Sartre La Malafede

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Gabriella Farina SARTRE Fenomenologia e passioni della crisi Le Lettere

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Malafede secondo Sartre

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  • Gabriella Farina

    SARTREFenomenologia e passioni della crisi

    Le Lettere

  • IIMALAFEDE E AMBIGUIT DELLUOMO

    Consideriamo questo cameriere. Ha il gesto vivace e pronunciato, unpo troppo preciso, un po troppo rapido, viene verso gli avventori conun passo un po troppo vivace, si china con troppa premura, la voce, gliocchi esprimono un interesse un po troppo pieno di sollecitudine per ilcomando del cliente, poi ecco che torna tentando di imitare nellanda-tura il rigore inflessibile di una specie di automa, portando il vassoio conuna specie di temerariet da funambolo, in un equilibrio perpetuamen-te instabile e perpetuamente rotto, che perpetuamente ristabilisce con unmovimento leggero del braccio e della mano. Tutta la sua condotta sem-bra un gioco. Si sforza di concatenare i movimenti come se fossero de-gli ingranaggi che si comandano lun laltro, la mimica e perfino la vo-ce paiono meccanismi; egli assume la prestezza e la rapidit spietatadelle cose. Gioca, si diverte. Ma a che cosa gioca?... Gioca a essere ca-meriere1.

    La sua malafede un rifiuto: rifiuto della libert, del rischio, sem-pre in agguato, di vedere le proprie imprese fallire e la morte porrefine definitivamente al suo progetto; rifiutando il rischio, gioca perassumere le sembianze di un oggetto. O meglio recita come recita-no tutti gli uomini; vorrebbe afferrarsi a un in-s solido e perma-nente, ma sente che esso gli sfugge da ogni parte. Essere cameriere una rappresentazione per gli altri e per-s; ma nella misura in cuisi rappresenta non lo affatto. Facendo esistere questo ruolo, lo tra-scende da ogni parte, si costituisce al di l della sua condizione.Tuttavia, non c dubbio che in un certo senso sono cameriere. Mase lo sono, ci non pu avvenire nel modo dellessere in s; lo sono

    1 J.-P. SARTRE, Ltre et le Nant, Paris, Gallimard, 1943; trad. it. Lessere e il nul-la, Milano, il Saggiatore, 1991, p. 100.

  • nel modo di essere ci che non sono2. Dichiara Sartre: da ogniparte sfuggo allessere e tuttavia lo sono3.

    Altro esempio riferito da Sartre: una donna si reca al primo ap-puntamento.

    Sa benissimo le intenzioni che luomo che le parla nutre a suo riguar-do. Sa anche che le occorrer prendere, presto o tardi, una decisione. Manon vuol sentirne lurgenza; si attacca solo a ci che di rispettoso e di-screto offre latteggiamento del compagno. Non percepisce tale com-portamento come un tentativo per realizzare quelli che si chiamano iprimi approcci, non vuol vedere le possibilit di sviluppo nel tempo ditale condotta; circoscrive il comportamento a ci che al presente, nonvuole leggere nelle frasi indirizzatele altro che il loro senso esplicito; sele si dice Vi ammiro tanto disarma la frase dallintimo fondo sessua-le, attribuisce ai discorsi e alla condotta dellinterlocutore significatiimmediati che considera come qualit oggettive. Luomo che parla lesembra sincero e rispettoso come il tavolo rotondo o quadrato, comelintonaco celeste o grigio. E le qualit, cos attribuite alla personache ella ascolta, vengono in tal modo a cristallizzarsi in una permanen-za di cose, cristallizzazione che altro non se non la proiezione nelflusso del tempo del loro presente. Gli che ella non informata esat-tamente di ci che brama; profondamente sensibile al desiderio (fisi-co) che ispira, ma il desiderio nudo e crudo lumilierebbe e le farebbeorrore. Daltra parte non troverebbe alcuna attrattiva in un rispetto chefosse soltanto del rispetto. Per soddisfarla, le occorre un sentimento chesi rivolga unicamente alla sua persona, cio alla sua libert totale, e chesia un riconoscimento di tale libert. Ma occorre in pari tempo che que-sto sentimento sia interamente desiderio, cio si rivolga al corpo, comeoggetto. Per ora, dunque, ella rifiuta di percepire il desiderio per quel-lo che , non gli d nome, non lo riconosce se non nella misura in cuisi trascende nellammirazione, stima, rispetto, e si perde interamentenelle forme pi elevate da esso prodotte, al punto di non comparirvipi, se non come una specie di calore e di densit. Ma ecco che le siprende la mano. Latto dellinterlocutore rischia di cambiare la situa-zione imponendo una decisione immediata; abbandonare la mano allastretta, consentire da parte sua al flirt, impegnarsi. Ritirarla, rompe-re larmonia torbida e instabile che fa lincanto dellora. Si tratta di ri-mandare il pi lontano possibile lora della decisione. Si sa allora quel

    CAPITOLO SECONDO52

    2 Ivi, p. 102.3 Ibidem.

  • che succede; la giovane donna abbandona la mano, ma non saccorgedi abbandonarla. Non saccorge perch, per caso, avviene che ella , inquesto momento, tutta spirito. Trasporta linterlocutore nelle regionipi elevate della speculazione sentimentale, parla della vita, della suavita, si mostra sotto laspetto essenziale: una persona, una coscienza. Edurante questo tempo il divorzio del corpo e dellanima completo; lamano riposa inerte tra le calde mani del compagno: n consenziente, nriluttante una cosa. Diremo che questa donna in malafede.

