ERDOGAN: L’ULTIMO LEONE DELL’ISLAM di F.f.

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ERDOGAN: L’ULTIMO LEON DELL’ISLAM di F.f. Riceviamo e pubblichiamo Il nuovo ottomanesimo nella nuova fase strategica Cercheremo di inquadrare le due grandi linee strategiche dell’erdoganismo senza trascendere nell’antierdoganismo ma tanto meno nel filoerdoganismo; la nostra prioritaria volontà è quella di superare la classica interpretazione della Sinistra radicale, laicista, progressista e globalistica, che fa di Erdogan un campione del fascismo in salsa islamica. Tenteremo di separare il giusto dall’errato, in base a una concezione dottrinaria anzitutto antiglobalista, antiscientista e antilaicista. Il miglior modo per non comprendere la cosiddetta “Turchia nera”, la Turchia profonda, è proprio quella di leggerla con la lente deformante del globalismo laicista di sinistra.

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ERDOGAN: L’ULTIMO LEONEDELL’ISLAM di F.f.

Riceviamo e pubblichiamo

Il nuovo ottomanesimo nella nuova fase strategica

Cercheremo di inquadrare le due grandi linee strategichedell’erdoganismo senza trascendere nell’antierdoganismo matanto meno nel filoerdoganismo; la nostra prioritaria volontàè quella di superare la classica interpretazione dellaSinistra radicale, laicista, progressista e globalistica, chefa di Erdogan un campione del fascismo in salsa islamica.Tenteremo di separare il giusto dall’errato, in base a unaconcezione dottrinaria anzitutto antiglobalista,antiscientista e antilaicista. Il miglior modo per noncomprendere la cosiddetta “Turchia nera”, la Turchia profonda,è proprio quella di leggerla con la lente deformante delglobalismo laicista di sinistra.

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Va premesso che la Sinistra rivoluzionaria turca, nelle suevarie fazioni, ha sempre sostenuto esplicitamente il “DerinDevlet”, lo Stato profondo kemalista e globalista e harappresentato il kemalismo come un evento storico progressivonella storia della Turchia moderna.

Questo è sostanzialmente avvenuto anche in piena guerrafredda; i neokemalisti della NATO erano giudicati, mutadismutandis, come qui i vecchi partigiani giudicavano i nuoviquadri del PCI, “compagni che sbagliano”.

Il giudizio di consistenti componenti della Sinistrarivoluzionaria curda verso il kemalismo non poteva essere enon può essere, evidentemente, dello stesso tono, in quantoKemal e i suoi sterminarono quando poterono i curdi, inomaggio ad un nazionalismo regionale anti-imperiale, di radicealevita, che praticava senza scrupoli la pulizia etnica.

Ma, si tenga bene in mente, la Sinistra radicale curdacontesta il kemalismo su base etnica, non sul piano dellavisione del mondo, che fu di fatto la medesima traprogressisti curdi e progressisti rivoluzionari kemalisti.Cosa fu in sostanza il kemalismo? Fu il “risorgimento” turco.Disse Dostoevski che il cavourismo laicista e machiavellico,creando con il supporto strategico franco-inglese, la piccolaNazione italiana subalterna all’Occidente protestante emassonico, annientò l’italianismo universale che aveva in Romaeterna il proprio centro. Fu la morte dell’Italia, secondo ilgrande pensatore russo.

Kemal Ataturk fu in sintesi il Cavour turco: comequest’ultimo, utilitarista puro, fu un eterodosso religioso,Kemal e i suoi radicalizzarono l’eterodossia alevita,trasformandola in teologia politica laicista, tentandoastrattamente di cancellare secoli di pratica imperialeottomana.

E’ ora fondamentale comprendere una cosa. Il kemalismo lesse

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la storia ottomana come una parodia. L’ottomanesimo non siidentificava affatto con l’Islam, come Kemal volle farcredere.

L’ideologia kemalista descrisse l’impero come una sorta diversione premoderna dell’Arabia Saudita, ma ciò non stava néin cielo né in terra. Sin dalle origini gli ottomani siconsideravano una potenza europea, il periodo teocratico fuinfatti una breve fase nella storia ottomana. Gli ottomani sioccidentalizzarono al punto che, alla fine dell’800, sotto‘Abd ul-Hamid II, l’impero garantì istruzione alle donne, sidotò di tribunali laici e insegnò ai sudditi, tra i quali ilgiovane Ataturk, a tenere la religione fuori dalla vitapubblica.

Il kemalismo fu così, a differenza di quanto la Sinistrarivoluzionaria turca e il globalismo occidentale sostengono,un fenomeno di continuità storica e politica conl’ottomanesimo, in un contesto globale in cui si affermava adOriente quasi ovunque l’ateismo di stato, ad Occidente illaicismo scientifico agnostico e nichilista.

Ad Ataturk interessava abbattere, come detto, la culturaimperiale, affermando un nazionalismo panturanico; ma lavisione del mondo di Ataturk era il laicismo progressista,neo-illuminista, come è tipico delle élite globaliste. Lagenerazione islamica, che darà vita all’AKP, fu duramenteperseguitata nel regime kemalista o neokemalista, la religioneera illuministicamente degradata a “affare privato”.

L’astuzia da politico decisionista di Erdogan, dopo un lungo efaticoso cammino, porta prima alla delegittimazione politicadei militari mercenari dello Stato Profondo e della NATO, poia una politica democratica di massa fondata sulla re-islamizzazione strategica della società. Il “nuovo Sultano”recupera dell’ottomanesimo quei momenti storici, rarissimi, incui l’Islam fu centrale. Il suo è però più un “nuovoottomanesimo” che un mero neo-ottomanesimo, come abbiamo già

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cercato di spiegare.

Vladimir Putin, Mahmoud Ahmadinejad e Erdogan sono gli unicistatisti che hanno opposto, e stanno opponendo, una convintaIdeocrazia conservatrice al globalismo progressista-nichilistae laicista controideocratico.

Rimane il grande punto interrogativo sul primo ministroisraeliano Bibi Netanyahu, che sembra veramente rivoltarsiogni giorno di più al Deep State. Ma, arrivando al punto, èveramente Recep Tayyip Erdogan un fascista islamico?Formalmente sì, si colloca oggettivamente, usando parametristorici italiani, tra una DC di destra ultraconservatriceantiprogressista e in parte antiliberale (Pella, Andreotti,Tambroni, De Carolis) fondata sulla volontà di rappresentareil ceto medio e un fascismo di stato vero e proprio.

Erdogan ricerca un consenso attivo di massa, mobilita lagioventù, il suo Partito Giustizia e Sviluppo è un movimentodi giovani ragazzi e giovani ragazze quotidianamente presentisulle piazze della provincia e delle metropoli, negli ultimianni tra i milioni di nuovi iscritti all’AKP il 65% tra questiha meno di 25 anni.

Il “nuovo Sultano” ha i suoi guerrieri e i suoi potenzialimartiri sul campo, pronti a entrare in azione. La base socialeerdoganista è rappresentata dalla piccola e media impresa e daquella sterminata “Turchia nera“ in perenne lotta con la“Turchia bianca” dell’elite globalista e occidentalista.

Sostanzialmente, però, il mito politico dell’erdoganismodiverge enormemente dal fascismo storico e anche da possibilisoluzione integraliste religiose come il franchismo spagnolo ocome il fascismo romeno ortodosso degli anni ‘30. Il mitopolitico di Erdogan è la pura trascendenza senza alcunamacchia di eretica immanenza.

“Una Turchia che marcia sulla via di Allah è una Turchia chenon ha ostacoli sulla via dell’ascesa mondiale”, è il leiv

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motiv dell’erdoganismo di stato. Più Bin Laden che Mussolini.

Inoltre, ogni nostro giudizio sarebbe fuori luogo, o astratto,verso questo statista di razza che nel giro di pochi anni hadotato la Turchia di un peso strategico che compete con quellodi Usa, Cina, Russia. E’ oggi, di certo, uno stretto alleatodi Angela Merkel.

Ma sino a pochi anni fa era alleato di Obama, in funzioneantirussa. Avremmo poi veduto come si sarebbe concluso quelrapporto. Devoto sommamente alla pura trascendenzamuhammadiana, è anche maestro di Realpolitik come quasi nessunaltro nel contesto attuale.

Lo si chiami però come vorrebbe essere chiamato, per onestà,anche qualora si sia suoi avversari: un piccolo e leale leonedell’Islam.

L’erdoganismo ha mostrato, nei fatti, che la re-islamizzazionedal basso è più forte e affascinante, per milioni e milioni digiovani, di ogni nichilismo progressista e globalista. Diquesto dobbiamo dare a Erdogan il merito storico. Se sul pianodei valori è di certo un conservatore o controrivoluzionariosu quello politico è un rivoluzionario puro.

