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F. Abbona; G. Brenci; A. Clausse; G. Coyne; M. Dankert ; R. Ferro; F. García Bazán; F. Gratton; G. Prosperi; H. Puyau; L.B.Archideo EPISTEMOLOGÍA DE LAS CIENCIAS El Mal y las Ciencias Lila Blanca Archideo (Coordinadora) CIAFIC ediciones Centro de Investigaciones en Antropología Filosófica y Cultural de la Asociación Argentina de Cultura

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F. Abbona; G. Brenci; A. Clausse; G. Coyne; M. Dankert ; R. Ferro;F. García Bazán; F. Gratton; G. Prosperi; H. Puyau; L.B. Archideo

EPISTEMOLOGÍA DE LAS CIENCIAS

El Mal y las Ciencias

Lila Blanca Archideo(Coordinadora)

CIAFICediciones

Centro de Investigaciones en Antropología Filosófica y Culturalde la Asociación Argentina de Cultura

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Epistemología de las ciencias : el mal y las ciencias / Lila BlancaArchideo ... [et.al.] ; compilado por Lila Blanca Archideo ; conprólogo de Lila Blanca Archideo. - 1a ed. - Buenos Aires :CIAFIC Ediciones, 2009.300 p. ; 23x15 cm.

ISBN 978-950-9010-50-5

1. Filosofía. 2. Epistemología. I. Archideo, Lila Blanca II.Archideo, Lila Blanca, comp. III. Archideo, Lila Blanca, prolog.

CDD 121

© 2009 CIAFIC EdicionesCentro de Investigaciones en Antropología Filosófica y CulturalFederico Lacroze 2100 - (1426) Buenos Airese-mail: [email protected]ón: Lila Blanca Archideo

Hecho el depósito que marca la ley 11.723

Impreso en ArgentinaPrinted in Argentina

La realización de este simposio fue subsidiada en parte por el ConsejoNacional de Investigaciones Científicas Técnicas (2005)

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SU CATASTROFI E RISCHI*

Francesco Abbona**

I do not know much about gods: but I think that the riverIs a strong brown god - … almost forgotten

By the dwellers in cities – ever, however, implacable,Keeping his seasons and rages, destroyer, reminder

Of what men choose to forget…T.S.Eliot, The Dry Salvages

1. INTRODUZIONELa storia dell’umanità viene ordinariamente vista come

successione di avvenimenti di carattere politico, culturale, militare,economico, in cui appare svolgere un ruolo decisivo la determinazionedell’uomo, come singolo o come gruppo. Solo quando si retrocede neltempo fino alla preistoria le considerazioni si spostano su fattoriextraumani. Precisamente, “…le ricostruzioni dell’evoluzione ominidehanno incominciato a considerare il vero protagonista della storiasoltanto da pochi anni: il clima.” (Pievani, pag. 106). Non solo nellapreistoria, ma anche negli ultimi 18.000 anni il clima ha influenzatol’evoluzione umana (Fagan).

In realtà anche nel periodo storico la natura ha fatto sentire la suavoce, e lo fa tuttora, intervenendo anche pesantemente nelle vicendeumane con le sue violente varie manifestazioni, imponendo sviluppiimprevedibili. E’ noto ad esempio che nel fermare gli eserciti prima diNapoleone, poi di Hitler ebbero una parte non trascurabile - con questonulla togliendo al valore dei soldati russi - neve e gelo, supposte

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*Contribución enviada por el Prof. Francesco Abbona** Profesor de Mineralogía en la Universidad de Turín.

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conseguenze nel primo caso di un’esplosione vulcanica in Indonesia.Siamo cioè di fronte a due concause, volontà degli uomini emanifestazioni naturali. “Il clima modifica la vita degli uomini e incidesulla loro storia.” (Tozzi, pag. 148).

Occorre precisare che la storia si è sempre occupata digeopolitica e non ha sottaciuto il ruolo dei fattori naturali, in specie dicarestie ed epidemie, tuttavia è solo in questi ultimi tempi che graziesoprattutto agli apporti delle scienze della Terra e dell’ecologia si sonosviluppati l’interesse e le ricerche per l’influenza degli eventi naturalinella storia degli uomini. Così, ad esempio, alcuni studiosi colleganola profonda crisi delle civiltà mediorientali alla fine dell’età del Bronzoad eventi sismici che devastarono quelle regioni. Per altri tutta unaserie di avvenimenti più o meno contemporanei (migrazioni attraversola Polinesia; alluvioni sulle coste del Perù; nascita della civiltà Inca;migrazione degli Aztechi verso l’interno; forti tifoni nel mare Cino-giapponese; inondazioni in Cina; alto numero di comete, …)potrebbero essere conseguenza del probabile impatto di una cometa, odi un meteorite, sul volto nascosto della Luna, avvenuto nel 1178 d.C.Altri vedono nella conquista islamica dell’Indonesia un involontarioapporto del vulcano Kracatoa che con le sue eruzioni avrebbeavvalorato la predicazione musulmana.

La bibliografia su catastrofi e disastri si è arricchita in questiultimi vent’anni di un rilevante numero di libri, articoli, saggi, dicarattere generale e locale, scientifico e divulgativo, ed ancheromanzesco fantascientifico (ad es., i libri di Michael Crichton). Sonopersino usciti atlanti per ragazzi. Il recentissimo maremoto (tsunami)del 26 dicembre 2004 ha aumentato l’interesse per questi fenomeni.Come si è potuto notare leggendo le relazioni e i commenti anchegiornalistici, sono emerse considerazioni che allargano il discorso allaresponsabilità dell’uomo nelle catastrofi naturali.

Anche l’uomo è infatti chiamato in causa, perché con la suaattività può essere responsabile di disastri ambientali di vasta portata– anzi, viene addirittura definito “specie catastrofica” per l’ambientee le altre specie. (Pievani, p. 311).

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Tipo di disastro Persone colpiteInondazioni 1.530.491.000Siccità 778.123.000Cicloni 312.075.000Carestie 34.210.000Terremoti 33.954.000Epidemie 11.671.000Calore 5.205.000Incendi 3.404.000Frane 2.694.000Eruzioni vulcaniche 818.000Tsunami 300.000Totale persone colpite 2.712.943.000Totale vittime 910.000Numero dei disastri 3.649

Risulta dalla tabella che si è verificato mediamente un disastroal giorno, e che gli eventi di maggior impatto, almeno numerico, fu-rono le inondazioni (il 55%), seguite da siccità e cicloni, e più a di-stanza da carestie, terremoti ed epidemie. Ciò che colpisce esamnandola tabella è la forte incidenza di disastri insospettati, come siccità, ca-restie, epidemie, incendi e frane, mentre le ben più spettacolari eru-zioni vulcaniche hanno coinvolto un minor numero di persone.

