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Itinerando Senza confini dalla preistoria ad oggi Studi in ricordo di Roberto Coroneo a cura di Rossana Martorelli Volume 1.3 Itinerando Senza confini dalla preistoria ad oggi Studi in ricordo di Roberto Coroneo a cura di Rossana Martorelli 1.3 Morlacchi Editore www.morlacchilibri.com | euro 35,00 ISBN/EAN

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ItinerandoSenza confinidalla preistoria ad oggi

Studi in ricordo di Roberto Coroneo

a cura di Rossana Martorelli

Volume 1.3

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5,00 ISBN/EAN

Università degli Studi di Cagliari

Dipartimento di Storia, Beni culturali e Territorio

“itinerando”senza confini dalla preistoria ad oggi

Studi in ricordo di Roberto Coroneo

a cura di Rossana Martorelli

Volume 1

Cagliari - Scuola sarda editrice 2014

ItinerandoSenza confini

dalla preistoria ad oggi

Volume 1.3

Morlacchi Editore

Pubblicazioni del Dipartimento di Storia, Beni culturali e Territoriodell’Università degli Studi di Cagliari

Archeologia, Arte e Storia

Comitato scientificoFrancesco Atzeni, Cecilia Tasca, Rossana Martorelli,

Raffaele Cattedra, Ignazio Macchiarella, Marco Giuman

Volume 1.3

Progetto grafico: Scuola Sarda EditriceCopertina: Teresa FarrisImpaginazione: Scuola Sarda Editrice

ISBN: 978-88-6074-724-2

Copyright © 2015 by Morlacchi Editore, Perugia. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la copia fotostatica, non autorizzata. Mail to: [email protected] | www.mor-lacchilibri.com. Finito di stampare nel mese di novembre da Digital Print-Service, Segrate (MI).

INDICE

Per Roberto Coroneo (Francesco Atzeni) .................................................................... 13

Un amico, un collega: ricordando Roberto Coroneo (Giulio Paulis) ............ 15

“itinerando” senza confini dalla preistoria ad oggi. Le ragioni di una scelta (Rossana Martorelli) ......................................................................................... 21

Scritti di Roberto Coroneo (Andrea Pala) ................................................................... 25

Alle origini della civiltà: realtà e mito

Usai Emerenziana, Villa Verde (Or) dalla preistoria all’età romana ......... 43

Cicilloni Riccardo, Considerazioni sul rapporto tra ipogeismo e mega-litismo dolmenico nella Sardegna preistorica .................................................. 69

Ugas Giovanni, L’isola del continente: l’Atlantide tra fantasia e storia ... 87

L’Antico dei Greci e dei Romani attraverso i secoli

Leurini Luigi, ΤΟΠΑΣΤΙΚΟΝ ΤΟ ΓΥΝΑΙΟΝ. Ancora su Abrotono negli Επιτρεποντεσ di Menandro ........................................................................... 105

Angiolillo Simonetta, Atena balza, danza la pirrica, scuote lo scudo, palleggia la lancia (Luc. Dial. deor. 8) ................................................................. 121

Floris Pier Giorgio, La presenza degli Antonii nell’epigrafia di Karales ... 147

Porrà Franco, Ancora sull’iscrizione cagliaritana Ilsard I 52 ....................... 163

Artizzu Danila, Alcune considerazioni sui paesaggi rurali antichi del Gerrei ........................................................................................................................................ 179

Dadea Mauro, Acquisizione con integrazione al patrimonio epigrafico paleocristiano della Sardegna ................................................................................... 199

Piras Antonio, La vanificazione dei sacrifici pagani: origine ed evolu-zione di un topos agiografico ..................................................................................... 229

Giuman Marco, L’asino di Pantelleria e il cavallo di Troia. A proposito della contrapposizione tra romanità ed ellenismo nella propaganda di guerra fascista .............................................................................................................. 245

Floris Antioco, Leni Riefenstahl e la rimediazione dell’arte classica ....... 263

D’Oriano Rubens, Brevi riflessioni sull’utilità dell’antico ............................... 281

Bisanzio: un grande impero nel Mediterraneo fra tardoantico e medioevo

Russo Eugenio, Il Lapidario di Ayasofya a Istanbul. Le sculture archi-tettoniche della chiesa di S. Sofia teodosiana .................................................. 301

Moi Daniela, Istanbul, edificio funerario di Silivri-Kapi: aspetti generali ed analisi di uno dei monumenti contenuti al suo interno .................... 325

Vargiu Luca, Stile e convenzioni. Belting, Kitzinger e l’icona mariana del Sinai ................................................................................................................................... 349

Pergola Philippe, Iles, mer et “continents”. Reflexions autour du monde insulaire en Mediterranee nord occidentale post classique .... 363

Utrero Agudo De Los Ángeles Maria, Bisanzio e l’architettura tar-doantica e altomedievale ispanica. Revisione di un lungo legame ..... 377

Sanna, Fabrizio, Scultura architettonica bizantina nella penisola iberi-ca .................................................................................................................................................. 403

Johnson Mark, Santa Maria di Mesumundu a Siligo e gli edifici rotondi nei cimiteri cristiani della tarda antichità: datazione e funzione ...... 425

Panico Barbara, Spanu Pier Giorgio, Zucca Raimondo, Civitates San-cti Marci, Sancti Avgvstini, Sancti Salvatoris et Oppida Domu de Cubas, Sancti Satvrnini, Sancti Georgii in saltibus de Sinnis ........... 441

Serra Paolo Benito, Crocette metalliche di ambito funerario altomedie-vale dalla Sardegna ......................................................................................................... 475

Putzu Ignazio, Il repertorio linguistico sardo tra tardo-antico e alto me-dio evo. Un breve status quaestionis ..................................................................... 497

