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Quale italiano per tradurre José Ángel Mañas? Gloria Bazzocchi Università di Bologna La juventud no es un tiempo, ni una generación, ni una categoría homogénea a la que uno pueda examinar, desde fuera, con objetividad, sin emociones ni prejuicios. La juventud es un cometa de riesgos y de oportunidades, de amenazas y de promesas, una intromisión en el sistema cósmico de los adultos. Y como a los cometas, hay que entenderla, más que un conjunto sólido, como un torbellino, abigarrado y turbulento, reflejo de las diferentes coyunturas de oportunidad que nuestra sociedad ofrece a los recién llegados (José Ignacio Ruiz Olabuenaga). La presente riflessione prende le mosse da un precedente lavoro in cui ho analizzato la suffissazione valutativa nei romanzi di José Ángel Mañas (Bazzocchi, in corso di stampa), proponendo la traduzione in italiano di un campione di formazioni neologiche tratte dalla Tetralogia Kronen 1 . Occorre premettere che il mio interesse per Mañas è nato quasi per osmosi dal fatto di condividere un’esperienza professionale alla SSLIMIT di Forlì con Pilar Capanaga 2 , una delle prime ad essersi occupata, soprattutto sul piano linguistico, del cosiddetto “caso Mañas” su cui torneremo più avanti. Ho, infatti, seguito come correlatrice due tesi di laurea da lei dirette occupandomi, in particolare, della traduzione in italiano dei primi due 1 Termine con cui Mañas, in una nota finale di Sonko95, definisce la serie di romanzi che comprende Historias del Kronen (1994), Mensaka (1995), Ciudad Rayada (1998) e Sonko95 (1999), tutti ambientati nel mondo giovanile madrileno. 2 Ricordiamo gli articoli: 1997, «La creación léxica en Historias del Kronen», in Aa.Vv., Lo spagnolo d’oggi: forme della comunicazione, Roma, Bulzoni, 47-57; 2005, «Autenticidad, aloglosia y ruidos en las historias de Mañas» in M.V. Calvi, L. Chierichetti, J. Santos López, ed., Percorsi di lingua e cultura spagnola. In ricordo di Donatella Cessi Montalto, Milano, Selene, 225-251.

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Quale italiano per tradurre José Ángel Mañas?

Gloria Bazzocchi Università di Bologna

La juventud no es un tiempo, ni una generación, ni una categoría homogénea a la que uno pueda examinar, desde fuera, con objetividad, sin emociones ni prejuicios. La juventud es un cometa de riesgos y de oportunidades, de amenazas y de promesas, una intromisión en el sistema cósmico de los adultos. Y como a los cometas, hay que entenderla, más que un conjunto sólido, como un torbellino, abigarrado y turbulento, reflejo de las diferentes coyunturas de oportunidad que nuestra sociedad ofrece a los recién llegados (José Ignacio Ruiz Olabuenaga).

La presente riflessione prende le mosse da un precedente lavoro in

cui ho analizzato la suffissazione valutativa nei romanzi di José Ángel Mañas (Bazzocchi, in corso di stampa), proponendo la traduzione in italiano di un campione di formazioni neologiche tratte dalla Tetralogia Kronen1. Occorre premettere che il mio interesse per Mañas è nato quasi per osmosi dal fatto di condividere un’esperienza professionale alla SSLIMIT di Forlì con Pilar Capanaga2, una delle prime ad essersi occupata, soprattutto sul piano linguistico, del cosiddetto “caso Mañas” su cui torneremo più avanti. Ho, infatti, seguito come correlatrice due tesi di laurea da lei dirette occupandomi, in particolare, della traduzione in italiano dei primi due

1 Termine con cui Mañas, in una nota finale di Sonko95, definisce la serie

di romanzi che comprende Historias del Kronen (1994), Mensaka (1995), Ciudad Rayada (1998) e Sonko95 (1999), tutti ambientati nel mondo giovanile madrileno.

2 Ricordiamo gli articoli: 1997, «La creación léxica en Historias del Kronen», in Aa.Vv., Lo spagnolo d’oggi: forme della comunicazione, Roma, Bulzoni, 47-57; 2005, «Autenticidad, aloglosia y ruidos en las historias de Mañas» in M.V. Calvi, L. Chierichetti, J. Santos López, ed., Percorsi di lingua e cultura spagnola. In ricordo di Donatella Cessi Montalto, Milano, Selene, 225-251.

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romanzi dell’autore, Historias del Kronen e Mensaka. Da alcuni anni, quindi, convivo, se così si può dire, con il problema di dar voce in italiano a uno scrittore che ha prepotentemente inserito nei suoi romanzi la lingua parlata con i suoi anacoluti e le sue incongruenze, i gerghi, i neologismi, i forestierismi. Tutto questo, Mañas, lo chiama ruido3:

(...) por «ruido» entiendo desde interferencias ortográficas hasta incorrecciones coloquiales y cualquier tipo de jerga o lenguaje obviado normalmente por la literatura- al que el auténtico novelista tiene que recurrir si quiere revitalizar e inyectarle sangre nueva a un género capacitado como ningún otro para darle forma artística al lenguaje vivo. Esa es la tarea que me he propuesto con la «Tetralogía Kronen». In uno stile tutto sommato fluido e spoglio di ogni adorno

linguistico, in cui predomina la coordinazione sulla subordinazione, con periodi brevi e dialoghi incalzanti, ma essenziali, in una prospettiva di traduzione, quindi, apparentemente semplice, s’innesta una magistrale riproduzione della lingua orale a livello lessicale, morfologico, sintattico, ed è qui che scaturisce la difficoltà di riproduzione nella nostra lingua. Vedremo, nel corso dell’intervento, come uno studio sulle potenzialità della lingua giovanile italiana, con incursioni nel mondo letterario di autori che condividono ambienti e temi descritti dallo stesso Mañas, possano rivelarsi un valido aiuto e costituire una base da cui partire per affrontare i problemi legati alla traduzione.