L’ISLAM E IL MARXISM0 diZaher el-Khatib

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Zaher El-Khatib è un noto uomo politico e intellettuale libanese. Loincontrammo a Beirut nell’autunno 1999. In quell’occasione cifece dono di questo scritto dal titolo “L’Islam: come locapiscono i marxisti, come lo sfruttano i reazionari”.L’originale in lingua araba venne edito a Beirut nel 1982 edebbe ampia circolazione in tutto il Medio oriente, Irancompreso. Venne pubblicato per la prima volta in linguaitaliana nel n. 15 della rivista PRAXIS (giugno-agosto 2000)alle porte del primo, storico, “Campo Antimperialista” che sisvolse ad Assisi nell’agosto del 2000.Quali che siano le considerazioni che possono essere fatte suquesto saggio (che evidentemente risente del clima di quelperiodo) siamo certi che i nostri lettori lo apprezzerannocome contributo ad una comprensione dell’Islam scevra dapregiudizi e luoghi comuni.

* * *

L’ISLAM: Come lo capiscono i marxisti. Come lo sfruttano ireazionariIntroduzione alla prima edizione

Le masse della nazione araba soffrono da lungo tempo didiverse forme di oppressione sociale e nazionale.

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Ugualmente, queste masse subiscono una realtà crudele: quelladella lacerazione e frammentazione che gli è stata impostadalla volontà dell’imperialismo, nel tentativo di imporre lasua sovranità alle masse di questa regione, al fine disfruttarle e di privarle delle loro ricchezze e dei loro beni.Nell’obiettivo di realizzare l’unità araba e di liberarsi daogni forma di sottosviluppo, di sfruttamento e diasservimento, la rivoluzione araba fa fronte, nel corso dellasua strada, a una buona parte di problemi, per i quali lesoluzioni variano in funzione dei fondamenti intellettuali,sociali e ideologici che determinano la soluzione dei problemimedesimi.Tra questi problemi, la religione costituisce quello piùimportante, grazie alla sua capacità di penetrare negli animie negli spiriti delle masse.Marx ha certamente compreso l’efficacia dell’Idea, quandoquesta penetra negli spiriti delle masse e diviene – secondole sue parole – “una potenza imbattibile”.Gli insegnamenti della religione possono essere consideraticome idee penetrate negli spiriti della nostra nazione araba,questi insegnamenti sono divenuti una potenza la cui efficaciae influenza non sono da disprezzare, la manipolazionerivoluzionaria di queste idee dovrà compiersi, da principio,secondo il metodo scientifico che abbiamo visto in Marx, e poinell’opera di Engels; in “A proposito della religione”, cuiGaraudy fa riferimento in “Il marxismo del XX° secolo”, e poinello studio di Lenin intitolato “Quale eredità rifiutiamo?”.La religione è un fatto storico, essa dovrà essere concepitacome tale, come ogni fenomeno sociale che presenta questoduplice aspetto.-Da un lato essa brandisce lo stendardo della difesa degliinteressi dei poveri: tale fu il caso di ‘Abou Zarr alGhafari’ e di ‘Omar Ben Abdel Aziz’, e di molti altri cheadottarono questo metodo di comprensione dell’Islam.-Da un altro lato la religione è sfruttata dai ricchi perdifendere i loro interessi, come è accaduto nel caso di‘Moaviah’, di ‘Yazide’, e di altri che calcarono in fretta le

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loro tracce per sfruttare l’Islam.I marxisti autentici, e in modo particolare i rivoluzionariarabi, quando determinano la loro posizione nei confrontidella religione, non la disprezzano, non predicano né la suainosservanza né il suo abbandono, come fanno alcuni chepretendono di essere dei marxisti e che espongono il problemadella religione negativamente e in modo provocatorio,erroneamente o indirettamente, ciò che contribuisce adeformare la faccia autentica del marxismo nel sentire comune.Il marxismo autentico concepisce effettivamente la religionecome un elemento della realtà storica, e l’Islam, in quantoreligione, è un elemento della nostra storia e del nostropatrimonio.I rivoluzionari arabi sono i più idonei a salvaguardare glielementi progressisti e rivoluzionari di questo patrimonio,sono al tempo stesso i più idonei a svilupparlo, poiché questaera all’origine l’opera dei precursori dei progressisti e deirivoluzionari; essi devono allo stesso tempo combattere tuttociò che è reazionario e tutto ciò che induce in errore inquesto patrimonio.Studiare la religione in modo scientifico e storico nonsignifica adottarla in quanto metodo perfetto, poiché lareligione in origine non era questo.I celebri conflitti storici tra i califfi musulmani sono,senza alcun dubbio, la prova irrefutabile e la miglioreattestazione che conferma il nostro punto di vista.Dunque l’oggetto del nostro studio non è l’affrontare indettaglio il problema della religione, salvo che nei limiti incui questo studio tocca cinque punti che interessano larivoluzione araba. La rivoluzione islamica ha assunto, econtinua ad assumere, in questi cinque punti una grandeimportanza e un punto di vista determinato.Quali sono, dunque, questi cinque punti? Procediamo ad esporlisecondo le due prospettive: marxista e islamica.Il senso marxista li ha esposti in termini contemporanei,conformemente alla seguente terminologia:1. Nozione della lotta di classe

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2. La violenza rivoluzionaria organizzata3. La natura proletaria del comando delle forze rivoluzionarie4. L’abolizione della proprietà borghese o il comunismo deimezzi di produzione5. Trattato della fedeQual è l’essenza de pensiero islamico rispetto a questi cinquepunti?C’è la possibilità di una visione intellettuale e politicacomune, e della lotta comune condotta dai marxisti e dallemasse povere e credenti nel mondo islamico?Si, noi gridiamo ad alta voce che bisogna conoscere l’essenzadel pensiero islamico rispetto a queste questioni, noi non lofacciamo per tentare di avere una posizione di conciliazioneartificiale, ma al contrario, noi lo facciamo a partire dallanostra profonda comprensione dialettica dell’essenzadell’Islam, come rivoluzione di classe nata per combatterel’ingiustizia e l’oppressione. Allo stesso modo essa è nataper difendere i deboli e gli oppressi sulla terra, e perfondare una società di giustizia, di benessere e dieguaglianza.Se c’è veramente una divergenza o una disputa, che certe forzetentano di mettere in rilievo o di diffondere come scartofondamentale tra la scienza marxista, in quanto scienza dellarivoluzione, e l’Islam, in quanto rivoluzione sociale globale,questo stato di cose non è dovuto, in definitiva, cheall’ignoranza del Corano, o a una cattiva interpretazione,incompleta ed erronea, del Corano, o a un pregiudizio, o a unavisione opportunista o reazionaria, o a una visionesuperficiale, incapace di assimilare l’essenza del pensierorivoluzionario islamico che si incontra, in definitiva, sottoquesto aspetto, con l’essenza del pensiero marxista.E se noi riportiamo, alla fine di questo studio, l’analisi delproblema della fede, come tale e come problema che tocca lalibertà personale e le credenze personali e individuali, è aragione, per cominciare dai nostri problemi vitali, di cuisoffriamo nel momento attuale, i nostri problemi comuni, lanostra sorte, e i compiti che ci sono impellenti, quaggiù, per

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assumerli conformemente alle ingiunzioni del Corano “di fareil bene e di interdire il male”, e anche conformemente alprincipio marxista che recita: “Astenetevi dal criticare ilcielo e volgetevi verso la critica della terra”.Egualmente, è per conformarci al consiglio del grandediscepolo del profeta ‘Omar ben El-Khattab’, quando, ai suoiinterlocutori che gli ponevano alcune domande su delle coseche non erano ancora accadute, egli rispose con tono severo:“Non mi domandate cosa accadrà, ne abbiamo abbastanza di ciòche c’è già”.

Capitolo 1

Tesi sulla lotta di classe

Tema:l’analisi scientifica della condizione “di classe” dellecategorie di persone che si sono schierate al fianco dellarivoluzione islamica, o, in altri termini, le forzerivoluzionarie che hanno sostenuto la missione maomettana daun lato, e le categorie di persone che si sono schierate nelcampo avverso alla rivoluzione o alla missione maomettanadall’altro lato.Questa analisi scientifica mette in luce il fenomeno dellalotta di classe come legge storica, e come fenomeno umano natoda contraddizioni fra gli interessi di classe nel camposociale.Andiamo rapidamente a vedere questo elemento nei particolari,dopo aver esposto il pensiero marxista in rapporto alla tesidella lotta di classe.

