una Vita, che scompare nella lentezza

degli accorgimenti ammollata da una crisi

di coppia, mentre all’ombra di un’inquietu-

dine v’è l’ossessa incapacità di non demor-

dere, maliziosa in una fusione di accordi

vicina all’elettro/metal, col materialismo

vessato alla fine da una struggente compo-

sizione neo-classica. Pensando a fallire nel

rispetto dell’ambiente si viene chiamati in

causa lentamente, a comporre poesie su un

cuore variegato, abituati a gestirlo come a

prenderci al massimo la mano in vite perse

in termine umano, per dispute lunghe, ca-

villose, ad invecchiare il settore edilizio. Ci

abbattiamo con destini nuovi per valere

indicazioni eterne, il ritrovamento di stru-

menti intensi su una responsabilità più de-

bole e rimarcata, se rifletti tra le tecnologie

più affermate, che punteggiano l’assolutez-

za riconvertibile in verità inconfrontabili.

L’ansia di possederci ritocca la sostanza dei

mutamenti radicali, appariamo sensibili per

un segnale d’incoraggiamento a risanare

situazioni precarie, selezionate per qualità e

offerta, d’adottare per esigenze future che

già producono energia, idee, d’accogliere

con entusiasmo, di un completo monitorag-

gio operante in un unico senso arbitrario,

con la possibilità di espandersi da prevede-

re nella media delle aspettative comuni che

non fa decollare alcun investimento, costi-

tuire fondamentali cicli di ribellione per

chiedere poi più semplicità senza provocare

sporcizia. Porgiamo le scuse per una man-

canza di fiducia avvertendo l’istinto animale

come già scaricato sugli altri, a moderniz-

zare la libertà di approvare un effetto spe-

ciale per sperare in una svolta, anche se si

fa fatica ad arricchirla, impegnati a tempo-

reggiare in attività di rappresentanza, cor-

reggendo leggi di programmazione, esage-

rando in maniera intelligente nel condivide-

re cose utopiche col gioco della parola in

pianure pervase dall’aria buona.

VOTO: 8,5/10 VINCENZO CALO’

STORMCROW. “Disposition To Tyran-

ny”. (The Summit

Records). Direttamen-

te da Milano del puro

Alpine Black Metal (ah

cosa fa l’afa delle gran-

di città…!), dieci tracce

di puro black scandinavo con violenti pas-

saggi musicali oltre la normalità, registra-

zione impeccabile, risultato formidabile, tra

Mayhem e Satyricon. Da non perdere.

RUKIA. “Midnight

Runner”. (Demo).

L’underground non si

ferma mai, dalla Polo-

nia arrivano i Rukia

band che con la nuova

line-up passeggiano

interessanti sull'utilizzo dei programming.

Influenze molto swedish e power heavy

rendono la band da tenere sott’occhio. Con-

tatti: www.myspace.com/rukial

S I L E N T C A R -

R I O N . “ A n d r a s ” .

(Demo). Scaia, ovvero

Silent Carrion, produce

questo demo, il secon-

do della sua carriera

che ha un suono che

vorrebbe riecheggiare nei Sunn O))) o gli

Earth, ma la registrazione troppo ripetitiva

non aiuterà sicuramente le major a tenere

il lavoro in considerazione. Contatti: car-

[email protected]

R A G I N G A G E .

“Waiting For Death

Alive”. (Demo). La

band barese debutta con

cinque tracce che non

sono altro che un mix

tra death e trash, non

fanno un granché, forse il demo è stato

registrato in maniera affrettata, la tecnica

scarseggia e la sola voce di Fil non basta a

tenere una band che già in partenza ha

iniziato a sprofondare. Calma ragazzi e

tanta pazienza, magari la prossima volta

impegnatevi mettendoci l’anima.

MùM.“Early Birds”.(Morr

Music).Musica elettronica

con sonorità acustiche, di-

rettamente dall’Islanda

settanta minuti di tracce

provenienti dal triennio

1998-2000 dove i Mùm praticamente non

avevano ancora effettuato il loro debutto

discografico e registravano scheletri elet-

tronici, adatto solo ai fan dei Mùm, magari i

più sfegatati sapranno apprezzare qualcosa

in settanta minuti.

BEST COAST.“The Only Pla-

ce”.(Wichita). Voglia di mu-

sica da spiaggia, ma che non

sia latino americano! Ecco a

voi il surf-garage-pop dei Best Coast, fusio-

ne del polistrumentista Bobb Bruno e Be-

thany Cosentino ex Pouchaunted. Canzon-

cine d'ascoltare in cuffia, sì perché dopo

neanche mezzo album diventano monotoni,

ah, ci fosse sempre il Gods Of Metal...

Page 36: Numero 1 2013

Pagina 36

AA.VV.Pink Room

Vol.1(Pink Room)

Compilation tracciata

con dovizia di particola-

ri che riprendi da te,

per una stabilità stru-

mentale accattivante.

Bandito il perbenismo, autori alternativi

vengono rappresentati dai loro inni alla glo-

riapiù varia e spesso vana, da sobbarcature

di agonie studiate con passione, senza dete-

starle e tentando di avvicinare idoli repressi

dai tempi musicalmente moderni che ci tra-

scinano privi di oralità, a costo di rischiare

l’apatia quando si esce fuori dalla libertà di

mostrarsi, sotto arcobaleni acustici rimossi

con un rock illuminato da reflussi elettronici,

trattenuto dal progressive coi suoi lampi

emotivi e buon custode di chimere armoni-

che che a sua volta celano anche un accen-

no al reggae. Negl’intervalli ti puoi far coc-

colare da dolceamari melodie tirate fino al

limite dell’intelletto dell’ascoltatore, e ten-

tennamenti sonori per quel tanto che basta

a soddisfare la migrazione dei pensieri ver-

so posti lontanissimi seppur terreni…Nella

certezza d’essere qualcosa di nuovo s’è

uomini di mondo, imperanti sulle difficoltà

più odiose, portati in pubblico ad appagare

Anime, continuando ad assistere ai delitti

morali che svuotano le parole, condizionano

la mediocrità, e così una sensazione d’angu-

stia viene moltiplicata all’eccesso, mutando-

ci in distanze. Nell’accettazione umana si

piange la quotidianità, con un trucco pesan-

te a snaturare i gesti, che si rovina. Le illu-

sioni invece non si ostentano più, come se

vincolati alle esigenze del conformismo.

Ogni ragione va intesa velocemente buttan-

do l’occhio alla fine di un confronto fra rego-

le irrigidite, nonostante la possibilità ancora

persistente di porgere una o più domande,

di proporci un ruolo, esposizioni in chiaro

per metterci nei panni di un individuo, per

una ricchezza sfaccettata di prodotti corri-

spondenti alla sperimentazione, indipenden-

temente dal materialismo che incassi. Tra le

componenti di una determinante è come se

fluissero liberamente solo le constatazioni

economiche. La gente comune canta non

sapendo cos’è la musica, per sperare di

rincuorarsi. Ci dedichiamo alle nostre storie

senza lanciare un’idea nell’aria, colti da una

mancanza di risorse per rendere istintivo il

movimento della comunicazione al massimo

della Vita, per rimanere sempre freschi e

dire con semplicità di esistere con voci d’al-

ternare stappando dell’ottima, liquidata

sostanza. Dall’assoluta fedeltà dei testi si

suona per niente, per tutta una Vita nei

segni del comando che ci ritaglia il Tempo

per una rotta riduttiva tra i drammi del cuo-

re, di una normalità da ospitare testimo-

niando per conto di uno spettacolo trash,

che stregano la verità quando fa male,

quando si va a comprare tematiche per ra-

gazzi che si sono consumati a forza di scuo-

tere la testa per sentirsi bene con lo Spirito,

con l’espressività da mirare in attimi d’ine-

sattezza, in cui l’inadeguatezza ti fonda-

mentalizza. Sarebbe giunta l’ora delle no-

stre sentenze, relegate alla massima

espressione dell’intimo, ai banchi di riscos-

sione, come ricordi impotenti a guardare

diverse indipendenze per questioni che non

hanno a che fare con la visibilità, bensì con

il ritrovarsi dentro un insegnamento ad eroi

e delinquenti che ti permettono di sfamare

e dissetare peccati, in una fase che stiamo

attraversando, che oserei definire

“eliminatoria”, essendo colpiti da fatti che

compromettono la limpidezza carismatica,

per ragioni da capire ma che stressano, con

quella enorme fiducia che si richiede, ma

che in fondo manca nel dna. La tassa sulla

fuga è salata, implica rifacimenti collettivi,

ma pur vestendoci di voglie utilizzate come

degustazioni affettive si rimane inchiodati

dinanzi agli amori che proviamo, si tenta di

risparmiare, e questo comporta il divieto di

tutelarsi, e successivamente la rabbia, lo

scioglimento del potenziale profitto etico, il

passaggio tra epoche in fondo involute, che

non danno brio alle promozioni come alle

bocciature agli esami di educazione civica.

Vincenzo Calò VOTO: 8/10

L E V A N I A .

“ P a r a s y n t h e s i s ” .

(Demo). Che peccato che

sia soltanto un demo, si

perché i Levania guidati

dalla loro singer Ligeia

sono pronti a fare il grande salto nel gothic

a livello europeo, e forse finalmente anche

in italia avremmo i nostri beneamati Night-

wish (magari vecchio stampo), giusto per

citarne una delle tante band che spopolano

ormai con il gothic che accarezza anche

suoni più death e a tratti sinfonici.

NEBRUS. “From The

B l a c k A s h e s ” .

(Schattenkult Produk-

tionen). Nuovo lavoro per

i Nebrus che ci offrono

sette tracce di black’n’roll

cupo e mortifero, 47 minuti di atrocità con

riff veloci come lamenti attenuati da lenti

sospiri di echi che conducono alla estrema

fine. Contatti: [email protected]

DELIRIA.“Deliria”.(Under Fire Re-

cords ). Per amanti dei primi Death SS

dalla Calabria arriva il doom dei Deliria, che

con testi in italiano e la

ciliegina sulla torta, l’omo-

nima “Deliria”, interamen-

te strumentale. La band si

lascia alle spalle un passa-

to fatto di demo per appro-

dare, con una piccola ma vera etichetta.

SIGNS PREYER. “Signs

Preyer”. (Demo). Gli

orvietani Signs Preyer

giungono a noi con un

demo di nove tracce defi-

nite da loro stoner/sludge,

ma la band a tratti si lascia sdolcinare con

armonie che rendono vive le prospettive

dell’hard rock seguite dal vocalist Ghode

Wielandt che cerca in tutti i modi di dirigere

l’orchestra. Contatti: www.myspace.com/

signspreyer

MALE MISANDRIA.

“E.DIN”. (Demo). In

mezz’ora di disco i Male

Misandria suonano venti-

cinque velocissime tracce

di puro grind, registrazione

professionale, voce impeccabile e sound mai

banale e violento fanno dei Male Misandria

una band che è pronta al salto di qualità,

speriamo ora che le major di competenza

investino su di loro. Contatti:

m m m a r t i r @ g m a i l . c o m

Www.malemisandria.bandcamp.com/album/

e-din Antonio Di Lena VOTO 7/10

EKLIPSE.“A Night

In Strings”.(Soul

Food).Certo che i

Nightwish non poteva-

no scegliere band

peggiore da affiancar-

si all’unica data italia-

na quest’anno, un

quartetto di tedeschine tutte cosce fuori e

immagine che sa tanto di gara di burlesque

ad Arcore piuttosto che band metal. Metal

poi è una parola eccessiva, si perché queste

“candide” fanciulle le “Serebro del Dark”

vorrebbero essere l’alternativa femminile

degli Apocalyptica, invece con somma tri-

stezza il quartetto di archi che fa cover di

Lady Gaga, si avete letto bene Lady Gaga

fanno cagare come una cena politica con

sottofondo Gigi D’Alessio che fa cover della

Pausini, rendo l’idea??? Non lasciatevi fotte-

re dalle “buone” recensioni degli altri

“recensori” su questa band, si lasciano tutti

prendere la mano dall’immagine femminile,

che tristezza, ennesima band che punta sul

come apparire e non sul sound.

Antonio Di Lena VOTO 2/10

Page 37: Numero 1 2013

Pagina 37

C A R M E N C O N S O L I

"L’eccezione" (Polùdor/Universal) Fin

dall’inizio ti puoi

lasciar percuotere

dalla torva mega-

lomania di un’ine-

briatura paesaggi-

stica irremovibile

nell’entroterra sici-

liano e quindi

nell’autorevolezza

della cantantessa, con la meteorologia nar-

rabile l’umore che serve, schiarito, per col-

tivare un equilibrio psicofisico nel fremito di

stagioni spalmabili su una natura al femmi-

nile. Il sonoro lo si focalizza con lo strumen-

to della malinconia, per amalgamarlo poi

con quella voce di carezzevole impostazione

finché non si ritrae in amara acutezza, ch’è

tipica di Carmen, mai così densa di una

sorte espressa che sapevi d’affrontare dap-

prima ancora, che rilega storie di sotterfugi

rivendicatori attanagliati dal pregiudizio

maniacale e sempre più catalogatore di

malavoglie, sulla miseria sancita dalle finte

assoluzioni del provincialismo. Di colpo

emerge un pop mai convenevole, dacché

prestatosi eternamente ad armonie classi-

che di lussureggiante espansione alternate

a giravolte acustiche, sterzante a ridosso

del precipizio per cui il rock sembra roba

per pochi intimi, a lungo andare. Struggen-

te è l’anzianità in un fotogramma sentimen-

tale, temporeggiante se l’osservanza che la

investe è resa gratuitamente di nascosto,

per poi sedarsi in un singulto metal che

spolvera i capricci da filastrocca di un bam-

bino e tornare velocemente in ginocchio a

pregare che le fragilità per portare avanti la

dignità figurativa si mirino a vicenda in un

sogno in movimento, come a sconvolgere il

sacro richiamo alla virtù, non paritaria, dei

forti. Curioso è invece quel senso di beat

orchestrato nel marasma del genio assoluti-

stico che comporta, alla fine di un’interezza

solvibile di pezzi, la creatività reminiscente

al flauto, a elevare un silenzio di scoramenti

termodinamici fino all’evasione linguistica,

profetica dato l’obiettivo di avere successo

sulla scena internazionale. Il senso di spa-

rire in ogni traccia persuasiva assume il

dolore per un disastro ideologico, inequivo-

cabilmente certo d’essere univoco, solo a

passare il limite della decenza, ossia realiz-

zare l’intento di tutelarci, concentrati in uno

sguardo che non parla alla speranza di

competere per dare una buona considera-

zione attorno alla cerchia dei familiari più

stretti e avvistare così una notizia che defi-

nisca fantasticamente un tratto d’impreciso

plauso alla logica premeditata a lungo e

goduta in breve. Convincenti come i fatti

accaduti, tentiamo la sostituzione di una

persona con un’arma per congestionare,

con la rabbia che monta per le idee che

escono dalla bocca come a vomitare nei

luoghi indicati sorridendo con fierezza,

amando, in una Vita smentita come la fa-

me, la trasparenza dell’infinito di un inter-

rogativo confermato appieno e con sadismo

per avere l’aspetto di qualcosa che si mate-

rializzi, di sofisticato in senso diabolico, nel

momento in cui bisogna ballare sul Tempo

insorto facendo nulla di caratteriale al caso,

a nome proprio, per le scelte scomponibili

del Creato all’origine di un tradimento de-

pressivo che muta gl’inchini in odio furtivo.