Il medioevo dall’Oriente all’Occidente

Martorelli Rossana, Su due pilastrini ad intreccio di epoca altome-dievale dall’Iran .................................................................................................................. 523

Virdis Alberto, Le absidi di Abu Gosh. Pittura murale in Terrasanta nel XII secolo ................................................................................................................................ 545

Istria Daniel, L’eglise medievale San Parteo de Mariana (Lucciana, Haute-Corse). Proposition de relecture de l’architecture et nouvelles interpretations ..................................................................................................................... 561

Serra Patrizia, Pratiche testuali e discorso diretto nel Condaghe di San Nicola di Trullas ................................................................................................................ 581

Mele Giampaolo, Su alcune testimonianze storico-innografiche nella “Chronica Monasterii Casinensis” ........................................................................ 595

Fois Barbara, Ancora sui “poriclos de angaria” e la viabilità nell’Arbo-rea giudicale .......................................................................................................................... 627

Fadda Bianca, Nuovi documenti sulla presenza dell’Opera di Santa Ma-ria di Pisa nella Gallura medievale (1112-1401) ............................................. 645

Pistuddi Anna, Note sul “maestro” En[ricus] della chiesa di Santa Ma-ria di Tergu (SS). Contributo allo studio ............................................................. 661

Salvi Donatella, Da Cagliari a Decimo: elementi architettonici di età romana e medievale della cattedrale di Cagliari ritrovati per caso. Una curiosa storia di marmi dispersi ................................................................... 677

Serra Renata, Frammenti scultorei della cattedrale romanica di Orista-no ................................................................................................................................................. 703

Columbu Stefano, Marchi Marco, Carcangiu Tiziana, Le vulcaniti mioceniche sarde utilizzate come materiali costruttivi nell’architet-tura storica: l’esempio della chiesa romanica di San Pietro di Zuri (Sardegna, Italia) ............................................................................................................... 727

Poli Fernanda, Il portale medievale settentrionale della Basilica di San Gavino a Porto Torres (Sassari) ................................................................................ 745

Curreli Elisabetta, Il tema dei cavalieri affrontati nel medioevo: alcu-ne osservazioni sulla scultura del portale romanico di San Gavino di Porto Torres (Sassari) ................................................................................................ 757

Nonne Claudio, Anedda Damiano, L’inedita chiesa di Santa Lucia di Lachesos a Mores (SS). Contributo allo studio dell’architettura me-dievale in Sardegna .......................................................................................................... 771

Usai Nicoletta, Il San Giovanni Battista della Cripta di Santa Restituta a Cagliari. Studio preliminare di un dipinto medievale ........................... 813

Tasca Cecilia, I quartieri ebraici nella Sardegna medioevale: la “ juha-ria” di Castell de Càller ................................................................................................. 837

Pala Andrea, I gémellion dell’ex cattedrale di Othana. Aspetti e proble-mi di due suppellettili liturgiche medievali ....................................................... 855

Paulis Giulio, La famiglia lessicale di maskare nel sardo medievale e moderno. Una storia di parole tra linguistica e folklore ........................... 877

Cadinu Marco, I monumenti e le loro strade: per una nuova geografia culturale delle città e del paesaggio periurbano. Una rete di itinera-ri tra Cagliari, Santa Maria di Sibiola, Sant’Efisio di Nora .................. 891

Il medioevo dalla Spagna alla Sardegna

Guardia Milagros, El Oratorio de la Catedral de Roda de Isábena y su decoración pictórica ......................................................................................................... 917

Sari Aldo, Assimilazione, rielaborazione e permanenze in Sardegna di linguaggi architettonici e di modalità costruttive propri del gotico catalano .................................................................................................................................. 939

Tanzini Lorenzo, Le prime edizioni a stampa in italiano del Libro del Consolato del mare ........................................................................................................... 965

Gallinari Luciano, Sobre las relaciones entre Juan I de Aragón y los jueces de Arborea (1379-1396) ................................................................................... 979

Schena Olivetta, La pergamena di Pietro IV d’Aragona al nobile Ponç de Jardí. Note paleografiche e diplomatistiche ................................................ 993

Cioppi Alessandra, Come approvvigionare un castello sotto assedio nella Sardegna del XIV secolo ................................................................................... 1009

Meloni Maria Giuseppina, Pere Canyelles e la sua famiglia. Contributo allo studio delle élites urbane sardo-catalane (XV secolo) ...................... 1023

Serreli Giovanni, La politica territoriale dei Carròs nel XV secolo .......... 1037

Pillittu Aldo, Una nuova scultura marmorea tardomedievale: il Sant’Antonio abate del complesso antoniano di Cagliari ........................ 1055

L’età moderna

Paba Tonina, Feste di canonizzazione nella Sardegna spagnola ................... 1077

Granata Giovanna, Biblioteche religiose e circolazione libraria alla fine del ’500. Prime note quantitative .................................................................. 1097

Spanu Gian Nicola, Iconologia della tromba nell’arte sarda e nell’Inco-ronazione di spine della chiesa di S. Caterina (Sassari)........................... 1117

Alcoy Rosa, Presencias que inspiran y ángeles confidentes. Modelos medievales e iconografías medievalizantes ....................................................... 1135

Olivo Patricia e Porcella Maria Francesca, Il Retablo di San Marti-no di Oristano. Nuove acquisizioni storiche e rilettura iconografica alla luce del recente restauro ...................................................................................... 1155

Siddi Lucia, Il Retablo di Lorenzo Cavaro nella Parrocchiale di Gonnos-tramatza: rilettura dopo il restauro ....................................................................... 1201

Farci Ida, Le chiese della Purissima e del Santo Sepolcro a Cagliari. Nuova datazione su inediti d’archivio ................................................................. 1227

Pasolini Alessandra, Una Madonna dendrofora a Cagliari? ......................... 1255

Zanzu Giovanni, Dipinti scomparsi ................................................................................ 1275