Il pensiero marxista:Il ‘Manifesto’ comunista comincia con:“La storia di tutte le società sinora esistita, è storia dilotte di classi. Uomini liberi e schiavi, patrizi e plebei,baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni egarzoni, in una parola oppressori e oppressi, sempre incontrasto fra loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta, a

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volte palese, a volte nascosta, una lotta che finì sempre ocon una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società, ocon la rovina comune delle classi in lotta.(…) La società borghese moderna, sorta sulle rovine dellasocietà feudale, non ha eliminato i contrasti fra le classi,essa ha soltanto posto nuove classi, nuove condizioni dioppressione, nuove forme di lotta in luogo delle antiche.Tuttavia il carattere distintivo dell’epoca nostra, l’epocadella borghesia, è di avere semplificato gli antagonismi diclasse. La società si va sempre più scindendo in due grandicampi nemici, in due grandi classi diametralmente opposte: laborghesia e il proletariato”.Engels, nelle sue note al Manifesto, dice:“Per la borghesia si intende la classe dei capitalistimoderni, che sono proprietari dei mezzi della produzionesociale e impiegano lavoro salariato. Per proletariato siintende la classe degli operai salariati moderni, che nonpossedendo alcun mezzo di produzione, sono costretti a venderela loro forza-lavoro per vivere”.Rispetto alla determinazione delle forze di classerivoluzionarie, e delle forze di classe controrivoluzionarie,il manifesto indica le forze rivoluzionarie nel proletariato enei suoi alleati della classi medie. Possiamo leggerci: “…ditutte le classi che oggi si oppongono alla borghesia, solo ilproletariato è una classe veramente rivoluzionaria. Le altreclassi decadono e periscono con la grande industria, mentre ilproletariato ne è il prodotto più autentico”.Quanto alle classi medie, piccoli produttori, venditori aldettaglio, artigiani e contadini, essi combattono tutti laborghesia perché questa minaccia la loro esistenza in quantoclassi medie.Quanto alle forze controrivoluzionarie, esse sonorappresentate dalla borghesia, il nemico di classe principale,e dai suoi agenti, che il Manifesto chiama “Lumpenprolétariat”.Questi ultimi rassomigliano alla plebaglia che il Coranocondanna quando questa ricerca il potere al fianco dei signori

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e dei grandi, e aiuta gli oppressori.Su ciò, in riferimento al lumpen prolétariat, il Manifestodice:“Questo prodotto della putrefazione passiva degli strati piùbassi della vecchia società, può trovarsi qua e là nelmovimento per una rivoluzione proletaria, ma per le sue stessecondizioni di vita esso sarà piuttosto disposto a vendersialla reazione”.Qual è il pensiero islamico rispetto alla tesi della lotta diclasse?Prima di esporre il tracciato di classe delle forzerivoluzionarie che hanno approvato la missione maomettana equello delle forze controrivoluzionarie che l’hannocondannata, ci interessa insistere anticipatamente sul fattoche il Corano ha, nella maggior parte dei suoi versetti,stabilito un fatto: che la ricchezza è inseparabile dallatirannia.Hadith, Sunna, la biografia dei discepoli del profeta, hannoappoggiato una tale tesi.Ecco, per cominciare, alcuni versetti del libro sacro cheprovano che i tiranni e i ricchi sono stati nemici dellamissione maomettana, in altri termini che essi fanno partedelle forze controrivoluzionarie.“Tanto più l’uomo è tiranno non appena si trovanell’agiatezza”(sura 96 – “Il grumo di sangue” – versetti 6 e 7)-Al Moughrabi nella sua interpretazione del sura dice:“L’inferno chiama colui che ha arretrato e ha voltato lespalle davanti alla fede, e colui che accumula e tesaurizza”.Dove situa il Corano i tesaurizzatori?“Annuncia un castigo dolorosoa coloro che tesaurizzano l’oro e l’argentosenza nulla spendere nel cammino di Dio.Il giorno in cui questi metalli saranno portati al rogonel fuoco della Ghenna e serviranno a marchiarele loro fronti, i loro fianchi e le loro schiene.Ecco che cosa tesaurizzate

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gustate quello che tesaurizzate”(Sura 9 – “L’immunità” – versetti 34 e 35)Da quanto è a noi pervenuto di alcuni propositi del profeta edei suoi discepoli, citiamo:“Per Dio non è credentecolui che si addormenta saziomentre il suo vicino è affamato”(Il profeta)“Non ho mai incontrato abbondanza di benisenza trovare al suo fianco un diritto perduto”(Ali)“Un povero ha sofferto la fame solo perché è stato privatodi ciò di cui gode un ricco”(Ali)Tutti questi versetti che espongono alcuni propositi delprofeta e dei suoi discepoli, sono stati citati solo a titolod’esempio, e non limitativo. Essi provano in definitiva che lapovertà è un dono della terra e non un dono del cielo. (Lafame è provocata da ciò di cui gode il ricco, e l’abbondanzadi beni ha accanto a sé un diritto perduto).L’ammucchiare, l’accumulo e la tesaurizzazione dell’oro edell’argento fanno del loro autore un tiranno, la sua sortesarà l’inferno e il castigo doloroso.La lettera “L” che ha preceduto il verbo tiranneggiare, è unalettera intraducibile in italiano, significa che la “tirannia”è immancabilmente legata alla ricchezza, come dice ilversetto:“Tanto più l’uomo è tiranno non appena si trovanell’agiatezza”.Dopo aver messo l’accento su quanto appena esposto, trattiamole condizioni di classe delle forze rivoluzionarie che, nellarivoluzione islamica, hanno assunto il programmarivoluzionario o la missione islamica, una missione cheingloba il contenuto sociale ed economico della lotta perliberare gli uomini dall’asservimento ed abolire il giogodell’oppressione che pesa sugli schiavi e sulle vittime dellatirannia.

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Trattiamo allo stesso modo le condizioni di classe nel campoavverso al programma rivoluzionario, di quelle che oggivengono chiamate le forze controrivoluzionarie, che siopposero alla “missione maomettana” in ragione della lorosituazione privilegiata sul piano sociale, privilegi che essetemettero di perdere a causa dell’appello lanciato per fondareuna società di equità, benessere ed eguaglianza.•Le forze rivoluzionarie che sostennero la missione islamicafurono rappresentate dai deboli e da coloro che soffrono sullaterra, e per questo motivo gli avversari del profeta lequalificarono generalmente alla stregua di “Vili, plebaglia eschiavi”, queste forze furono parimenti rappresentate daprogressisti quali gli apostoli di Cristo o i compagni dilotta del profeta.•Le forze controrivoluzionarie che si opposero alla missionemaomettana, nei termini cui abbiamo fatto riferimento, sono:1. i re e i tiranni, come nei riferimenti a Pharaon, Karoun eHaman.“Trova Pharaon, è un tiranno”(Sura 79 – “Quelli che derubano” – versetto 17)2. I ricchi e coloro che conducono una vita lussuosa, comedice il versetto:“non abbiamo mai mandato nessun predicatore in una città,senza che coloro che vivevano nell’agiatezza dicessero:«Siamo increduli rispetto al vostro messaggio»e ancora:«Abbiamo tante ricchezze e bambini, per questo non saremopuniti»”.(Sura 34 – “i SABA” – versetti 34 e 35)3. I tesaurizzatori, così come li abbiamo descritti, inconformità a quanto dice il versetto:“Annuncia un castigo dolorosoa coloro che tesaurizzano l’oro e l’argentosenza nulla spendere nel cammino di Dio”.(Sura 9 – “L’immunità” – versetto 34)4. I reazionari, che conservano i regimi dei loro padri ed avie che ereditano ciecamente i riti dei loro avi.

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“Così, prima di te, non abbiamo mai mandato nessun predicatorein una città, senza che coloro che vivevano nell’agiatezzadicessero:«Si, noi abbiamo trovato i nostri padri, tutti seguivano lastessa via, e noi camminiamo sulle loro tracce»”.(Sura 34 – “L’ornamento” – versetto 23)5. I subordinati, o la plebaglia delle città, come è stataqualificata poco sopra dall’espressione marxista, sono coloroche si trovano al servizio dei signori, coloro che sirassegnano e non contestano la tirannia degli ingiusti.“O Dio, (dicono i subordinati) noi abbiamo obbedito ai nostrisignori e ai nostri capi, ma ci hanno distolto dalla rettavia.(Dio non li perdonerà nel giorno del giudizio) il mondo non èabbastanza vasto (risponderà loro) perché voi vi emigriate”.