Un bacio al veleno è giusto, più naturale del

mondo avente una profondità da comprova-

re in una manovra spettacolare, in un oriz-

zonte d’allentare. Sembra che siamo venuti

a terra per morire di un crepacuore definito

fantastico in una ricerca titanica sulla sem-

plicità che fa scattare quel segnale d’allar-

me se portati a violarci, elaborando civiltà

in forma di possesso, la difficoltà di aggiun-

gersi all’introspettiva. I discorsi di perdono

tra gli scheletri nell’armadio provocano gli

affidamenti a terzi di una società inviata a

scavare pietra su pietra nell’ansia di riunirsi

in lodi all’integrità morale, irrefrenabili in

una mente normale come la vergogna per

degli ormoni feriti da un servizio agghiac-

ciante e superiore alla chiave che ti porti

addosso, facendo in modo di tornare a ca-

sa. Vincenzo Calò VOTO: 8,5/10

L A P I S N I G E R .

"Fuckin' God Cult".

(Slava Satan Re-

cords). Roma capitale

d'Italia, Roma caput

mundi, Roma terra del

black metal nazionale,

non proprio globale

ma possiamo ben dire che da Roma arriva

un dei gruppi black nostrani migliori in cir-

colazione. "Fuckin' God Cult" è un album

feroce che ci proietta a ricordarci quando a

metà degli anni novanta la scena black nor-

vegese esprimeva il miglior suono e ispira-

va molti oscuri musicisti. Oggi sono rari i

gruppi che seguono il sound scandinavo ma

qualche irriducibile si trova sempre, quindi

perché girare in lungo e in largo quando a

Roma a pochi passi da qualunque posto tu

in Italia vivi ti da alla luce una band come i

Lapis Niger. Pezzi cattivi e aggressivi sono il

biglietto da visita della band capitolina cui

componenti con orgoglio difendono la loro

romanità, infatti Il Lapis Niger è un sito

archeologico romano in cui si ipotizza possa

esser stata eretta la tomba di Romolo e

quindi vi siano presenti i resti. Assassino

del fratello Remo nonché fondatore, legisla-

tore e sacerdote, dai tempi della storia, tale

mito trascina con sé un velo di malvagità e

ferocia. Molto vicini ai Gorgoroth di

"Antichrist"i Lapis Niger pubblicano un lavo-

ro dai riff semplici, spesso lanciato a velo-

cità di blast, privi d'ogni armonia compositi-

va, tutto viene intervallato da momenti

arpeggiati e distorti, che contribuiscono con

fermezza a ricreare atmosfere cupe , mal-

vagie ossessive e prettamente oscure. Qindi

posso per certo confermare che il lavoro di

Zrohell (voce e chitarra, Quirinus (basso) e

Triarius (batteria) è di notevole fatturato e

merita il podio che giustamente li spetta sui

gradini del la musica nazionale.

VOTO 7.5/10 Antonio Di Lena

TARJA TURUNEN “My Winter

Storm” (Universal) Spettacolare, unico,

commovente da non crederci ma soprattut-

to da non perdere! Come i Guano Apes sen-

za Sandra

Nasic così i

Nightwish

senza Tarja

Turunen, è

inutile sta-

re dietro a

fare storie

e storielle

di gossip

prettamen-

te musicale... Tarja era l’anima dei Night-

wish senza nulla togliere agli altri compo-

nenti del gruppo, talentuosi ed originali nel

genere, ma la Turunen ha consacrato con

questo cd la sua superiorità artistica e crea-

tiva, basta ascoltare alcuni riff di chitarra e

qualche giro di basso più duro per capire

che questo album è un premio a tanti anni

di liderismo nightwishiano senza preceden-

ti. Non vogliamo ora paragonarla solo con il

suo ex-gruppo ma credetemi, “My Winter

Storm” è una carica di intro e canzoni be-

stialmente belle. Da segnalare il bonus DVD

che a parte una ricca galleria fotografica

contiene tre versioni differenti una dall’altra

del singolo “I Walk Alone” e una splendida

intervista-racconto all’artista per quanto

riguarda il cd. Il più del lavoro è indubbia-

mente l’adrenalinica “Ciaràn’s Well”. Molte

riviste a livello internazionale hanno consa-

crato questo cd come top-album e chi sono

io per non fare questo? Ora speriamo solo

di rivederla in campo la prossima volta con

un album che dia continuità a quanto fatto

fin’ora, alla faccia della nuova cantante dei

Nightwish.

VOTO 10/10

Antonio Di Lena

Page 38: Numero 1 2013

Pagina 38

FAUST "From

Glory To Infini-

ty" (Paragon

Records) Ancora

Italia ancora un

prodotto nostrano

ma questa volta

sotto etichetta

Paragon Records

con tanto di merchandising (pensate ci sono

anche le mutande nere con la scritta Faust)

a dimostrazione che se davvero c'è il Dio

del Metal non si dimentica sempre di noi. I

Faust sono una band milanese fondata nel

lontano 1992 dal leader Aleister Demon e

funestata da numerosissimi cambi di line-

up. Nel 1993 esce il loro primo demo in

cassetta , a cui fanno seguito 8 anni di si-

lenzio discografico, interrotto poi nel 2001

dall'Ep "...And Finally Faust", dopo il quale

passano altri 8 anni senza che si senta più il

nome della band. Nel settembre del 2009,

quindi, avviene il tanto sperato salto di qua-

lità con "From Glory To Infinity", primo full

length del gruppo in cui è rimasto, rispetto

alla formazione degli esordi, il solo Aleister,

cui fa compagnia Ghiulz Borroni (axe killer

dei Bulldozer) ed una nutrita schiera di ses-

sion men internazionali dalla caratura di

prim'ordine. Nel cd compaiono i nomi ro-

boanti e mai ingombranti di Steve Di Gior-

gio (Sadus, Death, Testament, Iced Earth,

Sebastian Bach, per citarne solo alcuni) al

basso, Darek "Daray" Brzozowski (Dimmu

Borgir, Vader e Black River) alla batteria e

Luca Princiotta (Blaze, Doro e Clairvoyants)

alla chitarra. Sicuramente l'alta professiona-

lità di questi personaggi è solo un punto di

vantaggio nonché di forza, la quale ne gua-

dagna l'intero album sotto l'aspetto esecuti-

vo, grazie ad una prova assolutamente pri-

va di errori ed altamente compatta. Anche

il songwriting è svolto con cura massimale

lasciando il giusto spazio a tutti i musicisti

per poter permetter loro di esprimersi gra-

zie al proprio strumento. Una volta partiti

con l'ascolto dei brani di "From Glory To

Infinity" è palese che, oltre alla classica

matrice Death Metal (dove la band si ispira

ai Deicide ) i Faust vengano influenzati

dalla scuola più progressiva del genere,

sfidando la costruzione delle canzoni che,

talvolta, sfiora punte assolutamente ecce-

zionali. Mi riferisco a canzoni di notevole

spessore come "Servants Of Morality" e

"Carnal Beatitude", veri e propri cantichi

del Death Metal. Ma c'è anche molta melo-

dia, all'interno del debut-album dei Faust,

melodia che fa da padrona nella traccia

conclusiva "A Religion-Free World's Dream",

brano strumentale in odore dei Death di

"The Sound Of Perseverance". Inno al bel

paese in chiave death questo "From Glory

To Infinity" è un ottimo biglietto da visita

per i Faust ma solo per chi non li conosce

ancora… VOTO 8/10Antonio Di Lena

ROCKRASH “No p lace to h i -

de” (Autoproduzione) Con la fatica di

riconoscerci rias-

sumibile in melo-

dia tormentabile la

band sostiene em-

patia di carattere

i n t e r p r e t a t i v o .

T e s t u a l m e n t e ,

comprendere im-

mediatamente ciò

che accade è opportuno per tornare sempre

più utili, con una denominazione d’origine.

Abbindolati da prospettive surreali, ci si

definisce d’un tratto disumani per chiamarsi

l’un l’altro non sapendo come stare, a pre-

servare delle necessità solo quando lo si

vuole, non disconoscendo un’atmosfera da

rivelare in tutto e per tutto. La voce, di

femmineo e irriducibile inoltro alla pelle,

permea il cantato in inglese nel rispetto

dell’idea di come si va a finire, da segnare a

sua volta col piacere di provocare vite ritira-

te manipolandosi in ogni modo, da sfidare

per delle rivincite invece che limitarsi a fug-

gire, in odore di live e con la retrospettiva

crescente. La batteria, attendibile nei lega-

menti strumentali, riconverte una situazione

emotiva per rivendicare posizioni e fare così

incetta di materia d’ispirazione senza signi-

ficare azzeramenti tra gli arpeggi bene inte-

si. Per un puntofermo di angoscia e paura

elettrizzante si esita a sognare delle perso-

nali mostre di continuità, ma, creando un

sound amministrabile, plausibile in formato

pausa, ci si lavora con dedizione, al fine di

diventare un qualcuno per autogiudicarsi e

affrontare imprese più grandi di noi, a sve-

lare le identità, le tentazioni a portata di

mano. La ricetta magica per fare esplodere

la testa sta tutta nel potere di “dare” tra

rumori di licenziamento, di sensi che man-

cano all’appello, da trascinare dalle fiamme

dell’istinto impressionando col coraggio di

descrivere l’idea del buongusto a rallentare

le patologie del Male per lasciare tempo alla

Ragione, una cosa che ti porti per tutto un

Essere, nel seme della vanità esistente per

dipendenze normali, per un giusto processo

di revisione dell’asprezza immaginata per

chitarre incrociate a fare il bello e il cattivo

tempo, nei vari trasporti d’orgoglio. Il metal

per le dovute applicazioni passionali non ha

la fortuna però d’incorniciarsi per i virtuosi-

smi tipici del rock’n roll, e si dimora spesso

in frequenza tonale. VOTO 7.5/10

Vincenzo Calò

M E L A T T I

“Quando le ore e

i minuti sono

Uguali” (Delta

Top). Per salire di

un punto esclama-

tivo ci si deve raf-

forzare in piena

comunicazione, con

armonie riprese doverosamente ad Arte per

la copertina, che sbaragliano qualsivoglia

impedimento di natura pop. Nei testi, bril-

lanti per la dedica, trascinanti quando si

ricorda un giornalista sensibile come pochi,

Giuseppe D’Avanzo, permangono sospesi gli

arrangiamenti depurati cogli archi (by Mar-

co Morandi) e l’elettronica, avvertendo così

convenzioni in un chiaro segnale di sollievo.

Questa band appaga a tratti come i Tiro-

mancino, cogli arricchimenti ispiratori da

depositare lentamente in un silenzio senti-

mentale, assordante, che si riaprirà d’ora in

avanti in modo stabile. Matti giusto per

stare bene, ci diamo lezioni di magia con un

tatto da riempire per una clausola di supre-

mazia applicabile grazie a supporter e colla-

boratori guardinghi sull’Ep, come Christian

Wright (curatore dei progetti di Muse e Kea-

ne), David Rhodes (il chitarrista fidato di

Peter Gabriel) e Daniela Di Mase

(talentuosissima pittrice e grafica), quelli

che sono in grado di sintonizzare il senso di

trasporto al rinnovo dell’Universo duro co-

me i colori in una raccolta degli stati di fer-

mo… perché la morale sulle fiabe non può

significare sempre un passo indietro.

VOTO 9/10 Vincenzo Calò

STORM CORROSION. “Storm Corro-

sion”. (Roadrunner/Warner).Il produt-

tore dei Porcupine Tree e il leader degli

Opeth, già in col-

laborazione du-

rante le registra-

z i o n i d i

“Blackwater Park”

nel 2001 per gli

Opeth appunto,

uniscono il loro

fiuto denaresco

per gettare sul

mercato un album vantato come capolavoro

del dark-wave , a tratti acustici e a tratti

ambient, a me non convince anzi non con-

vincono quasi mai queste strane unioni…

Antonio Di Lena VOTO 5.5/10

Page 39: Numero 1 2013

Pagina 39

TIMORIA"EL TOPO

G R A N D H O -

TEL"(UNIVERSAL)

Qua si gioca sul pes-

simismo dimensiona-

le con un talento,

che non si crede di

avere, per suscitare

emozioni, filtrare analisi di uno sballo mai

adagiato sulla pelle. Classica restaurazione

di un principio di ribellione, di un sogno.

Godi facendo parte del ribrezzo provato

dagli altolocati, dal vicinato che non ti co-

nosce, prevenuto ma comunicante, per

l’univoca forma di un’agonia decentralizza-

ta, in merito alla pesantezza della solitudi-

ne da spartire ufficialmente. Ci sono pezzi

abbandonati ad un pathos elevato all’enne-

sima potenza, non compatti, forse per non

apparire intellettuali e antipatici di conse-

guenza, riprodotti da un malessere da revi-

sionare, che genera isterismo curato ad

arte, attraverso un rock alternativo, che

non guarda in faccia a nessuno, che rasse-

rena la disperazione per un’emarginazione

in fondo necessaria per riscoprirsi, per non

passare inosservati, con delle chitarre elet-

triche meravigliosamente balorde, che si

aggrappano alla coda di una voce parlante,

avente degli acuti stiracchiati nella frenesia

della melodia che si vuole espandere, pos-

seduta da una vena poetica, incalcolabile

se i Timoria la dovessero sputtanare, fino a

riempire l’atmosfera lentamente, di una

libertà di significati, che se non la reggi più

sei costretto ad appellarti al conformismo

più popolare, tombale. Le riflessioni si ri-

lassano in un sentimento inghiottito come

se nulla fosse epocale, per l’idea di far ru-

more suicidandosi, smussata fuggendo nel

mondo coi suoi brevi cenni d’intesa, con-

vinti di non avere lasciato un segno di spe-

ranza alla gente che non la smette di ca-

garti sopra strizzando l’occhio. Eppure c’è il

fiato per sfidare l’aria di un nuovo giorno,

ad animare il sax ed emesso pure nei flau-

ti, per fingere d’essere forte, quando inve-

ce non vorresti accorgerti di stare sospeso

in caduta libera. L’eccesso di spontaneità

però si avvicina al ridicolo, l’identificazione

in tal caso è dura, addensata per giunta

dalla notturna predisposizione all’assurdità

della Vita, stavolta attraverso un’erotica

singletudine, con un sound senza fronzoli a

scrostare l’udito per lo stantuffare alle per-

cussioni, ad un ritmo inviolabile che poi

viene bloccato per l’americanità del vagare,

di dura esportazione, immaginando di te-

nere testa a dei monumenti che rispondono

al nome di Bob Dylan o di Jim Morrison.

Lasciata sfogare la band, l’album comincia

ad ingrossarsi di una leggerezza armonica

gravante sui contenuti, a rendere quasi

scadente la deduzione, che da culturale

retrocede in culturistica, con collaborazioni

pop per un presumibile adattamento radio-

fonico, ma è una pecca che puoi riuscire a

constatare solo se ti ostini a memorizzare il

complesso d’intenti borghesemente, dall’al-

to verso il basso. Alla fine del mondo, dor-

mi, prigioniero di un dovere che ti leva i

pensieri dalla testa. Ti richiudi nelle verità

degli operatori in attesa, col coraggio di

esporre delle idee parlando in maniera ec-

cessivamente chiara, con la capacità d’im-

porsi per ritenersi tranquilli nelle alleanze

fatte con chiunque abbia da dire qualcosa

sulle iatture, sulle nostre speranze, al tran-

sito di più cadaveri ripresentati in fase

esponenziale, a impoverire la generosità

con le sue storie di assurdità temporanea,

di un bene privato, oltre le nostre invalidi-

tà, di un impeto drammatico, battezzatrici

di nuove voci convenzionali, non propense

alle analisi batteriologiche in riguardo ai

simboli storici della purezza, non sapendo

da dove si debba cominciare, cogli occhi

accecati dalla polvere alzatasi dalle cancel-

late osservazioni di una pressione sangui-

gna abbassatasi a calpestare le fragilità

nell’effettuare precisazioni senza annoiare,

su come riprodurre il fiato per non darla

mai vinta ai vermi nello stomaco o sulle

radici spoglie, in un astensioni stico modo

di confortarsi. Torniamo a casa non facen-

docela ad alimentarci, a curare il proprio

orticello con le mani immesse nelle porcate

che si vanno a benedire, come animali do-

mestici spiaccicati sulle strade, dopo aver

pagato dell’acqua, il suo consumo regolare

come gli affetti per constatare le responsa-

bilità, tristemente pattuite per aspirare il

gas fuoriuscito dal disappunto appreso con

la difficoltà di definire un’offerta per non

risultare letteralmente dimenticati tra l’in-

ventiva e la sensibilità coi costumi addos-

so, replicati volendo un tempo per sé, per

arrestare la rottura di palle nella condivi-

sione di qualche interessi, nelle favole di un

errore, e andare più lenti, per una colonna

vertebrale dalle inclinazioni impopolari, coi

fastidi più ricorrenti del solo dolore esisten-

ziale, quello che semplifica gl’innamora-

menti, i percorsi introdotti all’interno della

gestione fisica, tra le pause pubblicitarie

per promuovere divieti di sosta come opere

di goliardia avvicinanti la massa terrestre

con una forza di attrazione poco impegnati-

va, a spezzare l’immobilità, il variare delle

mode, della comunicazione per star bene al

controllo del contatore energetico, per sen-

tire forte il tuo buongiorno a valorizzare

prodotti sicuri, ad attrezzare gl’impedimen-

ti per rimediare una sovranità che rappre-

senti l’attenzione sui processi emotivi che

sporcano la pelle, l’età che non interviene

per trovare una soluzione alternativa

agl’insani divertimenti, la musicalità di un

sentimento nelle fasi d’irritazione, associa-

ta ad un notevole giovamento, all’iniezione

di altro sangue, ovvero la venuta in visita

del segnale fisico di confine tra due anime

moltiplicate per gli sforzi civili nel prenota-

re un pensiero cortese, come le sberle fic-

canti di una violenza minore, impraticabile.