Dettori Maria Paola, La figura di San Giorgio di Suelli, le storie e i miracoli della sua vita in una lastra inedita di Alessandro Baratta . 1287

Cortini Maria Antonietta, Ancora a proposito di “arti e lettere” in due famose novelle di Bandello (I 58, II 10)................................................................ 1309

Fresu Rita, La guida (turistico) artistica: appunti per la storia linguisti-ca di un genere ..................................................................................................................... 1327

Vasarri Fabio, Montaigne nel Pantheon di Chateaubriand ........................... 1345

Crasta Francesca Maria, Il corpo spirituale: sull’ontologia della mate-ria sottile tra antichi e moderni ................................................................................ 1359

Murgia Giovanni, L’insorgenza rurale nella Sardegna del triennio rivo-luzionario (1793-1796) .................................................................................................... 1373

Loche Annamaria, Rousseau e Bentham: due prospettive sulla demo-crazia ......................................................................................................................................... 1389

Ottocento e Novecento

Pusceddu Enrico, Il collezionista inglese William Middleditch Scott (1835-1916) e la tavola della Madonna in trono col Bambino, ange-li e committenti del Maestro di Castelsardo.................................................... 1407

Mura Anna, Scelte linguistiche e innovazione nel periodico Indicatore sardo .......................................................................................................................................... 1431

Ortu Gian Giacomo, Specchi di identità ..................................................................... 1449

Marcialis Maria Teresa, Realtà, esistenza, essenza nell’estetica di San-tayana ....................................................................................................................................... 1461

Serra Valentina, Variazioni postmoderne del Romanzo dell’artista: Die Trilogie der Entgeisterung di Robert Menasse ............................................. 1477

Costa Roberta, La ricezione della musica “medievale” nella musicolo-gia italiana del primo Novecento ............................................................................ 1493

Atzeni Francesco, Cultura e politica nelle riviste tra dopoguerra e fasci-smo .............................................................................................................................................. 1507

Campus Simona, Joan Miró: immagini per la poesia ........................................... 1523

Ladogana Rita Pamela, L’aula Magna del Rettorato dell’Università di Cagliari alla luce di documenti inediti ................................................................ 1539

Orsucci Andrea, Appunti per un progetto di ricerca: Curzio Malaparte nell’ottica della storia delle idee. Reminiscenze, ‘ombre’ e ‘calchi’ ..... 1561

Di Felice Maria Luisa, Controllo politico-sociale e riforma agraria in Sardegna (1950-1962). Reti operative, tecniche di propaganda e per-suasione ................................................................................................................................... 1579

Frongia Maria Luisa, Ricordando Nivola ................................................................... 1595

Bruni David, Lifeline (2002, Víctor Erice). Un poema cinematografico sul tempo ................................................................................................................................. 1619

Lavinio Cristina, Per lo studio del parlato nel cinema ‘sardo’ ....................... 1635

Tiragallo Felice, Figure mobili nel paesaggio. Note sull’immagine del pastore nel cinema in Sardegna .............................................................................. 1653

Nieddu Anna Maria, Costruire la propria umanità: etica e impegno ci-vile in e attraverso George H. Mead ...................................................................... 1679

Cabizzosu Tonino, Il contributo dei vescovi sardi al Concilio Vaticano II.. 1697

Aspetti della realtà di oggi

Macchiarella Ignazio, Le parole del dolore: il canto dello Stabat ma-ter a Cuglieri ......................................................................................................................... 1717

Virdis Maurizio, Ello, i clitici e le periferie in sardo ............................................. 1733

Montinari Stefano, Passeroni Maria, Casa Garau a Collinas. Storia di un entusiasta collezionista e della sua casa ................................................ 1747

Tanca Marcello, Geografia e arte. Appunti per una ricerca ............................ 1791

Natoli Claudio, Antifascismo, resistenza, costituzione: una lezione in piazza al Bastione di Saint Remy a Cagliari .................................................... 1805

Cossu Tatiana, Beni culturali, paesaggi e beni comuni: note di antropo-logia del patrimonio ......................................................................................................... 1823

Mattana Fabrizio, Roberto Coroneo e il corso di laurea in Operatore Culturale per il Turismo ................................................................................................ 1837

Indice alfabetico degli autori ................................................................................................ 1843

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LE PAROLE DEL DOLORE: IL CANTO DELLO STABAT MATER A CUGLIERI

Ignazio MacchiarellaUniversità degli Studi di CagliariDipartimento di Storia, Beni Culturali e [email protected]

Riassunto. A Cuglieri, nel Montiferru, viene praticata una complessa espressione di canto a più parti vocali trasmesso oralmente, molto conosciuta da un largo pubblico di “appassionati” dell’isola e fuori, ma poco studiata dal punto di vista etnomusicologico. Il testo propone un primo contributo a carattere analitico, soffermandosi su uno dei meccanismi esecutivi dello Stabat Mater.

Parole chiave: Canto a cuncordu, Multipart Singing, Stabat Mater, Cuglieri.

Abstract. In the village of Cuglieri (Montiferru area – Centre Sardinia) a very complex orally transmitted multipart singing is practiced. It is well known by a large passionate audience, but almost neglected by ethnomusicological studies. I propose an introductive analysis focussing one the mechanisms to sing the Stabat Mater.

Keywords: Multipart Singing, A cuncordu singing, Stabat Mater, Cuglieri.