Capitolo 2

La violenza rivoluzionaria organizzataDiscussione filosofica e storica sul principio della violenza

Per cominciare, la questione della violenza è il prodottostorico ed inevitabile della legge della lotta sociale e diclasse, e dell’inevitabile lotta delle idee e dei principi chederivano dal conflitto tra gli interessi delle classidominanti arbitrariamente, contro gli interessi delle classipovere e dominate, o piuttosto gli interessi degli oppressoricontro gli interessi degli oppressi.In altri termini, è l’inevitabile conflitto, nel contestostorico, tra formazioni sociali di classe nate successivamentealle società comunitarie primitive, e che esprimonoconcretamente due forme di violenza:La violenza reazionariae la violenza liberatricePrima di tutto, ci teniamo a precisare che, in quanto marxistio musulmani credenti, se ci fosse data la possibilità di

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scegliere, in assoluto e in astratto, tra il principio dellaviolenza e quello della non-violenza, noi opteremmo per lanon-violenza, poiché non siamo in alcun modo amanti per naturadella violenza, e ciò varrebbe se i problemi si ponessero sulpiano teorico e filosofico astratto ma, quando i problemi sipongono nel loro contesto reale, concreto e oggettivo, estoricamente determinato, la questione che si pone, di fatto,è la seguente:Quale violenza sceglieremo? La violenza reazionaria o laviolenza liberatrice?La realtà, infatti, presuppone il conflitto inevitabile inogni cosa e nella società di classe. Questo conflitto nellasocietà di classe si manifesta sotto differenti forme diviolenza, i cui aspetti sono vari, ma che possono tutte esserericondotte a due categorie:La violenza reazionaria: Come la violenza economica, lamonopolizzazione e lo sfruttamento; la violenza della fame,della miseria, della disoccupazione e del vagabondaggio, laviolenza dell’oppressione di classe e della sopraffazionesociale e nazionale, la violenza dell’asservimento. Tuttequeste violenze sono aspetti di una violenza la cui essenza èuna soltanto.La violenza liberatrice: E’ la violenza del “dirittolegittimo” di rispondere alla violenza reazionaria con unaviolenza organizzata, è la violenza dei sottomessi, dei debolie degli sfruttati, è la violenza delle nazioni oppresse, nellaloro lotta per liberarsi dal potere illegittimo,dall’asservimento e dalla tirannia, è la violenza delle guerregiuste contro le guerre ingiuste. La realtà ci invita quindi ascegliere tra due forme di violenza.Sceglieremo di intraprendere la violenza del forte oppressoreo quella del debole oppresso?Allo stesso modo quelli che osservano il silenzio o laneutralità di fronte ad una violenza esercitata nei confrontidel debole, o della nazione sottomessa, sono, ai nostri occhi,assolutamente uguali al cospiratore, e come lui scelgono laviolenza degli oppressori.

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•L’essenza del pensiero marxista consiste nell’impegno afavore della violenza liberatrice e, secondo l’espressionemarxista, nella violenza rivoluzionaria organizzata: la guerragiusta in cui si mobilitano le masse proletarie con lamaggioranza della classe lavoratrice, sotto la direzione delloro partito d’avanguardia che rappresenta l’alleanza degliinteressi della classe operaia e contadina, ovvero lamaggioranza della classe popolare lavoratrice, che èl’elemento di forza della rivoluzione.Tutte le forze suddette lottano per liberarsi dall’oppressionedi classe e dalla sottomissione delle nazioni.•L’essenza del pensiero islamico non è dunque differentequando si tratta di approvare la legge della lotta, o ilricorso inevitabile a questa lotta in vista della liberazionedei deboli sulla terra; non è differente nell’essenza delricorso alla violenza rivoluzionaria organizzata nel pensieromarxista. Affermiamo conseguentemente che il processo dellalotta rivoluzionaria secondo la concezione marxista nondifferisce per nulla nell’essenza dal processo della lottarivoluzionaria perseguito da Maometto, nel primo periodo dellasua missione, quando cominciò a lavorare clandestinamente(cellule); l’incitazione solenne del suo muezzin Bilal AlHabachi, poi la guerriglia contro le carovane di Coraïche, laguerra della trincea, la liberazione delle regioni, infine laproclamazione del Jihad (guerra santa), per proseguire lamarcia a partire dalle regioni liberate. Nella storia dellerivoluzioni, un tale metodo di lotta era stato adottatoall’epoca della giusta guerra di liberazione del popolo,scatenata dai popoli del terzo mondo per liberarsidall’imperialismo e dai suoi alleati: gli agenti e i nemici diclasse, e i nemici nazionali (gli esempi vietnamita, cinese,cubano, cambogiano ed angolano).Sono state guerre di liberazione popolare di lungo periodo,condotte sotto il comando dei partiti comunisti rivoluzionaridi questi popoli in lotta.Abbiamo visto menzionate alcune prove tratte dal Manifestocomunista e dal Corano, prove relative all’approvazione del

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principio della violenza rivoluzionaria, uno dei piùimportanti principi e fondamenti rivoluzionari marxistiadottati dalla scienza rivoluzionaria marxista e dal metodoseguito dall’Islam nella sua rivoluzione sociale.

La violenza rivoluzionaria organizzata secondo la concezionemarxista

Alla fine del Manifesto comunista possiamo leggere: “Icomunisti degnano di nascondere le loro opinioni e le lorointenzioni. Essi dichiarano apertamente che i loro scopi nonpossono essere raggiunti che con l’abbattimento violento diogni ordinamento sociale esistente”.In alcuni testi relativi alle questioni militari (nuoviestratti) e durante l’appello lanciato in favore della presadelle armi e l’incitazione ad adottare la violenzarivoluzionaria, Lenin dice: “Una classe oppressa che non faquanto è in suo potere per imparare ad usare le armi epossederle, merita di essere trattata come degli schiavi”.Lenin prosegue: “Poiché non possiamo, in fin dei conti,dimenticare – a meno che non diventiamo dei pacifisti borghesio degli opportunisti – che viviamo in una società di classe,che non c’è e non ci sarà mai un mezzo per uscire da questasocietà ad eccezione del ricorso alla lotta di classe ed alrovesciamento del potere della classe dominante”.“ (…) In tutte le società di classe la classe degli oppressoriè sempre stata armata, fosse essa fondata sullo schiavismo,sull’impiego degli operai o sul regime salariato. Ai giorninostri le armi sono quelle della borghesia contro ilproletariato. Questa non si accontenta di agire da sola, ma sifa aiutare dall’esercito, anche nelle repubbliche borghesi piùdemocratiche, come la Svizzera. Ci è sufficiente menzionarel’impiego delle milizie armate (compreso l’esercitorepubblicano democratico) contro gli scioperanti, è un metodoche troviamo in tutti i paesi capitalisti, senza eccezioni:l’armamento della borghesia contro il proletariato è una delleverità più importanti ed essenziali nella società capitalista

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moderna”.

Che dire della violenza rivoluzionaria dell’Islam?

I versetti che stabiliscono il principio dell’obbligo didedicarsi alla violenza rivoluzionaria, di fronteggiarel’ingiustizia, di difendere i deboli, di combattere glioppressori (l’appello al Jihad, alla mobilitazione,all’addestramento delle forze, al servizio militare, al portod’armi, alla resistenza all’ingiustizia ed alla tirannia) sononumerosi. A titolo d’esempio, eccone qualcuno:“Oh profeta, incoraggia i credenti a combattere”(Sura 8 – “Il bottino” – versetto 65)Parlando del coinvolgimento inevitabile nella lotta,dell’impossibilità di fatto di poter scegliere la non-violenza, e di tutto ciò che implica la lotta nel camminodella liberazione:“Vi è prescritto di combattere, può darsi che abbiateavversione per qualcosa e ciò è un bene per voi”.(Sura 2 – “La carogna” – versetto 216)“Preparatevi a lottare contro tutti quelli che trovate”Sura 8 – “Il bottino” – versetto 60)Nell’appello a combattere per salvare i deboli – a cui inemici della missione maomettana avevano impedito di lasciarela Mecca, ed avevano recato loro torto – noi sentimmo unrimprovero (“che cosa avete?”) e un’incitazione a combattere:“Perché non combattete nel cammino di Dio e con i deboli, inmezzo agli uomini, alle donne e ai bambini”.(sura 4 – “Le donne” – versetto 75)E durante la giustificazione della giusta guerra: “combattete”e non siate “disertori”.“Combattete nel cammino di Dio coloro che lottano contro divoi, non siate disertori, Dio non ama i disertori”.Sura 2 – “La carogna” – versetto 120)Durante la condanna del ricorso all’ingiustizia ed allatirannia: “egli non ama i tiranni”. (ovvero, coloro cheiniziano a commettere ingiustizie, lui li punirà); c’è anche

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un appello a combattere l’oppressore, altrimenti una penadolorosa attenderà coloro che non rispondono all’appello.“Se vedete l’oppressore e non condannate le sue azioni, Diorischia di riservarvi un castigo doloroso”.Infine, a proposito dell’incitazione a sollevarsi contro lapovertà e la fame, c’è un numero di biografie, fatti epropositi, tra cui ciò che ha detto Abou-Zar-Alghafari, chesecondo il profeta è l’uomo più sincero:“Mi stupisco di colui che, non trovando nulla da mangiarepresso di sé, non esce, brandendo la sua spada, per attaccarele genti!”.