Voto: 8,5/10 VINCENZO CALO'

S T I L L F E A R " B e l i e v e O r

Not" (UkDivision/Depressure Records)

Ci giunge in redazione questo cd dei Tori-

nesi Still Fear, devo dire che, leggendo la

biografia di questo gruppo, dal 2000 ad

oggi certo che avete fatto dei passi da gi-

gante. Questo "Believe Or Not" non scher-

za affatto, sì perché i tre :Dario"DD" (Voce

&Basso), Matteo "Matt Rooster" (Chitarra

&Cori) e Samuele "Sam" (Batteria) hanno

prodotto un piccolo capolavoro, dieci pezzi

mai banali e

curati con

tecnica e

tanta passio-

ne. Il cd,

r e g i s t r a t o

presso lo

studio Zeta

Factory di

Zola Predosa

(Bo), è stato arrangiato, registrato e mi-

xato con la supervisione di Leo Magnolfi.

Solo due considerazioni: la prima, nella

traccia numero uno sembra di ascoltare la

versione new-wave di Polly dei Nirvana in

alcuni arrangiamenti. La cosa che però mi

lascia scioccato (fatemi sapere anche voi

ragazzi) è quella che mentre ascolto la

traccia dal titolo "I Know" il ritornello fa

riecheggiare in me un pezzo di Ricky Martin

dal titolo "Livin la vida Loca", non riesco a

spiegarmelo ma va bene così perché in

tecnica, grinta (in questo cd ce n’è tantissi-

ma) e passione il gruppo sforna un piccolo

grande gioiello. Da non perdere, consigliato

ai fans di Kiss, Accept e Wasp, perché non

bisogna ascoltare solo i gruppi che sono

lanciatissimi, spesso chi si trova nella sce-

na alternativa merita molto di più e vi assi-

curo che gli Still Fear meritano davvero

t a n t o i n p i ù . O t t i m i .

Antonio Di Lena VOTO:8.5/10

Page 40: Numero 1 2013

Pagina 40

FURYU“Ciò che l’Ani-

m a n o n d i -

ce” (Selvarossa Re-

cords ) L’effetto

(visivo) fa rima con

perfetto improvvisa-

mente con una finezza

grafico/concettuale figlia della sperimenta-

zione profusa come incipit del metal preso

dalle sonorità puntellate un po’ di funk,

partorienti diversità in poetico aplomb (se

spremi le meningi rievochi tratti marlene-

kuntziani), sopra il tono strumentale, smus-

sabile con la tecnica negli arrangiamenti,

che si distende mediante scuotimento prog.

Una band fortemente ma pure fintamente

nuova, dati i componenti che masticano

musica da sé, piacevolmente e non con la

solita rabbia tipica del rock. Sul Tempo che

intermedia tra le necessità da liberare come

schiacciate mosche bianche si comprende

come far funzionare l’Ego per impegnarlo in

un tornaconto preferenziale. Al proliferare

dell’attesa di uno spasmo singolare, il senso

dell’identità consiste nell’automatismo di

fatti stabiliti tra le conseguenze della con-

dotta civile a reintegrare i segreti del vero

peccato, di quel cielo che frigge nella misu-

ra del probabile. Il rivedersi in pendenza,

con la prevedibile circolazione sanguigna,

disseminerebbe pochezza d’intenti. Su

specchi insaponati si costituiscono i progetti

per meravigliare in un posto isolato, vacan-

te. In un sintomo di potere, d’appagante

valenza, gli appuntamenti a ritroso tra sor-

dità e iniziativa si disdicono provocando

così percorsi di studio all’altezza della tra-

sparenza… col trasporto essenziale ci si

r i t r o v a d i n a n z i a l l ’ a g i a t e z z a .

Voto: 9 /10 Vincenzo Calò

CLAN BASTARDO.

“Clan Bastardo”.(This

Is Core Music). Quat-

tordici tracce che corrono

come un euro star folle e

senza controllo, un punk

che sa di follia oltre i limiti con suoni più

live demo che cd, ma ciò non toglie nulla ai

campani Clan Bastardo. Pezzi che narrano

di una vita vissuta e sentita in pieno, feste,

trasferte, scontri, nervi, disagi e rabbia.

Pezzi cantati in italiano tutto per rendere

più fruibile l’ascolto. Antonio Di Lena VO-

TO:7/10

IL CANE. “Risparmio

E n e r g e t i c o ” .

( Matteite/ Venus).

Matteo Dainese ( Mea-

thed, Ulan Bator), speri-

menta ancora una volta la

sua scelta artistica, album pieno di collabo-

razioni, dai Zen Circus agli Amari, ma tutto

non rende l’album imperdibile, sarà forse

l’incomprensione moderna o una pessima

distribuzione/pubblicazione, ok una suffi-

cienza non è per forza di cose un ottimo

risultato, spesso nasconde pecche ben più

g r a v i .

Antonio Di Lena VOTO:6/10

FOCUS INDULGES. “Hic Sunt Leones”.

(Doomymood).Il prog italiano anni 70

influenza e domina l’es-

senza di questo piccolo

gioiello tutto made in Ita-

ly. Il trio composto da

Carlo Castellani (basso,

organo e pianoforte),

Edoardo Natalini (voce e batteria) e Federi-

co Rocchi (chitarre) ripercorre sound di un

prog heavy che sa di rock blues e di tanta

religione “ sabbathiana” tanto per non per-

d e r e l ’ a n n o d i r i f e r i m e n t o .

Antonio Di Lena VOTO: 8/10

B A R O N E S S . “ Y e l l o w G r e e n ” .

(Relapse/Audioglobe)

Gli statunitensi dopo il

“Red Album” e il “Blue

Album” per rimanere in

tema di colorificio non si

sforzano di originalità e

p r e s en tano que s to

“Yellow Green”. Distorsioni intervallate da

quiete che suona più come musica new

wave sfigurata dalla ritmica assente e

dall’elettronica, un ermetismo musicale a

cui andrebbe aggiunta una guida per com-

p r e n d e r n e l ’ e s s e n z a .

Antonio Di Lena VOTO 6.5/10

AR CANU M INFE-

RI.“Ars Hermetica”.

(Black Orgon). Black

metal diretto e forse non

sperimentato abbastan-

za. Band che viene da

Catania ma con compo-

nenti anche tedeschi e in nove tracce si ha

l’impressione più di ascoltare un demo e

non un cd dall’underground. Da notare la

copertina disegnata a mano che sa più di

demo-tape anni ottanta, genialata che però

non basta.

LINKIN PARK “Living Things” (Warner)

Sono passati quasi tre-

dici anni dall’uscita di

Hybrid Theory, e since-

ramente ero convinto

che con quell’album il

nu metal dei Linkin Park

sarebbe rimasto sem-

pre lo stesso, invece caduti nella trappola

del music business gli americani in questio-

ne hanno prodotto delle boiate atroci, uno

fra tutti il cd con J-Z. Ora tornano con que-

sto Living Things ma nulla sembra essere

cambiato, per quanto si sforzino a farci

capire che vogliono sembrare incazzati,

fatemi un favore cari Linkin Park se incon-

trate qualcuno che tredici anni fa ha aqui-

stato Hybrid Theory statele alla larga, po-

trebbe essere lui quello incazzato davvero.

Antonio Di Lena VOTO 3/10

LE CARTE “100” (LaRivolta/Zimbalam)

Se vi piacciono Afterhours e Ministri, si

band con la voce graffiante a tinte pop

rock, be fate un pensie-

rino per questi Le Carte.

La band attiva dal 2007

si presenta con una for-

mazione tipo se voglia-

mo usare un gerco calci-

stico, batteria, chitarra e

basso ovviamente in attacco ci mettiamo la

voce. Un album con diversi potenziali singo-

li racchiusi da giri armonici che arrivano

subito all’ascoltatore. In bocca a lupo. An-

tonio Di Lena VOTO 6/10

L A N A D E L R A Y “ B o r n t o

Die”(Interscope) Preceduto dal singolo

“Video Games”, l’album di

debutto della statunitense

Lizzy Grant in arte Lana

del Ray (suona meglio

infatti) in tutti i sensi del

omonimo debutto disco-

grafico del 2010. Suoni dark-pop sono la

migliore miscela che si amalgama con un

cantato malizioso e costante, il vero picco

d e l l ’ a l b u m è N a t i o n a l A n a -

t h e m . . . c o m p l i m e n t i .

Antonio Di Lena VOTO 7/10

CRANBERRIES.“Roses”.(CookingVinyl).

“Siamo tornati perché eravamo stanchi di

vedere i nostri figli,

cercare i nostri concer-

ti su You Tube”, enne-

sima rivelazione che

sa di truffa quella rila-

sciata da Dolores

O’Riordan per giustifi-

care il ritorno sulla

scena musicale dei Cranberries, disco poco

rock con sfumature che hanno una vittoria

che suona pop, troppo. In fondo non pote-

vamo aspettarci altro da una delle band che

fa giro nel circuito multimilionario delle ma-

jor che pur di vendere ruotano sempre e

solo sui soliti “artisti”, ci manca tantissimo

i l t e m p o d i Z o m b i e .

VOTO 5.5/10 Antonio Di Lena

Page 41: Numero 1 2013

Pagina 41

FRANKIE HI NRG-MC "La Morte dei

Miracoli" (VLV/BMG) La confidenza è

carente d’onestà, nella

parola, elasticizzata con

maestria dall’autore, si

rifugiano incredibili ma-

lintenzionati per conqui-

stare la reputazione, ma

appena le luci del giorno

si spengono uccidono la fiducia ricamata in

difficoltà, per il tempo che la strada è in

discesa e ti senti libero, non capendo che

invece lo stai prendendo in quel posto da

dittature dolci come un sorriso. L’etica pre-

dicata bene, bigheloneggia allontanandosi

per dispetto all’essere umano che non av-

verte il pericolo di rompersi le scatole. Gli

effetti sonori investono una trasgressione

filosofica, dimodoché la visuale degli inter-

preti riprenda ad illuminare altri deboli ani-

mali smarriti in sensazioni trascendentali.

Nel disgusto vago i caratteri si staccano e

l’indipendenza che dovrebbe spronarti per

ritrovare l’esatta direzione o perlomeno

scoprire che non c’è, ti riconduce al centro

urbano per inventartene una con quelle

fondamentali nozioni risciacquate con dovi-

zia di particolari in tensione giovanile (qui

sta il bello!). La fregatura impressa da que-

st’epoca che non smette di fecondare nuove

vanità, splende all’atto di cancellare le veri-

tà per modellarti come il sistema comanda:

cose inutili, incomunicabili, ma positive

quando il cuore batte e chiedi scusa per

uscire dalla logica del prevalicare, a dubi-

tarne. L’album è una prova d’orgoglio in

univoca espressione adrenalinica, se non

fosse urticante ci rinunceresti. VOTO

(8+/10) Vincenzo Calò

TIROMANCINO “La Descrizione di un

Attimo” (Virgin) È strano come, nei per-

corsi individuali, tu non

riesca a schioderti da

stati d’animo indefiniti, e

si elabori purezza per

unire prerogative sussur-

rate da persone che non

t’immaginavi contassero

enormemente e perversioni in un istinto

ingannevole a cui corrispondere per non

stare male e disegnare rimorsi o peggio

ancora rancori. L’amore addensa dei pianti-

ni (guai a trattenerli) quando non sai come

muoverti e urli alle storie remote non stret-

te perché le vivevi, ti pareva d’essere culla-

to da ciò che provavi, perché eri felice e lo

spazio attorno accentuava i colori. In men

che non si dica hai davanti significati da

mischiare, sei forte e vuoi riempire silenzi

viaggiando dentro le cause di una depres-

sione. Zampaglione e i suoi scudieri canta-

no all’ Infinito, provocando il dolce risuono

degli eventi, trasmettendo quel pallore

nell’assistere agl’inspiegabili fenomeni natu-

rali, ridimensionandosi con una sensibilità

stritolante viscere ora profumate, per en-

trare nei segreti e incattivirli maggiormen-

te. La trasparenza e stata bandita, riassume

la sostanza in musica pigra con toni sen-

suali senza chiedere nulla. Al termine , non

vedi l’ora d’implorare una dose massiccia di

linfa al prossimo sfigato che lo sguardo più

reale inquadrerà . Che Battisti li benedica.

VOTO 9/10 Vincenzo Calò

COLDPLAY “Viva la Vida” (EMI) L’an-

nuncio dell’ultimo

avvento di questa

band è sensaziona-

le, strumenti musi-

cali che si rincorrono

in lungo e largo a

ricreare uno spasmo

t r i d i m e n s i o n a l e

(almeno lo s’immagina tale), in preda ad

una passione stratosferica, provata da pul-

sazioni atmosferiche suggestive e aventi le

ore contate sui dettami moderni cancellati

con lugubre ironia, alternata al suono or-

chestrale dell’imprescindibile sorte che ci

costringe a recuperare l’oggettività andata

persa perché non apprezzata fino in fondo

dai benpensanti, con le loro certezze tra-

montate convertitesi in ballate terrene, di

un rock fatto all’aria aperta (in Violet Hill ce

n’è per tutti), meditata dove ha accesso

l’amore per la ragione, profanata dalla de-

solazione con un pop architettonico. La de-

nuncia fa riferimento alla risoluzione dei

problemi processuali mettendoci in condi-

zione di vincere solo lontani da casa, per

saper essere convincenti, per cercare di

respirare. Per un’esistenza normale si pro-

pone oramai un patto col diavolo, conosciu-

to da tanto tempo, e si sceglie di dire qual-

cosa di speciale con una lettera scritta per il

presente, che deve farci capire al più presto

che non siamo sbagliati, ma caratterizzati

da pretese più o meno arrogate, concretiz-

zati nella persecuzione, targati, firmati e

profumati da pene civili che continuano ad

accumularsi nell’interesse generale. Si ri-

nuncia a prendere la parola sulle prospetti-

ve future, per comprendere strategie su

fronti opposti e tornare a vivere pacifica-

mente, con la serenità indispensabile, senza

candidarsi come bella notizia, ma bevendo

la morte da negazioni ingannevoli, in una

riunione di assonnati, tra sostenitori e ami-

ci, per risvegliarsi amaramente, senza l’or-

goglio di una cultura etica. Conversando, si

rivendicano logiche di puro mercato e ba-

sta, una messa in moto invece avviene lot-

tando per quello che si crede, aiutandosi a

costruire una casa per non essere lasciati

nel dimenticatoio, inopinabile, al contrario

della libertà, del suo classico significato.