    Fa notare Sartre che essa usa diversi procedimenti per mantenersi inmalafede: ha neutralizzato i comportamenti del compagno riducen-doli a esistere nel modo dellin-s, ma si permette di godere del de-siderio nella misura in cui lo percepisce come qualcosa che non ciche . Infine, pur sentendo profondamente la presenza del suo cor-po, poich ne turbata, si realizza come se non fosse il suo corpo elo contempla dallalto come un oggetto passivo.Appare, in tutti que-sti differenti aspetti della malafede, una certa arte di formare concetticontraddittori che riuniscono in s unidea e la negazione di questaidea. Si utilizza la duplice propriet dellessere umano, di essere unafattit o presenza a titolo di fatto, e una trascendenza, entrambi su-scettibili di valida coordinazione. Ma la malafede non vuole n co-ordinarli, n superarli in una sintesi. Per essa si tratta di affermare lafattit come essente la trascendenza e la trascendenza come es-sente la fattit, cos da poter, nellistante in cui se ne percepisceuna, trovarsi bruscamente di fronte allaltra.

    Il cameriere e la donna al primo appuntamento, sono due esem-pi di malafede che Sartre osserva cos come essi si manifestano co-munemente nel vivere umano e due occasioni per riflettere su que-sto atteggiamento complesso e ambiguo, inscritto nelle strutture in-tenzionali della coscienza.

    Alla malafede Sartre ha dedicato uno splendido capitolo de Les-sere e il nulla, una di quelle finissime analisi come riconosce Ser-gio Moravia delle quali nessuna critica ai fondamenti teoretici delsuo pensiero potr annullare il fascino4.

    Premettiamo subito che lindagine di Sartre sulla malafede, chenon ha niente a che vedere con una riprovazione moralistica, tende

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    4 S. MORAVIA (a cura di), Introduzione a Sartre, Roma-Bari, Laterza, 1993, p. 43.

  • piuttosto a fornire alcune decisive indicazioni intorno allessere del-luomo, e al suo non essere una passiva e univoca cosa.

    Per Sartre la coscienza che si condanna da se stessa alla mala-fede: un atteggiamento negativo assunto per mascherare una veri-t spiacevole che non si vuole riconoscere.

    Si tratta di una negazione molto particolare e pi radicale rispet-to al No delluomo del risentimento di Scheler, o al pi sottile com-portamento ironico ove luomo nellunit del suo stesso atto, an-nienta ci che pone, d a credere per non essere creduto, afferma pernegare e nega per affermare5.

    La possibilit di malafede, propria della realt umana, costituiscela tentazione permanente di una libert ossessionata dal suo deside-rio di essere. La malafede ontologica; il nostro progetto originariocostituisce la nostra malafede originaria.

    Luomo in malafede gioca con i suoi possibili, poich se nientelo costringe a essere in malafede, niente gli impedisce di cadere inmalafede.

    Non c un solo atto umano che non attesti lumanit delluomo,come non c atto umano che non indichi la sua radicale ambiguit:uno studio rivolto alla comprensione delluomo, non pu prescin-dere perci da una riflessione sulla malafede, ovvero su quellatteg-giamento determinato che, da una parte essenziale alla realt uma-na e, dallaltra, tale che in esso la coscienza, invece di dirigere lanegazione verso lesterno, la rivolge verso se stessa6.

    La tesi, proposta da Sartre, ruota intorno allidea che nella ma-lafede a me stesso che io maschero la verit. Cos la dualit del-lingannante e dellingannato non esiste pi qui. Al contrario, la ma-lafede implica per essenza lunit di una coscienza7.

    1. Malafede tra coscienza e inconscio

    Il fenomeno della malafede stato ed tuttora oggetto di studio del-la psicoanalisi, della neuropsichiatria e dellindagine scientifica

    CAPITOLO SECONDO54

    5 J.-P. SARTRE, LEssere e il nulla, cit. p. 86.6 Ibidem.7 Ivi, p. 88.

  • mente-cervello. In Italia8, in particolare, Giovanni Jervis ha dedica-to molti studi a lautoinganno idealistico naturale, a partire da Pre-senza e identit del 1984 fino a Pensare dritto, pensare storto del2007, frutto di rielaborazioni di alcuni aspetti della psicologia del-lidentit di Ernesto De Martino: pensatori sui quali, in modo pi omeno critico, pesa linfluenza di Sartre e della sua tesi secondo laquale il progetto primitivo della malafede altro non che lutilizza-zione di unautodistruzione attuata dalla coscienza.

    I limiti che la coscienza impone a se stessa, in quanto suscetti-bile di malafede, indicano a Sartre una delle alienazioni dellessereumano, accanto alla reificazione a opera degli altri e della societ.

    A questi risultati Sartre giunge dopo un lungo lavoro sulla nega-zione che lo ha condotto alla libert e alla malafede: La coscienzasi condanna da se stessa alla malafede. in questa prospettiva chelanalisi sartriana, con il suo gioco di rimandi tali da coinvolgere ilnulla, la libert e il nascere del per-s (coscienza) non pu essere ri-dotta a una analisi psicologica dei comportamenti di malafede, mane costituisce il presupposto.

    Sappiamo che il vero problema per Sartre sempre stato quellodi rintracciare le condizioni di possibilit per fondare ontologica-mente la libert: in questa prospettiva lipotesi dellinconscio freu-diano gli apparsa subito inaccettabile.

    E infatti numerose sono le critiche che, in questa fase del suopensiero rivolge allinterpretazione psicoanalitica, pur riconoscendopunti di contatto e alcune idee condivisibili, come quella secondo laquale ogni persona tende a dare di s, dei propri pensieri e delle pro-prie azioni, spiegazioni non-veritiere: ci si inganna per non voler sa-pere e per rifiutare verit spiacevoli: tanto Freud quanto Sartre rico-noscono una naturale tendenza allautoinganno. Ma riguardo allin-conscio, le posizioni sono divergenti.