Un fatto degno di nota è che si tratta d’eventi a noi contempo-ranei, di molti dei quali siamo venuti a conoscenza, eppure si ha l’im-

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2. DISASTRI E CATASTROFI NATURALIL’elenco è lungo e doloroso: terremoti, maremoti, eruzioni

vulcaniche, inondazioni, uragani, cicloni, frane, incendi, valanghe,siccità, epidemie. Alcuni di questi eventi sono stati così eccezionali,tragici e di grande vastità da passare nelle tradizioni culturali ereligiose di numerosi popoli – si pensi al diluvio biblico!

Il bilancio in termini di persone colpite, di vittime umane e didanni è impressionante. Si calcola che nel periodo 1994-2004, pratica-mente nell’ultimo decennio, le persone coinvolte in disastri naturalisiano state circa 2 miliardi 700 milioni, e oltre 900 mila siano state levittime. Ecco il quadro della situazione (tratto da Tozzi, pag. 17).

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pressione che siano stati tutti più o meno rimossi, almeno apparente-mente, dalla memoria singola e collettiva – anche sullo tsunami del26.12.2004, ampiamente pubblicizzato in tutto il mondo dai media, stacadendo il silenzio. Altri disastri spettacolari e tremendi stanno pola-rizzando l’attenzione mondiale (uragano Katrina, agosto 2005).

Una domanda sorge spontanea: è stato il decennio 1994-2004un periodo fuori del comune, o è “normale”?

Orbene, gli studiosi di scienze della Terra (geologi, geofisici,paleontologi), che hanno acquisito una profonda conoscenza dellevicende geologiche terrestri, passate e presenti, e hanno frugato neidocumenti storici (narrazioni, leggende, resoconti), ci dicono che lasituazione relativa al decennio 1994-2004 non è l’eccezione, marappresenta la normalità. Il motivo risiede nel fatto che la Terra si èformata poco meno di 4 miliardi d’anni fa, ed è un organismo ancorain evoluzione. Nel corso del tempo essa ha assunto forme via viadiverse fino all’attuale, che non è quella definitiva. Le forze chel’hanno modellata continuano ad agire ancor oggi - è il principiodell’attualismo. L’instabilità è dunque il sigillo della Terra, e simanifesta anche oggi attraverso gli eventi che noi classifichiamo comedisastri o catastrofi.

La storia della Terra è dunque una storia costellata di eventicatastrofici, più o meno distanziati nel tempo da intervalli disvolgimento regolare e sostanzialmente uniforme – è il principiodell’uniformatorismo (o uniformismo). Un esempio: 74.000 anni fa ilvulcano Toba dell’isola di Sumatra esplose lanciando in aria tra 2800e 6000 km3 scorie, lapilli e ceneri che oscurarono il sole per circa 5anni. La Terra subì un forte abbassamento della temperatura conconseguenze così disastrose per la vita vegetale ed animale che lastessa specie umana, secondo alcuni studiosi, corse un grosso rischiodi estinzione.

Le eruzioni vulcaniche sono la classica manifestazione dell’iradella natura, che ha dato origine a miti e leggende. Alcune sono triste-mente celebri: esplosione dell’isola vulcanica di Santorini (Grecia) trail 1650 e 1400 a.C.; eruzioni del Vesuvio nel 79 e nel 1631; eruzionedel vulcano di Lakagigar (Islanda) nel 1783; esplosione del vulcanoTambura (Indonesia) nel 1815; eruzione del Krakatoa (Indonesia) nel

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1883; esplosione del Monte Pelée nel 1902; esplosione del Pinatubo(Filippine) nel 1991. Tutte sono accompagnate da morte e distruzione,alcune con cambiamenti climatici di estensione planetaria e conse-guenze sulla storia umana. Oggi la dislocazione dei vulcani sullasuperficie terrestre, ed anche nei fondali marini (il più grande vulcanoattivo d’Europa è il Marsili sul fondo del Tirreno), è ben nota e docu-mentata e trova una sua spiegazione nella teoria della tettonica delleplacche. Alla domanda: è prevedibile l’eruzione di un vulcano?, gliscienziati rispondono: possiamo prevedere dove accadrà, anche il tipoe le probabili conseguenze (maremoti, ecc.), ma non sappiamo conprecisione quando. Per questo occorre “monitorare” il vulcano, perchéle eruzioni sono generalmente precedute da segni premonitori.

I terremoti sono eventi decisamente più frequenti: si contanoogni anno centinaia di migliaia di scosse, per lo più di lieve entità –esse indicano appunto l’instabilità del sistema Terra. Gli effettipossono essere devastanti e mortali: negli ultimi 1000 anni si valuta ad8 milioni il numero delle vittime dei terremoti. Una regioneparticolarmente colpita è la Cina: in 3000 anni di storia i morti perterremoti ammontano a circa 13 milioni. Nel 1976 un terremoto nelTangshan causò la morte di un numero imprecisato di persone, tra unminimo di 230 mila e un massimo di 800 mila. I terremoti più violentidi questi ultimi anni, con magnitudo ≥9 (scala Richter), sono statiregistrati in Kamchatka (1952), Alaska (1957 e 1964), Cile (1960) eSumatra (1994) - quest’ultimo ha dato origine allo tsunami. L’80%delle vittime si conta oggi in sei paesi: Cina, Perù, Russia, Iran,Turchia, Guatemala. Un terremoto che ebbe grande risonanza fu quellodi Lisbona del 1° novembre 1755 non solo per le funeste conseguenze,ma per le ripercussioni di carattere filosofico (anche Voltaire se neoccupò nel Poema sul disastro di Lisbona). Come per i vulcani, ancheper i terremoti è stata redatta una carta delle zone a rischio, che sitrovano in corrispondenza della collisione delle placche in cui è divisala litosfera secondo l’omonima teoria.

Le carestie, dovute a siccità, avversità climatiche – ma ancheall’attività umana delle guerre - sono una costante nella storiadell’umanità, ed ancor oggi sono causa di devastazione e morte in piùdi un paese africano. Si valuta che tra il 1874 e il 1900, cioè in un

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quarto di secolo, l’India sia stata colpita da ben 18 carestie per le qualitrovarono la morte 18 milioni di persone.

I cicloni sono un fenomeno stagionale, proprio della fasciaoceanica tropicale e subtropicale. Luoghi preferiti sono le coste deipaesi del Golfo del Messico e dell’Oceano Indiano, con sequela dimorti e distruzione, come sta capitando in questo periodo in Louisianae Mississippi (agosto 2005). Nel Bangladesh per le inondazioni seguiteallo scatenarsi dei cicloni perirono nel 1971 circa mezzo milione dipersone, e 150 mila nel 1991.

Catastrofi gigantesche hanno segnato l’evoluzione delle specieviventi, tanto che si parla di estinzioni di massa. Le principali sonocinque, quattro delle quali si verificarono nel Paleozoico (tra 515 e245 milioni di anni fa). Altre estinzioni occorsero nel tardoQuaternario.

Una delle più disastrose ebbe luogo circa 245 milioni di anni fa,alla fine del Permiano, quando scomparvero circa il 90% delle speciemarine (in particolare i trilobiti) e il 70% dei vertebrati terrestri, esubentrarono le ammoniti. Un’altra avvenne alla fine del Mesozoico,65 milioni di anni fa, e portò all’estinzione di ammoniti e rettili, tra cuii dinosauri. Quali le cause di queste estinzioni?