Vincenzo Calò Voto: 9-/10

S U S P I R I U M .

“ S o u l l e s s ” .

(Autoproduzione)

Nero, nero il cd nero il

sospiro che ci accompa-

gna in questa opera.

Questa non è musica,

ma pura poesia “nera”, stupenda autopro-

duzione del solo Project Suspirium che ci

regala cinque tracce di un black-metal pos-

sente e a tratti omicida, la nevrosi attac-

cherà qualsiasi ascoltatore, l’odore di morte

è già nell’aria e la poetica certo non manca

a fare da contorno all’addio “eterno”. Otti-

ma registrazione stupendo il disegno inter-

no al cd (chi è l’autore?). Peccato che non

tutte le tracce siano in lingua italiana, vi

consiglio infatti di leggervi il testo della te-

nebrosa “La foresta che Urla nelle Tenebre”.

Un altro talento nostrano ancora racchiuso

aimè nell’ombra, comunque complimenti.

VOTO 8/10 Antonio Di Lena

L E O N A R D C O H E N . “ O l d

Ideas” (Columbia).Uno dei pochi artisti

che amalgamano alla

perfezione l’intreccio

rock e poesia, pensavate

che solo un mito ormai

lontano come Jim Morri-

son potesse tanto? Inve-

ce, c’è tuttora un mito

vivente, qualcosa che non passa di moda

perché la moda non gli è mai passata da-

vanti, diretto e inquieto. Certamente ci so-

no voluti ben otto lunghi anni ma alla fine

queste dieci tracce dimostrano come la mu-

sica se attesa, a volte è più affascinante.

Signori e signore questo è Leonard Cohen.

VOTO 7/10 Antonio Di Lena

Page 42: Numero 1 2013

Pagina 42

CARMEN CONSOLI "Un Sorso in

Più" (UNIVERSAL) Con un sound decisa-

mente avvolgente, che rimane nella pelle,

covato oltre il presumibile ascolto dell’inti-

mo denso di lezioni di Vita e che decora,

i n t e n s i f i c a n d o

m a g g i o r m e n t e ,

solitudini di tra-

scorsi emotivi che

non si riesce più ad

innalzare, la can-

tantessa si restitui-

sce saggiamente

alle sue dolceama-

re parti mancanti, da cui fuoriescono am-

plessi di aggettivi qualificativi ad ingabbiare

altrettante figure marginali dipinte con note

musicali provenienti dal valore di una terra,

la Sicilia, tramortita da un’inculcata, placi-

da indipendenza che incuriosisce se ne

ricostruisci una voce narrante. Carmen non

puoi strapparla dalle radici, verrebbe meno

l’interpretazione, elettrizzata dal mandolino

o lubrificata con una goccia di bossanova,

in uno stile prettamente aristocratico. Gli

umori delle percussioni la toccano mentre

canta agli occhi ammutoliti del pubblico, a

perdifiato, sancendo femminilità in chiave

rock (caso raro), e con la paura di morire

lasciata libera in uno stato di fermo, nelle

romanzate trasgressioni dalla bocca aperta

e svuotata dai ritardi della caparbietà, di

assumere colori a seconda di una grazia

con la quale s’impara a studiare le teorie

sull’amore, cancellate dagli sconvolgimenti

della psiche nel corpo umano che non sorti-

sce nessuna età, bensì orizzonti lontani. Da

"L'eccezione" si diffonde un inalterabile

aroma classico, per non parlare del riusci-

tissimo trapianto da un genere musicale

all'altro di "Can't get you out of my head"

della Minogue, dove testo e arrangiamento

vengono ripresi al rallentatore facendo

sembrare che il brano torni inedito. Ti sof-

fermi sui domini passati, sulle pagine di

diario da conservare, per credere di poter

pensare, ideare, aprendoti a nuove comu-

nicazioni con la tipicità di un sano vivere

che sviluppa il Futuro e la qualità ambien-

tale che sbatte in faccia ogni verità, con la

costanza delle sopportazioni impossibili da

individuare. Condannati agli accordi sotto-

banco, ti comporti da amico/a modello al

momento degli omicidi seriali o in un pre-

lievo del sangue. Per approcciarti alle fonti

dirette guardi la Vita con impegno e serie-

tà, parlando in malattia regressiva a dei

giovani incomprensibili ma non rivoltosi.

Nel serbatoio delle immagini, sguardi con-

sumati dagli indumenti che fanno trasparire

si sciolgono per amore di uno sfizio tolto

morsicandosi la possibilità di esistere in

prospettiva. Spostandoti in zona centrale,

con la paura di non andare da nessuna

parte, ingerisci la materia, fai cadere qual-

cosa di strano nel bicchiere d’acqua per far

fruttare un credo e darti poi la caccia

nell’età che avanza per indirizzi classici. Ti

consideri un regno nel regno, forse bello/a,

con tante difficoltà a dipingere la bellezza

delle cose, la base di ogni regolamento per

fare formazione senza sembrare farragino-

si, per rapportarsi alla natura di ogni pro-

dotto che ti precede. I fatti di oggi sono

limitati alle elite, non permettono di dare

cultura con una memoria storica. Con una

metodologia gratuita ci si aggancia ai punti

interrogativi. Si sta sugli utilizzi della pelle

per una molteplicità di proposte convalida-

te dalla scienza che non riesce più a descri-

vere i danni morali distribuiti in pratiche

leali. Ci sono delle esigenze fondamentali,

ad esempio il dovere di essere una sensa-

zione di beatitudine da trascrivere in lingua

propria e d’aggiungere ad una dimensione

tenuta a livello di carattere generale con

una corretta alimentazione, ai benefici

d’ampliare senz’aver presentato concreta-

mente ancora il progetto per disciplinarsi al

limite degl’ideali, mentre quello per metter-

si in evidenza tra insorgenze sentimentali e

magari precoci si diffonde nell’Anima svuo-

tata della sua importanza da inserire in

esperienze di Vita preconfezionate, conclu-

se con una premiazione e nel rispetto di

pochi sorrisi. Si fa per giocare coi baci della

sete, a bordo di una barca di carta, nella

concessione dell'immunità all’immensa e

sottile numerologia che non permette di

osservare la demenza in sede di attività

didattica, nell’esercizio delle prerogative in

periodi diversi, nella sfera della personalità

adeguata ad approfondire le novità che ci

sono, più o meno. Voto: 8,5/10

VINCENZO CALO'

DREAMSCAPE“Revoiced”(Massacre

Records) Tra pressioni esterne e chiusure

interne si posano profezie di un silenzio a

tema, universali, sull’i-

stinto che primeggia

ripresentando fatiche di

libero arbitrio in un ciclo

solenne d’eventi. Al

centro del metal (di

relativa criticità) scintil-

lano nudità di una decadenza dall’aspetto

ch’è l’ideale per voltarsi indietro, all’ovvietà

regnante sulle sue transizioni, che rileva

prestiti d’Orgoglio, riavviabili come abban-

doni spirituali. L’espressione consequenzia-

le irradia i fondamenti del sound assai sfer-

zante, il privilegio di generare peccati con

la forza della sessione strumentale al limi-

te, trasparente. C’è energia che ti spinge

da nessuna parte, strappando il Tempo

dalla selezione dei cadaveri che ci portano

via, come barche nel sangue, nella natura

umana in guerra con se stessa. Il piacere

sta nel sottolinearci ad ogni latitudine od

angolo di Dolore, ci fa credere d’essere

lontani, a condizionare la soluzione in chi-

tarra solida, fra apatie contrastanti, ri-

creando delle identità, gli unguenti per le

dannazioni, come doni di tecnica compositi-

va, da osservare in condizione fisiologica,

con l’autocontrollo del disumano, mentre

questa band tedesca si ricostituisce o si

disattende con opere d’arrangiamento, tipo

abbinare delle voglie in manovre vocali

(significative le livellature tonali di Roland

Stoll) che modificano il modo di gustare la

personalità nel rispetto dei Dream Theater,

presi come acerrimo riferimento. L’unicità

d’intenti si lascia contagiare dal piano re-

condito, tastato per una dinamica intimida-

toria, di disimpegno, di senso d’orienta-

mento, cosicché i segni sulla pelle avranno

un prezzo, una lunghezza di dettaglio ar-

monizzabile di controcanto. Il progressive

si rende contaminato approvando tutto

tranne la fortuna di riprendere vita nervo

per nervo, scoperta per scoperta, col respi-

ro in corso d’astrazione per ribattezzare

apprezzamenti come un gioco per sfinirsi,

d’invito sinistro, riempito di novità regolar-

mente, perché risucchieremo fondi contrari

al Disincanto supremo, strattoneremo cose

intatte ora, quali le capsule di una minaccia

estorsiva, di questo lavoro che riassume le

o r i g i n i d e l g r u p p o .

Voto: 8,5/10 Vincenzo Calò

HERETICAL SOUL “Moonlight Dressed

Landscape” (Demo) Finalmente un de-

mo con i contro c...i,

direttamente da Par-

ma gli Heretical Soul ci

regalano un demo che

subito dopo l’intro ti

schiaffeggia con un

black metal che mar-

tella e distrugge l’a-

scoltatore. Viscerale omaggio alla scuola di

Burzum e Immortal, “Moonlight Dressed

Landscape” si trasforma così in un suono

dalle chitarre dai riff malvagi e accattivanti,

trascina odio e ritmiche schiaccianti. Le tre

tracce (+intro) che formano il demo sono

più che valide, anzi distruttive.

Antonio Di Lena VOTO 7/10

Page 43: Numero 1 2013

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LENULA "Demo di pre-

sentazione" (Demo).

Eccomi nel club delle de-

cadenze, cosa noto? Buo-

na scelta dei tempi musi-

cali, che permettono ai

testi di riprendere fiato dallo scompenso

psico-formativo di una voce scavata da una

classica metodica nello sviluppare l'elettro-

nica, e non esagero a dire che sembra pos-

seduta dal genio di Vinicio Capossela, rie-

quilibrando le sorti di una sensibilità nel

percepire l'attitudine alla morale talmente

latente che diverte, nell'affluire dell'intera

strumentazione sciolta con audacia, ad un

lavoro il cui andazzo è tenuto saldo dal

suono ampio, nel suo Sali e scendi, della

batteria, mentre quello del piano sbuca tra

il buio e la luce degl'intenti come una lingua

imbevuta di whisky a solleticare l'udito. È

lotta contro il limite imposto dalla monoto-

nia dell'oggettività, basata s'una sperimen-

tazione incorruttibile, che sorprende chi

pensava come me che questi fossero i soliti

sfigati in cerca di vana gloria, invece sanno

il fatto loro e paradossalmente non hanno

l'ansia di dimostrarlo, come se si acconten-

tassero a giocare con delle doti naturali,

dando l'idea di consumarle in un sol botto

di festa malinconica a rievocare addirittura

gli spiriti benigni del blues e del soul, che

però non appaiono, dando modo all'atmo-

sfera d'incagliarsi tra i fumi della beat-

generation. Parole usate con l'arma del

giudizio farebbero male da morire, essendo

sempre in emergenza, vivendo segnati

sempre nel profondo da quello che si tocca,

e per riconoscere uno stato d'animo indi-

pendente devi fare mente locale dando

delle risposte al Destino con calma e senza

problemi. Si rimane poi nell'ombra, a divo-

rare il saluto del vuoto, escluso dalla curio-

sità fatta passare senza rendersi conto della

pochezza della gente che urla nell'orecchio

dell'estraneo di turno, nei panni di una veri-

tà furtiva per farsi confortare, scatenare la

fantasia, la testimonianza nei processi di-

sgustosi al coraggio di dare. Un contesto

ostile all'emotività non ti ripulirebbe lo sto-

maco, servirebbe una lavanda gastrica, e

quei capogiri conseguenti. Perplesso in

quanto uomo, si deve tutto a un Dio che

prova ad essere amorevole, che ha dimen-

ticato la dolcezza nelle disgrazie del venire

a costituirsi. Vincenzo Calò Voto: 8/10

TRAFFIC LIGHTS ORCHESTRA “Verde

Yellow Rouge”. (Autoproduzione)

Con la visuale sempre parziale per caratte-

rizzare un’alternanza di edificazioni melodi-

che e rotture d ’arrangiamento

(assolutamente non di scatole) si decide

quale ritmica impegnare,

l’accesso più gradevole al

deposito delle occasioni

perdute, di rivincita, sen-

za stentare nel qualificare

inventari effettuati acqui-

sendo il riserbo di menti

eccelse, premiate come solitudini a tutti i

livelli. Un significato per ogni progetto di

suono incanta, si lascia addirittura dimenti-

care per il rumore che fa, ma ti rivolgi a dei

professionisti scommettendo sulla definizio-

ne strumentale, nel buio fitto degli accordi,

in scadenza, tra gli eventi calcolati col fiato

sospeso per guerre annunciate da sorti

subite, non studiate alla perfezione perché

lasciati sul posto, con le sirene spiegate, a

comporre l’umanità, ad estrarre corpi vivi

per un impuro caso, dallo stile insegnato

per inseguire il mondo reale, la musica

inaffidabile… stile che trattiene sbadata-

mente l’illusione, vibrante, d’arrivare a tut-

ti, col trasporto di una pena di Morte e la

Natura incresciosa per l’Emotività. In un

immaginario che si espande per merito

puramente artistico, all’interno di un’osser-

vazione gratuita e dunque elettrizzante,

esplodiamo come interpretazioni, comun-

que sovrastabili da ogni singolo brano, di

marce ingranate (con la voce di vinicioca-

posseliana memoria), dopo essere stati

giudicati per le tracce di un divieto, di risor-

se alle quali non s’è attinto, che sono dive-

nute quadri di tolleranza per chiarimenti

ideologici mica tanto necessari. Le percus-

sioni vagheggiando si affrontano da subito,

col pianoforte che scava ma non troppo

nell’intero lavoro, oppure cogli archi che

sanno anch’essi il fatto loro ma non fino

alla follia… in teoria con l’assurdità da in-

tendere facendo strada tra le entità svuota-

te con oggetti di furto, sotto una pioggia di

giocattoli (come a svuotare un sacco che

non compensa però il sound denso d’ascol-

to), e sorrisi recuperati, a pochi passi dal

rock, ritenuto pertanto indie, costretto a

venire garantito per uno sbiadito marchio

storico, senza più un prezzo di stabilimento.

Voto: 8,5/10 Vincenzo Calò

THUNDERBOLT“Demons and Diamonds

“. (Massacre/Self Records) Questo è il

primo lavoro a tutti gli effetti di una band

norvegese che si deve ricordare dell’impor-

tanza della personalità piuttosto che rap-

presentare in copertina una sensuale mi-

naccia per scorticare poi dell’heavy metal

dalla sua stessa storia. Per il resto, sul

sound illuminato solo grazie alla scarsità di

vedute che il genere oggi sciacalla, si coor-

dinano le chitarre fino ad assumere pure

dei riverberi hard, purché proporzionate ai

picchi vocali (by Tony Johannessen) che

non estraniano il cielo del cantato per pezzi

accorti e, ribadisco, poco autentici in gene-

rale… tutto ciò non prima dell’avvento di

melodie imprescindibili, fuori dal tempo,

evaporabili, che il leader tenterà di egua-

gliare grazie allo “strumento” dell’assolo.

Dai testi si denota il desiderio d’istinti nuovi

fuori d’argomenti collaudati, col rischio di

rimanere ininfluenti, a stravedere per i ver-

tici nel chiuso delle polemiche, a ricostruire

storie non ponendo un problema di chiarez-

za nell’impatto con l’ineleganza del combat-

tere sulle differenze tra le fonti di salvezza.