    Ricorda Simone De Beauvoir, quanto Sartre si industriasse a for-giare la nozione di malafede:

    55MALAFEDE E AMBIGUIT DELLUOMO

    8 G. JERVIS, Presenza e identit, Milano, Garzanti, 1984; ID., Pensare dritto, pensa-re storto. Introduzione alle illusioni sociali, Torino, Bollati Boringhieri, 2007; M. Mar-raffa, Lio opaco a se stesso, in M. DI FRANCESCO-M. MARRAFFA (a cura di), Il sogget-to. Scienze della mente e natura dellio, Milano, Bruno Mondadori, 2009.

  • CAPITOLO SECONDO56

    9 S. DE BEAUVOIR, Let forte, Torino, Einaudi, 1961 e 1995, p. 110.10 J.-P. SARTRE, LEssere e il nulla, cit. p. 91.11 Ibidem.

    In quegli anni, i nostri sforzi miravano a dedurre schemi e a inventar-ne: era il nostro lavoro quotidiano e credo che ci arricch pi di qualsiasilezione o di qualsiasi apporto venutoci dallesterno. Sartre forgi la no-zione di malafede, che spiegava, secondo lui, tutti i fenomeni che gli al-tri riferiscono allinconscio. Ci applicavamo a snidarla sotto tutti i suoiaspetti: i trabocchetti del linguaggio, le menzogne della memoria, eva-sioni, compensazioni, sublimazioni. Ogni volta che scoprivamo unanuova griglia, un nuovo modulo, eravamo felici.

    Ci che scandalizzava Sartre e de Beauvoir era lidea, cara agli psi-coanalisti, di scomporre luomo, anzich comprenderlo. Si ricorre-va allo psicoanalista e lo si consultava sul modo di regolarsi nellapropria vita. Racconta lautrice di Let forte:

    Uno, che esitava tra due donne, and a domandare al D. noto per avercurato parecchi surrealisti quale dovesse scegliere: Bisogna lascia-re che i sentimenti si stacchino da s come foglie morte, rispose il dot-tore. Quando Colette ci raccont questa storia, ne fummo indignati: nonammettevamo che la vita fosse una malattia e quando una scelta si im-poneva, invece di decidere da s, si chiedesse la ricetta al medico9.

    Perch Sartre molto critico nei confronti dellinconscio, soprattut-to quando a esso si ricorre per spiegare il fenomeno della malafede?

    La linea di frattura si determina quando la psicoanalisi, in luogodella dualit tra ingannante e ingannato, ha posto la distinzione trail ci e lio, ovvero lidea di una menzogna senza mentitore laquale permette di capire come io possa non mentirmi, ma esserementito, ponendomi, in rapporto a me-stesso, nella situazione dialtri di fronte a me10.

    Per Sartre non si subisce la propria malafede, non si affetti damalafede: essa non uno stato. Niente pu sottrarre luomo alla liberte responsabilit dei suoi atti. Colui che affetto da malafede deveavere coscienza (del)la sua malafede poich lessere della coscienza coscienza di essere. Pare dunque che io debba essere in buona fedealmeno in questo, che sono cosciente della mia malafede11. Ma allora

  • non solo si annulla il sistema psichico, ma anche lidea stessa di in-conscio.

    Se lesistenza della malafede molto precaria, se appartiene a un generedi strutture psichiche che si potrebbero chiamare metastabili, essapresenta ci non di meno una fisionomia autonoma e stabile; pu per-fino costituire laspetto normale della vita per un grandissimo numerodi persone. Si pu vivere in malafede; ci non vuol dire che non si ab-biano dei bruschi risvegli di cinismo o di buona fede, ma che implicauno stato di vita costante e particolare. Limbarazzo sembra dunqueestremo, perch non possiamo n rifiutare, n comprendere la malafe-de12.

    Sartre non pu ammettere che, per sfuggire a queste difficolt, sipreferisca ricorrere allinconscio, allipotesi di una censura, conce-pita come una linea di demarcazione per ristabilire la dualit del-lingannante e dellingannato. In effetti Freud

    con la distinzione del ci e dellio, ha diviso in due la massa psichica.Io sono io, ma non sono ci. Io sono i miei propri fenomeni psichici, inquanto li constato nella loro realt cosciente. Ma io non sono questi fat-ti psichici in quanto li ricevo passivamente e sono obbligato a fare del-le ipotesi sulla loro origine e sul loro significato13.

    Ma c unaltra questione criticabile per Sartre:

    come la censura discernerebbe gli impulsi da respingere, senza aver co-scienza di discernerli? Si pu concepire un sapere che sia ignoranza dis? Sapere sapere che si sa, diceva Alain. O piuttosto: ogni sapere coscienza di sapere. Ma di che tipo pu essere la coscienza (di) s del-la censura? Deve essere coscienza (di) essere coscienza della tendenzaa inibire, ma precisamente per non esserne coscienza. Che cosa vuoldire questo, se non che la censura deve essere in malafede? La psicoa-nalisi non ci ha fatto guadagnare nulla, poich, per sopprimere la ma-lafede, ha stabilito tra lincosciente e la coscienza una coscienza auto-noma e in malafede14.

    57MALAFEDE E AMBIGUIT DELLUOMO

    12 Ivi, p. 89.13 Ivi, p. 90.14 Ivi, p. 93.

  • Essa ha semplicemente localizzato al livello della censura la doppiaattivit di repulsione e attrazione, ma, si domanda Sartre, quali le-gami comprensibili ci sono tra due momenti cos diversi?