La prima viene attribuita, da alcuni, alle diverse condizioni am-bientali originatesi in seguito alla riunione delle masse continentali inun unico supercontinente (Pangea), da altri invece all’impatto con unasteroide o una cometa, in quanto furono trovati in rocce sedimentariedi quell’epoca molecole di fullereni, composti di carbonio di originestellare. In queste condizioni l’estinzione dovette avvenire in “breve”tempo, in meno di 100 mila anni, probabilmente 8 mila.

La seconda trova almeno due spiegazioni, nessuna delle qualisembra decisiva. Per alcuni sarebbe dovuta alle grandiose eruzionivulcaniche avvenute in quei tempi in India, quelle che diedero origineal Deccan. Il cielo fu oscurato per parecchio tempo, la temperatura siabbassò, ne conseguì una drastica riduzione della flora che era ilnutrimento dei dinosauri. Per altri l’estinzione è da ricercarsi in unevento di origine extraterrestre, l’impatto con la Terra di un meteoriteo di una cometa che nell’urto avrebbe sviluppato una grande quantità

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1 Un megatone (Mt) è l’equivalente di un milione di tonnellate di esplosivoconvenzionale, pari a 4.2x1015 J. La bomba atomica sganciata a Nagasaki era di20 kt (kilotoni).

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di energia (da 4x108 a 4x109 megatoni)1 con conseguenze disastrose:ne sarebbero prova sferette di origine cosmica e tracce di iridiorinvenute in rocce vecchie di 65 milioni di anni sparse per il mondo.Sarebbe stata addirittura localizzata la zona di impatto: il villaggio diChicxuluh nella penisola dello Yucatan, Messico. Per altri infine lascomparsa dei dinosauri non sarebbe che il risultato di un naturaleprocesso evolutivo (estinzione di fondo), legato al lento cambiamentodelle condizioni esterne, per cui specie inadatte si estinguono ed altrepiù adatte sorgono e si affermano.

L’impatto della Terra con corpi extraterrestri, ipotizzato perspiegare la scomparsa dei dinosauri, poteva sembrare un’ideaoriginale, ma peregrina. Oggi non lo è più, anzi la possibilità di impattidel genere viene presa in seria considerazione grazie ad una miglioreconoscenza dell’astrofisica, della planetologia e della morfologia diTerra, Luna e pianeti. L’argomento è diventato di patrimonio comune,al punto che è facile trovare su riviste divulgative, giornali e alla TVnotizie di rischio di scontri con asteroidi vaganti nel cielo. Si calcolainfatti che intorno alla Terra ruotino circa 100 mila frammenti diasteroidi con diametro maggiore di 100 m, circa 20 mila con diametromaggiore di 500 m, e mille con diametro superiore a 1000 m. Se unodi questi ultimi urtasse la Terra, produrrebbe un cratere di 20 km didiametro e solleverebbe tanta polvere da oscurare il cielo e diminuirela temperatura, mentre l’urto con uno del diametro di 100 mcauserebbe la distruzione di una città come Milano. Ora, qual è laprobabilità di morire per un impatto del genere? E’ compresa tra1:30.000 e 1:20.000, in altre parole si tratta di un evento che puòverificarsi ogni 150 milioni di anni. Un asteroide preoccupante è ilNEA2000SG344 di 100 m di diametro, che potrebbe cadere sulla Terranel 2030 con una probabilità di 1:500. Gli studiosi si stanno oggisbizzarrendo nel prevedere con simulazioni al computer le possibiliconseguenze di impatti di bolidi extraterrestri delle più svariatedimensioni sulle più diverse regioni. E poiché le acque costituisconoil 71% della superficie della Terra, l’impatto più probabile è sul mare

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2 La diffidenza dei geologi per una interpretazione di impatto extraterrestre erain relazione con il principio dominante dell’uniformitorismo, che grazie alleindagini di J.Hutton (1727-1797) e C. Lyell (1797-1875) si era affermato controla dottrina del catastrofismo sostenuta da G.Cuvier (1769-1832) ed era statoaccolto da C.Darwin nella sua famosa opera Origine della specie (1859). Lacontesa si tingeva anche di valenze filosofiche e teologiche.

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per cui sono da prevedere tsunami causati dalla caduta in mare. Così,ad esempio, se un meteorite di 50 m di diametro dovesse piombare trale Baleari e la Sardegna, genererebbe onde alte 23m, 19m e 8mrispettivamente sulle coste di Sardegna, Algeria e Liguria, conpropagazione delle acque sulla terraferma per una distanzarispettivamente di 4km, 3km e 1km dalla riva.

Ma ci sono precedenti nella storia della Terra che possano con-fermare la possibilità di tali impatti? La risposta è positiva. Nel 1960,a conclusione di un dibattito durato decenni, fu provato che il MeteorCrater, una cavità circolare di 1250 km di diametro e profonda 183 m,scoperta nel 1896 in Arizona, è attribuibile alla caduta di un corpoceleste di circa 24 m di diametro. Nell’urto con la superficie terrestresi svilupparono un calore tale da vaporizzare il bolide stesso e unapressione così elevata da originare minerali estranei alla crosta terre-stre (come la coesite, polimorfo del quarzo). Questa interpretazione fuimportante perché vinse lo scetticismo allora generalizzato degli scien-ziati sulla possibilità di impatti extraterrestri ed aprì la porta allaricerca di strutture circolari sulla superficie terrestre2. Così si vide chein Australia, ad Alice Springs, un cratere di 20km di diametro, era inrelazione con la caduta di un bolide avvenuta 130 milioni di anni fa.Sempre in Australia sono stati notati nella regione di Henbury unadecina di piccoli crateri con diametro variabile da 6 a 180m, generati4700 anni fa da una grandinata di corpi extraterrestri.

Non si tratta di fenomeni isolati, perché di fatto la Terra èsottoposta ad un bombardamento continuo di materiale extraterrestre,valutato a 35 mila tonnellate l’anno, dei quali però solo 13 mila cadonosulla terraferma – si tenga presente che le acque costituiscono il 71%della superficie terrestre. Si tratta per lo più di corpi di ridottedimensioni, buona parte dei quali se riesce a superare la barrieraatmosferica cade in mare.

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Il rischio di impatto con comete viene considerato reale, e siritiene che abbia svolto un ruolo critico nello sviluppo della civiltà. Siattribuisce ad esempio la crisi dell’età del bronzo all’impatto nelleregioni mediorientali, avvenuto nel 2807 a.C., con una cometa da 105-106 megatoni.