Si pensa a dei legami strategici non imma-

ginando d’affogare in simbologie radicali, in

nome di una fede fin troppe volte svelata

come un’emozione in più, rincorrendo la

pena di vivere per richiamare la forza di

gravità con la voce d’alzare in segno d’equi-

librio, in una mostra reale di penetrazioni,

dove ci si vede inadatti improvvisamente, a

motivare dei piaceri sconvolti per la troppa

credibilità, un incubo per ogni senso

(nessuno sballo) che manda all’avventura,

all’incoscienza nel profetizzare congiure… e

gli oggetti, in scontro frontale, paiono ab-

bandonarsi in un impegno coerente con le

attitudini morali, batoste da totalizzare fra

annunci erotici, drammatici, di sorti da ve-

gliare su crimini completamente ispezionati

con le candele in mano, all’imbrunire della

civiltà come della libertà d’espressione,

incisive all’unisono sulla vana gloria, tra

palchi e passerelle… tormenti da fare inten-

dere senza pregiudizi, per idealizzare prese

d’aria, d’angoscia, e chiedere condizioni

particolari, di ritoccare dei saldi negativi,

fumo negli occhi smisurati per una casualità

generabile in uno sguardo al futuro dipeso

dagl’interlocutori nella forbice di sconto,

incapaci di trovare una responsabilità per i

fallimenti di una monotonia da leccare pri-

ma d’applicarla geneticamente sulle vere

emorragie, quelle attenzioni alla ricerca

incostante di un canale di riflessione, di una

strada per evitare il baratro tendenziale.

Vincenzo Calò Voto: 7+/10

FASTKILL. “Bestial Trashing Bulldo-

z e r ” . ( P u l v e r i s e d R e c o r d s /

Audioglobe). Terzo album in carriera per i

giapponesi Fastkill, poco più di mezzora di

metal trash senza melodia e con molta foga

nel suonare. Cercano di scopiazzare gli

Slayer ma in realtà

l’album si reputa sol-

tanto una mezzora di

pura noia e di mancan-

z e d i i d e e .

Antonio Di Lena VOTO

5/10

Page 44: Numero 1 2013

Pagina 44

DEMETRA SINE DIE. “Council from

Kaos”. (My Kingdom Music). In veste

dark, l’alternative

prova disperata-

mente a colmare il

vuoto emotivo,

tradotto in metal,

di questa band

genovese all’esor-

dio che, aggrappa-

tasi alla voce coin-

volgente di tal Marco Paddeu, pende in

atmosfere tagliate da una ritmica semitri-

bale per essere poi annientate da un noioso

riff, fino a cadere e rialzarsi malinconica-

mente dalla superficie di accenno progres-

sive. Si percepisce scarso impatto di produ-

zione, a malincuore dato il sound che an-

nuncia la sua fertilità all’amalgama dei pez-

zi. Attraversando i testi si perpetrano risor-

se misere, succhiate per competizioni inevi-

tabili. Ci si ripete per luci fioche, tra ipotesi

di reato ancora da fornire come ricerche di

un abbandono spirituale, cogli accertamenti

sui contatti a indicare una sensibilità nel

vento forte, interpretato come una pena di

Morte, cogli animi dinanzi alle loro vecchie

forme di panico… immagini disattese da

fatti determinati come fuochi fatui, sparsi

tramite prese di possesso incredibili. Ci si

dedica un mezzo termine da trombare in

maniera fisiologica, con facce da spaccare

in un colpo di sballo, fumante all’ascolto del

giusto sempre più latente. Le nostre posi-

zioni s’induriscono, chiuse nei mutamenti

climatici, riviste istintivamente come non

mai, a modellare dei vizi con la pelle sovra-

dimensionata, a sostenere le considerazioni

sulle proprie esperienze… dichiarazioni per

eccellenza, agli occhi che ora si allagano

per un significato in senso stretto, per con-

vocazioni urgenti, fissate sottocosto come

cose da raccontare col fare rassegnato, col

lusso di divenire malati, risposte irragione-

voli per accadere normalmente. Il proibito

campeggia in copertina, femmineo, testi-

moniando sui rimorsi senz’alcun silenzio

analizzabile per contestualizzare un giudizio

sprezzante e chiarirsi come demeriti, rovi-

ne. Voto: 7-/10 Vincenzo Calò

MALNATT "La Voce Dei Morti" (CCP

Records/Audioglobe ). Corre l'anno 1999

e nascono i "Kolon", band thrash metal

con la fisarmonica come strumento sia rit-

mico che solista, nel 2000 la band cambia

nome in "Asgard" per omaggiare i temi

epici che caratterizzano i primi testi, e ini-

zia l'interesse verso il black metal quindi la

metamorfosi. L'uscita del demo "Tetralogia

Vichinga" segna nel 2001 l'inizio di un era

di black metal tutto italiano anzi bolognese,

quindi la band lascia

alle spalle i temi epico-

mitologici e inizia un

serio interesse per la

musica popolare e le

tradizioni locali, tanto

che decide di prendere

un nome in dialetto bolognese (Malnàtt,

appunto). Nel 2002 il gruppo prende co-

scienza che il motivo per il quale vive è

supportare la Supremazia del Maiale, con

ciò che ne consegue a livello sociale, ideo-

logico e culinario. L'originale genere musi-

cale proposto è una sorta di folk black me-

tal cantato in dialetto bolognese e la prima

manifestazione è il full-length album auto-

prodotto "Perle Per Porci".il 2003 è l'anno

cui viene fondata l'etichetta discografica

indipendente "Il Male Production" per so-

stenere la band in attesa di un vero con-

tratto discografico la quale ristampa il full-

lenght "Perle Per Porci". Nel 2004 dopo

l'ennesimo cambio di line-up che porterà

l'allontanamento della fisarmonica, la band

dimostra che può andare avanti anche sen-

za il suo storico strumento e pubblica as-

sieme ai perugini Thodde lo split cd "Necro

Swine Black Metal". Nell'aprile 2005 viene

firmato un contratto discografico con l'au-

striaca CCP Records e a luglio esce il full-

length album "Carmina Pagana". Dopo que-

sta bella e dovuta pappardella biografica si

arriva al capolavoro per eccellenza dei Màl-

natt "La Voce dei Morti". Uscito sia in for-

mato CD ed MP3 il terzo album per CCP

Records non è altro che un concept basato

su chi ha già detto tutto prima di noi e me-

glio di noi cioè i poeti. La poesia viene can-

tata e e si veste di nero per l'occasione

tutto è compiuto ed un idea così originale,

tetra e malefica solo chi crea un movimen-

to a proprio favore poteva averla. Questo

non è un cd ma una vera e propria opera

d'arte del genere, non può mancare nelle

collezioni dei maniaci del genere. Oscuro!

VOTO: 9/10 Antonio Di Lena

C A D A B R A " B l o o d a n d b l a -

des" (AUTOPRODUZIONE) Lavoro stiliz-

zato, calpestabile

dalla stessa convin-

zione nel farlo. Idea

accomodante, dacché

solida e compatta,

ma che andava fram-

mentata per arricchi-

re la sordità della

limpidezza musicale, perciò l’inizio è di pre-

sa insufficiente. Sarà la paura di osare? La

ripetitività del sound (interessante per

estensione di carattere new-wave) andava

colorata con una voce più spontanea e me-

no viscida, che sarebbe chiedere troppo di

sostenerla, come se dipendesse da un ego

pompato con un rock sfumato limitando il

basso e la batteria ad una finta, filmabile

cognizione evasiva. L’effetto, custodito

dunque negli anni ’80, non evolve, tappan-

do oltretutto il surrogato emesso dagli ar-

rangiamenti. L’intrigo è come una cornice

priva d’immagine, dovrebbe presupporre

un’originalità contorta per il gusto, tutto

dell’ascoltatore, di scoprirla…ma dov’è? In

un contesto di tempo stabile, le persone

mutano in figuranti, aspettando per un

attimo la felicità. Si sorride guardando negli

occhi dell’idolatria, ma per poter dare qual-

cosa di veramente incomparabile si devono

sostenere i venti di una generazione, senza

che si approfitti della bontà d’animo tra

solitudini cercate individualmente, riciclan-

do accettazioni di malinconie da toccare

sempre, tra l’oggi e il domani, nel ricordo di

una fede come tante in un’alternanza di

speranze e ricadute. Con lo spettacolo delle

prese in giro, eterni avversari sferrano il

colpo vincente su fibre muscolari ben diste-

se. Un’autostima da porre in verticale pian-

ge così tanto affetto per le scoperte dell’es-

sere umano nella composizione di una car-

ta geografica, di sorrisi che non si portano

p iù a l la r iba l ta t r ionfa lmente.

Voto: 6-/10 Vincenzo Calò

OZZY OSBOURNE “Dont’Blame Me” B/

N-100Mins (Sony Music) Questo video

materiale della Sony Music ( ennesima

trovata pubblicitaria

per $peculare un tan-

tino) ritrae il “non

rimproveratemi” di

Ozzy quando decide di

abbandonare la scena

live. Una sorta di te-

stamento v ideo -

musicale che l’ex

Black Sabbath ha cer-

cato di regalare ai

suoi fans. Certo, dopo

vent’anni di concerti

Ozzy prima o poi doveva cedere, questa è

la dimostrazione però che solo il fisico ripo-

sa ma la $tabilità economica ruota sempre.

Il video è un flash-back della sua vita, dai

successi con i Black Sabbath alle continue

accuse di satanismo e istigazione al suici-

dio. La parte narrativa del leggendario Ozzy

può vantare di collaborazioni come Tommy

Lee, Lemmy, Bon Jovi, Lars Ulrich, Mick

Mars e Joe Elliot, tutti musicisti che hanno

avuto la fortuna di conoscere Ozzy Osbour-

ne più vicino di altri. Che dire, riprese che

sfatano il tabù di un mito.

Page 45: Numero 1 2013

Pagina 45

TIROMANCINO “In Continuo Movi-

mento” (Virgin Music) Facendosi carico

delle dimensioni spa-

smodiche, in quanto

extraurbane, dell'u-

manità, sulle spalle

nude, questa band

procede per un pop

sapientemente devia-

to da una sofferenza

agognata, introspettiva, che nel suo disu-

so viene giostrato dall'elettronica, effica-

cemente romanticizzato con melodie che ti

lasciano in sospeso, che partoriscono ef-

fetti sonori di cui gli autori n'enfatizzano il

travaglio, per poi tornare a correre con la

fatica incattivita, correre per degli acquisti

di minuzie immateriali in luoghi di fiaba,

come bambini svalutati, strappati per for-

za di cose d'albe che ti trovano imprepara-

to alle traduzioni del cuore, in contatti

rarissimi, a segnare le difficoltà accresciu-

te dagli sconvolgimenti del capitalismo.

Presi a caos avvenuto, mai pronti alle no-

vità, per assorbirsi delle conferme, intuite

e poi subite, sulle nuove generazioni: Uo-

mini in più, fatti da vittorie dubbie, e che

vanno in orbita, o figli in lacrime, nelle

simulazioni del Tempo, che non danno più

il benvenuto alla loro magia per tornare a

divertirsi, per essere sollevati. Si parte da

un mutismo generale per essere ripresi

nelle decisioni infernali con un tono confi-

denziale, in vestiti comodi, girando a piedi

nella bellezza dell'insieme come in segreti

differenti. Tutto parte dall'Amore, su storie

volute come lavori spiegati per chiederci

dei nostri anni, mettersi su una stella spo-

sata alle barzellette, con attori bravissimi,

per completare l'unicità di un premio alle

persone, a quelle che si evolvono nel ri-

spetto del prossimo...del più amato dalla

V i t a .

VOTO: 9-/10 Vincenzo Calò

PINK FLOYD“A collection of Great

Dance Songs” (EMI) Qua ragazzi tira un

vento di rimproveri,

che annulla il con-

formismo. L'elettro-

nica, al suo avvento,

rileva sbalzi di ecci-

tazione, contagia la

valenza dell'essere

vivente espressa da

musicisti sprezzanti del pericolo. Gli assoli

di chitarra vanno percorsi per riscoprire

cos'abbiamo da guadagnare con la forza di

gravità, poiché l'Universo ti seduce guar-

dando dall'alto figuranti all'occorrenza, che

hanno nulla di speciale e scaricano frene-

sia con una sbronza alle pendici di una

voce fumante. Brividi lunghi e malinconia

danzante strattonano lo stomaco, l'acidità

fattela amante mentre gli artifizi risplen-

dono di errori commessi dalla nostra ra-

gione quasi per puro caso...Che invito!

Eppure si può farne a meno, il dissapore

ricade sulle tastiere sfiorate egregiamente,

lo godi elargendo battiti di cuore spremuto

alle percussioni. Un esercito di rivelatori

intanto procede a passo spedito, invade

strutture disintegrate dal disagio nel risie-

d e r c i . L a r g o a i m i t i .

Voto 9,5/10 Vincenzo Calò

THE POLICE“Zenyatta Mondat-

ta” (A&M Records) Un esempio di elasti-

cità spirituale che compensa miliardi d'in-

vocazioni gridate al cielo, di come ci si può

divertire facendo musica, mescolando rock

frizzante con l'anonimato del reggae per

shekerare e riempire di energia il Sole,

bucherellato dagli stati d'animo, che ti

bacia semplicemente sulla fronte quando

sei in balia di una

ritmica che non

passerà mai inos-

servata, coinvol-

gente i retrogradi

che aspettano di

essere innaffiati da

un elisir di lunga

vita. L'acustica

impreziosisce determinando la felicità in

una data circostanza, e poco importa se

alla fine dell'ascolto il senso di beatitudine

si appiana, perché poi sarai così pieno

d'adrenalina che ti verrà di ringiovanire

negli scantinati di un desiderio la nostra

immagine, evitando quel vittimismo ag-

ghiacciante dietro a cui ci ripariamo

dall'appannamento dei tempi. Se ci con-

vincessimo che sta in ciò la chiave del

successo, con la strada sorprendentemen-

te spianata cambieremmo marcia in liber-

tà, e i malanni sparirebbero per far posto

alla necessità di peccare, saltellando sulla

r a z i o n a l i t à .

VOTO10/10 Vincenzo Calò

G.ALLEVI"Evolution" (SONY/BMG)

Quest’artista delizioso,

incantato dalla magia

del suo genio, ricorda

le creature strappate

all’infanzia da una tra-

sgressione che implora

un limite. L’ingrediente

principale per le melodie è il nervo scoper-

to dell’attualità, preda del niente, sfruttata

per fare profitto e consumarsi. Il classico

finalmente non annoia, modernizzato con-

giungendo solfeggio e archi in una danza

ariosa che depura la mente, in una veste

comune, gravida di spostamenti. Giovanni

Allevi riproduce le storie di un momento al

piano, riunisce le diversità di convinzione

spazio-temporale attribuendo alla sensibi-

lità tutta quella libertà che non c’è quando

sei felice o triste, è come se il rumore dei

tuoi passi scattasse una foto al desiderio

fumante di volare verso le note alti, che si

tengono per mano nel bel mezzo dei bra-

ni, con la gola solleticata dal dolceamaro

del complesso orchestrale che strizza l’oc-

chio alla pazzia dell’autore, per una risco-

perta seria e pacifica dei mezzi che abbia-

mo a disposizione per amare l’allegria, i

prelievi di un sangue non più rosso, ma

bianco, al tramonto delle volontà. I suoi

capelli arruffati si avvicinano al pop, come

il volatile al suo nido, con l’ottimismo e i

suoi buchi neri che fanno venire il panico

se ti fermi sul superfluo della vista. In un

contesto di tempo instabile si esauriscono

gli effetti uditivi, s’isola quindi la fragilità

dell’uomo, e rimani nella tua forma a

fiamma alta per infondere l’importanza di

un messaggio divorato, all’aria gustata

sfilando il caldo dal freddo, per far parte di

un fondamento d’immagine e avere sem-

pre ragione, ma poi ti vedi come una co-

stante verifica a materializzare dei rospi in

gola, senza l’entusiasmo nel capire i danni

che provochi alle storie di sempre, quando

siamo in giro per dei perché a descrivere il

cammino di una nube con velature di con-

sistenza, di un totale da superare per con-

dire i bisogni primari in un piatto unico,

con un tocco d’arte, con la consapevolezza

d’essere una persona sotto la soglia dei

ricordi, invece che un semplice stampino

su idee belle come degli applausi sponta-

nei al passato con cui ci si confronta per

raccontare sé stessi, non riuscendo a spie-

gare una sensazione che trasmetta la vo-

glia di esistere in composizioni intrise di

Pace, per dare luogo ad un fenomeno ar-

monico che preservi i colori da una que-

stione di odori abbinata alla fine della Vita

che impazza nel profondo dell’Anima,

nell’acqua del tempo utile per la saggisti-

ca, per mantenere solo il cuore, per ama-

re, sintonizzandoti con la giustizia per quel

margine adatto agli spuntini di stagione,

alle mani di un direttore d’orchestra su

arcobaleni pieni di un Dio flessibile come

un coltello per piccole incisioni alla natura

c h e t a g l i a e c u c e .