    Come pu la tendenza respinta travestirsi, se non involge 1) la co-scienza di essere respinta 2) la coscienza dessere stata rifiutata perch quello che , 3) un piano di travestimento? Nessuna teoria meccani-ca della condensazione o del transfert pu spiegare le modificazioni chela tendenza sinfligge da se stessa, perch la descrizione del processo ditravestimento implica un ricorso velato alla finalit. E, parimenti, comerendere conto del piacere o dellangoscia che accompagnano lappaga-mento simbolico e cosciente della tendenza, se la coscienza non invol-ge, al di l della censura, una comprensione oscura dello scopo da rag-giungere in quanto simultaneamente desiderato e proibito?15.

    Sembra che Freud, per aver respinto lunit cosciente dello psichi-co, sia obbligato a sottintendere ovunque ununit magica che col-lega i fenomeni a distanza al di sopra degli ostacoli, come la parte-cipazione primitiva unisce la persona stregata e la figurina di cerafoggiata a sua immagine16. Spiegazione mediante la magia che, ol-tre alle inferiorit di principio, non sopprime la coesistenza sul pia-no inconscio, sul piano della censura e su quello della coscienza didue strutture contraddittorie e complementari che si implicano e sidistruggono reciprocamente. Si ipostatizzata la malafede, la si trasformata in cosa, non la si evitata17: questa in sintesi la cri-tica di Sartre alla psicoanalisi.

    Non a caso, lo psichiatra viennese Steckel, che Sartre ammiravaper le sue contestazioni allinconscio freudiano, nel suo lavoro LaFemme frigide, affermava: Ogni volta che ho potuto spingere le in-vestigazioni abbastanza avanti, ho constatato che il nodo della psi-coanalisi era cosciente18. In effetti, i casi che riferisce nella sua ope-ra, testimoniano dellesistenza di una malafede patologica che ilfreudismo non pu spiegare. Cos, nel caso della donna frigida, citroviamo proprio di fronte a un fenomeno di malafede, perch gli

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    15 Ivi, pp. 93-94.16 Ivi, p. 94.17 Ibidem.18 Ibidem.

  • sforzi tentati, per non aderire al piacere provato, implicano il rico-noscimento che il piacere provato e precisamente lo implicano pernegarlo19.

    Ne Let forte, Simone de Beauvoir ricorda: Ci appassionammoa La Femme frigide, di Steckel poich proponeva una psicoanalisiche rifiutava la nozione di inconscio20.

    Sartre ben consapevole di quanto sia complesso il fenomenodella malafede: da una parte la spiegazione mediante linconscio,per il fatto che rompe lunit psichica, non potrebbe rendere contodei fatti che, a prima vista sembrano dipendere da essa. Daltra par-te, esiste uninfinit di comportamenti di malafede che rifiutanoesplicitamente questo tipo di spiegazione, perch la loro essenza im-plica che non possono apparire se non nella trasparenza della co-scienza21.

    Se la malafede possibile, allora bisogna poter incontrare, in unastessa coscienza, lunit dellessere e del non-essere, lessere-per-non-essere. Ma la malafede istantanea, per cui dobbiamo doman-darci che cosa deve essere la coscienza, nellistantaneit del cogi-to pre-riflessivo, se luomo pu essere in malafede?22.

    2. Progetto di malafede: essere-per-non-essere

    Occorre per prima cosa esaminare i comportamenti di malafede perpoter fissare con maggior precisione le condizioni che rendono pos-sibile la malafede.

    Lesempio del cameriere o della donna al primo appuntamentohanno chiarito che uno strumento basilare della malafede proprioil concetto metastabile trascendenza fatticit, ma a esso se ne af-fianca in egual modo un altro: la duplicit della realt umana cheSartre esprime grossolanamente dicendo che il suo essere-per-simplica come complemento un essere-per-altri23. Luguale digni-

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    19 Ivi, p. 95.20 S. DE BEAUVOIR, Let forte, cit. p. 248. 21 J.-P. SARTRE, LEssere e il nulla, cit. p. 95.22 Ivi, p. 85.23 Ivi, p. 98.

  • t dessere del mio essere per altri e del mio essere per me, permet-te una sintesi perpetuamente disgregativa e un perpetuo gioco di eva-sione dal per-s al per-altri e dal per-altri al per-s24.

    In tutti questi concetti si ritrova la medesima struttura: Si trattadi costituire la realt umana come un essere che ci che non , eche non ci che 25. In effetti, precisa Sartre, se luomo ci che, la malafede assolutamente impossibile, ma io non sono ci chesono, in quanto ho da essere ci che sono; io non sono mai nessu-no dei miei atti, dei miei comportamenti: lallievo attento che vuo-le essere attento, locchio fisso al maestro, le orecchie bene aperte inascolto, si esaurisce a tal punto rappresentando la parte dellattento,che finisce per non ascoltare pi nulla26.

    Da ogni parte sfuggo allessere e tuttavia sono27; anche quan-do dico io sono triste. Se fossi triste o vigliacco, alla maniera in cuiquesto calamaio calamaio, la possibilit della malafede non po-trebbe neppure essere concepita; ma la malafede possibile a titolodi semplice progetto, in quanto, realmente, non c una differenzanetta fra essere e non essere, quando si tratta del mio essere.

    Lessere-triste non un essere belle fatto che io mi do. Io nonsono in grado di assumere lessere28.

    Se mi faccio triste perch non sono triste: lessere della tristez-za sfugge proprio mediante e nellatto in cui me lassumo.

    Come ha ben visto Husserl, la coscienza appare originariamen-te ad altri come unassenza. loggetto sempre presente come si-gnificato di tutti i miei atti e comportamenti e sempre assente, per-ch si offre allintuizione degli altri come una perpetua incertezza,meglio ancora, come una perpetua libert29.