Prima di affrontare nello specifico l’aspetto delle problematiche relative alla traduzione, vorrei indagare, brevemente, sulle questioni che hanno scatenato in Spagna quello che poc’anzi ho definito “caso Mañas”. Questo scrittore, infatti, divenuto inaspettatamente famoso come finalista al Premio Nadal a soli 23 anni con Historias del Kronen, ha diviso la critica in feroci detrattori che ne hanno preso le distanze considerandolo un sottoprodotto letterario e grandi estimatori che l’hanno proclamato capostipite di una generazione definita in più modi4, da Generación Kronen

3 Mañas, José Ángel, 1999, Sonko95, Barcelona, Destino. Nota dell’autore alla fine del romanzo.

4 In realtà Mañas ha sempre rifiutato queste etichette e non si è mai sentito capostipite di una generazione: “Lo que puedo decir es que yo trabajé el texto del Kronen en el año 92, es decir mucho antes de que hubieran salido Trainspotting, los jóvenes caníbales en Italia o los McOndo en Sudamérica, mucho antes de

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e “de los realistas duros” (Gullón, 1996: 31) a Generación X, Y, Z o Peter Pan (Vázquez Montalbán, 1995).

Oltre al valore testimoniale che molti hanno attribuito alle sue opere dobbiamo aggiungere che queste hanno suscitato grande interesse anche a livello linguistico. A questo proposito, ci sembra importante fare riferimento al Gran diccionario del Argot. El Sohez de autoridades (2000) curato da Delfín Carbonell, che riporta diverse citazioni tratte dai testi di Mañas; inutile rilevare che questo dizionario diventa uno strumento indispensabile anche ai fini della traduzione.

Dallo strepitoso successo del primo romanzo del 1994 (di cui segnaliamo una significativa seconda edizione nel ’98, commentata de Germán Gullón, nella collana Clásicos contemporáneos comentados) all’ultimo del marzo 2005, Caso Karen, sono intercorsi undici anni segnati da un susseguirsi di alti e bassi che hanno fatto crescere Mañas sia a livello personale che professionale. Nel passaggio dalla vertigine del successo con Historias del Kronen alla successiva caduta nel vuoto, lo scrittore dice di essersi sentito come messo dentro una centrifuga, una sorta di ingranaggio che non è stato capace di controllare. Dopo anni di esilio ed isolamento in Francia è tornato a vivere nella sua città d’origine, Madrid5, e considera proprio Caso Karen il romanzo che migliora tutti i precedenti. Gonzalo García Pino, in un articolo apparso su La Razón6 riassume così il periodo dal Kronen a Karen:

producirse la moda de escritores jóvenes que ahora parece que han creado un movimiento. Por otro lado, yo no sabía si esa novela se iba a publicar, y mucho menos podía esperar que iba a tener esa repercusión. Esto me gusta dejarlo claro: yo no podía esperar que la novela se iba a convertir en un retrato generacional. Pero por encima de todo, por encima del valor testimonial que pueda tener Kronen, yo siempre lo reivindico como una ficción”. (Da un’intervista di Chema de Francisco Guinea: Mañas creación radikal. El Duende de Madrid. Especial de Verano de 1998)

5 “Me he vuelto a España. Llevo ya aquí un par de años y pienso que lo mejor para un escritor es vivir rodeado por el idioma en el que escribe. Obviamente, uno puede escribir en castellano y vivir en el extranjero; pero el idioma tiende a ‘enrarecerse’”. (Dalla risposta a un lettore di El Mundo digital, 9 marzo 2005).

6 “Ambición literaria y voluntad de estilo”, 10 marzo 2005.

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Once años separan el Kronen de Karen y, a pesar de la reiterada “k” (marca de la casa) y de la deliberada eufonía de ambos vocablos – que interpreto como una suerte de homenaje o, tal vez, de orgullosa fidelidad a sus orígenes como escritor-, “Caso Karen” parece más bien una novela inaugural, pues alberga dos características que estaban ausentes en las obras anteriores de Mañas: ambición literaria y decidida voluntad de estilo. In un’intervista di qualche anno fa, Aldo Busi dava la seguente

risposta ad una domanda sulle cause della scarsa popolarità della letteratura italiana:

La ragione della scarsa popolarità della letteratura italiana va rintracciata prevalentemente nella lingua impiegata, lontanissima da quella usata dai parlanti. Perché l’inglese è la lingua per eccellenza della produzione letteraria più venduta in tutto il globo? Non certo perché è la lingua della cosiddetta narrativa di consumo (i thriller, gli horror), prodotti confezionati in base a pochi ingredienti costanti, che pure – come si dice – vanno, hanno un mercato. Piuttosto perché gli scrittori anglofoni, a differenza degli italiani, si servono delle diverse varietà della lingua orale: due scrittori di New York possono servirsi di due lingue inglesi diversissime tra loro. Succede allora che anche in traduzione italiana questi libri funzionino, conservino una loro freschezza e ciò perché il traduttore, al di là delle sue competenze, si trova costretto, in qualche maniera a rendere vivo anche l’italiano, rinunciando alle più fruste forme libresche7. Al di là della provocazione, tipica del personaggio, colpisce la

questione del traduttore che si vede costretto a rendere vivo l’italiano perché è esattamente quello che succede con la traduzione dei romanzi di Mañas. L’aggettivo “vivo”, come abbiamo già visto, viene usato dallo stesso Mañas a proposito delle finalità della Tetralogia: “darle forma artística al lenguaje vivo”.