Voto: 9,5/10 VINCENZO CALO'

Page 46: Numero 1 2013

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EAGLES “The Long

Run” (Pandora Pro-

ductions) Anni '70:

Decennio strisciante

sotto l'aspetto delizio-

samente musicale,

sotto un sole pallido

percorrevi le strade

del mondo con una spossatezza leggera

che sempre e solo dopo si rivela finta e

sporca, ti perdevi facilmente nelle viscere

di ogni sentimento e i giri armonici si ascol-

tavano come se aspirassi tutte le droghe

leggere esistenti in un sol colpo. Periodo a

parer mio di grandi batteristi, ritagliavano

esclamazioni cotte a puntino su cui poi

spalmare il sonoro e dare il via alla magia

di melodie che lasciano il segno sulla pelle

già accesa di suo. L'offuscamento delle

ipocrisie non verrà mai accettato, e si ri-

marrà in disparte a pregare ai miti mai

riconosciuti sul serio, avendo molto da dire

per incentivare i vuoti dell'angoscia sociale.

Nella loro classe gli eagles rientravano, e

socchiudendo porte e finestre riprendevano

ad elettrizzare i morsi della fame che veni-

va da noie passeggere di uno spirito che

andava a schiantarsi sui muri vivacizzabili

dal pianto di una generazione, con manife-

sti in bianco e nero. La lentezza, di base in

ogni approccio emotivo, culmina allo strepi-

tare delle sensazioni pluralistiche, quasi

incoscienti di vagare nell'incerto divenire

ecco il pronto ritorno alle funzioni carisma-

tiche. La risoluzione è inevitabile se la mo-

stri attraverso i sussulti provocati da uno

strumento a fiato negli ultimi istanti, all'ul-

t i m a t r a c c i a .

VOTO 9/10Vincenzo Calò

CARMEN CONSOLI . “Elettra”.

(Universal). Carmen, da vissuta botte-

gaia, pare sempre

più pervasa da

pittoresche paren-

tele e di conse-

guenza meno

sondabile, ma

comunque instan-

cabile nel tratte-

nere gli elementi

delle sue origini molestate dal Tempo che

passa, per il quale è indispensabile quell’a-

bilità a inquadrarlo e collocarlo a seconda

delle stagioni dell’Anima prosciugate dal

sacrificio popolare, qui ammorbidito a alli-

sciato con un modo di concepire la musica

tra il tradizionale e il sofisticato, per i rituali

di una perfidia con la quale invece è quasi

divertente stabilire la superiorità di un ses-

so sull’altro in un’immagine di vita quotidia-

na ristretta alla reputazione. Luccica l’in-

granaggio poetico sbattuto tra il dire e il

fare di una voglia d’amare che richiede quel

paio d’ali per allontanarsi dall’incapacità di

ritrovare la sua sorgente divina. A differen-

za degli altri lavori l’ironia è più accentuata,

con la dimestichezza nel sincronizzare la

varietà degli strumenti a corda, facente

leva sulla ritmica, essenziale per l’ispirazio-

ne poi scollegabile dall’intento di focalizzare

come il giusto dal dovuto, e alla fine sfo-

ciante in una seduzione che lascia inerme

almeno un senso d’inadeguatezza da rim-

proverare per destinazioni accolte senza

che ci si appassioni. Le percussioni esage-

rano a non sovrastare l’interpretazione

dell’autrice, agiata in conclusioni invincibili

dacché immateriali, ma agitata dall’azzardo

che non le vivacizza, per poi sciogliersi con

l’apporto maturo dei fiati. Da quest’ultima

osservazione puoi trarre l’indebolimento

delle reminiscenze pop (sarà per questo

che ora lei si affida spesso e volentieri a

Tiziano Ferro?) quando c’è da mostrare la

felicità che vorresti possedere, che attornia

fino a ingoiare i protagonisti e svanire come

sogno a causa della noncuranza della socie-

tà moderna che ha perso di vista gli stereo-

tipi, con l’aspetto mutante in qualcosa

d’impensabile e di eternamente sovversivo.

Ponendo il problema del senso della Vita

s’impediscono caos e vandalismi nel vuoto

in palio fantasticando in eternità sulla veri-

tà non ancora del tutto confessata. Si gi-

ganteggia chiedendo scusa per troppo sco-

ramento riportabile la legge della carità su

arrivi e partenze avvertiti dando sfogo a ciò

che resta dell’orgoglio di sperare ad una

salvezza spirituale. Per farci perdonare de-

gli errori scommettiamo ulteriormente sulla

spontaneità nel promettere lo spegnimento

di un rancore imprendibile in innumerevoli

diritti da rivendicare, imbrogli da contenere

in un gesto di coraggio rumoroso come un

colpo di scena per garantire l’aggiornamen-

to su fenomeni naturali in graduale atte-

nuazione nel segno della Pace venerata in

largo col vociare tortuoso di un mondo in

pugno di ferro, non rimosso in superficie,

dal tempo per monitorare delle patologie,

messaggi in sospeso tra prigioni di sogno,

di amanti abbandonati ad una botta in te-

sta con le tradizioni, da rispettare sobria-

mente, di un puritanesimo segregato nel

Destino dell’emozione partorita sempre

dalla parte opposta alla consuetudine che

riesci a ritrovare se ti raccogli in modestia,

se non ti cali in alcun ruolo per un lancio in

verticale. La soluzione, ch’è vicina se la

pensi da lontano, serve il suo delirio all’e-

nergia intatta nella poesia presunta, tratte-

nuta sul tema dell’accoglienza, durante le

buone feste terrene per pregustare il sapo-

re del crimine rimesso a posto in ammissio-

ne su acque stagnanti che non sai di tocca-

re rispondendo con un sorriso alla cattiva

dentatura che ci dedichiamo in cambi di

p r o p r i e t à e l e t t i v a .

Vincenzo Calò VOTO : 8/10

DAVID BOWIE “Changesbowie” (EMI)

Tessendo disfacimenti per prestare giura-

menti d'amore fuori dal mondo, David Bo-

wie ha avvelenato schemi di osservanza

civile prestampati,

truccato a festa il

mortorio causato dal-

le esemplari espres-

sioni di una mediocri-

tà infallibile agli occhi

dei suoi corruttori,

con una stravaganza

autenticizzata per mezzo di fenomeni di

costume inventati di sana pianta e che so-

no rimasti annidati nel protrarsi di certi

amplessi punkettari. Parlando dell'uomo, ha

avuto grinta da vendere per rimediarsi tra

le generazioni vecchie e nuove montandoci

sopra elaborazioni d'immediato fascino

linguistico. L'interpretazione lo schiavizza

sui palchi della memoria. Fondamentalmen-

te musicali, i brani sprizzano energia che

infine accontenta tutti i disadattati. La vena

cantautorale ritocca la figura armonica che,

da fermo, procede a passo spedito verso la

frammentazione caratteriale del protagoni-

sta, tra l'annientamento in stile country e la

sorpresa tanto sonora quanto moderna.

Stimato per essersi basato sul rock più

classico, Bowie alleggerisce maggiormente

rimembranze atmosferiche trascinando i

clichè che lo puntellano dalle sue origini,

portando all'esaurimento percezioni di

umana costellazione, robotizzando quindi

una voce pluralistica per dei diversivi poco

raccomandabili. Il freno inibitorio è presto

reso come oggetto di scandalo nella glorifi-

cazione del corpo che presti a divinità inter-

cambiabili, rafforzando l'ego senza svelarne

gl'intrallazzi ideologici a coloro che prati-

cheranno illusionismo per sempre.

VOTO9-/10 Vincenzo Calò

Page 47: Numero 1 2013

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LITFIBA “Sogno Ribelle” (Warner) Rim-

brotti di un anti-

conformismo eser-

citato pur costretti

poi a tornare in-

dietro, dandoci

dentro con chitar-

re di uno stimolo

rockeggiante, ta-

stiere dallo stile

anni ’80 e percussioni d’irremovibile per-

suasione che non si confondono fornendo

così luce alla voce grossolana, da scarica-

barile, di Piero Pelù che se la spassa tra le

sue prime hit col suo assistente fidato, Ghi-

go Renzulli. Brani riarrangiati in una versio-

ne più o meno live, senza togliersi di dosso

sconvolgimenti direzionali, rimanendo quin-

di selvaggi al punto di ridere e scherzare su

come si finisce male, in un periodo malinco-

nico a proliferare per volontà di meteoropa-

tico richiedente una soluzione esotica im-

maginata come positività retrograda ma

spiazzante quel senso di noia urbana pos-

seduta per forza di volgare sfarzo e in mo-

do irreprensibile, impossibile da ritrarre

perché in fondo s’è imprendibili scacciapen-

sieri che mirano ad una visione armonica

d’ideali, colorata dalla presenza indissolubi-

le di spiriti maligni, per una legge impro-

nunciabile dacché seguitata da servi bene-

detti nel nome di un’ipocrisia ricoperta di

passioni morte come indiani e banditi ch’e-

rano fieri di proseguire per stravolgimenti,

serializzati privi di un carisma pur avendo-

lo, ma che non credevi fosse perentorio fino

a rendere amara la descrizione di una con-

dizione reverenziale nel disaccordo comu-

ne, nel lavoro quotidiano di tendere alla

fine del giorno una smania classistica di

pubblico impiego come di privata persecu-

zione. E’ naturale la frenesia per gesti che

ponderano la solitudine clemente, atmosfe-

rica, risuonante per chi è adibito a trattene-

re una palpitazione trascendentale da car-

tone animato. Nei meandri di un pensiero

incollabile i Litfiba issano l’asta della perspi-

cacia più controproducente, data la siste-

matica e materiale riunione di popoli falci-

diati da scopi irriguardosi, con un rigurgito

intenzionale ch’esige ampiezza, correggibile

se si è liberi di espatriare per lasciare un

segno sulla propria pelle, invece d’essere

imprigionati in animali addomesticati, fino a

tacere. Segui una corrente d’aria non sa-

pendo cosa pensare, come fare un dono

che rappresenti la Terra, per immaginare

ciò che si vuole con una prontezza di riflessi

in eterna fase di costruzione, nel tempo di

agitarsi non conoscendo effettivamente la

gravità di un problema, di un bene da chia-

rire come portatori d’interessi sovraesposti

per poi ritenersi inopportuni. Dal generale

al particolare nulla osta alla nostra realizza-

zione, nemmeno gli eventi da sistemare in

un unico soggetto di materia insistente

sulle incomprensioni. Passo silenziosamente

davanti a te, con le manifestazioni di follia

dell’uomo che si ripete per non mancare

come l’acqua all’individuazione dei compor-

tamenti per avere il benché minimo riscon-

tro positivo sulla parzialità dei dati prospet-

tici a livello ambientale. La scelta di utiliz-

zarti in un mercato come combustibile è

indipendente per quanto si cresce tanto per

essere soggetti a manovre di chiusura. Le-

vati dall’emotività, provoco la tua pressio-

ne, un piacere tanto per rilassarsi in lavori

di distinguo da fare col cervello che non

trova comodità per dichiarazioni di residen-

za rassicuranti, nell’assunzione seria

dell’impegno di beccarsi una pena formal-

mente espressa, considerata ad alta perico-

losità dato l’intervento sui propri diritti che

determina gli elementi per chiedere di valu-

tare un mistero in virtù del progresso inte-

grabile al filo della chimica, sopra il quale

uomini di completamento si arrangiano

interloquendo in lingua madre cogli alimenti

sottobanco, abituati dalla criticità del Pas-

sato, di un diniego da forzare per poter

essere presi in società come un carico di

arrivi e partenze da gestire senza lasciarsi

pregare più di tanto di presentarsi come

numeri alla ridistribuzione equa del dire,

con la sintesi dell’eccedere, a fare battute

secondo un parere non appassionato alla

coerenza di Pensiero convenuta sul piano

tecnico per documenti da riprodurre nell’in-

vito a star sotto le leggi della Natura con

una strategia politica, una professione in

prestito alternativa a qualsivoglia punto di

riferimento, al fatto di appartarsi.

voto: 8/10 Vincenzo Calò

Enigma-“MCMXC

a.D” (Produced

by Enigma) Siamo

agli inizi degli anni

'90, e questo è il

caso musicale che

lasciò a bocca aper-

ta e con gli occhi

chiusi chiunque, inebriati dal contrasto di-

venuto imprescindibile ch'emerge tra il sa-

cro riluttante, spalmabile come olio sulla

pelle col canto gregoriano, e il profano ac-

cresciuto e avvalorato puntando sulle onda-

te psichedeliche, dentro una complessità

puramente istintiva, tenuta a bada con

manie di possesso in versione lounge, e di

cui l'uomo e la donna fin dai tempi di Ada-

mo ed Eva si fanno carichi per una Vita

trapassando il suo mistero, annebbiati da

cinque sensi legati tra di loro con l'intensità

della luce che lo spirito diffonde maggior-

mente per mezzo della fede cristiana, pe-

netrante l'ambiguità del prossimo, attana-

gliato dall'inconscio, divorato dalla legge-

rezza comportamentale necessaria per es-

sere accettato da un Dio riconoscibile se

strisciante sui nostri corpi che odorano di

eternità suggestionabile con lo scioglimento

dei peccati commessi proprio per ricordare

d'aver comunicato, e di rassegnazione sen-

sualizzata bevendoli, risaputo in extremis

anche il gusto del funky! Da questa idea s'è

preso spunto per la realizzazione di tutte

quelle compilation che vengono passate

oggi in sottofondo, nei night...In una sola

p a r o l a : M e m o r a b i l e .

VOTO 9/10 Vincenzo Calò

DEPECHE MODE “The Singles 86-98/

cd2” (BMG) L'irruenza di questo comples-

so la rintracci quan-

do fa capolinea sul

grigiore del tuo in-

trospettivo prendere

& lasciare, amplifica

all'ennesima potenza

il legame, che non

hai lucidato, col tuo

carattere, per ma-

sterizzarne delle copie che, climatizzate, si

fondono con l'unicità degli ultimi decenni,

molto artificiosi musicalmente parlando,

maniacali nelle retrovie dimensionali, cali-

brando l'intensità del suono nell'immagina-

rio e immaginifico protrarsi delle tue cele-

brazioni organiche. La trascendenza che ne

consegue sbaraglia le difese immunitarie,

sensualizzando la psiche dell'individuo nelle

fasi intermedie di qualunque dipendenza

oggettiva che provi ad incamerare per pro-

muovere ulteriore magnetismo al fine di

restituirci in contatti fisici. Il lounge trapa-

na, azzera il contatore spazio-temporale

(naturalmente elettronico), ed è come se i

Depeche Mode t'invitassero successo dopo

successo ad amareggiare stimolazioni etico

-sociali, per sorvolare disconnettibilità in

strutture armoniche, dove dimora quel rock

degenerante, e planarci per dominare l'at-

trattiva di un istante da sogno mescolato

con l'eco della realtà, facente parte inte-

grante dell'orizzonte preferibilmente sul far

della sera, spalmandoci sopra un pò di

stress emotivo. Sconvolgente un tempo,

malinconico adesso.