Capitolo 3

Carattere di classe dei detentori del potere

“La liberazione della classe operaia non può essere che operadella classe operaia”.L’essenza del pensiero marxista, in rapporto alla natura diclasse del potere dirigente, si rifà al concetto per cui ilproletariato è la classe più rivoluzionaria e la più oppressa,poiché è la sola classe a non possedere altro che le suecatene, la sola capace di guidare la marcia della rivoluzionee di conseguire la vittoria, liberando le classi dallosfruttamento e fondando la società senza classi.Di conseguenza, condurre la rivoluzione per abolire laborghesia è d’obbligo al proletariato, sotto la guida del suopartito d’avanguardia, che esprime gli interessi dellamaggioranza della classe lavoratrice, al fine di conquistareil potere politico:“Il potere politico, nel senso proprio della parola – come lodefinisce il Manifesto comunista – è il potere organizzato dauna classe per l’oppressione di un’altra”.“Se il proletariato, nella lotta contro la borghesia, sicostituisce necessariamente in classe, e per mezzo dellarivoluzione trasforma se stesso in classe dominante e, cometale, distrugge violentemente i vecchi rapporti di produzione,

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esso abolisce, insieme con questi rapporti di produzione,anche le condizioni d’esistenza dell’antagonismo di classe ele classi in generale, e quindi anche il suo proprio dominiodi classe.Al posto della vecchia società borghese con le sue classi econ i suoi antagonismi di classe, subentra un’associazione –la società senza classi – nella quale il libero sviluppo diciascuno è condizione per il libero sviluppo di tutti”.Riassumendo, quando il proletariato prende in mano il poterepolitico abolisce il diritto alla proprietà privata dei mezzidi produzione, cioè la possibilità di singoli individui o diuna classe di appropriarsi di tutti i mezzi di produzione. Diconseguenza, esso abolisce necessariamente la possibilitàdello sfruttamento. E’ in definitiva la sola via che conducealla fondazione della società senza classi, dove non ci saràpiù proprietà privata appartenente ad individui o classi e, diconseguenza, cesserà lo sfruttamento di un uomo, di una classeo di una nazione. La nascita della società senza classidipende dalla presa del potere del proletariato.•Carattere del potere secondo la concezione islamicaNell’essenza il pensiero islamico chiama alla fondazione dellostato degli oppressi, questa volontà è espressa, brevemente econ chiarezza, nel versetto:“Ma noi vogliamo favorirecoloro che sono stati umiliati sulla terranoi vogliamo farne dei capi, degli eredi!”(Sura 28 – “Il racconto” – versetto 5)Abbiamo il diritto di domandarci: chi sono gli umiliati sullaterra se non i poveri, i disgraziati e i lavoratori, glioperai che non hanno altri beni ad eccezione della loro forza-lavoro, che essi vendono ai ricchi proprietari i qualisfruttano il lavoro salariato ed accumulano il denaro cheproviene dalla fatica di questi operai, dalla loro miseria,dal loro malessere e dal surplus della loro produzione.Chi sono gli umiliati sulla terra se non i lavoratoricontadini, che seminano il bene nella terra sotto i colpi difrusta dei forti e degli autoritari.

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Sono gli stessi che l’Islam vuole come dirigenti che servanoda modello e che detengano il potere politico, che esercitinoil potere in nome della maggioranza schiacciante deglioppressi, per fondare una società di giustizia, benessere edeguaglianza.

Capitolo 4

L’abolizione della proprietà borghese o il comunismo dei mezzidi produzione

Tema: differenza tra la proprietà individuale e la proprietàprivata dei mezzi di produzione.

Il pensiero marxista non proclama in assoluto l’abolizionedella proprietà, ma piuttosto specifica la natura di questodiritto, proclamando unicamente l’abolizione della proprietàborghese, cioè la proprietà privata dei mezzi di produzione.Esso proclama l’appropriazione collettiva in luogodell’appropriazione borghese. A tale proposito l’essenza delpensiero islamico non si differenzia in nulla dal pensieromarxista, per quanto riguarda la proclamazione del dirittoall’appropriazione individuale e il divieto agli individui edalle classi di possedere i mezzi di produzione o i prodottidella terra e del cielo, messi a beneficio di tutte lenazioni, come disse Uléma Khaled Mohamet Khaled.Come spiega il Manifesto comunista la concezione dei comunistiriguardo il problema della proprietà? Il Manifesto dice:“Le posizioni teoriche dei comunisti non poggiano affattosopra idee, sopra principi che siano stati inventati oscoperti da questo o quel rinnovatore del mondo.Esse sono soltanto espressioni generali dei rapporti effettividi una lotta di classe che già esiste, di un movimento storicoche si svolge sotto i nostri occhi. L’abolizione dei rapportidi proprietà che si sono avuti finora non è cosa checaratterizzi propriamente il comunismo.Tutti i rapporti di proprietà sono sempre stati soggetti ad uncontinuo mutamento storico, a una continua trasformazione

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storica.La Rivoluzione francese, ad esempio, abolì la proprietàfeudale in favore della proprietà borghese.Ciò che distingue il comunismo non è l’abolizione dellaproprietà in generale, bensì l’abolizione della proprietàborghese.Ma la moderna proprietà privata borghese è l’ultima e la piùperfetta espressione di quella produzione ed appropriazionedei prodotti che poggia sugli antagonismi di classe, sullosfruttamento degli uni per opera degli altri.In questo senso i comunisti possono riassumere la lorodottrina in quest’unica espressione: abolizione dellaproprietà privata”.In seguito il Manifesto comunista si rivolge ai borghesi inquesti termini:“Voi inorridite all’idea che noi vogliamo abolire la proprietàprivata. Ma nell’attuale vostra società la proprietà privata èabolita per nove decimi dei suoi membri; anzi, essa esisteprecisamente in quanto per quei nove decimi non esiste. Voi cirimproverate dunque di voler abolire una proprietà che ha percondizione necessaria la mancanza di proprietà per l’enormemaggioranza della società.In una parola, voi ci rimproverate di voler abolire la vostraproprietà. E’ vero: è questo che vogliamo”.

Qual è, in generale, la posizione dell’Islam rispetto alproblema dell’appropriazione?

L’Islam enuncia un principio fondamentale generale secondo cuiè Dio ad aver creato per voi tutto quello che è sulla terra, èlui che ha reso, all’origine, le cose comuni a tutti, ilCorano dice:“E’ lui che ha creato per voi tutto quello che c’è sullaterra”(Sura 2 – “La carogna” – versetto 29)“Egli ha poi reso vasta la terravi ha fatto sorgere l’acqua e i pascoli

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ha solidamente eretto le montagneper il bene vostro e delle vostre greggi”(Sura 79 – “Quelli che derubano” – versetti 30-31-32-33)“E’ lui che ha fatto scendere dal cielol’acqua che vi serve per bere,e che ha fatto crescere le piantegrazie a cui nutrite le vostre greggi,e ancora, lui fa crescere per voii cereali, le olive, le palme, le vitie ogni varietà di frutti.In ciò vi è davvero un segnoper un popolo che riflette”.(Sura 16 – “Le api” – versetti 10-11)“Egli ha creato per voi il bestiameaffinché voi ne ricaviate abiti caldialtri benefici ancorae voi ve ne nutrite”.(Sura 16 – “Le api” – versetto 15)

La posizione rispetto alla proprietà individuale: se alcuniversi del Corano pongono l’accento sul rispetto del dirittoalla proprietà individuale nell’Islam, è per via diconsiderazioni storiche che lo giustificano; l’anarchia cheregnava prima dell’Islam nei paesi arabi, ha fatto del furto,delle rapine e della truffa un modo di appropriazione; permettere fine a questi mezzi illegali l’Islam dovette ricorreread una grande severità, per far rispettare il diritto allaproprietà individuale. E se il denaro, che è l’oggetto deldiritto alla proprietà, occupa lo stesso posto dei bambini:“Le ricchezze e i bambini sono l’ornamento della vita diquesto mondo”(Sura 18 – “La caverna” – versetto 46)Vediamo, acanto a queste disposizioni relative alla proprietàindividuale, la conferma delle disposizioni essenziali in ungran numero di versetti, messi al servizio della società.Tuttiquesti versetti sostengono con fermezza l’appropriazionecollettiva di tutto ciò che è risorsa o mezzo di produzione.

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Questa posizione è conforme a quella marxista, ascoltate ilprofeta dire e ridire al suo popolo:“Le persone hanno in comune tre elementi: l’acqua, la terra eil fuoco”.Il Corano precisa che l’acqua è un dono di Dio e che l’uomonon ha fatto nulla per farla sgorgare dalla terra, che Diol’ha messa a sua disposizione come ha messo a sua disposizionei mari e i fiumi.“Avete pensato all’acqua che bevetesiete voi che l’avete fatta scendere dalle nuvole osiamo noi che che la facciamo caderese noi lo vogliamo possiamo renderla salmastrase soltanto voi foste riconoscenti!”(Sura 56 – “Ciò che è ineluttabile” – versetti 68-69-70)“Dio!E’ lui che ha creato il cielo e la terrae che ha fatto scendere dal cielo l’acqua.Grazie a questa possono crescere i fruttiper la vostra sussistenzaegli ha messo al vostro servizio i fiumi”(Sura 14 – “Abramo” – versetto 32)“Noi facciamo scendere dal cielo un’acquacon cui vi dissetiamoe che voi non siete in potere di conservare”(Sura 15 – “Al-hijr” – versetto 22)Come abbiamo visto il testo è chiaro, esso proibisce allepersone di appropriarsi in modo esclusivo dell’acqua, cioè diimmagazzinarla per il proprio uso personale, ciò implica chel’acqua è un bene comune a tutti, poiché il singolo non deveimmagazzinare una cosa che non ha fatto con le proprie mani.Siccome Dio l’ha fatta per tutto il mondo, ciascuno neprenderà secondo il suo bisogno e lascerà il resto agli altribisognosi.“A colui che priva gli altri dell’acqua Dio dirà nel giornodel Giudizio: oggi io ti privo dei miei beni come tu haiprivato gli altri dei beni che non hanno fatto le tue mani”.(Secondo Imam Ahmed – 10-63,66,4 e 5)