Ciascuna espressione di canto a più parti vocali trasmesso oralmente prevede diversi meccanismi di interazione collettiva, attualizzati e vivificati ogni volta nell’atto della performance. Nel caso delle pratiche specialistiche in numerus clausus, nelle quali ogni singola parte viene realizzata da un solo esecutore (Macchiarella, 2012), studiare tali meccanismi vuol dire verificare ciò che con essi è stato fatto per cercare di comprendere ciò che è possibile fare. Ogni esecuzione va infatti interpretata come risultato di un saper fare partecipato che permette il manifestarsi concertato, ogni volta diverso, di interazioni fra individui sulla base di regole condivise. Lungi dal costituire una mera riproposizione di brani (vale a dire di successioni di note con un inizio, una fine prestabiliti), cantare oralmente a più parti vocali significa dar vita a costruzioni musicali momentanee, imperniate sulla memoria di tracciati acustici condivisi (Lortat-Jacob, 2011), frutto, per larghi tratti imponderabile, dell’incontro fra competenze individuali (capacità esecutive, intenzionalità, passione per il canto, specificità timbrico-coloristiche dell’emissione vocale eccetera), in cui si rappresenta la qualità delle relazioni fra gli esecutori – e, in situazioni contestuali, fra gli esecutori e gli ascoltatori locali.Segnate dalla singolare personalità dei diversi protagonisti, cantori e

1718 “itinerando” senza confini dalla preistoria ad oggi

ascoltatori, le varie pratiche locali presentano tratti di peculiarità più o meno marcata, concernenti non solo la produzione sonora in sé ma anche i modi e gli scenari esecutivi, ed i significati attribuiti all’espressione musicale. Al di là di tali specificità, l’analisi di particolari meccanismi esecutivi è indispensabile per una più articolata definizione dei processi generali di interazione musicale che definiscono le musiche a più parti (multipart music) come uno specifico «mode of musical thinking, expressive behaviour and sound» (Macchiarella, 2012 p. 5). In questa direzione vanno le pagine seguenti che vogliono offrire delle osservazioni analitiche su una pratica esecutiva specialistica di estremo interesse, quella del cosiddetto canto a cuncordu di Cuglieri.

I discendenti de tziu TotoniLa realtà del canto a più parti vocali di Cuglieri è decisamente fra le più note agli “addetti ai lavori” ed al vasto pubblico degli “appassionati della musica tradizionale” dell’isola e del Continente. Documentato svariate volte, già a partire dalle prime ricerche dell’etnomusicologia italiana, esso, stranamente, non ha ancora ricevuto un adeguato studio monografico1.Nel complesso, la pratica cuglieritana presenta meccanismi esecutivi per intonare testi religiosi (quasi sempre in latino, provenienti da libri ecclesiastici) all’interno di contesti liturgici, paraliturgici e devozionali, e per cantare testi profani in sardo (talora provenienti dalla letteratura scritta

1 Le più antiche fonti sonore finora conosciute sono le quattordici registrazioni realizzate a Cuglieri da Giorgio Nataletti – fondatore del Centro Nazionale Studi di Musica Popolare di Roma (Giannattasio, 1998) – il 31 marzo 1950 ed incluse nella raccolta CNSMP 14 (se ne veda la descrizione nel catalogo on-line http://bibliomediateca.santacecilia.it/bibliomediateca – va segnalato che nelle schede di accompagnamento compare il termine Tenores per definire il gruppo di cantori che esegue il Miserere e lo Stabat Mater, una denominazione di cui nessuno oggi ha memoria; mentre il termine Concoldu (sic!) viene usato per le tre parti di accompagnamento di una improvvisazione poetica in ottave di endecasillabi documentata dagli ultimi quattro brani della serie). Lo stesso Nataletti utilizzò tali materiali anche nella realizzazione delle sue trasmissioni per Radio Sardegna, ed essi hanno continuato ad essere più volte irradiati in vari programmi della stessa emittente regionale. In tempi più recenti, registrazioni di esecuzioni a più parti sono tra l’altro contenute in: Lortat-Jacob, 1992; Arcangeli et al., 1987; Sassu, ed. 1995; Addis, 2003; Corimbi, 2008; Macchiarella & Mele, ed. 2008.

Le parole del dolore: il canto dello Stabat Mater a Cuglieri 1719

in limba) destinati alle situazioni dell’intrattenimento collettivo. Mentre le espressioni religiose, in virtù della loro precisa contestualizzazione nel corso dell’anno – e in particolare del fondamentale legame con la ritualità della Settimana Santa, l’evento festivo cardine della vita sociale del paese – godono di una larga partecipazione esecutiva, verificata e discussa con attenzione da un relativamente ampio consesso di ascoltatori competenti, quelle profane risultano oggi relegate alle occasioni di incontro semi-privato fra cantori (le prove di canto, banchetti e ritrovi conviviali) e/o si possono ascoltare durante esibizioni in forma concertistica – e dunque con un relativo e più distaccato controllo collettivo.Nel complesso in paese vi sono alcune decine di uomini, di tutte le età, in grado di dar vita ad una esecuzione a più parti vocali. Benché alcuni di essi siano membri di una delle confraternite laicali presenti in paese, il legame fra pratica vocale e istituzione confraternale non ha la stessa organicità riscontrabile a Castelsardo, a Santulussurgiu e altrove (Lortat-Jacob & Macchiarella, 2012): ciò è ben evidente durante le processioni della Settimana Santa quando i cantori che si alternano nell’esecuzione contestuale (cfr. infra) indossano abiti civili, ed i confratelli-cantori non hanno alcun particolare segno di riconoscimento. Secondo la memoria orale del paese, comunque, nella prima metà del secolo scorso ciascuna delle sei confraternite attive allora aveva un suo proprio gruppo di cantori specializzati la cui azione era strettamente connessa con la vita del sodalizio.Nella consapevolezza degli attori musicali locali (cantori ed ascoltatori appassionati) la pratica esecutiva locale non ha mai avuto soluzione di continuità a partire dalle sue “origini” variamente collocate nel tempo2: essa, tuttavia, ha attraversato un periodo di crisi negli anni Sessanta-Settanta dovuta a delle particolari difficoltà nel passaggio generazionale – nell’ambito dei più generali processi di trasformazione di quegli anni, introdotti dalla modernità (Dei, 2007) – che rischiavano, a detta di molti oggi, di far sparire il canto.