El lenguaje vivo è quello dei protagonisti dei suoi romanzi, giovani nati e cresciuti in una Madrid che, dopo la morte di Franco, è andata uniformandosi, a ritmo forsennato, ai canoni di modernizzazione e globalizzazione mondiali, stravolgendo una tradizione che ha visto la

7 «Creare mondi con le parole». Conversazione con Aldo Busi di

Margherita Di Carlo e Giuseppe Gallo. www.mediares.it/yanez/carta/1/busi/busi.htm.

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Spagna, per secoli, isolata e arretrata rispetto all’Europa. Il loro modo di parlare, inevitabilmente, riflette queste trasformazioni:

La novela de José Ángel Mañas es representativa de una filosofía y de una manera de hablar típicas de una categoría de edad, de un grupo social, de una determinada década y de una zona geográfica bien delimitada (jóvenes madrileños de clase acomodada de los años noventa). Se trata de un tipo de lenguaje utilizado por una élite que se caracteriza por el abandono de las normas académicas, cuyo objetivo mayor parece ser una reproducción cada vez con mayor exactitud de la lengua hablada que, por su parte, ha sufrido últimamente también grandes transformaciones, relajándose, transgrediendo los tabúes, introduciendo neologismos, asimilando el inglés y haciendo incursiones en el terreno de la droga y de la delincuencia (Soler-Espiauba, 1997: 30). La stessa Soler-Espiauba lo definisce “un argot de casta urbana”, un

elemento che accomuna e crea forti vincoli tra i suoi componenti: la lingua si trasforma in uno strumento d’identità, un modo di essere, un comune denominatore, un vero e proprio gergo metropolitano, fortemente innovativo ed espressivo che emerge soprattutto su temi condivisi come il divertimento, la musica, il calcio, il cinema, l’alcol, il sesso, la droga, la moda, ecc.

I fattori che intervengono nella formazione del linguaggio di un giovane sono diversi e complessi, a cominciare dal delicato passaggio dall’infanzia alla costruzione della propria personalità, lo spostamento dei modelli di riferimento dalla famiglia al gruppo di amici, senza dimenticare l’ambiente in cui si cresce e il tipo di società in cui ci si forma. Per questa complessità e per l’impossibilità di una definizione cronologica, converrà considerare il linguaggio giovanile come una varietà linguistica, un registro:

La varietà giovanile in senso stretto si colloca in un punto di intersezione fra più fattori di variazione e può essere definita come la varietà di lingua, per lo più orale, usata dagli appartenenti ai gruppi giovanili in determinate situazioni comunicative (conversazioni spontanee all’interno del gruppo principalmente su temi centrali della condizione giovanile, quali la scuola, l’amore, il sesso, le amicizie, l’attività sportiva, eventualmente la droga, ecc) (Cortelazzo, 1994: 294). Tornando, quindi, alla traduzione di Mañas in italiano, quantomeno

dei suoi primi romanzi, sarà necessario scavare nelle potenzialità del linguaggio giovanile del nostro paese che, rispetto alla Spagna, si presenta

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molto meno omogeneo. Infatti, come sostiene Banfi (1994), il linguaggio giovanile italiano si compone di due macro-piani la cui estensione varia a seconda della regione: un piano “generale” costituito da un lessico che possiamo definire “nazionale”8, le cosiddette parole “a lunga durata” nella definizione di Sombrero (1992), e un piano “locale”, legato alla cultura della regione e diversificato a volte anche a seconda della città all’interno della stessa regione, come possibile retaggio di dialetti che, pur essendo in via di estinzione, lasciano tracce di sé nelle espressioni colloquiali9. In Spagna, invece, come accennavamo sopra, l’estensione del linguaggio giovanile supera i limiti regionali e questo fa sì che venga parlato, o quantomeno capito, dai giovani di tutto il paese. Le motivazioni di questa differenza si possono ricercare, probabilmente, nel maggiore protagonismo dei giovani all’interno della società spagnola e in una minore censura a livello di mezzi di comunicazione10.

Per esemplificare i concetti teorici fin qui esposti, prendiamo ora in esame due campi semantici inerenti la sfera del divertimento sia dei giovani spagnoli che degli italiani, ovvero la droga e l’alcol. Lo facciamo accostando alcuni brani tratti da Historias del Kronen e “Seratina” di Niccolò Ammaniti e Luisa Brancaccio, racconto che inaugura la famosa antologia Gioventù Cannibale.

-Nos hacemos un nevadito, ¿no? Para empezar bien la noche. (HK, 15) -Vamos a enfarloparnos, ¿no? Venga, coño, que hay que meter marcha a esta ciudad. A ver. ¿En que coche vamos? Roberto, coño, anima esa cara, que vamos a meterte un poco de polvo por esas napias. - TÚ NO QUIERES, ¿NO? – le pregunto a Ramón, que dice que no con la cabeza.

-… Stavo per andare a dormire. - Come mai? - Ho passato il pomeriggio con Lalla e domani all’alba devo andare a Siena. - Seratina ridotta, allora. Un cannino al volo. […] Seratina! Nel loro gergo significava sfondarsi di canne, rigorosamente senza fidanzate, e tornare a casa a orari improbabili

8 Farsi una canna, figo, secchione, ecc. 9 Ad esempio, per esprimere il concetto di non andare a scuola: marinare,

bigiare, fare fuga, fare buco, ecc. 10 Basti pensare al linguaggio quasi totalmente standard e neutro impiegato

dai giovani protagonisti di serie televisive di grande successo come “Un medico in famiglia” o “Un posto al sole”.