VOTO 9/10 Vincenzo Calò

Page 48: Numero 1 2013

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DEPECHE MODE "Sounds of the Uni-

verse" (Mute Records Ltd) La comunica-

zione tra il materiale che tocchiamo e il

sovrumano s'è interrot-

ta...o forse no. L'estasi

bloccata dal meccaniz-

zato Infinito impala

arcobaleni di metallo

nella terra, come

spranghe colorate,

unite col filo del con-

tatto umano. Una verve di natura tridimen-

sionale scioglie il movimento, di reale ina-

bissamento, e si punta il dito allora sulle

toponomastiche cogli occhi chiusi per una

dose di benevolenza. Stoicamente incagliati

ad una musicalità disgregante, eretta per

studiare le geometrie della luce che custo-

diamo (per godercela poi tragicamente), i

Depeche Mode lasciano l'Essere e l'Avere in

sospeso per proiettare megalomania sul

pop, in un'atmosfera focalizzata per rievo-

care le distanze tra le diverse vite di un

individuo. I brani sono cesellati per pro-

muovere il veleno dell'angoscia aliena ripro-

dotta in gomma da masticare. Non persiste

la contesa di un potere, ma la definizione di

un sistema di calcoli e teorie che portano al

vuoto dei nostri profitti. L'elettronica con

tutti i suoi pianeti da conquistare raggiunge

l'apice sull'orlo del casuale precipizio, con la

solita intransigenza psichedelica che con-

traddistingue la band nel tira e molla vocale

del suo leader. Scariche di nostalgica eufo-

ria, ricomponibile con chitarre che accenna-

no ad un rock duro, si abbattono su fabbri-

cazioni di stress convulsivo socialmente

parlando, e ne scaturisce l'assimilazione del

moto perpetuo delle cose, con gli effetti che

riecheggiano se ripassi tra i campi visivi di

una stanca condotta epocale, cavalcando

onde magnetiche per il piacere di cambiare

aria. L'estensione della ritmica è rimasta

ancora sensazionale, per una multiforme

intuizione spazio-temporale che viene am-

morbidita con del torbido lounge gravante

su tastiere alternate al mistero del Creato

che riposa tra le stelle baluginanti dell'In-

conscio. Personaggi artificiali in fondo si

accudiscono a vicenda, come vecchi amici.

In una incorporea e lenta Fine la Vita si

riduce in un nulla di fatto, riflettendo sulla

nostra ingenuità. Scherziamo a mentire sul

da farsi, col potere del demonio a sensua-

lizzare il Pensiero. La fiducia che poniamo

in noi abortisce idee di rinnovo, immagini di

un futuro felice nel non vedere l'ora di spa-

ziare nel bene da riprodurre, di fuggire da

una depressione terrena rilevabile affan-

nandoci a prenderci di mira in un'ondata di

caldo, in un processo alle intenzioni che

continua a segnare l'Anima, rilevata me-

diante dei codici alfanumerici per immagi-

nare la nostra Fine, la distanza tra l'utile e il

dilettevole degli elementi naturali da riac-

quisire con la tempistica della fortuna, sotto

l'aspetto puramente sensoriale, in uno sfa-

celo morale che ci fa divenire squilibrati.

Attratti dalle cose che spaventano, tentati

da vana gloria, da referti medici da rivede-

re, ci avvitiamo su noi stessi nella condu-

zione di diverse indagini affinché si vada

per il meglio, ad avere modo di riflettere la

luce del Sole, con la difficoltà di confessare

la messa in croce di esseri spiegati alla

realtà per intraducibili vie da seguire. Per

teletrasportarci verso un'altra dimensione

dovremo scoprire come e perché succedia-

mo all'istinto primordiale di bocciare la li-

bertà d'espressione, avendo previsto la

maturità in polveri denunciabili con un'ar-

gomentazione preesistente che serva a

destabilizzare problemi generici senza esal-

tare il ridicolo, nemici costruttori di un cre-

do, di una storia immune da certi casuali

accadimenti terapeutici, dalle separazioni

indispensabili tra di noi...esseri perlopiù

opportunisti, in cerca di guadagno, per par-

larne personalmente, col freddo nelle abita-

zioni ritratte preparandoci alle urgenze da

schiarire facendo il bello e il cattivo tempo

nel logorare operazioni di dividendo, ridi-

s t r i b u e n d o p a l l e a l b a l z o .

Voto: 9-/10 VINCENZO CALO'

CARMEN CONSOLI "Eva Contro

Eva" (UNIVERSAL) Lavoro che ha so-

spinto al lancio internazionale quest’artista

di misericordioso incanto, contribuendo a

parer mio a fare esplodere il vanto per le

origini fino a ren-

derlo espressivo a

360°. Sembra

proprio che se la

tiri adesso Car-

men, ma ne ha

ben donde. Dati

alla mano, ha re-

gistrato l’ovvio

successo di critica (e non solo) a Parigi,

Londra e sul palco di Città del Capo, al Live

8 (l’evento curato da Bob Geldof), fino alla

consacrazione al Metropolitan di New York,

col tutto esaurito. Il suo vibrato, quasi ad

ansimare, riscalda i colori della memoria,

restituisce lo scemare di paesaggi stretti

d’amanti insonnoliti. Fustigante basso levi-

ga il sudore di pupi siciliani in perenne pro-

cessione, come se costretti a dipendere

dalle tiritele di un pudore ben archiviato da

donne col capo mai chino in pubblico. In

certi tratti ha centrato il vero bersaglio,

l’aria nella sua sensualità, col tesoro profu-

so da gioie raccolte in segreto, tra l’oboe e

il clavicembalo. Violini e violoncelli sono

fedeli al suo genio cantautorale ben spal-

mato su colonne sonore per film girati fis-

sandosi dentro di sé, fino a farsi del male,

con candide flautolenze a sollecitare i so-

vrani dell’ignoto che richiedono la loro au-

tenticità riassaporando la caduta dei com-

promessi terreni, accordando con cautela

l’ego, sputando al moderno che con l’indif-

ferenza si fa scudo. Lei riaccende peccati

femminei con dovizia di accorgimenti, di

carattere perlopiù percussionistico, sten-

dendosi affianco a dei vergini contrabbassi

con l’espansività tribalizzata della sua one-

stà intellettuale e la ridondanza dei contatti

a pelle con un senso del ritmo carico di

armoniosa esasperazione. Decisioni prese

con sofferenza cercano casa, per chiarire

delle storie di un attimo fuggente e dimo-

strare buon senso nel corso di un’emozione,

sulla volontà di leggerti, per non creare

pericolosi precedenti ed avere la sensazione

d’essere stati rinviati a giudizio, nel rispetto

dell’Anima innescante ombre di facezie mo-

rali con un pulpito da ripulire nella linea di

un dovere di trasparenza, fuori dal mondo

capito a livello intuitivo, per godere di sen-

sazioni tra le cose dette senza sentire la

presenza della mente, a impiantare cause

di mancata ricezione della comunicazione

con una furia cristiana che oscura ossessio-

ni di contatto esclusivamente carnale. Fino

a che non impugni delle prove di colpevo-

lezza perdoni tutto, fai il moralista fingendo

di crescere con Amore, per impadronirsi

della Vita e raccontarle episodi di emargina-

zione, resistere nel nome di nascita con le

differenze per considerarci fratelli e sorelle,

e riprendere i soliti discorsi senza testimo-

niare per un po’ d’umanità tra le parole di

un estraneo e i ricordi di carezze incompiu-

te, date ai nervi di un pensiero, per mettere

il punto esclamativo. Tra insidiose vicende

umane menti alle tue origini, in posizione

incontrovertibile, sotto un unico sbiadito

profilo, e sei costretto a fare l’esame del

dna per riconoscere dei genitori naturali e

restare garantisti nella manifestazione delle

opinioni, affinché il Prossimo dia conto di sé

in anticipo sull’attualità da tenere calda,

n e g l i a f f e t t i .

Voto: 9-/10 VINCENZO CALO'

Page 49: Numero 1 2013

Pagina 49

THE CYON PROJECT"Al legories

[EP]" (Autoproduzione). Ancora una

volta (l'ennesima volta) arriva dal nostro

fottutissimo Stato di ben pensanti il prodot-

to che sicuramente non ti aspetti che cam-

bierà il mondo, ma

che almeno ti faccia

diventare meno

pesanti i pomeriggi

musicali. Invece no

il death made in

Italy ci rifila l'enne-

simo prodotto di una

band che forse è a

galla perché c'è di peggio in circolazione nel

panorama underground globale nonché

nostrano, di qualunque sottospecie esso

sia. Tocca ora ai piemontesi The Cyon Pro-

ject, band formatasi nel 2009, proporsi

sulla scena con l'EP "Allegories", sudore di

un'autoproduzione concretizzatasi presso i

Bro Studios di Alpignano. Un quintetto alla

swedish death metal, quindi rabbia e melo-

dia mischiati di pari passo. Malgrado il

gruppo sia di recentissima formazione, le

sonorità mostrate dai nostri baldi detiene

un certo livello di sincronizzazione, peccato

che il livello sia molto basso. Componenti

che, come esige il genere, sanno benissimo

come affrontare i propri strumenti, avendo

la dovuta tecnica di base ma il sound suona

monotono e ripetitivo come se già si fosse

sentito dal gruppetto che suona ancora in

periferia nel sottoscala della palazzina abu-

siva. Sono titubante sulle possibilità di

chance che questo gruppo ha per farsi largo

nell'affollatissimo panorama del metal mon-

diale, perché dubito che anche se hanno

fatto questa autoproduzione (merito sem-

pre a chi si fa avanti) qualcuno sia in grado

e lucido di mente per poterli sostenere .

Soprattutto in un genere, il death svedese,

che sembra aver oramai sparato tutte le

cartucce a propria disposizione nella caccia

a un buon contratto discografico.

VOTO:5/10 Antonio Di Lena

NAVIGA “Ed è sera…” (Demo). È sem-

pre un problema quando si ha a che fare

con delle band che provengono dalla tua

stessa città, si perché diventi più critico del

solito ma non per rompere le gambe alla

band in questione, ma bensì per dare una

motivazione in più. I Naviga vengono da

Francavilla Fontana (BR) città che negli

anni ha sfornato talenti incompresi di note-

vole livello, una città che non da nessuna

forma di contributo ( non solo economico)

alle band locali. E pure i Naviga ho avuto il

piacere di ascoltarli all’ultimo “Congresso

Rock” e devo dire che confrontando le per-

formance live e quella del demo il live vin-

ce nettamente. Infatti il demo di cinque

tracce suona troppo poco rock, genere che

in versione live ben figura per la giovane

band salentina. Il suono è troppo da canti-

na, anche se i ragazzi si reputano grunge-

band il demo non detiene questa attribuzio-

ne, che escluso il pezzo “Mente Libera” che

ha un inizio che sa molto da Incesticide dei

Nirvana il resto suona come un pop-rock

frettoloso. I ragazzi ci sono sia chiaro, sen-

tono quello che suonano ma penso che li

sia mancata in fase di registrazione una

guida che sapesse più di rock che forse

d’altro genere, e poi il prezzo della registra-

zione è stato davvero pesante per un demo

di cinque brani che deve essere inviato alle

riviste e i locali dove suonare, a questo

punto avreste fatto più scena registrandovi

in presa diretta in qualche live, li è sicuro

che davate una coscienza di rock. Forse la

giovane età dei ragazzi ha ecceduto di en-

tusiasmo (che ci sta tutto) ma spesso regi-

strare meno pezzi di qualità valgono molto

più della quantità. Consiglierei alla band

con molta calma di lavorare in futuro sugli

stessi pezzi, magari cercando di utilizzare le

multi tracce e per favore, lo dico per voi, la

prossima volta che entrate in sala di regi-

strazione procuratevi un fonico che sia e

comprenda del genere, potrebbe darvi delle

dritte e sicuramente l’intero demo registra-

to con più cura, effetti e magari multi trac-

ce suonerebbe più sporco ma sicuramente

grunge, anche perché è un peccato che

pezzi come “Far Away” suonino più pop-

rock che altro. Altra dritta che vale per

qualcuno della band è che le fanzine non

comprano i demo per recensirli ma si rega-

lano!!! Scherzi a parte il mio è un voto d’in-

coraggiamento, perché sono sicuro, che con

calma e un po' più di professionalità questo

demo può essere più che dignitoso.

VOTO 5.5/10Antonio Di Lena

I N N E R V A C U U M

“Acceptance” (Autoproduzione ). Gli

innervacuum com-

posti da 5 bravi mu-

sicisti: Tommaso

B o n f a n t i

(basso),Filippo Fu-

mato(batteria), Giu-

l iano Bergantin

(voce), Francesco

Murtas(chitarra) e andrea Giannattasio

(chitarra), con il loro “Acceptance” danno

subito l’impressione di essere nel pieno di

una sparatoria di musica, con armi un dop-

pio pedale, un basso che sorprende inse-

rendo parti di slap e chitarre, se si fa atten-

zione si riescono anche a sentire le urla dei

feriti. I brani sono suonati con precisione e

bene, anche se mancano a mio parere un

pò di melodia e sarebbe stato interessante

inserire qualche assolo di chitarra in più e

magari far durare i brani qualche min di

meno, circa sette minuti per ogni brano

s o n o u n p o ’ e c c e s s i v i .

Voto 7--/10 Gianluca Distante

I G N I T I O N - C O D E

“Upgraded” (Autoproduzione) Formato

nel 2007 il progetto

Ignition Code nasce

da membri di Saw-

this e The Giuliet

Massacre con l’obiet-

tivo di dar sfogo al

lato più violento ed

intricato dei suoi

membri. La band è formata da Alessandro

Falà (voce), Sabatino Fossemò (chitarra),

Marco Di Carlo (chitarra) e Guido Borracino

(batteria). Del loro “Upgraded “ sono molto

interessanti le parti melodiche che escono a

sorpresa all’interno dei brani e danno quel

velo di dolcezza ai brani che non guasta

mai, come negli ultimi secondi di Human

B.P.M. dove la parte melodica, molto bella,

entra di prepotenza, anche se dura a mio

parere molto poco e non ne consente un

giusto apprezzamento. Altra cosa interes-

sante è il contrasto di voci in Mikrokid e in

Gamegear una più pulita e l’atra con growl

quasi come se una parte non cattiva voles-

se uscire fuori e dire la sua.

Voto 7 /10 Gianluca Distante

A L C S T O N E S

“Usurpers”(Autoproduzione )Gli Alcsto-

nes, trio veronese,

nascono nel 2005 da

Alberto Todeschini e

Luca Avesani, al quale

si aggiunge il batteri-

sta Cristian Boaretto

con il quale nel set-

tembre 2006 produ-

cono il CD “Master…from the hill” che da il

via ai numerosi live della band veronese.

Nel maggio 2007 Cristian Boaretto lascia il

trio e viene sostituito da Cristian Bonamini

e nei primi mesi del 2010 si concludono le

registrazioni del primo EP dal titolo

“Usurpers” nel quale contribuiscono ai cori

Giada Piccinini e Michele Turco. Nel loro

“Usurpers”, appena si ascolta l’EP, l’influen-

za di gruppi come i Motorhed si fa subito

sentire, complice anche una voce che ricor-

da molto quella di Lemmy. Il tutto è suona-

to molto bene, buoni anche gli assoli di

chitarra. Album interessante nel complesso

e suscita curiosità nel vedere un loro li-

ve.Voto 7,5/10 Gianluca Distante

Page 50: Numero 1 2013

Pagina 50

GALLOWS“Gallows” (PlayItAgainSam)

Dopo l’abbandono di Frank Carter che ha

messo su i Pure Love,

i britannici Gallows

non tradiscono le

aspettative, e si pre-

sentano con un lavoro

che suona di un hard-

core adrenalinico, gra-

zie anche ad una se-

zione ritmica invidiabile. Il basso pompa a

palla nelle tracce e l’ascoltatore si ritrova

sotto assedio durante un bombardamento

di puro hardcore, grazie alle urla del cana-

d e s e W a d e M a c N e i l .