2 In quanto pratiche di tradizione orale non è possibile definire una loro precisa “origine”: di esse si possono trovare attestazioni più o meno dirette indietro nel tempo (Macchiarella, 1995). A Cuglieri come altrove, gli attori musicali presuppongono più o meno remote genesi, intrecciandole con le comuni opinioni sulla storia antica dell’isola (Lortat-Jacob & Macchiarella, 2012 pp. 21 ss.).

1720 “itinerando” senza confini dalla preistoria ad oggi

Un ruolo fondamentale per scongiurare che ciò accadesse ha avuto tziu Totoni (Antonio) Loche (1908-1993), il quale, ignorando la riottosità degli altri cantori anziani suoi coetanei, si adoperò attivamente per formare al canto un gruppo di venti-trentenni che, intorno al 1975-76 cominciarono a proporsi per la partecipazione alle esecuzioni contestuali nell’ambito della Settimana Santa. Originariamente costituito da una dozzina di giovani, il gruppo degli allievi di tziu Totoni ha progressivamente sostituito gli anziani in tutti i contesti esecutivi, e negli anni a seguire è andato ampliandosi con l’ingresso di vari giovani delle generazioni successive. Verso gli anni Novanta va creandosi una bipartizione all’interno di tale gruppo che porta alla nascita dei due distinti raggruppamenti odierni, formalmente organizzati in “associazioni culturali”: da un lato “L’associazione Sos cantores” (www.soscantores.it), dall’altra “L’associazione Coro Folklore Su cuncordu” (www.senafer.it). Le due denominazioni hanno valore soprattutto per l’attività che i cantori cuglieritani svolgono al di fuori del paese, nelle varie rassegne di canto a cuncordu, nelle occasioni concertistiche e nelle altre iniziative culturali cui prendono parte nell’isola e fuori. All’interno del paese, i singoli cantori sono ben identificati e di ciascuno è nota l’appartenenza all’uno o all’altro raggruppamento, così come sono grossomodo note le preferenze di ognuno nella scelta degli altri cantori con cui dare vita ad una concreta formazione di canto. All’interno di ciascun raggruppamento, infatti, vi sono delle consolidate abitudini esecutive che determinano il costituirsi di quartetti formati tendenzialmente dagli stessi cantori. Pur non trattandosi di veri e propri cuncordos fissi (alla maniera, per esempio, di Bortigali o di Santulussurgiu – vedi Macchiarella, 2009), i diversi quartetti riflettono nel contempo rapporti di amicizia e certe preferenze nella combinazione fra i timbri e i colori vocali, ed hanno una rilevante influenza sul risultato musicale nelle diverse situazioni contestuali.Al di là della loro appartenenza all’uno o all’altro gruppo, tutti i cantori cuglieritani odierni considerano la pratica esecutiva come un “patrimonio comune del paese” (e non qualcosa di loro propria appartenenza). Anche i più giovani d’essi, inoltre, tendono a proporsi come discendenti di tziu Totoni, il cui nome viene evocato come una sorta di nume tutelare della pratica odierna.

Dinamiche esecutive, combinazioni sonoreIl canto a più parti di Cuglieri costituisce un raffinato congegno esecutivo imperniato su sonorità accordali, analogamente a quanto avviene in altri paesi

Le parole del dolore: il canto dello Stabat Mater a Cuglieri 1721

della Sardegna (Lortat-Jacob & Macchiarella, 2012), ed altrove (Macchiarella, 1995). Esso tuttavia rivela dei tratti di forte caratterizzazione locale relativi sia alle dinamiche esecutive, sia all’articolazione dell’emissione vocale.Per quanto riguarda il primo ambito, l’elemento sicuramente più evidente è la presenza, insieme con quelli comuni a quattro parti, di meccanismi esecutivi a tre parti con l’aggiunta intermittente di una quarta parte3. Tale impianto contraddistingue i canti destinati alle paraliturgie della Settimana Santa – il Miserere e le due versioni dello Stabat Mater di cui si dirà tra poco – vale a dire le espressioni simbolicamente più significative: per tale ragione esso viene proiettato su tutta la pratica esecutiva. Una conferma di ciò si può ricavare dalla stessa denominazione delle voci: le quattro parti musicalmente individuate vengono chiamate, dalla più grave, bassu, tenore falzu, tenore e contraltu. Il tenore falzu è appunto la parte che entra ad intermittenza nelle esecuzioni paraliturgiche, mentre negli altri canti essa si colloca sullo stesso registro occupato dalla contra nelle comuni strutture a quattro parti. Il tenore è invece la parte che nell’impianto a tre, in precisi punti della trama musicale, lascia spazio al tenore falzu, mentre nelle strutture a quattro parti corrisponde alla voce di boghe (o oghe, voche eccetera) (Macchiarella & Pilosu, 2011). Benché chiaramente distinte nell’emissione vocale, le parti di tenore e tenore falzu, definite con lo stesso sostantivo, finiscono per rappresentare una sorta di “voce sdoppiata”, così che l’essenza profonda dell’impianto del canto cuglieritano viene propriamente individuata nell’attacco a tre di Miserere e Stabat.Altra peculiarità rilevante, propria ancora una volta con delle espressioni connesse con le paraliturgie della Settimana Santa, è costituita dall’esecuzione processionale in movimento, combinata con la periodica alternanza dei cantori4. Nel corso delle varie processioni che dal Giovedì al Sabato Santo

3 In Sardegna vi sono altri riscontri nell’ambito delle espressioni paraliturgiche di impianti esecutivi a tre parti, senza però alcuna aggiunta intermittente: cfr. Macchiarella, 1995 p. 96 ss.