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Dentro de su Golf, Roberto me pasa un mapa de carreteras. - Pásame también un bardolo. Roberto ha puesto una cinta de bakalao a todo volumen. - ¡MÁS ALTO, ROBERTO! ¡MÁS ALTO COÑO! OYE; CARLOS, YO VOY A IR RULANDO UN PORRITO A LA VEZ, ¿VALE? No oigo lo que dice Manolo porque estoy ocupado poniendo rayas. Aplasto las piedritas con la hoja de la navaja y corto la coca y otra vez para que el polvo quede fino. […] Pruebo la coca con el dedo meñique y noto su sabor amargo en la lengua. - ¿QUIÉN ME PASA UN BILLETE? Manolo me pasa un talego con el que me hago un canutillo bien tensado y me meto la primera raya. Enseguida noto cómo la coca empieza a bajar por mi garganta y cómo se me duerme el paladar. Ha sido un buen tiro y el polvo es bueno. Roberto arranca el coche y le mete un acelerón, riendo. Pedro nos sigue, como puede. - ¡VENGA, ROBERTO! ¡ATROPELLA A LA VIEJA! ¡ATROPÉLLALA! Estamos ya en la Castellana y Roberto zigzaguea entre los coches. (HK, 103-104). En el coche, Manolo corta unas rayas. Roberto pone Parálisis Permanente y Ramón le dice que quite esa mariconada, que ponga algo de Trashmetal. Roberto le responde que en su coche pone lo que le da la puta gana y, para joderle bien, cambia la cinta

addobbati come alberi di Natale! (GC, 7) Sorpresa! La coca! Inizia la seratina in versione deluxe! – disse Aldo con un sorriso contento. - Nooo, te pregoooo. La coca no. Io voglio andare a dormire. Domani devo andare al matrimonio di mio cugino… - MA SEI PAZZO?!? Questa è la coca migliore del mondo. Non mi credi? Provala! […] Aldo intanto si era già fatto due piste e tirava su col naso e si strofinava le gengive col dito. - Fatti un tiro, dài! – insisté. E avrebbe insistito così tutta la sera. -Che palle! Un tiro solo e poi mi porti a casa! Emanuele si fece controvoglia la sua striscia e Aldo ripartì con una sgommata. Si lanciarono sul lungotevere. Pino Daniele cantava “’o scarafone!”. - Cazzo però, è buona ‘sta coca! – disse Emanuele sorpreso. – Dove l’hai presa? (GC, 10). - Oddio quanto mi piace Pino Daniele. Ragazzi, ho il fumo. Ce la facciamo una cannetta al volo? – disse Melania con un sorriso ingessato. - Hai visto? C’ha il fumo. Sei un ragazzo fortunato, - fece Aldo.[…] Occhei, facciamoci il cannino della buonanotte… - Vecchio porco schifoso e cannarolo che non sei altro? Ti piace imbustarti a letto

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y pone bakalao a tope. -¿A DÓNDE VAMOS AHORA? -pregunto. -A MÍ ME ES IGUAL. A CUALQUIER SITIO CON MARCHA - dice Manolo. -A MÍ TAMBIÉN -digo. Ramón no dice nada. -¿VAMOS A MALASAÑA? -VALE. -PODRÍAMOS IR A CHUECA, PARA VARIAR. -O A UNA DISCOTECA, A BAILAR. -NO, TRONCO. VAMOS AL SAN MATEO. -¿Y POR QUÉ NO VAMOS A LA VÍA? LA DUEÑA, LA DEL PASTOR ALEMÁN, ESTÁ BUENÍSIMA. -A ÉSA NO TE LA PAPEAS NI DE COÑA, CARLOS. -VENGA, DÉJENSE DE COÑAS Y BAJEN AQUÍ LAS NARICES, JÓVENES, QUE ESTAMOS YA EN FASE DE DESPEGUE. ROBERTO, NO TAN FUERTE, TRONCO, QUE TE LLEVAS LAS RAYAS DE LOS DEMÁS. Roberto arranca. Un Ibiza en la Plaza Castilla nos pita, al abrirse el semáforo. Roberto saca el brazo por la ventanilla y enseña la barra del coche. Manolo y yo reímos. (HK, 108)

stravolto, eh?!? […] Melania rollò rapidamente, tecnica. Fece accendere a Emanuele. Si passavano la canna in silenzio, trattenendo il fumo nei polmoni. Poi Aldo tirò fuori dal cruscotto una bottiglia di whisky e presero a passarsi silenziosamente anche quella. Un sorso, un tiro, un tiro, un sorso. (GC, 14). Correvano sull’Olimpica. […] Fammi una pista, Emanue’, sto a mille. […] Emanuele aveva messo un mucchietto di cocaina su un CD e gli preparava una striscia. (GC, 32) […] Aldo sembrava una pallina impazzita che rimbalza da una parte all’altra del flipper lampeggiando, prendendo bonus e facendo una marea di punti. […] Rallentarono per colpa delle puttane. Una fila di macchine che non finiva più. - Cazzo! E sbrigatevi! Porci schifosi che non siete altro! Aldo si accaniva sul clacson come fosse il joystick di Mortal Kombat. Andate a scoparvi vostra madre! – latrò fuori dal finestrino sganasciandosi dalle risate. […]– E mo’ mi avete rotto il cazzo! – Aldo sterzò bruscamente e si infilò nella corsia di sinistra, contromano. Evitò una Volvo station-wagon per miracolo. […] GUARDA QUELLO!!! – Aldo urlò e inchiodò facendo sbandare il culo della BMW. (GC, 33-34)

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A Roma, come a Madrid, para empezar bien la noche non c’è

“seratina” senza canne o coca: una BMW che corre per l’Olimpica, una Golf che sfreccia lungo la Castellana, musica a tutto volume, bakalao in un caso, Pino Daniele in un altro. La stessa eccitazione, la stessa euforia, ma anche lo “stesso linguaggio”: un nevadito, un porrito, unas rayas, un cannino, una cannetta, un tiro, due piste, una striscia.