Un impatto si è verificato in tempi a noi vicinissimi: il 30 giugno1908 a Tunguska (Siberia) cadde un corpo celeste di circa 100 m didiametro, che esplodendo sviluppò una energia di 10-20 Mt, incendiò2000 km3 di foresta e mandò in fumo 80 milioni di alberi. L’assenzadi un cratere e di materiale meteoritico fece pensare ad un cometa, maoggi è più accreditata l’idea dell’esplosione a 8 km di altezza di unmeteorite. L’aspetto inquietante è che si tratta di un evento che si puòpresentare ogni cento anni. I satelliti militari degli USA hanno infattirivelato, in 17 anni di osservazione (1975-1992), ben 136 esplosioni dimeteoriti nell’atmosfera, alcune delle quali di 20 kt.

La possibilità di scontri con corpi celesti viene dunque adaggiungersi con prepotenza alla già lunga lista delle catastrofi naturali:oltre ai rischi geologico, idrologico, sismico, vulcanico, ecco anche ilrischio cosmico!

3. DISASTRI ANTROPICI (IMPUTABILI ALL’UOMO)Non ci sono solo catastrofi imputabili alla natura. Anche l’uomo

dà il suo contributo, che viene fatto risalire molto indietro nel tempo:“L’impatto della specie umana sul pianeta ha lasciato il segno della de-vastazione fin dai suoi esordi [11.500 anni fa]. Dove sono passati esseriumani la comunità ecologica è rimasta stravolta.” (Pievani, pag. 310).

Le conseguenze dell’attività umana sul pianeta Terra hanno in-cominciato a farsi sentire negli ultimi duecento anni, quando con l’in-dustrializzazione sono emersi effetti collaterali negativi, con turba-mento degli equilibri geo- e biochimici e dell’ecosistema, al punto cheè stata suggerita la denominazione geologica di Antropocene proprioper questo periodo che inizia con l’Ottocento (Crutzen). E’ doverosoriconoscere che già allora illustri e preveggenti scienziati (tra cui Stop-pani e Vernadski) avevano richiamato l’attenzione sul fatto che l’uomosi comporta come una “forza geologica” capace di modificare l’am-

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biente naturale in svariati modi (insediamenti urbani; rimozione di ma-teriale; costruzione di dighe, strade; colture; ibridazione; ecc.). Oggi ilproblema si è fatto acuto per un insieme concomitante di vari fattori edha assunto caratteri di gravità ed urgenza, per cui gli Stati sono chiamatia prendere provvedimenti per evitare danni peggiori e conseguenze ca-tastrofiche per i rischi incombenti.

Anche per i disastri di matrice umana l’elenco è lungo:inquinamento atmosferico (per emissione di gas nocivi; effetto serra;buco dell’ozono) con piogge acide; inquinamento idrico soprattuttodelle acque dolci (da pesticidi e fertilizzanti chimici, ecc.; scarico diacque industriali; ecc.) e del suolo; deforestazione con rischi di frane,alluvioni, desertificazione; devastazione ed inquinamento degli oceani(drastica riduzione della fauna ittica per pesca a tappeto; “maree nere”per lavaggio e naufragio di petroliere; ecc.).

A questi disastri si aggiungono i problemi sollevati da una seriedi fattori più o meno correlati tra loro e con i precedenti: incrementodella popolazione mondiale; sfruttamento intensivo e monoculturaledel suolo; coltivazione selettiva delle piante con perdita dellabiodiversità (delle 10 mila piante diverse coltivate dall’uomo nelpassato, solo 120 forniscono oggi il 90% degli alimenti, e il 70% delnostro fabbisogno è coperto da 12 specie vegetali e 5 animali);concentrazione della popolazione in megalopoli; degradazionedell’ambiente urbano; smaltimento dei rifiuti, in particolare di quellinucleari; insufficienze alimentari; riemergenza di vecchie (TBC) ecomparsa di nuove (AIDS, Ebola) malattie; riscaldamento globale(global warming); esauribilità delle risorse naturali (minerali, vegetalied animali) e delle fonti di energia (metalli, carbone, petrolio).

Alcune grandiose opere di intervento sulla natura (sbarramentodi fiumi come quelli che alimentano il lago d’Aral in Asia; creazionedi dighe come quella di Assuan in Egitto, ecc.), se hanno risolto certiproblemi (di irrigazione), ne hanno creato altri imprevisti, ma nonmeno gravi, apparentemente irreversibili (alterazione dei bacini idrici,distruzione dell’equilibrio ecologico, malaria, ecc.). Anche le centralinucleari sono una possibile fonte di rischio, il rischio nucleare, comeha fin troppo ben dimostrato il disastro di Chernobyl (1986).

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3 Fu il primo studio che poneva la questione ambientale in termini globali, eindividuava cinque settori fondamentali (popolazione, industrializzazione,inquinamento, produzione alimentare, risorse naturali) per lo sviluppodell’umanità..4 Si noti il titolo del libro: Homo sapiens e altre catastrofi.5 Si veda ad es. il libro di B. Lomborg: L’ambientalista scettico. Non è vero chela Terra sia in pericolo.6 Il periodo che va dal 1250 al 1740 (per altri dal 1350 al 1860) fu freddo (piccolaetà glaciale): prima del 1300 la vite cresceva in Inghilterra e la Groenlandia era unpaese verdeggiante. Dal 1860 ad oggi la temperatura media è aumentata di 0.6°C.

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Le previsioni per il futuro appaiono fosche. L’allarme fu lanciatonel 1972 con la pubblicazione di The limits of growth ad opera delClub di Roma3. Sono seguiti studi, indagini, ricerche in un crescendodi interesse per il problema e preoccupazione per la situazione. Questaappare oggi così disperata agli occhi di certuni che si chiedono: “…riuscirà Homo sapiens, figlio fortunato di una stupefacente sequenzadi biforcazioni contingenti, a resistere alla tentazione di suicidarsi?”(Pievani, pag. 27)4. Perché, se l’uomo continua l’attualecomportamento, corre il rischio, secondo costoro, di scomparire dallafaccia della Terra per le condizioni inospitali da lui stesso create.

Occorre tuttavia notare che non tutti condividono un quadro cosìpessimistico, anzi contestano dati, conclusioni e previsioni degli eco-logisti5. Ad esempio, si sostiene che la produzione di CO2 da partedell’uomo contribuisca all’effetto serra, cioè all’incremento di tempe-ratura, ma i dati paleotermici indicano che la temperatura terrestre èsoggetta ad oscillazioni plurisecolari6, e che ora ci troviamo in un pe-riodo di riscaldamento dell’atmosfera – l’auspicata diminuzione di pro-duzione di CO2 avrebbe essenzialmente lo scopo di ridurre la velocitàdi innalzamento della temperatura, cui sarebbero collegate manifesta-zioni imprevedibili e violente. Per altri non ci sarebbe un rapporto cau-sale tra produzione di CO2 e aumento di temperatura, che potrebbe es-sere invece correlato con l’attività delle macchie solari, di periodicitàcirca undecennale. In realtà la questione è complessa, perché si è rico-nosciuto che i fenomeni naturali rientrano proprio nella categoria deisistemi complessi e come tali sono ancora poco conosciuti. Questo poneun’altra questione di carattere generale per il non esperto: visto la di-sparità di opinioni, in che avere fiducia?