    Quando Pietro mi guarda, so senza dubbio che mi guarda, i suoi occhi cose del mondo sono fissati sul mio corpo cosa del mondo; eccoil fatto oggettivo di cui posso dire: . Ma pur sempre un fatto del mon-do. Il significato di questo sguardo non c, e questo mi disturba; quan-

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    24 Ivi, p. 99.25 Ibidem.26 Ivi, p. 102.27 Ibidem.28 Ivi, p. 103.29 Ibidem.

  • tunque faccia sorrisi, promesse, minacce nulla pu strappare lappro-vazione, il libero giudizio che desidero, so che sempre al di l, lo sen-to nei miei comportamenti stessi che ora non hanno pi il carattere pro-duttivo che conservano nei confronti delle cose, che non sono pi perme nella proporzione in cui li collego ad altre persone, che delle sem-plici presentazioni e attendono dessere qualificate in gradite o sgradi-te, sincere o insincere ecc, con unapprensione che sempre al di l deimiei sforzi di provocarla, che non sar mai provocata da questi.

    Cos il fatto obbiettivo dellessere-in-s della coscienza daltri sipone per svanire in negativit e in libert; la coscienza daltri co-me non fosse: il suo essere in s dora e qui di non essere30.

    La coscienza daltri ci che non 31. Daltra parte la mia pro-pria coscienza perch si fa, giacch il suo essere coscienza des-sere. Quindi il fare sostiene lessere: il che significa che non ciche .

    La struttura originaria del non essere ci che si rende antici-patamente impossibile ogni divenire verso lessere in s o essere ciche si : ecco perch anche la sincerit si presenta come un feno-meno di malafede. E questa impossibilit proprio il fondo dellacoscienza, la pena costante che si prova, lincapacit stessa a rico-noscerci, a organizzarci a essere ci che siamo, la necessit cheesige che, dopo aver posto noi stessi come un certo essere median-te un giudizio legittimo, fondato sullesperienza interna, o corretta-mente dedotto da premesse a priori o empiriche, con questa stessaposizione superiamo noi stessi e non verso un altro essere: versoil vuoto, verso il niente32.

    Se la sincerit ci appare impossibile, allora non possiamo biasi-mare altri di non essere sinceri, e neppure compiacerci della nostrasincerit.

    Infatti quando mi esamino, devo determinare esattamente ciche sono, per risolvermi a esserlo senza sotterfugi salvo poi a met-termi in seguito, alla ricerca dei mezzi che potranno cambiarmi33.

    Dare un giudizio sul mio carattere, sulla mia natura, non che un

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    30 Ibidem.31 Ivi, p. 104.32 Ibidem.33 Ibidem.

  • modo per nascondermi, nel medesimo istante che io giudicher co-s un passato al quale il presente sfugge per definizione.

    Lo scopo della sincerit e quello della malafede non sono diver-si: nella sincerit si tratta di fare che io mi confessi ci che sono per-ch venga a coincidere col mio essere; in una parola fare che io sianel modo dellin-s; nella malafede si tratta di fare che io sia ci chesono nel modo di non essere ci che sono.

    La condizione perch possa tentare uno sforzo di malafede, che, in certo senso, io non sia quel vigliacco che non voglio esse-re; o meglio io debbo insieme essere e non essere vigliacco total-mente e sotto tutti gli aspetti. La malafede esige che io non sia ciche sono, ma non si limita a rifiutare le qualit che possiedo, a nonvedere lessere che sono. Tenta anche di attribuirmi un essere chenon sono.

    Nella sincerit luomo pretende coincidere con il suo essere edesige che anche gli altri si riconoscano per quello che sono: chelomosessuale confessi la sua omosessualit, il santo la sua santit, ilmalvagio la sua malvagit. In altri termini la sincerit esige che luo-mo esista al modo della cosa in s, mentre egli non mai ci che .

    Se la malafede possibile a titolo di semplice progetto ci deri-va dal fatto che non c differenza cos netta tra essere e non-esse-re, quando si tratta del mio essere, poich la realt umana, a diffe-renza delle cose, non mai ci che . Tuttavia pu giocare a esser-lo, come la donna al primo appuntamento, il cameriere o lomoses-suale: questultimo non crede di essere omosessuale e considera lesue avventure frutto del caso o della sfortuna.

    3. Fede e malafede

    Esaminata dal punto di vista epistemologico, la malafede riguarda lanatura della fede. La malafede credenza, se si chiama credenzaladesione dellessere al suo oggetto, quando loggetto non dato,o dato in modo indistinto34. La coscienza di malafede decide di

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    34 Sartre sa bene che la parola credere usata indifferentemente in due accezioni di-verse: sia per indicare lincrollabile fermezza della credenza; sia per connotare il suocarattere disarmato e strettamente soggettivo, ed in questultima accezione che parladi credenza.

  • soddisfarsi di una mezza persuasione attraverso il ricorso a un cri-terio inventato e imperfetto.

    Come si pu credere in malafede ai concetti che vengono forgiatiespressamente per persuadere? Se la malafede fede e se essa im-plica nel suo primo progetto la propria negazione, allora bisognapresupporre, allorigine, una fede poco convinta di se stessa.

    Nellunit di una stessa coscienza non tetica (di) s, accade checredere sia non credere pi, poich credere sapere che si crede esapere che si crede non pi credere35. Cos la credenza un esse-re che si pone in questione nel suo proprio essere, che pu realizzarsisoltanto nella sua distruzione, che pu manifestarsi a se stesso solonegandosi: un essere per cui essere apparire e apparire negar-si. Allo stesso modo possiamo dire che credere non credere: les-sere della coscienza consiste nellesistere da s, cio nel farsi esse-re e quindi nel superarsi. In questo senso la coscienza perpetua-mente fuga da s, la credenza diviene non-credenza, limmediatomediazione, lassoluto relativo e il relativo assoluto36.