Già dagli esempi riportati, si può notare come il lessico della droga nelle opere di Mañas sia particolarmente vario: infatti, ogni sostanza, dalla marijuana alla cocaina, dall’eroina agli acidi, presenta anche uno o più corrispondenti gergali. Per l’hashish, oltre ad espressioni comuni come rular un porro, troviamo hacerse una trompeta, un mai, morder o calentar la piedra, pegar o rular una ele, sacar una china, un kinito, o tener costo. La cocaina non è solo coca, ma escama, farla, farlopa o polvo e, oltre a esnifar, ci si può liar o hacer un nevadito, pegar las narices o las napias, hacerse o pillar un turulo. L’eroina è caballo e jaco e tra le droghe sintetiche, oltre alle pastillas, troviamo pirulas, ajos, frambuesas, Gorbachofs, supermanes, tripis. Gli effetti delle varie droghe provocano un subidón o lasciano emporrados, colgados, enfarlopados, empastillados. Infine, i venditori di droga sono camellos o pasteleros, a seconda del tipo di prodotto che vendono.

Vediamo altri esempi: -Venga, Roberto, que vamos a hacernos una trompeta. (HK, 57) -Roberto, no seas catalán, tronco. Toma, para que te hagas tú también un mai. Manolo corta un cacho de costo con la boca y se lo da a Roberto. (HK, 109) - ¿No tendrás unas pirulillas? (CR, 136) - Me siento en la moto, saco un cartón y hago un turulo (MS, 71) - ... me fui a los San Fermines se me fue un poco la olla con los putos ajos (MS, 6)

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-Bueno, tú. Diez gramazos bien medidos de escama de primera, ¿te vale? (MS, 70) - Más vale ser inglés que ser moro o negro, porque si no ahora estarías pasando caballo en la Gran Vía o ahogándote en el estrecho de Gibraltar (HK, 204) - ¿Hay algo? – le pregunto a Santi. -Espera – Santi saca una china y se pone a rular.( HK, 140) Por la noche, durante la cena, hago lo quer puedo para que no se note mucho lo emporrado que estoy. (HK, 97) El pastelero del barrio me ha dicho que para el viernes debería de haber farla. (HK, 174) Un altro fattore agglutinante del mondo giovanile è l’alcol: trovarsi

in un bar, in un pub o per strada11 a bere insieme è un modo per divertirsi e raggiungere un primo stadio di sballo, spesso completato dall’assunzione di droghe. Questa volta accostiamo brani tratti da Historias del Kronen con altri da Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enrico Brizzi. Fatta salva la profonda diversità tra i due, vi sono però alcune curiose coincidenze che li accomunano: lo stesso anno di pubblicazione, il 1994 e lo stesso clamoroso esordio, l’essere stati entrambi etichettati come romanzo generazionale e la partecipazione in concorso a due prestigiosi premi letterari, il Nadal e il Campiello. Brizzi, appena ventenne, fu definito l’enfant terrible della letteratura italiana e il suo romanzo, il cult-book della “Generazione X nostrana”. Augusto Magistrà su Il Venerdì di Repubblica del 7 ottobre del ’94 lo definì “un libro forte e pieno di vita, rara avis in un paese dove i romanzi sono fiori secchi: magari belli, di sicuro morti”. Ma è sul piano della freschezza e creatività del linguaggio, fatto di parlato ed espressioni gergali - in questo caso il bolognese - che l’accostamento Mañas-Brizzi trova una sua ragion d’essere. Se per Mañas i genitori o gli adulti in generale sono los viejos, los fósiles. los jefes, los corbatos, per Brizzi ci

11 Questo soprattutto si verifica in Spagna: basti pensare al dilagante fenomeno del Botellón.

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sono i parens, i profii, i rot-taryani di merda; se le ragazze dell’uno sono identificate con gli allocutivi zorra, cerda, gorda, piba, pava, tía, per l’altro se sono belle sono entità molto ravanabili, se sono brutte dei roiti, se fighette insulse carlotte; se il denaro viene espresso a Madrid con duro, libra, talego e kilo, a Bologna si paga con il caravaggione.

I seguenti brani ci riportano al nostro discorso sui giovani e l’alcol:

[…] Los demás reímos y yo pregunto si alguien quiere beber algo. -Yo no puedo beber, ya lo sabes. -Joder, Fierro, eres de lo más antisocial. Tómate al menos una cerveza. -Que no puedo, de verdad. -Venga, sólo una cerveza. Seguro que una cerveza no te hace nada. -Pero déjale al chaval, que no puede beber, que se lo prohíbe el médico. -Bah, los médicos no saben nada. ¿Tú, Roberto? -Yo, un Jotabé con cocacola. -¿Y tú, Raúl? -Un zumo de tomate. - ¿Sólo un zumo de tomate? -Sí, nada más. -¿Tú también eres diabético? -No, pero no me gusta beber. -Si bebieras más y pensaras menos, no dirías tantas bobadas. (HK, 13.14) - Qué pasa, Manolo. - Qué pasa, Roberto. Qué pasa, Carlos. - Hola, loco, ponme un Jotabé con cocacola. - Sí, siempre güiscola, ¿eh, Roberto? Sí, pero estoy un poco hasta la bola de emborracharme todos los días. Comienza a ser un martirio. Beber, beber, beber. Así