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Quanto vale per l’acqua può dirsi anche per i pascoli, poichéun gran numero di propositi del profeta sull’acqua parlanoanche dei pascoli. Quanto alla raccolta della legna, la suaproprietà comunitaria è specificata nel seguente estratto daHadith:“Che uno di voi raccolga la legna e la porti sulla sua schienaè cosa migliore che mendicarla a qualcuno che potràdonargliela o rifiutargliela”Ciò significa che, dal momento che c’è un settore pubblico acui tutti i disoccupati possono ricorrere traendone profitto,per quale motivo si dovrebbe mendicare?Concludiamo dicendo che l’Islam ha riconosciuto il comunismodell’acqua, della terra e del fuoco, ne ha fatto cioè unaproprietà comune, essendo stabilito che questi elementi sononecessità di prim’ordine nella vita, e i beni necessari nonpossono essere oggetto di una classificazione in ordine divalore, essi variano da un’epoca all’altra.Rispettare questo principio islamico implica – così come èstata chiamata nel linguaggio moderno – la nazionalizzazionedelle risorse pubbliche, le risorse idrauliche, di luce e dicarburante (elettricità, carbone e petrolio), il trasportopubblico, la pesca. Tutti i settori pubblici non devono inalcun modo appartenere ad individui o società che li sfruttinoe li monopolizzino imponendo alle masse popolari la lorovolontà, sfruttandole nel modo tremendo che si applica nellasocietà capitalista o in quello che viene chiamato “il regimedel lavoro salariato”, o per mezzo di una classe, proprietariadei mezzi di produzione, che sfrutta e reprime una classeproprietaria solo della sua forza lavoro.Quando il profeta dice: “chi, per quaranta giorni, siappropria del nutrimento delle persone, è rinnegato da Dio edal suo profeta”Credete che Dio maledica solo chi si appropria di qualchemanciata di grano, e poi consenta la monopolizzazione dellaterra dove cresce questo grano?Il profeta cita il versetto:“Egli ha messo al vostro servizio ciò che si trova nel cielo e

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nella terra.Tutto proviene da lui, in ciò davvero ci sono dei segni per unpopolo che riflette”.(Sura 45 – “Chi è inginocchiato” – versetto 13)Noterete sicuramente che questo versetto pone la terra difronte al cielo, come se dicessimo:Ogni musulmano credente e riflessivo può ritenere plausibileche una qualsiasi persona nella società, quale che sia il suorango o la sua fortuna, possa appropriarsi o accordare ai suoicompagni l’esclusiva della luce della luna, o del calore delsole, o delle nuvole?I beni della terra sono come i beni del cielo, non è permessoad una banda di feudatari di appropriarsene e beneficiarne. Diconseguenza la proprietà della produzione, secondo l’essenzadel pensiero islamico, dovrà liberarsi dalle mani degliindividui, dei capitalisti, per divenire la proprietà dellacollettività e costituire una parte della ricchezza di tuttele nazioni.

Capitolo 5

Il problema della fede

Le forze anti-progressiste rimproverano ai comunisti di essereatei e di non riconoscere l’esistenza di Dio.Esse dichiarano una guerra accanita al marxismo in quantodottrina che predica l’ateismo e dogma fondato unicamente suquesto precetto, che non ha la sua ragion d’essere che invista di questo fine, senza niente altro.E’ in questo modo che si tenta di minimizzare il marxismo, cheè una scienza inglobante, di metterne in luce esclusivamenteil lato che concerne l’ateismo, di deformarlo agli occhi dellemasse lavoratrici. Questo stato di cose permette, indefinitiva, a tutte le forze reazionarie econtrorivoluzionarie di trarne vantaggio.Mettendo in chiaro questo problema, ci interessa in primoluogo di porre due questioni:

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– Il marxismo è una dottrina o una religione?– Qual è l’essenza del pensiero marxista rispetto al problemadella fede?

Punto primo:Il marxismo non è né una dottrina né una religione, è unmetodo di pensiero dialettico, una guida per l’azionerivoluzionaria e una scienza che studia il moto ditrasformazione della natura, della società e della naturadelle forze motrici della storia. E’ la scienza della vittoriadella rivoluzione socialista e dell’istituzione della societàcomunista.

Secondo punto:L’essenza del pensiero marxista rispetto al problema dellafede può essere riassunta nell’appello alla lotta per laliberazione dell’uomo da tutte le alienazioni economiche,sociali, intellettuali e filosofiche, per farlo pervenire allaconoscenza e assicurargli la capacità di utilizzare la suaragione ed il suo spirito.Ciò implica di superare la critica della religione in sestessa, e di giungere rapidamente alla critica della società edelle condizioni sociali ed intellettuali; in altri termini,non criticare più il cielo ed orientarsi verso la criticadella terra, lottare per assumere le condizioni materiali edoggettive vantaggiose che costituiscono una base materiale perla liberazione di quest’uomo alienato; liberazione dalmalessere, dal sottosviluppo, dalla miseria e dall’ignoranza,affinché quest’uomo possa, acquistando la conoscenza,riflettere in modo scientifico e giusto e pervenire,coscientemente e deliberatamente, a risolvere il problemadella fede, negativamente o positivamente, senza essereinfluenzato da pregiudizi, o senza conformarsi ad ideepreconcette o irrazionali, essendo l’ignoranza il nemicoprincipale della conoscenza.

Qual è la posizione dell’Islam rispetto alla fede?1. Non è necessariamente credente colui che assume ciecamente

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il suo Islam o il suo cristianesimo, da suo padre o dal suoambiente.Il Corano condanna, in questo versetto, coloro che assumonociecamente la religione dai loro padri:“Si, noi abbiamo visto i nostri padri seguire tutti la stessaviae noi calchiamo le loro tracce”(Sura 43 – ??? – versetto 23)2. Dunque secondo l’Islam la fede non è nulla se nonscaturisce dal libero arbitrio, e da una auto-convinzione, laconvinzione proveniente dalla ragione e dalla conoscenza.Qual è la posizione dell’Islam rispetto alla ragione ed allaconoscenza?Nel Corano un gran numero di versetti è improntatoall’istituzione di un “metodo dialettico” che spronaall’impiego della ragione, all’attivazione della perspicacia,della meditazione, alla legittimazione della scienza e dellalibertà. Ne citiamo qualcuno a titolo d’esempio:“Non riflettete?”(Sura 6 – “Le greggi” – versetto 50)“Non riflettete?”(Sura 32 – “La prostrazione” – versetto 4)“Disse:attraversate la terra e riflettetesu come egli da avvio alla creazione”(Sura 29 – “Il ragno” – versetto 20)“Non lo capite?”(Sura 23 – “I credenti” – versetto 80)“Non hanno riflettuto in loro stessi?”(Sura 30 – “I romani” – versetto 8)“…Per un popolo che comprende”(Sura 16 – “Le api” – versetto 11)“…Per un popolo che riflette”(Sura 16 – “Le api” – versetto 12)Quando il Corano stabilisce il “metodo” del ricorso allascienza e alla ragione, ne consegue inevitabilmente che lareligione non è imposta.

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“Nessun obbligo nella religione”(Sura 2 – versetto 256)E’ la libera convinzione, che è conseguenza delle veritàscientifica a cui è pervenuta la libera ragione, a consentirein definitiva la scelta rispetto alla fede, sia in negativosia in positivo; chi ha compiuto la sua scelta sopporterà, ilgiorno dopo, la responsabilità di questa scelta.Il Corano sottolinea in molti ‘sura’ l’inesistenzadell’obbligo:“Nessun obbligo nella religione,l’unico compito del profeta è di trasmettere il messaggio”(Sura 5 – “La tavola” – versetto 99)“Fai capire l’appello!Tu non sei che colui che fa capire l’appelloe non sei incaricato di sorvegliarlo”(Sura 88 – “I trascinatori” – versetti 21-22)infine:“che chi lo vuole creda e che chi non lo vuole sia incredulo”(Sura 18 – “La caverna” – versetto 29)Si possono così riassumere le motivazioni di questi versettidicendo che l’Islam, quando incita apertamente l’uomo aliberarsi dall’asservimento dell’uomo gli lascia, allo stessotempo, la libertà di credere in Dio. Ma l’Islam nonindietreggia davanti all’emanazione del diritto nellagiurisprudenza. Nel corso dell’incitazione alla giurisprudenzaindividuale, incontriamo alcuni quesiti posti dal profeta aMaaz:“Come giudicherete se vi viene presentata una causa che nontrova fondamento nel libro di Dio né nella Sunna del profeta?”Maaz risponde al profeta:“Farò uno sforzo personale e non indietreggerò”Allora il profeta abbracciandolo gli dice:“Che Dio sia lodato”.Stabilendo il dubbio come metodo il profeta risponde a coloroche hanno usato la propria intelligenza in modo tale dasuscitare in essi un certo dubbio. Sono andati a consultarlospaventati: “Non abbiate paura – gli risponde – è la vera