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Ad ogni buon conto, a partire dalla seconda metà del secoloscorso sono incominciati e continuano convegni internazionali voltiad affrontare i rischi ecologici legati all’azione umana ed a proporresoluzioni, con l’invito a rispettare il principio di precauzione: nonprendere decisioni o introdurre innovazioni tecniche della cuiinnocuità sull’ambiente non si sia sicuri.

E’ interessante osservare come gli studiosi siano più preoccupatiper i rischi antropici che per quelli naturali. Vuol questo significareche l’uomo è più difficile da controllare e domare che la natura ?

4. GLI UOMINI DI SCIENZA DI FRONTE AI DISASTRIGli studiosi contemporanei – geologi, paleontologi, geofisici –

guardano ai disastri naturali, come s’è già detto, come a manifestazioni“normali” che accompagnano il pianeta Terra nella sua evoluzione, ini-ziata circa quattro miliardi di anni fa. Quando in qualche parte delmondo si annuncia un disastro (terremoto, ciclone, inondazione, ecc.),lo studioso cerca innanzitutto di darne o averne la descrizione più det-tagliata possibile, va a ricercarne le cause anche attraverso indagini sto-rico-etnografiche, valuta la probabilità di frequenza degli eventi, cercadi inquadrare il fenomeno osservato in un più ampio contesto spazio-tem-porale. Questa operazione è oggi di molto facilitata perché lo studiosodi scienze della Terra dispone di un apparato teorico ormai consolidato,la teoria della tettonica delle placche, che collega la dinamica interna dellaTerra con le manifestazioni superficiali (terremoti, eruzioni vulcaniche,…). Lo studioso non si limita però a trattare l’aspetto scientifico, ma sisente investito di una funzione sociale: richiamare l’attenzione di politicie tecnici sulla necessità di prendere provvedimenti per limitare i danniin caso di ripetizione dell’evento. Un esempio: le ricerche condottesulle passate eruzioni del Vesuvio hanno indotto gli studiosi a mettere inguardia contro probabili, future esplosioni del vulcano, sulle cui pendicisono state imprudentemente costruite abitazioni in cui alloggiano circasettecentomila persone – il che vuol dire settecentomila persone a rischioper un evento che non si sa quando avverrà, ma si è sicuri che avverrà!

E’ stato fatto notare l’uso politico o ideologico degli eventinaturali. Nel passato: ”il terremoto è largamente impiegato in funzione

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7 Una giovane tesista scrive: “Come esemplare di Homo sapiens posso ammetteredi non essere sempre orgogliosa di appartenere a questa specie… Come in pas-sato anche oggi … stiamo causando numerosi danni alla natura… Non ci siamo

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propagandistica nel conflitto tra pagani e cristiani [nei primi secoli delcristianesimo].” (Dragoni, pag. 10), ed ancora nell’Ottocento ilterremoto viene largamente visto come punizione. E nel presente: inIran e Afghanistan “i terremoti vengono spiegati come un castigodivino, e risultano quindi funzionali all’autorità costituita.” (Tozzi,pag. 194).

L’insipienza, la mancanza di lungimiranza e l’ingordigiadell’uomo appaiono tali che alcuni non esitano ad affermare che “lecalamità naturali non esistono, esistono solo il naturale divenire di unpianeta attivo e dinamico e la nostra incapacità di tenerne conto.”(Tozzi, pag. 10). Già Rousseau al tempo del famoso terremoto diLisbona aveva osservato che se gli uomini fossero vissuti all’aperto, acontatto con la natura, il terremoto non avrebbe causato tanti morti.Questo sembra valere anche per lo tsunami del 26.12.2004: si sapevache eventi simili, se non della stessa portata, erano accaduti almenocinque volte negli ultimi due secoli proprio nella regione indonesianae che pertanto questa era una zona a forte rischio. La costruzione divillaggi turistici a livello del mare è stata una operazione economicache l’esperienza storica avrebbe dovuto sconsigliare. Per di più la zonamancava di un servizio di monitoraggio e di preavviso, che invecefunziona nelle Haway fin dal 1948 (Pacific Tsunami Warning System).

Il giudizio degli studiosi si fa comprensivo nei riguardi di naturae Terra che vengono praticamente assolte. Alla fin dei conti la colparicade sull’uomo, come nei racconti mitologici, e in particolaresull’uomo occidentale: “Chi è il colpevole dell’ultimo eventocatastrofico che ha colpito la Terra?… Possiamo chiedere ragione aun dio delle sue colpe o alla società, ma forse non siamo distanti dallaverità se affermiamo che mai come oggi la colpa è nostra, di noiuomini e di noi occidentali, incapaci di capire le ragioni dell’altra paredel mondo e, in definitiva, del pianeta che ci ospita.” (Tozzi, pag. 68)7.“Le alluvioni e le frane sono un fenomeno naturale, ma non lo sono lemigliaia di morti che esse provocano né le azioni dell’uomo che leinnescano” (Tozzi, pag. 113).

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limitati a uccidere le altre specie con predazione eccessiva, ora le distruggiamoper procurarci più spazio. .. L’uomo è senza dubbio il nemico numero uno dellabiodiversità. Un nemico che non è possibile eliminare. (E. Aili).8 L’uomo non fa che accelerare un processo: “L’estinzione è il destino finale diogni specie: come un individuo nasce e muore, così una specie comincia adesistere, …, poi alla fine si estingue.” (Broswimmer, pag. 14).

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La condanna dell’uomo si estende al suo comportamento oltreche nei riguardi dell’ambiente fisico, anche delle altre specie viventi.“Siamo stati fin dall’inizio una specie intrusiva, invasiva. Nessunecosistema … ha retto a lungo la presenza umana senza subiretrasformazioni radicali.” (Pievani, pag. 311). “L’Homo Sapiens sta perdiventare la prima causa di catastrofi” (Leakey e Levin, pag. 41). “Conla comparsa dell’uomo moderno …, si avviò una nuova grande crisi diestinzioni di massa.”, al punto che è stato creato il termine di“ecocidio” per questo risultato dell’attività umana. (Broswimmer, pag.13). Sembra infatti che prima dell’avvento dell’uomo il ritmo diestinzione delle specie fosse di uno su un milione l’anno; oggi è di unosu mille, cioè mille volte superiore8.

Facilmente avviene il passaggio a considerazioni extra-scientifiche: “La natura non né buona né cattiva: espressione dellaTerra, fa semplicemente il suo mestiere, che è quello di cambiarecontinuamente.” (Tozzi, pag. 68). “Non c’è alcun ambiente di per sénemico, non esistono onde assassine o vulcani colpevoli: non c’è unanatura che si corrompe a causa delle colpe dell’uomo e poi agiscecontro di lui. Semplicemente, gli eventi naturali sono del tutto estraneie ‘indifferenti’ ai bisogni e alle pretese della specie umana e degli altriorganismi viventi. Il diluvio biblico non è la punizione inflitta da undio deluso dai peccati degli uomini, è solo storia naturale del pianetaTerra.” (Tozzi, pag. 20, 21).