4 Anche in altri paesi, in Sardegna, Corsica e altrove, si hanno casi di esecuzione in movimento, entro cortei processionali, di canti a più parti vocali (cfr. Macchiarella, 1995 p. 80 ss.), senza però che vi siano meccanismi di alternanza fra cantori in atto a Cuglieri.

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attraversano il paese seguendo tracciati prefissati5, l’insieme dei cantori dei due raggruppamenti (o quanto meno quanti intendono prendere parte alla performance contestuale) si colloca alle spalle del clero (il quale, a sua volta, è dietro le cinque confraternite schierate, con le statue ed i simboli della passione trasportati dal corteo) e subito prima della massa dei fedeli: una collocazione che ipso facto rappresenta il carattere di esecuzione su mandato collettivo simbolicamente assunto da questo tipo di pratica musicale (Lortat-Jacob & Macchiarella, 2012). Sulla base di accordi precedentemente presi, si stabilisce un turno di canto ed il primo quartetto, seguendo il passo regolare dell’intero corteo, attacca il canto disponendosi in linea, secondo il seguente schema:

Fianco a fianco, i cantori sono molto vicini fra di loro, tenendosi spesso sottobraccio, e si avvicinano ancora di più, formando quasi un semicerchio, quando serve che le due voci disposte ai lati debbano ascoltarsi reciprocamente. In questo modo, ciascun quartetto propone la propria performance per la durata di unu cubulu, ossia di una delle porzioni in cui viene convenzionalmente suddiviso il testo latino (di norma corrispondente ad una strofetta), cantata su successioni diverse, a seconda dei casi, di materiali musicali in una logica di tipo modulare (Macchiarella, 2009 p. 188). Esaurito un cubulu, i quattro cantori si fanno da parte, lasciando spazio ad un subentrante quartetto: in questa successione si fa attenzione affinché un quartetto operante in uno dei due raggruppamenti di cantori si alterni con

5 Manca altresì uno studio specifico sul complesso rituale della Settimana Santa cuglieritano: si vedano le descrizioni in www.senafer.it a cura dell’Associazione coro Folklore.

Fedeli

Tenore falzu Tenore Bassu Contraltu

Clero

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un altro afferente all’altro. In tal modo tutti i cantori del paese – o a rigore dei due raggruppamenti – possono finire per prendere parte all’esecuzione contestuale: il dispositivo cuglieritano, infatti, non prevede forme di selezione dei cantori – come avviene, per esempio, a Castelsardo, Santulussurgiu o altrove (Lortat-Jacob & Macchiarella, 2012) – offrendo a chi creda di esserne all’altezza la possibilità di contribuire all’atto paraliturgico. Non manca comunque un vaglio collettivo da parte dei cantori più esperti dal momento che, data l’importanza dell’evento cultuale, sono decisamente esclusi improvvisazioni e pressappochismi: cantare a cuncordu è un fare musica che richiede impegno e serietà da parte di chi sceglie di coltivarlo, le cui qualità morali e prestigio sociale verrebbero altrimenti messe in discussione (cfr. Lortat-Jacob, 1996). Per altro verso, la disposizione dell’insieme dei cantori in processione, combinata con l’alternanza dei quartetti di esecutori fa sì che ogni esecuzione venga attentamente, e con competenza, valutata. Chi canta sa che intorno a sé ha altri potenziali esecutori, con pari o maggiore esperienza, in grado di cogliere le minime sfumature interpretative: una consapevolezza che può anche creare forme di apprensione nel singolo performer e comunque determina una particolare carica emotiva all’esecuzione contestuale.Per quanto riguarda lo specifico della combinazione dei suoni il congegno cuglieritano si articola in successioni di più unità musicali di senso conchiuso, chiaramente delimitate da lunghe pause, ben marcate anche nel caso di esecuzioni contestuali in movimento. Di ciò hanno piena consapevolezza gli stessi cantori che parlano di “blocchi” o “frazioni” di canto (manca un termine in sardo), così che unu cubulu viene ad essere costituito da un certo numero di tali “frazioni”.L’articolazione interna di ciascuna unità musicale può essere interpretata secondo un modello stop and go che ho sviluppato altrove (a partire da Macchiarella, 1995 e soprattutto in Macchiarella, 2009 pp. 187 ss.). Ogni unità si apre con un attacco a voce sola, più o meno articolato, che porta all’affermazione di una sovrapposizione accordale pienamente consonante. Questa, dopo essere stata tenuta (o ribattuta) per un lasso di tempo variabile, viene sciolta dal movimento delle parti (a seconda dei casi, una, due, tre o tutte e quattro le parti vocali) che si dipanano su percorsi grosso modo previsti con rilevanti margini di variabilità derivanti da scelte messe in atto dagli esecutori nel loro reciproco interagire. Diversamente articolata a seconda dei casi, tale fase di “movimento” delle parti conduce ad una nuova affermazione di una

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sovrapposizione consonante, che può coincidere con quella iniziale, con cui si conclude l’unità musicale. Nel corso di una singola unità viene intonata una frazione di testo verbale di diversa lunghezza, da una sola sillaba (o vocale), nel caso soprattutto delle espressioni paraliturgiche, fino a un verso endecasillabo nelle espressioni profane con testo in sardo. L’andamento ritmico non fa riferimento a pulsazioni isocrone e/o a un metro preciso e viene regolato sulla base di riferimenti condivisi dalle voci, le quali, possono essere o meno in omoritmia fra di loro.Come qualsiasi congegno esecutivo locale, anche quello in uso a Cuglieri presenta delle rilevanti variabilità nell’andamento delle parti entro la fase centrale dell’unità musicale, una mutevolezza che offre ai cantori un ricco ventaglio di potenzialità messe in atto da ciascuno per personalizzare la propria partecipazione all’azione vocale collettiva.