    Lideale della buona fede (credere ci che si crede) , comequello della sincerit (essere ci che si ), un ideale di essere in-s.Ogni credenza non mai abbastanza credenza, non si crede mai a ciche si crede37.

    Credo che lamico Pietro abbia dellamicizia per me. Lo credo in buo-na fede. Lo credo, ma non ne ho lintuizione accompagnata da eviden-za, perch questo tipo di oggetto, per sua natura, non si presta allin-tuizione. Lo credo, cio mi lascio andare a degli impulsi di confidenza,decido di crederci e di tenermi fermo a questa decisione, mi comportoinsomma come se ne fossi certo, il tutto nellunit sintetica di uno stes-so atteggiamento38.

    La credenza una scienza particolare del senso degli atti di Pietro.Ma se so che credo, la credenza mi appare come pura determina-zione soggettiva, senza correlativo esteriore. questo che fa dellaparola credere un termine usato indifferentemente per indicare

    63MALAFEDE E AMBIGUIT DELLUOMO

    35 Ivi, p. 112.36 Ibidem.37 Ibidem.38 Ivi, p. 111.

  • lincrollabile fermezza della credenza e il suo carattere disarmato estrettamente soggettivo39. Ma la natura della coscienza tale chein essa il mediato e limmediato sono un solo e medesimo essere.

    Cos la coscienza non tetica (di) credere (che non sapere, mache allorigine di ogni sapere per la sua stessa trasparenza) di-struttrice della credenza. Ogni credenza non mai abbastanza cre-denza, non si crede mai a ci che si crede. Di conseguenza il progettoprimitivo della malafede non che lutilizzazione di questa auto-di-struzione del fatto di coscienza40. Credenza impossibile, la malafe-de questa accettazione del (fatto di) non credere ci che crede.

    Questo piano di fuga rivela alla malafede unintima disgregazio-ne in seno allessere, ed essa vuole essere proprio questa disgrega-zione. La malafede cerca di sfuggire allin-s (riparando) nella di-sgregazione intima dellessere. Ma questa disgregazione la nega al-lo stesso modo, come nega di essere in malafede. La malafede si rin-nega come malafede41.

    Una volta realizzato questo modo dessere, molto difficile uscir-ne, per il fatto che la malafede un tipo di essere nel mondo, co-me la veglia e il sogno, che tende per se stesso a perpetuarsi, quan-tunque la sua conformazione sia di tipo metastabile42.

    La malafede fede, la quale implica nel suo primo progetto lapropria negazione. Cogliamo alla sua origine questo doppio gioco dirimandi: la coscienza (di) fede fede e la fede coscienza (di) fe-de. In nessun caso si pu dire che la coscienza coscienza, n chela fede fede. Ciascun termine rimanda allaltro e passa nellaltro,tuttavia ciascun termine differente dallaltro.

    Sartre aveva gi individuato che la fede, il piacere e la gioia nonpossono esistere prima di essere coscienti, la coscienza la misuradel loro essere; ma non meno vero che la fede, per il fatto stessoche non pu esistere che come turbata, esiste, fin dallorigine comesfuggente a s, come rompente lunit di tutti i concetti in cui la sivoglia racchiudere43.

    CAPITOLO SECONDO64

    39 Ivi, p. 112.40 Ibidem.41 Ivi, p. 113.42 Ibidem.43 Ivi, p. 119.

  • Cos la coscienza (di) fede e fede sono un solo e medesimo es-sere, la cui caratteristica limmanenza assoluta. Ma quando lo sivuole cogliere, questo essere scivola fra le dita e ci troviamo di fron-te a un abbozzo di dualit, a un gioco di riflessi, perch la coscien-za un riflesso44.

    Se la malafede possibile, perch una scelta che si crea lapropria possibilit.

    4. Progetto di malafede: prima alienazione dellessere umano

    Qual la verit della malafede? La malafede, dichiara Sartre on-tologica, o meglio il nostro progetto originario che costituisce lanostra malafede originaria. un comportamento immediato, che noiadottiamo di fronte al nostro essere. La malafede ontologica unafuga dalla libert o dalla non-coincidenza che noi siamo.

    Se la malafede possibile, perch essa la minaccia immedia-ta e permanente di ogni progetto dellessere umano. evidente chenon pu essere confusa con la cinica menzogna, n considerata co-me una sapiente preparazione di concetti ingannatori: il primo attodi malafede (posto) per fuggire ci che non si pu fuggire, fug-gire ci che si , rivelando in tal modo la tendenza della coscienzaa farsi essa stessa altro, in un perpetuo gioco di evasioni, per sot-trarsi allinquietante libert che genera angoscia.

    Le analisi di Sartre sulla malafede si incrociano con le sue ri-flessioni sulla coscienza, in un gioco di rimandi che coinvolgono ilnulla, la libert e il nascere del per s ed solo in questa complessaprospettiva che pu essere compresa. La malafede, come sempliceprogetto, uno dei numerosi ostacoli che incontra la libert. Ma Sar-tre aggiunge: c malafede perch la coscienza un essere che ha deipossibili e arriva al mondo attraverso la coscienza che a se stessala sua propria possibilit.

    La malafede quindi rinvia al piano del possibile, colto da Sartrein unaccezione molto particolare; non un avvenimento del mon-do fisico, n una semplice rappresentazione: il possibile nasce conil per-s nel suo non essere ci che : questo per-s mancante il

    65MALAFEDE E AMBIGUIT DELLUOMO

    44 Ivi, p. 120.

  • possibile45, ovvero un possibile impossibile, proprio come la liber-t, sempre sospesa in un progetto di liberazione altrettanto impossi-bile.