Si è anche trovata una ragione per questo comportamento: “L’at-teggiamento egoistico ed egocentrico dell’uomo deriva dalla sua illusionedi essere la specie ‘eletta’, dalla convinzione che la Terra sia stata creatacome luogo a lui ‘dedicato’, a sua completa disposizione, ambientecreato ‘ad hoc’ per la sopravvivenza e la sua prolificazione.” (Aili).

Qual è la prospettiva per il domani, per salvare il nostro pianeta?Ambiziosa e planetaria: conciliare ambiente, sviluppo industriale e

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9 In prospettiva più lontana, tra qualche miliardo d’anni, quando il Sole sarà allafine della sua corsa: “Gli atomi del nostro corpo serviranno forse un giorno aformare altri organismi viventi, in lontane biosfere.” (H. Reeves in Pievani, pag.380). Questa sarà la nostra immortalità.

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democrazia in modo da realizzare lo “sviluppo sostenibile” – questesono le parole d’ordine degli ecologisti. Essi sono convinti che la cata-strofe mondiale non è ineluttabile, e che la situazione è recuperabilepurché gli uomini s’impegnino in modo deciso e concorde9.

Come si può intuire dalle affermazioni riportate, la riflessione dibuona parte degli studiosi è chiusa, non solo all’ipotesi di unatrascendenza, considerata improponibile, ma anche all’idea di unprogetto e in fondo a domande e ricerca di senso: “Oggi gli eredi diquei primi esploratori (i cacciatori sapiens) hanno i mezzi percomprendere di essere nati per caso…” (Pievani, pag. 379); “… e noicrediamo davvero che tutte le trasformazioni e gli eventi che si sonosucceduti per 15 miliardi di anni nell’Universo siano solo serviti apermettere a un essere bipede, dotato di un cervello un po’ più grandedegli altri, e comparso sulla scena all’ultimo secondo, di affamarnealtri, farli fuori, usarli e di scassare la casa dove vive?” (Ricci Lucchi,pag. 367). Lo sguardo distaccato può sfiorare il sarcasmo:“…sicuramente il 1° novembre 1755 nessuno fra tutti i santi fubenevolo con Lisbona”, che proprio nel giorno di Ognissanti fudistrutta dal terremoto (Tozzi, pag. 9). Nel cataclisma generaleLeonardo Rodriguez riesce ad estrarre viva la figlia dalle macerie“ovviamente con l’aiuto della Vergine Maria, che per questo ringraziadevoto.” (Tozzi, pag. 192).

Il quadro è in realtà più articolato: altri studiosi vivono un fortesentimento di “umiltà di fronte alla grandiosità della natura” e un vivosenso di transitoria precarietà di fronte agli eventi naturali, catastroficie non (ad esempio, il vulcanologo Sigurdsson).

E’ interessante osservare che lo studio multidisciplinare dellecatastrofi, sia naturali sia indotte dall’uomo, e la scoperta del caratteresistemico dei fenomeni naturali stanno portando ad un profondoripensamento di convinzioni e presupposti finora accettati comeevidenti e indiscutibili, hanno cioè innescato riflessioni di carattereepistemologico e filosofico su concetti quali quelli di progresso,

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evoluzione, natura, natura umana. In particolare viene rivalutato ilruolo dell’evento catastrofico come spartiacque, anzi come causaefficiente dell’evoluzione terrestre e biologica. Inoltre si staaffermando la tendenza a collegare le scienze naturali con quellesociali per cui diventa scontato lo sconfinamento nel politico (ecologiapolitica) con la contestazione delle forme neoliberiste dellaglobalizzazione e delle forme attuali di governo e con la proposta dellacreazione di una “democrazia ecologica” (Broswimmer, pag. 25).

5. LE CATASTROFI E LA PROVVIDENZASe per un uomo di scienza che non vada oltre la sua disciplina

la catastrofe è niente più che un fatto “normale”, sia pure spiacevole,un problema tecnico-scientifico da interpretare e risolvere o controllare,per chi si interroga sul senso delle cose e per chi riconosce una trascen-denza, il disastro costituisce un problema di non poco conto, in quantopone un interrogativo: ha un senso, e quale ? come si concilia l’esi-stenza di Dio con eventi che portano morte e distruzione? L’interroga-tivo è particolarmente acuto per il cristiano per il quale Dio è amore.

In realtà il problema non è nuovo, ma vecchio quanto l’uomo,perché non è che una variante del più generale problema del male. Cheda sempre tormenta la vita degli uomini e ne impegna la mente, e havisto proporre svariate soluzioni, tutte insoddisfacenti. Ovviamentequesta questione che “fa tremare le vene e i polsi” non viene quiaffrontata. Solo alcune minime osservazioni sono presentate chepossono servire da spunti per una discussione.

5.1 L’uomo è un animale che si lascia impressionare dal numero e dallaquantità. Se un fiume in piena travolge un uomo, la cosa non fapraticamente notizia e non solleva problemi, se non nella famiglia dellosventurato, ma se lo stesso fiume trascina via una ventina di persone,il fatto fa colpo, la notizia viene diffusa e genera profonda impressione.Se poi capita un fatto come l’ultimo tsunami, passato il primo momentodi sgomento e di emozione, di fronte alle dimensioni della catastrofeviene fuori la domanda “E Dio dov’era?”. I giornali si sentono in doveredi occuparsene, e vanno a intervistare teologi cattolici, pastoriprotestanti, rabbini ebrei, ulema musulmani, monaci buddisti, guru

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indiani, come è effettivamente capitato una settimana dopo l’evento.Ciascuno degli intervistati offre la sua risposta, più o meno convincente.Ma non è curioso o sintomatico che per porre il problema del senso, del“perché” occorra un disastro del genere? Perché ci si interroga soloquando muoiono tante persone, e non una sola?

5.2 E’ da tenere presente che i media danno più risalto ai fatti negativiche a quelli positivi, tanto più quando sono sensazionali. Le notizieriportate da giornali, TV e radio sono quasi esclusivamente unasuccessione di eventi dolorosi, che impressionano lo spettatore e loconvincono che la realtà, naturale ed umana, è più negativa chepositiva. L’impressione diffusa è che il male sia la pasta del mondo, edabbia la meglio sul bene. E’ aperta così la porta al pessimismo e avisioni negative della realtà. E grazie alla TV l’immagine emotivadomina sul ragionamento. Non bisogna infine dimenticare la tendenzaal “sensazionalismo” anche da parte di studiosi e di uomini politici.

5.3 E’ indubbio che la serie di disastri naturali che costellano la storiadella Terra non può non porre problemi a chi crede in Dio,principalmente nel Dio cristiano. Ora c’è un elemento da tenerpresente. Chi dedica la propria vita allo studio della Bibbia e chi diessa si nutre è indotto a non prendere in considerazione nella suariflessione gli eventi naturali, concentrato com’è sulla storia dellasalvezza, sul rapporto uomo-Dio, uomo-Cristo. L’evento naturale,anche catastrofico, è in fondo qualcosa di marginale, casuale, che nonriguarda né intacca questi rapporti. La concezione che si ha di Dio èquella di un Padre provvidente e previdente, che sa trarre il bene anchedal male. Chi invece per ragioni di lavoro è a contatto quotidiano conquesti fenomeni, e ha davanti agli occhi i loro effetti nel passato e nelpresente, automaticamente è portato ad escludere, meglio gli riescedifficile vedere l’azione della provvidenza divina in avvenimenti dimorte e distruzione. L’ateismo da metodologico è diventato metafisico.