“Un canto che non si può non sentire…”Dalle poche note precedenti sulla pratica a più parti vocali di Cuglieri risulta evidente lo speciale rilievo assunto dalle espressioni legate alle paraliturgie della Settimana Santa. È il caso soprattutto del canto dello Stabat Mater, articolato in due diverse versioni: una denominata Stabat Mater Semplice e destinata alla processione de Sas Chilcas del Giovedì Santo; l’altra, lo Stabat Mater Sequentia, viene intonata nella processione pomeridiana del Venerdì Santo, nelle Chilcas del Sabato Santo, ed anche in altri momenti rituali del Triduo Sacro (per esempio, il Venerdì mattina al termine della predica nella Basilica) e della Quaresima (incluso Sa Chenàbura ‘e sos Dolores, una paraliturgia per l’Addolorata che si tiene dieci giorni prima di Pasqua, il venerdì precedente la Domenica delle Palme). A dispetto del nome, quello Semplice viene considerato lo Stabat più complesso se non altro perché prevede un maggior numero di unità musicali. Il Sequentia, in virtù della sua ricorrenza entro il rituale, è ritenuto un canto “più familiare” e “più sentito”, in grado di offrire un ventaglio più ampio di potenzialità espressive al singolo esecutore. Come avviene praticamente in tutte le altre pratiche locali di questo tipo, i cantori non comprendono in senso letterale ciò che cantano, ma ne hanno una conoscenza complessiva. Nello specifico sanno che si tratta di un testo in cui si parla dello strazio di una madre per la perdita del figlio, una immagine rievocata anche quando discutono dell’articolazione musicale. Secondo Giuseppe Falchi, ad esempio, la combinazione delle voci

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«rappresenta benissimo questo strazio» in particolare nello Stabat Sequentia, dove si raggiungono «i momenti più toccanti del canto» in coincidenza con «le parole del dolore … che sono nel testo … dolorosa, lacrimosa, dum pendebat» ed il cantore deve aver sempre ben presente ciò per rendere bene la propria esecuzione musicale.Rinviando, per ragioni di spazio, ad altra occasione un’analisi puntuale dell’articolazione e delle potenzialità prospettate dal congegno esecutivo, mi limito ad alcune osservazioni sullo Stabat Mater Sequentia con riferimento allo schema interpretativo stop and go prima proposto.In generale lo Stabat Sequentia prevede di norma che unu cubulu (corrispondente ad una strofetta del testo) sia formato da dieci unità musicali. Ciascuna di esse espone una frazione di testo verbale, costituita da una o più sillabe. In virtù della sua funzionalità nel contesto rituale, anche se spezzettato e non riconoscibile subito all’ascolto, il testo verbale deve essere pronunciato nel rispetto della successione dei versi, un aspetto cui tutti i cantori fanno particolare attenzione. La sequenza delle unità musicali risulta dunque sostanzialmente limitata nelle possibilità offerte dalla logica modulare del dispositivo musicale locale (logica che invece ha modo di manifestarsi a pieno nei canti profani).Come nelle altre espressioni della Settimana Santa cuglieritana (ma si tratta di un elemento ricorrente anche nelle altre pratiche a cuncordu della Sardegna), l’attacco di ogni unità musicale è dato sempre dalla voce più grave. In questo caso, su bassu propone un suono tenuto (talvolta introdotto da portamenti ascendenti più o meno pronunciati) che di norma si colloca verso la parte superiore dell’ambito in cui esso si muove. Tale suono d’attacco, in paese chiamato puntu, ha una importanza cruciale per l’esecuzione in quanto ne fissa il registro di riferimento che tipicamente, nello Stabat Sequenza tende ad essere relativamente alto, intorno anche a Sol3, potendo arrivare a La3 e anche poco oltre.I cantori cuglieritani rifiutano apertamente di ricorrere al diapason o corista (considerandolo uno strumento che toglie “autenticità” al canto) e dunque il suono d’attacco varia in maniera notevole in ogni esecuzione e non coincide necessariamente con una nota della scala temperata. Nel caso, tuttavia, in cui esso risulti, all’entrata delle altre parti, troppo alto (e dunque tale da creare difficoltà all’articolazione delle altre voci) oppure troppo basso (e quindi poco consono con l’estetica del canto che tende “verso l’acuto”) vi sono degli

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stratagemmi per abbassarlo (o alzarlo) nel passaggio fra la fine di una unità musicale e l’attacco della seguente.Sul suono tenuto da su bassu si dispongono le altre due parti, tenore e cuntraltu, determinando una sovrapposizione consonante stretta, analoga ad una triade in posizione fondamentale 1/3/56. L’entrata di queste due voci può avvenire in (più o meno) rapida successione – prima il tenore poi il contraltu, raramente il contrario –, oppure in simultanea: sono i cantori a deciderlo sulla base delle proprie preferenze estetiche. Questa modalità di entrata delle parti si ritrova all’inizio di tutte le unità musicali dello Stabat Sequentia: fermo restando l’attacco del bassu le altre parti possono entrare ogni volta in maniera diversa, in successione o simultaneamente. La sovrapposizione così raggiunta viene tenuta qualche secondo, costituendo la prima fase stop del modello prima presentato.La fase go dell’unità musicale (quasi sempre, la più estesa in termini di durata) si apre sovente con un movimento ascendente tendenzialmente omoritmico delle tre parti che trasportano per gradi congiunti la sovrapposizione iniziale su altre altezze: tale riproposizione è però transitoria perché da essa ben presto si staglia un movimento della parte di tenore, diversamente realizzato dai cantori specializzati in essi. Ulteriori riproposizioni transitorie della sovrapposizione iniziale possono trovarsi nella stessa fase, frutto di movimenti coordinati, ascendenti o discendenti, che vengono decisamente enfatizzati attraverso forti portamenti e glissando vocali – specie nel caso si tratti di intervalli di semitono. Un movimento tendenzialmente omoritmico delle parti, quasi sempre discendente, porta di solito alla fase stop conclusiva dell’unità musicale, costituita da una sovrapposizione accordale tenuta più della combinazione iniziale, molte volte su una fondamentale di un grado inferiore.