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fede”.“Noi abbiamo più diritto al dubbio di Abramo”Abramo dice:“Mio Signore! Mostrami come risusciti i morti”Dio dice:“Tu non credi?”Egli risponde:“Si, io credo, ma è affinché il mio cuore sia placato”(Sura 2 – “La carogna” – versetto 260)Incitando a rinunciare alla metafisica, in quanto inefficace,e a stabilire un metodo di riflessione per il mondo tangibile,il profeta dice:“Pensate ai beni di Dio, cioè ai beni celesti di cui gioite,non pensate all’essenza di Dio, ne morireste”Quanto detto ribadisce che l’analisi scientifica della materiasensibile è un’analisi produttiva e fruttuosa, e che superarequesto confine per giungere alla metafisica non condurrà alfine sperato. Non cercate quindi nelle parole del profetaniente altro che un appello ad orientarvi verso la realtà neisuoi doni concreti, e un appello a riflettere su questa realtàconcreta, rimettendo a più tardi le questioni relativeall’essenza di Dio, altrimenti “ne morirete”.Non troviamo forse nell’appello marxista a rinunciare allacritica del cielo ed orientarsi verso la critica della terra,una possibilità di incontro tra i marxisti e i musulmani, tral’Islam nei suoi contenuti razionali e il marxismo nel suometodo dialettico? Si, un incontro al fine di lottare insiemeall’interno del quadro comune delle visioni intellettuale,politica e razionale, ciò per liberare l’uomo da tutte le suealienazioni economiche, politiche, intellettuali efilosofiche, perché no?La semplice adesione all’Islam, al suo inizio, non significavaforse adesione inevitabile ai deboli e ai sofferenti, agliinteressi dei poveri e dei sottomessi? La sempliceappartenenza alla rivoluzione maomettana non poteva forseessere considerata come una contrapposizione al sottosviluppo,alla barbarie, all’oppressione ed alla tirannia?

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In effetti fu così con l’inizio della rivoluzione maomettana econ la nascita dell’Islam; si ebbero una conformità ed unaccordo religioso e politico rivoluzionari. Chiunque aderivaall’Islam, lanciava contemporaneamente una freccia contro gliapparati tribali e schiavisti. Esprimeva il suo rifiutodell’oppressione di classe e della sottomissione nazionale,rappresentati dai due regimi bizantino e sassanide.Di fatto la semplice appartenenza all’Islam significaval’adesione politica e di lotta agli interessi delle massepovere, sottomesse, deboli e infelici. Che cosa è stato,brevemente, di tutto questo?Oggi il mondo è cambiato ed ha girato la ruota della storia.Non possiamo più trovare, con lo sviluppo delle forzeproduttive e del modo di produzione, la conformità di cui si èsopra parlato, né l’accordo religioso e politico rivoluzionariche sono esistiti alla nascita dell’Islam. Oggi troviamo deire, dei governanti, dei presidenti, dei leaders e degli Imamche solo in apparenza appartengono all’Islam, mentre in realtàsono concretamente legati alla politica imperialista, nemicidei loro popoli, nemici della nazione araba sottomessa enemici dei popoli oppressi del terzo mondo. Possiamo forseattribuire a questi apostati, agenti e traditori l’appellativodi “credenti” nell’essenza dell’Islam di cui abbiamo parlato,ed è forse questo che Maometto aveva predicato?L’islam, fin dalla sua nascita e dopo la sua nascita, haportato nel suo seno due contenuti: il contenuto dell’Islam diMaometto, di Abou-Zar-Alghafari, di Omar e di Ali, che hannocreduto nell’essenza della rivoluzione islamica, e ilcontenuto dell’Islam di Moaviah, di Osman, e di altri comeloro, che hanno creduto nell’accumulazione dell’oro edell’argento, e più tardi i loro simili, i governanti arabidei giorni nostri, i re e i sultani del petrolio cheattualmente non credono ad altro che all’accumulo dell’argentoed all’accaparramento dei dollari.Quale di questi due contenuti sceglieremo? Ovvero, quale deidue Islam sceglieremo?In effetti abbiamo visto, attraverso il Corano e l’Hadith, che

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l’Islam ha davvero un doppio carattere, il ché portò l’ImamAli a dire, giurando sul Corano, nelle sue interpretazioni:“Il Corano ha diverse facce”Qual è la giustificazione obiettiva di queste parole, opiuttosto, qual è l’origine obiettiva di questo fenomeno eperché è comparso?La risposta scientifica a queste questioni è che l’origineobiettiva di questo fenomeno è riconducibile alle seguentiragioni:Primo: L’Islam, come rivoluzione degli schiavi e dei debolicontro i ricchi e i despoti, ha avuto in parte, e in modoparticolare al suo primo apparire, una tendenza progressista opiuttosto comunista (che equivale al comunismo della rivoltadi Spartaco).Secondo: Dal momento che a quest’epoca il livello di sviluppodelle forze produttive non consentiva che l’istituzione dirapporti di produzione feudali in sostituzione dellacostituzione schiavista, per questo motivo l’influenza dellostato di fatto che prese avvio in seguito si ripercosse sucerti insegnamenti della religione in modo contraddittoriorispetto al suo contenuto ed al carattere originario di tuttii suoi insegnamenti.Terzo: In questo contesto e da questa angolatura, si possonocomprendere i tentativi dei reazionari di sfruttare questocarattere posteriore per difendere i loro averi e i lorointeressi.A partire da ciò si può dire: se i sostenitori rivoluzionaricoscienti dello svolgimento di questo fatto storico esistono,le forze reazionarie opportuniste non saranno più capaci diservirsi di certi insegnamenti della religione a loroprofitto. Sono piuttosto i poveri, i lavoratori e i deboli chepotranno a quel punto produrre la “materia della religione”che gli consentirà di contrastare lo sfruttamento reazionariodella religione. In termini più dettagliati, si può dire chel’Islam in quanto religione, e in quanto regime politico osovrastruttura, è stato fondato per stabilire praticamente undato regime di rapporti, poiché, come abbiamo detto, un

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determinato livello di sviluppo delle forze produttive nonconsentiva che l’istituzione di un regime feudale, ciò checostituì un passo avanti progressivo rispetto alla societàtribale e schiavista, ma ancora sottosviluppato se paragonatoal regime borghese e a maggior ragione al socialismo.Non era possibile, al livello di sviluppo delle forzeproduttive di quest’epoca storica, far passare brutalmente larivoluzione maomettana dalla società tribale e schiavista allasocietà di giustizia, benessere ed eguaglianza, ovvero alla“società socialista”.Noi, in quanto marxisti, scegliemmo questa strada conconvinzione, grazie alla nostra comprensione dello sviluppostorico e delle sue leggi. Di conseguenza, se ci atteniamoall’essenza della rivoluzione maomettana, non per questo cifermiamo ai limiti o alle frontiere cui questa è giunta, perimmobilizzarci o cristallizzarci al margine di questefrontiere nel quadro del regime di produzione feudale impostodalla storia e sul quale si è fondata la società islamica dopola rivoluzione. Dobbiamo piuttosto proseguire la marcia diliberazione a partire da questa essenza rivoluzionaria perfondare una società di giustizia, benessere ed eguaglianza.Si al contenuto dell’Islam in quanto rivoluzione comunista eprimaria, rivoluzione contro gli asservimenti di classe enazionali, si all’Islam nella sua prospettiva rivoluzionaria enel suo contenuto maomettano o ghafariano (relativo ad Abou-Zar).Ciò non rappresenta soltanto la nostra scelta nell’impegno. Imarxisti, nel momento in cui comprendono i loro compitistorici nella lotta e nella battaglia per il progresso, laliberazione e il cambiamento, sono i primi a meritare nellastoria, dopo l’avvento della lotta di classe, la qualifica dieredi legali di tutto il patrimonio progressista e di tutte lerivoluzioni di classe, a cominciare dalla rivoluzione deglischiavi contro i signori, la rivoluzione comunista primitivadi Spartaco contro l’oppressione romana fin dall’eraprecristiana: i marxisti e i rivoluzionari arabi furono perciòi primi, e questo in ogni nazione, ad avere il diritto di