Si vedeva lontano chilometri che Martino faceva di tutto per non fargli pesare la sua abitudine a sabati sera molto più strong – in macchina fino a Riccione, tanto per cominciare, circondato da decurie di fighette sedicenni sboccanti. […] Per via che non voleva fargliela pesare, la differenza, quel sabato che si doveva seguire la formula Serata Etilica E Stai A Dormire Da me, Martino aveva accettato di accompagnare il vecchio Alex in una delle solite osterie di via del Pratello a spanarsi di ceres col caravaggione che l’ineccepibile avrebbe estratto dal portafogli al momento del conto. […] Parlavano e ridevano e parlavano, il tasso alcolico che cresceva con calma inesorabile; e poi erano usciti fuori a sfoderare altre cazzate nella notte bolognese […]. Quando avevano fatto sosta in Piazza Minghetti il vecchio Alex era proprio bello cotto, ormai. Così, su il cappuccio della felpa, seduti a braccia conserte e buonanotte, tanto quella sera non c’erano orari né interrogatori tipo adesso mi dici cos’hai bevuto, quanto hai speso, tu puzzi di fumo, figliolo… Non aveva nessun’idea dell’orario, e Martino l’aveva risvegliato a testate: il

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los torturaban en la Edad Media. Con un embudo, imagínate. No han mejorado mucho las técnicas desde entonces. -Esos ojos tan rojos no son de beber, ¿eh, Roberto? - Ya te digo. Hoy ha sido un buen día. - Hey. Que yo también existo. - Perdona, Carlos. ¿Otro güiscola? -Sí. Jotabé (HK, 62).

vecchio Alex si sentiva gli occhi cisposi e l’ineccepibile voleva trascinarlo in Strada Maggiore per vedere se era ancora aperto un posticino che sapeva lui dove servivano della birra verde da urlo praticamente a qualsiasi ora. (JF, 43-44)

Di nuovo, nel caso di Mañas, registriamo una certa ricchezza e

varietà di vocaboli riguardanti l’alcol e i suoi effetti. Al bar, in discoteca o alle feste si beve birra, bevande che mescolano alcol e bibite o liquori: caña, clara, mini, botellín, litrona, tercio, cubata, güiscola, Jotabé, Huaitlabel, Cutishark, Ballantains, Beilis, Gekdeniels. Gli effetti del bere (e/o del fumare) vengono espressi con: clavo, borracho, estar clavado, estar pedo, tener pedo, tener resaca. In questo caso il processo di creazione linguistica si rivela sul piano morfosintattico attraverso formazioni come güiscola (güisqui + coca cola) e neologismi grafici dovuti all’adattamento di anglicismi: Jotabé sta per J&B, Ballantains per Ballantines, Huaitlabel per White Label, Beilis per Bailey’s.

Se ci fermiamo a riflettere sulla traduzione in italiano degli esempi sopra riportati, volendo mantenere la freschezza e la vivezza dell’originale, ci rendiamo presto conto che l’unica maniera è ricorrere agli slang giovanili che, nel nostro Paese, si formano, prevalentemente, a livello regionale.

Un utile strumento, a tal fine, ci è offerto da due dizionari-on line, attualmente disponibili sulla rete. Si tratta di Slangopedia, un fiume di parole e Linguagiovani. Il primo nasce come conseguenza di un’inchiesta di copertina del settimanale l’Espresso del 19 novembre 1998 (“Parliamoci in Under-18”, a cura di Maria Simonetti): chiunque può contribuire ad arricchire questa enciclopedia dello slang, inviando una e.mail all’indirizzo indicato sul sito12, dove, ogni due settimane, il dizionario viene aggiornato. Attualmente appaiono circa 700 espressioni accompagnate da una breve

12 www.espressoonline.it/eol/free/jsp/detail.jsp?m1s=null&m2s=so&idCate

gory=48>>> http://espresso.repubblica.it/slangopedia

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definizione, il contesto in cui s’impiegano, la zona di provenienza, il nome e l’indirizzo e-mail di chi fa la proposta. Anche Linguagiovani 13 è un dizionario interattivo in cui chiunque è invitato a segnalare parole che ritiene tipiche del linguaggio giovanile. Il sito è espressione del “Centro di documentazione LinguaGiovani” che ha sede presso il Dipartimento di Romanistica dell'Università di Padova ed è coordinato da Michele Cortelazzo:

Grazie a questo sito da anni gli studiosi del linguaggio giovanile italiano si tengono in contatto tra loro, pubblicano gli strumenti necessari alla ricerca (bibliografia, questionari, link a siti italiani ed esteri, raccolta di articoli giornalistici sull’argomento), documentano le loro ricerche, ragionano sugli sviluppi dei loro studi14. L’archivio del dizionario, con le voci inserite on-line tra il 1997 e il

2001, comprende un consistente corpus di parole (circa 1950), tutte catalogate in ordine alfabetico, con definizione e relativa contestualizzazione, città o regione di provenienza e anno. Vi è poi il dizionario dell’anno in corso che, per il 2005, vede un centinaio di entrate, di cui 68 arrivate durante l’estate15.

Tornando ai campi semantici presi in considerazione, dall’esame dei due dizionari, emerge una sorprendente prolificità. Vediamo così che i sinonimi di canna o spinello sono una quarantina, provenienti da varie zone d’Italia e diversamente datati. Come si può evincere dagli esempi che seguono, alcuni di essi sono riportati da entrambi i dizionari giovanili:

13 www.maldura.unipd.it/linguagiovani/ 14 Dall’articolo «Linguaggi e mode: dimmi come parli, ti dirò quanti anni

hai: le nuove frontiere del lessico giovanile» ne Il Gazzettino di venerdì 16 settembre 2005, pag.14.

15 Dallo stesso articolo della nota precedente, sempre Cortelazzo: “La gran parte del lessico giovanile è costituito da termini creati dai giovani e usati solo da essi. Si tratta di parole effimere, che magari vivono una sola stagione (da “gabibbare”, comportarsi da cretino, a “putrido”, tenero, affettuoso). Seguono le parole del gergo tradizionale (come “sgamare”, cogliere sul fatto o “lumare”, fissare con interesse a scopo di corteggiamento), i colloquialismi, i forestierismi, i regionalismi. Invece, contro ogni attesa, sono praticamente inesistenti gli apporti tratti dai mass-media”.