    La possibilit, caratteristica essenziale e reale della coscienza, ci di cui manca il per-s per essere s. Il per-s, scrive Sartre, sidescrive ontologicamente come mancanza dessere e il possibile ap-partiene al per-s come ci che gli manca46.

    Scrive Sartre: Il nascere del per-s, come annullamento dellin-s e decompressione dessere, fa sorgere il possibile come uno de-gli aspetti di questa decompressione dessere, cio come un mododessere ci che si a distanza da s47. La realt umana e insie-me non le sue possibilit.

    Il modo dessere concreto di questa mancanza la libert. La realt umana, in quanto libera, tormentata dal suo nulla o man-canza dessere ed continuamente spinta a fuggire il suo vuoto al fi-ne di divenire qualche cosa.

    Sartre affronta il tema del possibile in una prospettiva molto di-versa dai filosofi del pensiero classico: in effetti si oppone sia allaconcezione logica del possibile, elaborata da Leibniz, sia alla tesi diAristotele che definisce il possibile a partire dallessere in potenzadi una cosa: il per-s, nel pensiero sartriano, non mai in potenza,ma sempre in atto.

    Le sue critiche si muovono anche nei confronti di Leibniz, il qua-le coglie il possibile come un essere del pensiero che non ha alcunarealt, poich precede il mondo reale e la sua conoscenza. Cos de-finito il possibile tale solo in rapporto alla conoscenza, poich nonsiamo in grado n di affermare, n di negare il possibile considera-to48. Da qui due atteggiamenti di fronte al possibile: o esso im-plicato in una serie causale esistente, facendo dellinfinit dei pos-sibili loggetto dei pensieri dellintelletto divino; o esso posto inrapporto alla nostra ignoranza, come riteneva Spinoza, per cui essopotrebbe svanire, una volta svanita lignoranza. In entrambi i conte-sti il possibile sarebbe solo uno stadio soggettivo nel cammino che

    CAPITOLO SECONDO66

    45 Ivi, p. 149.46 Ivi, p. 678.47 Ivi, p. 143.48 Ibidem.

  • conduce alla conoscenza perfetta. In altri termini, il possibile per-derebbe la sua natura di possibile per riassorbirsi nellessere sog-gettivo della rappresentazione e in tal modo finirebbe per distruggerela sua natura di possibile. Per Sartre al contrario il possibile appa-re come una propriet degli esseri49 ed proprio lo stato possibiledi un certo esistente che sostiene col suo essere la possibilit e ilnon-essere del suo stato futuro. Sartre non ha dubbi: la possibilitviene al mondo con la realt umana. E non pu, per essenza, coin-cidere con il puro pensiero di possibilit.

    Ogni sforzo per stabilire il possibile partendo da una soggettivi-t che sia ci che , cio che si rinchiuda su di s, votato per prin-cipio al fallimento.

    Se ammettiamo che il possibile sia unopzione sullessere e cheesso non possa venire al mondo se non come un essere che sia lapropria possibilit, allora la realt umana deve necessariamente es-sere il proprio essere sotto forma di opzione sul suo essere.

    Il per-s, in quanto non s, una presenza a s che manca diuna certa presenza a s, ed , in quanto manca di quella presenza, che presenza a s. Ogni coscienza manca di per50.

    Il possibile non , scrive Sartre; il possibile si possibilizza51:non si pu porlo subito, tematicamente, e non lo si pu neppure igno-rare o relegare nellinconscio.

    In questa prospettiva, attraverso la malafede, luomo esprime unafondamentale verit: che il per-s non lin-s, ovvero passiva e uni-voca cosa; nello stesso tempo rivendica la sua irriducibile peculia-rit: di essere una costante evasione, un precario trascendimentodel proprio essere verso un problematico non-essere.

    La coscienza si condanna da se stessa alla malafede. proprio questa fuga da se stessi che Sartre chiama malafede.

    Si tratta di unesistenza in-autentica che pu realizzarsi sia quandoil per-s fugge la contingenza del suo sorgere, identificandosi illu-soriamente con un essere fondamento di s; sia quando fugge la sualibert fantasticando su di s come fosse una semi-cosa.

    Il problema dellautenticit e dellinautenticit ricorrente nel

    67MALAFEDE E AMBIGUIT DELLUOMO

    49 Ivi, pp. 144-145.50 Ivi, p. 148. 51 Ivi, p. 150.

  • pensiero di Sartre, tuttavia, poich esistono uninfinit di progettipossibili, come uninfinit di uomini possibili, non ritiene sufficientefermarsi a classificazioni come quella di progetto autentico e pro-getto in-autentico cos come stato tematizzato da Heidegger. Lavita delluomo, per Sartre, non pu essere classificata per il fattostesso che si muove nella costante incertezza tra autenticit ricerca-ta e sempre emergente, e ricaduta nellinautenticit. Ogni singolouomo ha la sua storia, il suo modo di viverla e di esserne trasforma-to: ogni classificazione o concettualizzazione razionale , per Sartre,solo unastrazione.

    Il tentativo di superare o di neutralizzare questa attitudine natu-rale di malafede non pu, daltra parte, essere offerto dalla buonafede, che coincide con i disegni della malafede. Se luomo sar maiin grado di superare la malafede, rimane un problema non risolto,semmai aperto in direzione di un atto volontario, riflessivo e radicaledi conversione allautenticit, forse irrealizzabile.

    Io posso dispormi in malafede nellapprendere langoscia chesono e questa malafede, destinata a riempire il nulla che io sono nelmio rapporto con me stesso, implica precisamente quel nulla chesopprime52.

    Si potrebbe dire che noi non possiamo sopprimere la malafede,perch siamo malafede. Il famoso detto ho paura di me propriounangoscia davanti a niente, perch niente permette di prevederequello che far, e anche se potessi prevederlo, niente pu impedir-mi di farlo53.