Questo significa che l’uomo è condizionato nei suoi giudizidall’attività che svolge e dalla metodologia di studio. Ne consegueche, per evitare la frattura denunciata, l’uomo di scienza dovrebbeporsi domande sui fondamenti della sua disciplina, sul “perché” deifenomeni che studia, sul senso delle sue scoperte e non limitarsi ad uninventario o a un rappezzo, ma guardare alla realtà nella sua totalità.

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E l’uomo di fede dovrebbe a sua volta aprire la sua riflessione almondo della creazione tutta, nei suoi aspetti negativi e positivi, nonsolo all’uomo, ma anche agli altri esseri viventi e alla natura in generein tutte le sue manifestazioni. (Chi ha operato in questo senso fuTeilhard de Chardin, che può essere preso a modello, prima che per irisultati, per la visione sintetica che lo ha sempre animato el’amplissimo sguardo gettato su tutta la creazione in rapporto alCreatore e al Cristo). Appare peraltro fuor di dubbio che l’uomo, siaesso credente o no, si trova di fronte a qualcosa che lo supera, cioè almistero – è questo mi sembra un significato implicito del recenteconcetto di “contingenza evolutiva” (Pievani, pag. 374).

Quanto ai disastri antropici, essi rientrano nella categoria deimali morali e costituiscono o sono la conseguenza delle “strutture dipeccato” denunciate con forza da Giovanni Paolo II.

5.4 L’opera filosofica ed epistemologica che attende l’uomo di scienzae l’uomo di fede non è un’opera superflua, è quanto mai necessaria perentrambi e per il mondo. Perché se l’uomo di scienza si limita all’ortodella sua disciplina, manca della visione prospettica dell’insieme edumanamente corre il rischio di diventare arido se non cinico, certo di-sincantato, anche se si sentirà impegnato per la vita del pianeta, per lasalvaguardia della biodiversità, per lotte politico-ecologiche. E’ veroche si afferma: “Tale consapevolezza [di essere nati per caso] dovrebbeaccrescere nel contempo i nostri sentimenti di libertà e di solidarietà”(Pievani, pag. 379), ma sinceramente non si vede su quali basi. E sel’uomo di fede si isola nella sua fede, che di per sé può soddisfare lasua vita, corre il rischio di non comprendere il mondo in cui vive e dipresentare una Weltanschauung, sublime ma disincarnata, che non fapresa alcuna sul suo vicino – non più di quanto possa fare un riferi-mento a Giove pluvio. Egli deve studiare sì sul libro della Bibbia, maanche su quello della natura, perché anche in questo si riflette e mani-festa la gloria di Dio, che va messa in evidenza. Rimane sempre veroche “gloria di Dio è l’uomo vivente” (S. Ireneo), ma lo è anche la crea-zione in tutto il suo dispiegamento, e tanto più oggi che conosciamomolto meglio di duemila anni fa la struttura di questa creazione.

5.5 Questa operazione di interesse, di riscoperta della natura è ancorpiù necessaria oggi proprio perché la Bibbia si apre con un libro, il

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10 Può essere interessante per uno storico conoscere le considerazioni di ungeofisico contemporaneo: “.. Alla fine del secolo IV Filastro, vescovo di Brescia,include tra le eresie lo studio dei terremoti come fenomeni naturali, una sceltaindicativa della temperie culturale che dominerà in Europa per i successivi milleanni.” (Dragoni, pag. 10) e per un teologo: “Nell’interpretazione cristiana, ilterremoto è un segno della presenza divina al di là delle leggi della natura, …Nella tradizione biblica e patristica sono presenti tre aspetti: il terremoto comegiusta punizione per il peccato e medicina di correzione; come manifestazione di

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Genesi, che tratta dell’origine dell’Universo, della Terra, dell’uomo. Inquesto quadro dal respiro cosmico trovano spazio anche gli eventicatastrofici, ben noti agli autori biblici, ma questi non ne davano unaspiegazione scientifica che non interessava. Piuttosto si chiedevano ilsenso di quelle manifestazioni straordinarie, e ne coglievano la ragionenell’operare dell’uomo non conforme alla volontà divina: diluvio,zolfo e fuoco su Sodoma e Gomorra erano punizioni per la malvagitàumana; le piaghe d’Egitto per l’ostinazione del Faraone. (Questo mododi vedere, quasi spontaneo per l’uomo alla ricerca del “perché”,passerà nella riflessione dei tempi successivi). Certi fenomeniappaiono invece come segno della predilezione divina (il passaggiodel mar Rosso). Non bisogna dimenticare che si legge anche: “Ci fu unvento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti…, ma il Signore nonera nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non eranel terremoto. Dopo ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco.Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero.” (1Re 19, 11-12).Cioè l’evento naturale catastrofico è disgiunto dalla divinità, cheinvece privilegia la brezza10.

Anche nel Nuovo Testamento fenomeni naturali eccezionaliaccompagnano eventi eccezionali. La morte di Gesù è segnata da unterremoto (Mt 27, 51; Mc 15, 33, 38; Lc 23, 46). Nella visioneapocalittica, sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, i segni dellafine del mondo sono tutti eventi catastrofici: spaccatura della Terra,caduta di stelle, oscuramento del Sole, terremoti, carestie, pestilenze(Is 24, 1-6; 24, 17-19; Zac 9; Mt 24, 29; Lc 21, 11, 25; Apocalisse).

Su tutti questi argomenti e in particolare sul tema delle originila scienza ha indagato a fondo e ha dato risposte diverse da quellepresentate nei testo sacro, ma è bene che l’afflato cosmico delle primepagine bibliche (ed anche di altre – si vedano i salmi) non sia trascurato

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Dio; come segno che accompagna la morte e la resurrezione di Cristo.Nell’esperienza del credente nulla capita a caso: tutti gli eventi trovano la lorofondazione nella centralità di Dio.” (Dragoni, pag. 10).

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né dimenticato. Sarebbe da rivalutare il senso cosmico che animava iPadri greci.

E’ da tenere presente che se l’evento ha giocato un ruolofondamentale nella storia della Terra e della vita, altrettanto si può diredel ruolo dell’evento nella storia e soprattutto in quella sacra – acominciare dalla chiamata di Abramo fino all’Incarnazione e oltre…Anche la nostra vita personale è una storia di eventi.

5.6 Si può osservare che certi concetti o modi di vedere cari agliecologi (“piccolezza” e insignificanza dell’uomo nell’Universo e nelcontempo ruolo di dominatore; sua contingenza, precarietà epresunzione; autoreferenza; visione antropomorfa, egocentrismo,egoismo, ecc.) sono presenti e denunciati nei testi biblici. Dove nonmanca, anzi è più volte sottolineato il richiamo alla responsabilità, allasolidarietà, fino all’amore.