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barbuti (LG, Vicenza, 2000) bomba (LG, Bolzano, 2000) (ES, Abruzzo) brazieiro (ES, Piacenza) brazza (LG, Genova, 2000) buro (LG, Padova, 2000) (ES, Padova) cannuccia (LG, Milano, 1998) cecio (ES, Varazze, SV) ceppo (LG, Venezia, 2000) chioppo (LG, Varese, 2001) cippone (LG, Milano, 2001) ciurmacca (ES, Costa Adriatica) diera (ES, Udine) drella (LG, San Cesareo, 2000) fiamma (LG, Firenze, 1998) fraccozzo (LG, Catania, 2001) fransimoglio (LG, Napoli, 2000) gibbo (LG, Brescia, 1998) ginghello (LG, Milano, 2000) giunto (LG, Varese e Reggio Emilia, 2000) missile (LG, Como, 2000) pannocchia (LG, Carbonia, 2000) pelledro (LG, Napoli, 2000) petarda (LG, Como, 2000) petardo (LG, Tolmezzo, 2000) pit (LG , Bolzano, 2000) porra (LG, Venezia e Bologna, 2000) (ES, Modena) ranzano (LG, Firenze, 1998) scandroglio (LG, Varese, 2001) shonsz (LG, Salerno, 2000) stoppino (LG, Padova, 2000) stroppa (ES, Padova) sturo (LG, Padova, 1998) tizzone (ES, Genova) treglia (LG, Salerno, 2000) tromba (LG, Padova, 2000) tronca (LG, Bologna, 1998)

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tronello (LG, Varese, 1998) tubo (LG, Viareggio, 1999) tarello (LG, Modena, 2000) veccia (ES, Perugina-Gubbio) viola (LG, Parma, 1999) (ES, Desio, Milano) vurpo (LG, Taranto, 2000) Per riferirsi alla cocaina si usano: bamba (LG, Milano, 2000) (ES, Desio, Milano) barella (LG, Milano, 2005) (ES, Milano) calcina (LG, Ancona, 2001) fecola (LG, Bologna, 2000) paparina (ES, Sicilia) spolvera (LG, Brescia, 2000) svelta (LG, Roma, 1998) zarsa (LG, Torino, 2001) e all’eroina: bolgia (LG, Brescia, 2000) bonza (ES, hinterland milanese) lenta (LG, Roma, 1998) Se passiamo alle espressioni che designano chi fa consumo di

droghe, il modo di assumerle e gli effetti delle stesse, ritroviamo invenzioni spesso ludiche e fantasiose:

bogino (LG, tossico, Brescia, 2000) bruciato (LG, fumato o in fattanza, Bologna, 2001) buino (LG, drogato. Es. Stai attento, c’è pieno di buini lì, Livorno, 2000) cannaiolo (LG, Varese, 2000) cannato (LG, colui che si canna, Bolzano, 2000) doppino (LG, tossicodipendente. Es. I giardini sono pieni di doppini, Sassari 2000) droghino (LG, drogato. Es. Quello sulla panchina è un droghino, Bolzano, 2000)

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essere gonfi (LG, avere fumato troppo, Genova, 2001) fattone (LG, drogato perso, Firenze, 2000) fattanza (ES, stato fisico di completo stordimento anche per essersi iniettato eroina, Bologna) fattone (LG, drogato perennemente, Milano, 1998) fumato (LG, fatto, Varese, 2000) impasticcato (LG, colui che prende pasticche, Bolzano, 2000) incapato (LG, impasticcato, poco lucido, Caserta e Napoli, 2000) mizzo (LG, uno che ha fumato spinelli e sta fuori. Es. Quello sta mizzissimo, sto veramente mizzo, Mario ha addosso una mizzuria, Abruzzo e Marche, 2000) paglionaro (LG, uno che si fa le canne, Mantova, 2000) pettone (LG, uno che si buca, Bergamo, 2001) sprizzone (LG, Trento, 1999) strambato (LG, Torino, 2000) toffa (LG, tossicodipendente, Milano, 1998) basare (LG, tirare di cocaina, Milano, 2000) brasare (LG, fumare uno o più spinelli, Es. Mi sono brasato il cervello, Lugano, 1999) (ES, Pavia) calarsi (LG, assumere droghe chimiche, Milano, 1998) (ES, tutta Italia) camogliare (preparare e consumare droghe leggere. Es. Dai! Andiamo a camogliare al Parco Sempione, Mariano Comense, 2000) ciffare (LG fumare marijuana e affini. Es. Ieri sera abbiamo ciffato a manetta, Padova, 2000) cremare (LG, fumare canne. Es. Sono troppo fuso, ho cremato tutto il pomeriggio, Torino, 2000) far su (LG, preparare o rollare una canna, Como e Padova, 2000) gremare (LG riscaldare il fumo. Es. Grema, che poi rollo la kanna, Milano, 2000) intacchinarsi (LG, tipica espressione facciale che si accusa dopo aver fumato molti spinelli, Venezia, 2000) intrupparsi (ES, fare uso di stupefacenti, Torino) pippare (LG, tirare cocaina, Padova, 2005, Voce di tradizione almeno decennale, registrata in Ambrogio Casalegno, con diversi esempi a partire dalla canzone Si va via di Jovanotti del 1994). rollare (LG, fumarsi una canna, Como, 1998)