    Se io sono la mia angoscia per fuggirla, ci presuppone che ioposso decentrarmi in rapporto a ci che sono, che posso essere lan-goscia in modo da non-esserla, che posso disporre di un potereannullatore in seno allangoscia stessa. Questo potere annullatoreannulla langoscia in quanto la fuggo, e sannulla da s in quanto iola sono per poterla fuggire. ci che si chiama malafede54.

    La coscienza di malafede, che tenta di mascherare a se stessa lapropria libert uno degli ostacoli pi significativi che la libert in-

    CAPITOLO SECONDO68

    52 Ivi, p. 83.53 J.-P. SARTRE, Carnets de la drle de guerre, Paris, Gallimard, 1983; trad. it. Tac-

    cuini della strana guerra, Bari, Edizioni Acquaviva, 2002, vol. II, p. 30. 54 ID., LEssere e il nulla, cit. p. 83.

  • contra, non come ostacolo esterno, ma come minaccia immediata epermanente insita in ogni progetto dellessere umano. Nei Quader-ni per una morale, Sartre ribadir questa tesi: io posso pensare disfuggire alla mia libert solo se sono sul terreno della malafede55.

    nota, a questo proposito la critica di Merleau-Ponty: Il pro-blema di sapere se si pu dar posto alla libert e concederle qual-cosa senza concederle tutto. LEssere e il nulla ha posto questo pro-blema che richiede un seguito e che aspetta dallAutore una teoriadella passivit56.

    Per concludere, un tentativo di comprensione delluomo richiede an-che una riflessione sulla malafede. Ma perch Sartre si sofferma a in-dagare queste condotte di malafede? Da dove proviene questa pos-sibilit per luomo di mentire a se stesso, di ingannarsi senza vo-lont o decisione di inganno? Come spiegare lautodistruzione at-tuata dalla coscienza? Lanalisi della malafede ha indicato a Sartreche la coscienza negazione in atto, unesperienza di non-essereradicale che il soggetto compie nel suo essere e agire concreto, inquanto libero. Tale libert si rivela nellangoscia, o meglio, tale li-bert, che si manifesta nellangoscia, caratterizzata da unesi-genza continuamente rinnovata di rifare lio che costituisce lesserelibero57. Ma Sartre aggiunge, nellangoscia la libert sangosciadi fronte a se stessa in quanto non mai sollecitata, n impedita daniente58. tuttavia possibile assumere dei comportamenti di fuga difronte alla mia angoscia, si cerca rifugio nella credenza del deter-minismo. Fuggiamo langoscia tentando di coglierci dal di fuoricome altro o come una cosa per mascherare langoscia che il verodato immediato della nostra libert59. C malafede, dichiara Sar-tre perch per calmare la mia angoscia e vincere la mia fattit, iomantengo continuamente questa affermazione che io sono un altroe che laltro non me60. La libert introduce limprevedibile.

    69MALAFEDE E AMBIGUIT DELLUOMO

    55 ID., Cahiers pour une morale, Paris, Gallimard, 1990; trad. it. Quaderni per unamorale (1947-1948), Roma, Edizioni Associate, 1991, p. 318.

    56 M. MERLEAU-PONTY, Senso e non senso, Milano, il Saggiatore, 1967, p. 101.57 J.-P. SARTRE, LEssere e il nulla, cit. p. 73.58 Ivi, p. 74.59 Ivi, p. 82. 60 J.-P. SARTRE, Quaderni per una morale, cit. p. 251.

  • proprio questa libert inquietante che genera nelluomo lirre-sistibile tendenza a fuggire da se stessi in un perpetuo gioco di eva-sioni per essere ci che non si : questo il rischio permanente dimalafede. Non c nessun inconscio che possa giustificarla o deter-minarla poich in tal modo verrebbero meno la libert e la respon-sabilit delluomo. Per Sartre luomo sempre responsabile anchequando mente a se stesso. Non c nessun doppio fondo freudianonella coscienza, poich essa coscienza da parte a parte, a volteoscura, distruttrice di se stessa, ma sempre rivelatrice di un vissutoambiguo e inquietante.

    Ambiguit della malafede che sottende la radicale ambiguit diogni uomo e del suo progetto di liberazione: libert difficile proprioin quanto trae origine dal proprio scacco.

    CAPITOLO SECONDO70

  • INDICE GENERALE

    Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 5

    I. Collera, paura, tristezza, gioia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111. I primi studi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172. La psicologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223. Gli psicologi della forma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 254. La teoria dellemozione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

    4.1. Coscienza irriflessa e riflessiva . . . . . . . . . . . . 315. Tra mondo reale e mondo magico . . . . . . . . . . . . . . 35

    5.1. Le condotte magiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 406. Emozione tra passivit e libert . . . . . . . . . . . . . . . . 44

    II. Malafede e ambiguit delluomo . . . . . . . . . . . . . . . . . 511. Malafede tra coscienza e inconscio . . . . . . . . . . . . . 542. Progetto di malafede: essere-per-non-essere . . . . . . 593. Fede e malafede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 624. Progetto di malafede: prima alienazione dellessere

    umano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

    III. La vergogna e lo sguardo dellaltro . . . . . . . . . . . . . . . 711. Visages, la visibilit di un volto . . . . . . . . . . . . . . . . 732. Il gioco degli sguardi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 753. Vergogna e orgoglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 784. Sguardi infernali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89

  • IV. Amore Odio Indifferenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 911. Il corpo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 932. Lamore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1013. Il desiderio carnale: masochismo, sadismo,

    indifferenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1054. Odio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115

    APPENDICE: Luomo, attore della propria vita . . . . . . . . . . . 119

    Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129

    INDICE GENERALE134