Antonio Di Lena VOTO 6/10

ANTONIO TRINCHERA“Spirits Write

Letters”(Psychonavigation) Un album

d’intrecci sonori dove Trinchera ha riferi-

menti plausibili al dream pop al down tem-

po e alle sonorità am-

bientali. Manca però la

cura per il beat e gli

echi ambientali che un

album deve avere in

questo genere. L’elet-

tronica non manca

ma non basta, in futuro le sue traiettorie

sonore devo amalgamarsi per bene se vo-

g l i ono scava l ca re ques t ’ a lbum.

Antonio Di Lena VOTO 5/10

MED IN ITALI “Coltivare PianteGras-

se” (Libellula) Cinque anni di lavoro per

gli irlandesi ma ormai

torinesi d’adozione

Med in Itali, che con il

loro debutto discogra-

fico racchiudono una

certa raffinatezza ne-

gli arrangiamenti di

matrice free-jazz di questo lavoro. Il richia-

mo ai Marta sui Tubi è il più costante me il

vero segreto sono i due jazzisti del rango di

Matteo Negrin e Luca Begonia che parteci-

pano al lavoro. Antonio Di Lena VOTO 6/10

NIRVANA.“Transmissions”.(Storming).

Vi è mai capitato di

entrare in un negozio

di dischi e trovare un

cd di una band che voi

fino a quel momento

ignoravate del tutto

non per demeriti mu-

sicali ma bensì per-

ché: A il loro leader è morto dal 1994

(almeno così dicono…), B il loro batterista è

il cantante dei Foo Fighters, C il bassista è

impazzito dandosi alla politica?! Ok, se co-

me me avete conosciuto in modo inatteso

questo “Transmission” dei Nirvana benve-

nuti a bordo del treno che marcia sui binari

di un grunge che più grezzo non si può.

L’album è composto da un libricino di 72

paginette che spiegano e rispiegano la vita

della band in determinati lavori. Non c’è

nulla di insolito, si sa che i Nirvana verran-

no premiati un giorno per essere la band

che ha prodotto più album con un leader

morto…$copi di lucro ???! Infatti l’album è

diviso in tre parti. La prima parte che va da

“Love Buzz” a “Pen Cap Chew” non è altro

che la performance che la band di Seattle

eseguì ai Kaos FM il 17 aprile del 1987,

praticamente quando ancora i Nirvana non

avevano fatto neanche il loro debutto di-

scografico, cosa che avverrà nel 1989 per

mano della Sub Pop Records con il capola-

voro “Bleach”. La seconda parte di sole

quattro tracce (Rape Me, Smells Like Teen

Spirits ed Herta Shaped Box), canzoni che

milioni di ragazzi negli ultimi venti anni

hanno consumato nei loro lettori cd per

ore, non è altro che l’esibizione che i Nirva-

na tra il 1992 e il 1994 hanno regalato du-

rante delle apparizioni al Saturday Night

Live. La terza è ultima parte è una sequen-

za di video-tracce sempre facente parte dei

live del 1992 e 1993 al Saturday Night Li-

ve. Fruscii, chitarre grezze e sporche, bat-

terie cupe e bassi dal suono cavernicolo,

non fanno di questo lavoro un manipolo di

canzoni mal suonate, ma bensì di un picco-

lo capolavoro da museo della musica grun-

ge. Certo non avrà il fascino di Nevermind,

ma va detto che nove tracce su tredici sono

state registrate ancora prima dell’esordio

discografico della band, quindi consideria-

mo il lavoro dei Nirvana come se lo stessi-

mo ascoltando nel 1987 e non nel 2012

perché il contenuto musicale di questi ven-

ticinque anni, che dividono la registrazione

delle tracce alla pubblicazione di un album

puramente a scopo di lucro, ci fa capire che

i Nirvana hanno e sono gli unici maestri

dell’arte della musica grunge; gli altri pos-

sono soltanto, imparare e cercare di copia-

re. Album che sicuramente non sarà l’ulti-

mo, visto che con mio grandissimo stupore

noto ogni tanto pubblicazioni davvero evi-

tabili, ma questa volta chi architetta le

uscite discografiche post-morte di Cobain

ha fatto centro, regalandoci un piccolo vo-

cabolario di “grungese primitivo” forse in-

compiuto, ma sicuramente indispensabile e

p r e z i o s o .

Antonio Di Lena VOTO 8.5/10

CROSBY, STILLS & NASH. “CSN”.

(Atlantic). Trattasi di giorni tranquilli in

una sincronia di

voci vellutate,

per dimenticare

l’insicurezza del

vivere che im-

pressiona degli

amanti in pe-

renne relazione,

traditi semmai

da una fede di

facciata, nel pop poi sciolto dalle flessioni di

tipo soul. Il meglio del genere umano lo si

festeggia intervenendo con la memoria

armonica per elaborare l’avanguardia dei

toni intimistici, spogliati degli abiti dei ribel-

li, sulle cose terrene rifiutabili in acustica

rampa di lancio. Rispetto a quanto si vuol

dire, percussioni effervescenti contornano

la finezza alle tastiere in maschere d’ispira-

zione che riscuotono ammirazione dalle

persone da salutare all’apice di una conqui-

sta trasversale, attenendosi alle istruzioni

originali. Uomini che si considerano fortu-

nati, tra le mura di un ideale almeno, che si

è tentato di restaurare, giungono su un’iso-

la sperduta di pura migrazione emotiva a

inscenare l’opportunità d’imporre un contri-

buto a coloro che sono prossimi alla dispe-

razione, disposti a subire ritardi d’accusa

promettendo comunque tensione. Ci si ap-

poggia a vicenda in una parola accogliente,

in un unico stato d’animo, col passaggio del

testimone da una traccia all’altra che non

sminuisce il brivido di talento spartito auto-

maticamente tra i componenti della band,

particolare di una benevolenza che non

riesci ad assopire con alcun cambio di sen-

tore, per cui si possa rivedere la propria

disciplina a spianare percorsi immaginifici

senza la pretesa di tagliare per primi un

traguardo d’intrecci d’aria causati dalla feli-

cità di rimanere sui campi di battaglia, tra-

scurata per risposte che non vengono

dall’oggi al domani come partite di nervi in

foto da scattare, col coprifuoco in vigore

per anfratti di conversione occupanti la

solidarietà di chi teme di fallire e sposta

linee di confine pianificando rinunce senz’a-

verle previste in un giuramento epocale sui

doni straordinari della natura, per la quale

la persuasione è una musica leggera, cultu-

ralmente singolare, per messaggi audio di

lenta diffusione.

V i n c e n z o C a l ò

VOTO 9/10

Page 51: Numero 1 2013

Pagina 51

SUBSONICA. “L’Eclissi”.(Virgin).

Espressività esangue, tendente ad una

campionatura dedita

di traccia in traccia

all’infinito sciacallag-

gio del suono, abilita-

ta a sofisticare l’am-

plesso dell’onestà

intellettuale, con la

sagacia rintracciabile

nella complessità quotidiana così cosmica,

malvagia nelle zone periferiche di un senti-

mento riprodotto per andare in corto circui-

to. La parola si distacca dall’elettronica

maestosa per perseverare, sorda, nella

morbosità del rock, col suo disagio sociale

che non conosce sosta, da un senso all’altro

a perdere pezzi di ghiaccio, a sciogliersi per

la successiva base musicale computerizza-

ta, ingurgitata, senza pensare che essa

possa trapanare alle ossa, fino al midollo di

chi non smette di premere il tasto play per

un’elaborazione armonica che ricorda in-

trecci di catene di montaggio industriale,

che slega infine il delirio poetico, dopo un

Sali e scendi di effetti ben custoditi dal pro-

prio marchingegno psico-emotivo. Schizzata

nevralgia di una sorte compiuta, accresciuta

dalla lagna audio lesiva, intercettabile sì,

ma incontrastata, dovuta da nefandezze

comportamentali in linea col complementa-

re naturalizzato in una soave boccata alluci-

nogena, in un ritmo pervaso dal contatto

fisico che si desidera immaginare coi rim-

pianti, codificabili, per esperienze di Vita

incancellabile, sottoforma di linguaggio bi-

nario, legate agli elementi 0 e 1 che accu-

mulano, mischiano negatività e positività da

un istante all’altro della concezione tecnica-

mente vestita su misura e poi spogliata per

firme eccellenti, quali quelle di un vero mito

come Roberto Saviano e del giallista Carlo

Lucarelli, alla vista di un giovane che stenta

a respirarsi, tra il corpo e l’Anima. S’inter-

viene di tanto in tanto con la batteria a ridi-

mensionare in modo impeccabile la fulgida

asperità minimalista, ed è improvvisamente

gioia retrograda in nota malinconica, di-

spersiva in atmosfere prettamente di lan-

guido torpore, giustappunto per un taglia e

cuci conservabile nel mixaggio estempora-

neo. I Subsonica si prestano come guida

per attutire ideali in frantumi prima e in

vortici silenti poi, sospesa nella descrizione

dell’ambiente che ti risucchierà, che ti ridur-

rà in misteri di un giudizio inoffensivo che

non tarpa le ali della confidenza astrale, in

acustica aliena, distante un finale a sorpre-

sa, impegnata a disegnare sorrisi di buona

ventura. Il cervello umano con criteri rigo-

rosamente tecnologici sta dietro alle affer-

mazioni più diverse di storie riscattate da

un fine in forme falsamente riconoscibili. La

pelle nel corso della Vita fa colpo significan-

do nulla per un minimo di stile nel richiede-

re i dati morenti di una complicità in omici-

dio. Come se nulla fosse, ci usiamo per

incassare un Domani chiuso in volto, con

una forte presenza panoramica completa-

mente fuori controllo sulla saggezza del

posseduto. Nel tempo dell’anonimato si

fagocita una condanna alla Fede per opere

di misericordioso disordine. Ci procuriamo

un nervo smaltibile per non andare troppo

oltre a installare intese tra i favorevoli e i

contrari al sistema del parcheggio libero,

che annulla dilemmi sull’esclusiva esclusio-

ne, semplici da movimentare nel merito di

quello che si può fare per dare luce ai colori

scontabili a carattere ultraterreno. Atti im-

prevedibili si verificano valendo come dra-

sticità per un problema di sicurezza che

sgombera il rischio di sbattere la testa sui

muri dai cassonetti in regola. All’interno di

un passato precauzionale ti posso invitare

ad affrontarmi senza termini e modalità,

per voler approfondire un difetto di chiari-

mento con la maturità più evolutiva possibi-

le, con una poesia da musicare, dovendo

aprirci per un segnale d’incoraggiamento

senza sembrare spiazzanti, assegnati ad

un’emergenza strisciante sull’orizzonte adi-

bito all’inganno più speciale da ringraziare a

nostro nome per abbracciare il potere della

Ragione, ora tra i suoi maestri attaccati alle

verità di una domanda personale, di un

piacere da masticare sul serio per vederci

sereni e insistenti sulla concretezza di una

formazione culturale, per la quale nessuno

s i o c c u p a .

VOTO: 9-/10 VINCENZO CALO’

AFTERHOURS. “I milanesi ammazzano il sa-

bato”Manuel Agnelli comincia con una striata

voce aggrappata ad

arpeggi addomestica-

bili prima, e poi re-

cludibile come siero

ammazza-vampi r i

lungo la gola dei

dannati conformisti,

coloro che rimarreb-

bero a bocca aperta

se potessero saper

amare almeno un senso di civiltà. Ma il tutto ef-

fettivamente parte dall’immobile risveglio di una

prostituzione idealistica logorata da grazia ine-

spressa. Per Afterhours s’intende una delle poche

dimore di proprietà del rock alternativo, reinven-

tato per questo lavoro adoperando magri sberleffi

di una volgarità che ti rincresce, con un grado di

cultura invidiabile ma travisabile se ti lasci ingan-

nare dall’istinto di rovinarsi in un istante, pene-

trando, per ripulire, l’angoscia umana, dacché così

piccolo da non dover smuovere il sempre di un

incanto fiabesco, fanciullesco, ridimensionato a

furia di dover concretizzare il posseduto. Stracci di

una dipendenza tossica (se accomunata alla so-

pravvivenza) vengono accalorati dalla forza di una

batteria che serializza l’ascolto per la maggior

parte delle tracce, inseguita da chitarre avvincenti

in grado di vestire l’immateriale celarsi dietro

all’incapacità di stare insieme ad una sola condi-

zione: motivare ciò che tocchi da perfetto dispera-

to. Qui viene suggellato il potere di riempire

un’armonia di spazi pseudo-urbani col desiderio di

fare quel cazzo che ti pare, nonostante il dubbio

melodico derivante dall’esistere o meno travolto

dal silenzio di chiusure ermetiche passanti come

pregiudizi referenziali dall’illusione di alimentarsi

col tempo di apparire a risollevare l’entusiasmo

delle masse (individuali) per privilegi rintracciabili

se ti levassi dalle quotidiane vicende socio-

politiche, come il piano e l’elettronica (in “Dove si

va da qui”), uniti per la pulsazione lineare di una

sorta di rassegnazione epocale.Si scompare con

una lentezza inesorabile nei ricordi scampati all’o-

blio degli uomini, per riaprire un percorso organi-

co e non macchiarci di un crimine abominevole

come sostenere dolori già crollati dall’alto, per

delle impostazioni da seguire senza intendere una

sproporzione di vedute a stabilire una legittimità

di opinioni nel pagamento dei principi di una ma-

turità assodata per donarsi alla morte del poter

chiedere la restituzione di cosa ci compete come

quiete, dimostrando una stanchezza emotiva in

una serie di profili da impugnare, consumati come

le informazioni sul Prossimo, tra i dove di un’af-

fermazione personale, tra un sorso e l’altro di

Anima affrontata in tutto tondo per prospettare

qualcosa di ben diverso dal destare sordità. Con-

templando l’orgoglio per un’integrità morale

esplodiamo come pene nell’incanto di quattro

mura, fughe da far connettere per segnare una

svolta epocale, l’uccisione dell’Io per non essere

suscettibile a delle oscillazioni climatiche, ad una

tipologia di mutuo d’accertare pur volendo rima-

nere sempre nell’umanità che si ha affianco, a

diffondere sentenze come sollievi, a titolo di ana-

tomia, con l’impulso di rifarsi alla materia, alla

conferma svenevole dei nostri diritti come tranelli

sparsi nel mercato globale, odorante di una città

riportabile sulla pelle, allo sterminio del Presente

per la salvaguardia di una meraviglia pacifica,

dell’attraversamento di uno sguardo da macellaio

di eccellenza che non lavora il suo essere, forme

fatte con le mani, con le tremende visioni che

procura la paura del Tempo, quella sensazione

che ci spinge in avanti, in un interesse all’osso,

creato con la nullità delle nostre applicazioni, coi

riferimenti alla solidità dell’Oltre, quasi ad assotti-

gliare delle posizioni debitorie per una fattispecie

di tematica libera dalla corrispondenza nervosa,

non esaminata sulle voci della gente, sull’onda

della nostalgia distogliente un Dio dal suo Avveni-

re, aromi da mettere in noi, per darci una morbi-

dezza, l’importanza nella parola risultante inatti-

va, seppur rinata da storie di riuso, di cemento

colato, come a produrre solamente latte nell’asse-

gnarci la palma della vittoria, pur valendo come

frecce non pungenti in un’unica imboccatura che

non prescinde da contrasti psicologici, particolari.

VOTO: 8,5/10 Vincenzo Calo’

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