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schiumare (LG, fumarsi una canna. Es. Oh bella, questa sera si schiuma, Milano, 2000) schizzarsi (LG, drogarsi d’eroina, Montepulciano, 2000) spruzzarsi (LG, drogarsi con eroina, Milano, 2000) Anche per quanto riguarda l’assunzione di alcol, abbondano i

sinonimi di sbronza, ubriacatura, ubriacarsi e di nuovo appare uno slang scherzoso e colorito:

alcolizzarsi (LG, ubriacarsi, Como, 2000) andare in botta (LG, ubriacarsi, farsi di tutto un po’, Pontedera, 2000) avere la gazza (LG, essere ubriaco, Portomaggiore, 2001) basa (LG, ubriacatura. Es. Ho bevuto 10 gin e avevo una basa spaziale, Parma, 2000) berscia (LG, sbronza bella tosta, Ticino, 1999) bresco (LG, ubriaco, Bologna, 1998) cabrio (ES, persona completamente sbronza, quindi “aperta” come una macchina cabrio, Nordest) cignata (LG, ubriacatura, Montevarchi, 2000) ciocco (LG, ubriaco, Brescia, 2000) ciucco (LG, essere in stato di ebrezza. Padova, 2005) essere in cassa (LG, Quando sei ubriaco che non ci stai dentro, sei “in cassa”, Bologna, 2001) (ES, Mi sono preso una cassa pesissima, Bologna) essere pieno come una mina (LG, ubriaco, Domodossola, 1998) essere sverso (LG, ubriaco, Monza, 2000, Genova, 2001) filtrare (LG ubriacarsi, Brescia, 2000) imbastito (ES, ubriaco, Cremona) imbrescarsi (LG ubriacarsi, Bologna, 1998) impitonarsi (LG, ubriacarsi, Monza, 1999) mina (LG, forte ubriachezza, Venezia, 2001) mina (LG, ubriacatura, Mantova, Tolmezzo e Tarvisio, 2000) non starci dentro (LG. Es. Ho fumato/bevuto troppo, non ci sto più dentro, Brescia, 1998) piegarsi come una graziella (LG, ubriacarsi e drogarsi in modo esagerato, Milano, 2000) piomba (LG, bevuta veramente letale, Bellinzona, 2000) prendersi una balla (LG, ubriacarsi, Brescia, 2000)

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prendersi una cassa (LG, sbronza, Bologna, 1998) scimmia (LG, sbornia, Fermo, Vicenza, 2000) tega (in) (LG, stato di ubriachezza avanzata. Es. Sono bastate due dita di vino per farmi andare in tega ieri!!!., Padova, 2005) tazzare (LG, bere alcolici. Es. Stasera si può andare a tazzare!, Milano, 2001) tirarsi neri (LG, ubriacarsi, Ticino, 1998) valigia (LG, ciucca, sbornia, Torino, 2000) La riflessione fin qui condotta ci porta a una conclusione cui

eravamo arrivati già con il precedente lavoro su Mañas. Infatti, anche in quel caso, rilevammo l’apporto fondamentale derivante dall’italiano del cosiddetto “piano locale” poiché, se ci fossimo limitati a lavorare esclusivamente con le “parole a lunga durata”, non avremmo potuto far rivivere, nella nostra lingua, la creatività e la vivacità linguistica dello scrittore spagnolo. In fin dei conti, si tratta di un’apertura alla lingua parlata (a dire il vero, imposta in partenza dall’originale) la cui validità abbiamo cercato di supportare anche con esempi tratti da opere di giovani romanzieri italiani. Si è parlato di apertura perché nel panorama letterario italiano il concetto di “lingua italiana parlata” fatica ancora a farsi strada. Lo conferma la scrittrice Carmen Covito16:

Da una parte ci sono gli scrittori-letterati che non si sono accorti di niente. “La lingua italiana PARLATA? E che cos’è? Che vuole? Non si intrometta, non ci infastidisca, ci lasci lavorare. Essi continuano a scrivere in una lingua canonicamente letteraria, tutta impostata sui registri alti se non addirittura aulici, possibilmente vaghi e se proprio non è possibile essere vaghi, allora che la lingua sia perlomeno neutra, liscia, depilata e deodorata da ogni sentore di vita. Quando nei dialoghi di un romanzo non riuscite a distinguere un personaggio dall’altro perché tutti parlano allo stesso modo, che è poi il modo del narratore, be’, non abbiate dubbi: vi trovate in presenza di uno scrittore-letterato C.N.S.E.A.D.N. (che-non-si-è-accorto-di-niente).

16 «Alla ricerca della lingua italiana: l’italiano integrato». Sul sito

www.carmencovito.com/italiano/html

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Come se la vita fosse una cosa e la letteratura un’altra. Pier Vittorio Tondelli17 ricordava che la lettura delle lettere di presentazione - dal tono colloquiale e personale - che giovani aspiranti scrittori gli recapitavano per allegare i loro manoscritti, spesso era più interessante delle trecento pagine di racconto vero e proprio. Questo lo portava ad affermare:

La scrittura ha a che fare con un percorso che insegue tutta la gamma dei linguaggi possibili. Non può e non deve esserci un parametro di letterarietà. Mi piace incoraggiare quelle che sento, nel testo, come trasgressioni rispetto al linguaggio stereotipato di certa letteratura. Il problema fondamentale sta nella consapevolezza di come poter usare il linguaggio. Preferisco senz’altro quelle scritture che tentano una mimesi del parlato, che fanno ricorso all’uso dello slang giovanile, sempre in continuo aumento.

17 «Tondelli su Tondelli» a cura di Umberto D’angelo, Francesco Feola,

disponibile alla pagina web: www.minimumfax.com/video/2001/9/09_parola_di_scrittore.pdf

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www.espressonline.it www.joseangelmanas.com www.maldura.unipd.it/linguagiovani/