6 In realtà non si tratta di accordi esattamente corrispondenti con quelli della teoria musicale insegnata in conservatorio perché i suoni utilizzati non sempre coincidono con intervalli della scala temperata; inoltre le logiche di successione delle combinazioni sono lontane da quelle “accademiche”: per questa ragione evito di parlare semplicemente di accordi (cfr. Macchiarella, 1995). Va detto che la disposizione stretta delle parti risulta piuttosto singolare nel canto a più parti della Sardegna e la si ritrova, a quattro parti, con raddoppio della fondamentale, nel Miserere e Novena di Santulussurgiu (Macchiarella, 2009).

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Qui di seguito riporto una trascrizione analitica della prima unità musicale dello Stabat Mater Sequentia con riferimento al modello in precedenza proposto7.

Un’unità di particolare rilievo – e di grande impegno per i cantori – è certamente la sesta, di norma la più lunga per durata della serie, entro cui avviene l’entrata del tenore falzu e il raggiungimento dell’impianto a quattro parti. In questo caso la disposizione delle tre parti nella fase di apertura prevede un rapporto di quinta fra tenore e bassu, mentre il contraltu va all’ottava (1/5/8). All’inizio della fase go dopo un movimento parallelo delle tre voci, il tenore, alzandosi di un grado, crea lo spazio per l’entrata della quarta voce, determinando una sovrapposizione tipo 1/4/6/8, come schematizzato dall’esempio seguente:

7 Per comodità, ho utilizzato la traccia n. 3 del CD Sassu, ed. 1995. Per quanto riguarda il particolare sistema di notazione utilizzato e gli altri espedienti descrittivi della scrittura si veda Macchiarella, 2009 p. 155 ss.

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Dopo vari movimenti, simultanei e sfalsati delle voci, si arriva ad una sovrapposizione finale dell’unità di tipo 1/3/5/8.Per dare un’idea della diversa ampiezza sonora e densità dell’impasto vocale riscontrabile nei vari momenti della pratica esecutiva ecco a confronto due spettrogrammi: il primo è relativo alla fase finale della prima unità (dunque a tre parti), il secondo alla stessa fase della sesta unità, con le quattro parti.

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Una faccenda di uominiLe rappresentazioni analitiche del tipo appena viste danno conto, ovviamente, di concrete esecuzioni che sono state realizzate nel passato: estendendo in maniera sistematica questo tipo di analisi (con l’integrazione di ulteriori risorse informatiche di cui qui non si può dar conto)8 si può arrivare, con più o meno ampi margini di approssimazione (sempre inevitabili nel caso di pratiche trasmesse oralmente), a definire ciò che il sistema musicale permette di fare (e di non fare), le combinazioni più o meno ricorrenti nell’interazione fra le parti, quelle legate a specifiche situazioni esecutive, alle scelte individuali di singoli cantori o di gruppi fissi, e così via. Naturalmente la mera verifica del dato sonoro è solo una parte del processo analitico dal momento che la musica (in genere, e specialmente quando nasce da consuetudini trasmesse oralmente) è sempre qualcosa in più di una semplice sequenza di suoni de-personalizzati, è una interazione di corpi sonori, permettendo all’unicità

8 Sull’estensione delle risorse informatiche nell’analisi delle pratiche di canto a più parti vocali della Sardegna si veda Bravi, 2012.

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di ogni performer di manifestarsi (Macchiarella, 2012). In questo senso ciascuna esecuzione raffigura, al tempo stesso, la personalità di ogni singolo cantore (la sua emotività, la sua duttilità per esempio nell’adattare la propria emissione vocale alla variabilità di quella degli altri, e così via) e la qualità dei rapporti interpersonali fra i cantori, la reciproca armonia (o disarmonia), lo spirito di maggiore o minore collaborazione con cui durante l’esecuzione si affrontano i rischi “dell’avventura della performance” (Lortat-Jacob, 2011), aiutandosi reciprocamente per la miglior riuscita del canto o rifiutando ogni collaborazione e quindi rendendo palesi i conflitti personali. Ciò è particolarmente evidente, nel caso delle espressioni paraliturgiche cuglieritane, in occasione delle esecuzione contestuali, data la specifica situazione performativa cui si è accennato in precedenza, tale per cui chi canta ha attorno a sé, ad ascoltare (e quindi a giudicare) altri potenziali (ed esperti) cantori con cui può avere rapporti più o meno buoni, e da cui si aspetta (o teme) felicitazioni o critiche, incoraggiamenti o biasimi, e così via. Anche il semplice ascolto contestuale evidenzia, ad esempio, margini maggiori di tollerabilità nella precisione dell’intonazione delle parti dovute alla particolare tensione della performance contestuale rispetto a quanto avviene, per dire, durante le prove e gli incontri informali (quando è pure possibile fermare il canto): una tollerabilità che al termine dell’evento rituale viene ampiamente discussa e diversamente interpretata, caso per caso, dai singoli cantori all’interno dei due raggruppamenti.Spero che le poche osservazioni precedenti abbiano almeno lasciato intuire la ricchezza e complessità (ed anche la bellezza ed il fascino peculiari) della pratica musicale cuglieritana, il cui approfondimento analitico, ponendo al centro dell’attenzione l’interagire fra soundful bodies nella loro unicità individuale, al di là dell’interesse per la cultura locale, offrirà un contributo di grande rilievo all’ampliamento della conoscenze generali sulle multipart music come modalità particolare della musicalità umana.

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Fig. 1. Il canto dello Stabat Mater a Cuglieri (foto dell’Autore, 2013).Fig. 2. Il canto dello Stabat Mater a Cuglieri (foto dell’Autore, 2013).

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