5.7 La considerazione della realtà cosmica in tutte le sue componenti emanifestazioni comporta anche una revisione dell’immagine di Dioverso una più completa: certo, il Padre misericordioso, ma anche ilTutt’Altro, il Grandioso, il Maestoso, l’Irraggiungibile, l’Inimmagina-bile, il Misterioso, … Di fronte al quale l’uomo si sente piccolo eprecario, ma non schiacciato, perché costituito creatura di privilegio eal tempo stesso responsabile – un leit-motiv di tutta la letteratura biblica,con la prospettiva di “un nuovo cielo e una nuova terra” (Ap 21, 1).

5.8 Quanto al male, fisico e morale, causato dalla natura o dall’uomo,la riflessione di Giobbe non è una risposta, ma una pista percorribile,che il teologo contemporaneo può riprendere per includervi anche lecatastrofi e i rischi naturali, ricordando che “La creazione tutta attendecon impazienza la rivelazione dei figli di Dio e … nutre la speranza diessere liberata essa pure dalla schiavitù della corruzione..” (Rm 8,21).Né va dimenticato che la vita dell’uomo e dell’umanità, anzi dellacreazione tutta, è sospesa tra la disperazione “Dio mio Dio mio perchémi hai abbandonato” (Mt 27,46; Mc, 15, 34) e la fiducia “Nelle tuemani consegno il mio spirito.” (Lc 23, 46). Ma solamente uno ha

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potuto dire: “Tutto è compiuto” (Gv 20, 30). Tutto il resto, uomini estoria naturale ed umana, è incompiuto (“… come incompiuto è ildestino della nostra specie.” Pievani, pag. 25).

6. CONCLUDENDOLa lettura dei libri sulle catastrofi naturali e quelle antropiche

genera un senso di angoscia perché non si vede una via di uscita: rischinaturali e antropici incombono con probabilità più o meno alte sulla vitadi ogni singolo uomo e sul pianeta in generale. Facile è lo scoramentoper il senso di impotenza. Mentre per i rischi naturali si può fare poco –se non tentare di prevedere e limitare i danni -, le preoccupazionimaggiori sono per i rischi antropici (o ecologici) il cui controllo èteoricamente nelle mani dell’uomo, ma sembra che gli sia sfuggito dimano. La fiducia per molti è riposta nei governi, negli organismitransnazionali cui vanno gli appelli affinché impongano le scelte più“ecologiche”, per altri nei movimenti spontanei che qua e là sono sorti.

Eppure, nonostante tutti i numerosi rischi l’uomo continua nellasua azione quotidiana. C’è in lui un ottimismo profondo, che lo spingeancora ad indagare, lavorare, impegnarsi. Gli ecologisti anche i piùpessimisti non si stancano di fare ricerca, procedere a revisione deifondamenti, proporre nuovi paradigmi epistemologici, scrivere libri,per giunta “attending marvels” (Pievani). Lo studioso, che vuolcomprendere le novità che stanno uscendo da questo mondo infermento, è chiamato ad un’opera di analisi critica delladocumentazione scientifica e delle affermazioni, alla individuazionedelle opzioni filosofiche di fondo e di quelle sviluppate sulla base dellenuove scoperte – che stanno portando alla revisione di concetti chiave,come natura, progresso, evoluzione, cultura, ecc. Al teologo spetta uncompito più arduo, perché, oltre ad attendere all’opera di cui sopra, èchiamato ad un lavoro di discernimento nel confrontarsi con un mondoche tende a ridurre tutto, anche l’uomo, a manifestazione naturale(“l’uomo è soltanto una parte del processo evolutivo.” Broswimmer,pag. 21) e quindi ad omologare la vita dell’uomo a quella dell’animale,e a spiegare tutto in termini di biologia e sociologia. In definitiva laquestione è: l’uomo è qualcosa di più e di diverso di un animale? Oanche: la speranza è una vana parola o ha solidi fondamenti?

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Se guardo il cielo opera delle tue dita,la luna e le stelle che tu hai fissato,

che cosa è l’uomo perché te ne ricordi,e il figlio dell’uomo perché te ne curi?

Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli,di gloria e di onore lo hai coronato:

gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,tutto hai posto sotto i suoi piedi.

Ps 8, 4-7

7. Un po’ di bibliografia – la letteratura è vastissima. Elenchi nonesaustivi si possono trovare in ciascuno del libri sotto indicati.Elena Aili, Catastrofe antropica e catastrofi naturali. La teoria delle estinzioni

di massa. Tesi di laurea. Università di Milano Bicocca. A.a.2004/2005.

Franz J. Broswimmer, Ecocidio – come e perché l’uomo sta distruggendo lanatura. Carocci, Roma, 2005.

The Cambridge Enciclopedia of Meteorites. O.R. Norton ed., CambridgeUniv. Press, 2002.

Loïc Caveau, Petits atlas des risques écologiques. Larousse, Paris, 2004.Paul J. Crutzen, Benvenuti nell’Antropocene. Mondatori, 2005.Jon P: Davidson, Walter E. Reed e Paul M. Davis, Exploring Earth. Prentice

Hall, 2002.Michele Dragoni, Terrae Motus. UTET, Torino, 2005.Claudio Elidoro, E se un asteroide cadesse nel Mediterraneo? “Astronomia”,

XXII, N.210, 28-35, 2000.Brian Fagan, La lunga estate. Codice, Torino, 2005.Richard Leakey e Roger Levis, The Sixth Exstinction: Patterns of Life and

the Future of Humankind. Doubleday, New York, 1995.Bjørg Lomborg, L’ambientalista scettico. Non è vero che la Terra sia in

pericolo. Mondadori, Milano, 2003.Clare Oliver, Disastri naturali. Ist. Geogr. DeAgostini, Novara, 2003.Telmo Pievani, Homo sapiens e altre catastrofi. Metelmi, Roma, 2003.Franco Ricci Lucchi, La scienza di Gaia. Zanichelli, Bologna, 1996.Mario Tozzi, Catastrofi. Rizzoli, Milano, 2005.

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ÍNDICE

Presentación 3

El mal. Aproximación filosóficaLila B. Archideo 5

Il Problema del Male FisicoGeorge V. Coyne, S.J. 27

¿El Mal en la Física o el Mal empleo de la Física?Fausto Gratton 55

La prueba ontológica en el racionalismoHermes Puyau 85

Il problema del male e le scienze della naturaGiovanni Prosperi 95

Suggerimenti dalla Matematica su come affrontarela nozione di maleRuggero Ferro 119

El mal y los males: Antigüedad y orígenes cristianosFrancisco García Bazán 161

La ciencia, los científicos y el malMarcelo Dankert 197

Ecos del sofisma del accidente en la ciencia y la tecnologíaAlejandro Clausse 229

La Biologia e il maleGianni Brenci 261

Su catastrofi e rischiFrancesco Abbona 279