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essere gli eredi legali della rivoluzione di classe maomettanacontro i rapporti di produzione tribali e contro l’oppressioneschiavista e nazionale.Abbiamo messo in luce i cinque problemi più importanti emersinel cammino della rivoluzione araba verso una società digiustizia, benessere ed eguaglianza, applicando appieno ilmetodo dialettico nella nostra comprensione del movimentoscientifico dell’evoluzione della storia.Disveliamo scientificamente le contraddizioni esistenti adogni livello: economico, intellettuale, scientifico efilosofico.Determiniamo, alla luce della scienza marxista e del metododel Corano (nel senso stabilito), le forze avverse allarivoluzione tra i nemici dell’uomo, rappresentati daicapitalisti, dagli imperialisti, dagli accaparratori d’oro ed’argento, dai sionisti usurpatori ed aggressori, alleatidell’imperialismo, dalle forze reazionarie in azione,schierate col campo nemico e appartenenti apparentementeall’Islam, ma che sono in realtà apostati rispetto all’essenzae alla sostanza dell’Islam; mobilitiamo, per quanto possiamo,le nostre forze per dichiarare loro una guerra popolare dilungo periodo, guidata dal partito rivoluzionario arabod’avanguardia che rappresenta gli interessi di tutti i debolie di tutti i miseri.Erigiamo la supremazia della classe operaia, radicandola ilpiù profondamente possibile fra i deboli affinché essidivengano gli “imam” detentori del potere politico: essi siaccorderanno per risolvere i loro problemi, governerannoequamente e fonderanno col diritto la società socialista arabaunita “dove” ciascuno lavorerà per le sue capacità ed avrà lasua parte per tali attitudini, e questo come fase preparatoriaalla fondazione della società senza classi, la società delbenessere e dell’abbondanza, in cui ciascuno lavorerà infunzione delle sue capacità ed otterrà ciò di ci ha bisogno.Che le forze controrivoluzionarie tremino davanti alla grandearmata delle masse rivoluzionarie arabe!Le masse della nostra nazione militante non hanno niente da

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perdere fuorché le loro catene e le loro manette. Esse hannoun intero mondo da guadagnare.Credenti! Marxisti!unitevi!

Pensate ai beni di Dionon pensate alla sua essenzane morireste.l’Hadith

Non chiedetemi cosa accadràne abbiamo già abbastanza di ciò che “è” già.Omar Ben El Khattab

Smettete di criticare il cieloed orientatevi verso la critica della terra.Karl Marx

L’EUROPA, l’ISLAM E IL POSTODELL’ITALIA di Angelo Vinco

Riceviamo epubblichiamo

E’ evidente, nella nuova fase di turbolenze geopolitiche,l’impreparazione e la marginalità delle fazioni di destra esinistra cosiddette antagoniste o sovraniste o non saprei comedefinire. Da parte neofascista riemerge l’antica ossessione

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della salvezza della civiltà europea, da parte neo-marxista lastrategia sociale incardinata sull’operaismo messianicogermanizzante, per quanto declinata in una modalità chepresuntuosamente viene considerata all’altezza dei tempi.

In entrambi i casi abbiamo il portato di antiche ideologieoccidentalistiche e illuministiche-hegeliane il quale, comeuno spettro ancestrale, riecheggia pesantemente nelliberalismo eurocentrico di fondo che accompagna la destra esinistra terminali autoreferenziali e alienate. E’ l’idea estrategia di Clash of Civilizations teorizzata già nel lontano1993 su “Foreign Affairs” dal geniale, anche se certamentenemico e fazioso, Huntington a dover essere considerata se sivuole ricalibrare con occhi non faziosi o partigiani la storianovecentesca.La mia ipotesi è che la fonte di conflitto fondamentale nelnuovo mondo in cui viviamo non sarà sostanzialmente néideologica né economica. Le grandi divisioni dell’umanità e lafonte di conflitto principale saranno legate alla cultura. GliStati nazionali rimarranno gli attori principali nel contestomondiale, ma i conflitti più importanti avranno luogo tranazioni e gruppi di diverse civiltà. Lo scontro di civiltàdominerà la politica mondiale. Le linee di faglia tra leciviltà saranno le linee sulle quali si consumeranno lebattaglie del futuro. Disse Renzo De Felice nel 1974 che laparola fascismo andava abolita dal vocabolario italiano e diconseguenza dal dizionario storico e storiografico mondiale;intuì, il grande storico prima marxista poi craxiano, checontinuare ad alzare istericamente un allarme fascista difronte a fenomeni che non corrispondevano affatto al fascismostorico, ne erano anzi antitetici, avrebbe condotto alrelativismo assoluto e all’agnosticismo politico, oltre cheall’analfabetismo politico di massa, l’intera società civileoccidentale. Il Sionismo liberale tecnocratico egemone dicontro, spalleggiato da talune fazioni storiche politichemarxiste occidentaliste antiarabe e antiorientali, ha spintosull’acceleratore in questa direzione in virtù del comune

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pregiudizio per il quale l’unica vera persecuzione del ‘900sarebbe stata quella compiuta dai nazi contro gli ebrei;purificare “l’uomo europeo civilizzatore” da questa unicascoria residuale diveniva la missione; il neofascismooccidentale ha reagito a questo assalto culturale proprio nelsenso auspicato dai sionisti, volgarizzando su tutta la lineala tesi del Nolte, storico conservatore tedesco allievo diHeidegger, fondata su una presunta guerra civile europea, inbase a cui la persecuzione nazi non sarebbe stata altro cheuna reazione al precedente massacro “giudeo-bolscevico” dimilioni di cristiani russi.

Questa prassi puramente distruttiva e ispirata dallo Spiritodella Menzogna (Iblis) ha finito per annichilire ogni tessutosociale europeo e le stesse identità nazionali popolari ma dicontro ha riacceso le speranze e le possibilità d’azione dellemasse oppresse planetarie che avrebbero avuto, con il Febbraio1979 e la Rivoluzione Islamica del popolo iraniano, il modellotattico e operativo richiesto dallo Spirito del Tempo (ImamZaman).

In base alla loro filosofia di fondo e alla visione del mondofanaticamente eurocentrica sia i neofascisti sia i neo-marxisti, tranne rare e lodevoli eccezioni, come ad esempio ilCampo Antimperialista nei primi anni 2000, che superòrealmente questa frattura dicotomica assai provinciale e“minoritaristica” sperimentando con ardita ipotesi teorica egeopolitica la concreta possibilità di una nuovacivilizzazione euro islamica antimaterialistica oltreoccidentalismo e orientalismo, finiranno proprio per portareacqua al mulino delle elite angloamericane in guerra mondialecontro l’Islam, perseguitato da ogni lato.

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Samuel Huntington

Tali movimenti culturali e politici non hanno probabilmentecompreso inevitabili le conseguenze della stessa genialeteoria mondiale dell’Huntington, una tale comprensione liavrebbe infatti costretti a reinventarsi un nuovo campo digioco e di analisi sperimentale. Una revisione in sensodefeliciano del Novecento sarebbe stata a tal puntonecessaria: fascismo/comunismo descritti da Nolte e Sionistiliberali o marxisti come i movimenti essenziali ecaratteristici avrebbero perso quel carattere centrale eprioritario che gli è scorrettamente stato assegnato,ideologie come quelle di mascherare quali socialiste societàcomunque dominate dal profitto o come fasciste società dove lalogica realistica machiavellica pan-politica si è talvoltaimposta su quella spirituale e mistica sindacalistarivoluzionaria(Cfr. gli intuitivi studi di Z. Sternhell,storico israeliano marxista) sarebbero state distrutte allaprova dei fatti.

Le analisi di Lenin, che finirono per ispirare le piùbrillanti intuizioni del Trotsky maturo, sul processo diespansione — esterno e interno — dei mercati occidentali eranocorrette. Cosa scaturì però da questo? Il contrario di quantoLenin previde. L’Europa fu seppellita da questo gigantescoterremoto spirituale, geopolitico, economico, da questoprocesso di civilizzazione, lo chiamerebbe Huntington, sino ascomparire definitivamente, come oggi vediamo, da qualsiasidecisionismo globale.

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Già la Seconda Guerra Mondiale, ben oltre il riduttivismoteorico razzista della guerra civile europea, fu inlarghissima parte caratterizzata dalla grande spintaespansionistica e antianglosassone del Giappone imperialecostretto a fare i conti con la sua atavica povertà e lastorica penuria di beni primari; la cronaca asiatica registrala furiosa distruttività di epilogo di uno scontro millenariotra bianchi e non bianchi che non ha avuto evidentementeparagone nell’intera storia umana, come sostenne giustamentelo stesso Huntington contrastando il provincialismo dellastoriografia europea, fosse essa comunista, conservatrice oliberale. Fascista il generale Sadao Araki e fascista l’elitemilitare dell’Incidente del Febbraio 1936? Fascista la Kodo-ha? Fascista l’ammiraglio Yamamoto e poi fascista Tojo stesso?Fascista Yukio Mishima? Perfetto: non erano, allora, a rigordi elementare logica geopolitica, fascisti i nazi-tedeschi chehanno perseguitato gli ebrei — “giudeo-bolscevichi”[2] secondoun complottismo di scuola cattolica reazionaria ripreso dainazi —, in quanto se i primi, nelle varie fazioni strategiche,combattevano e morivano per distruggere e annientare il poteresecolare dell’uomo bianco, se, i Fascisti nipponici imperiali,arruolavano gli oppressi afroamericani, compresi i militantidi Nation of Islam prima che questi ultimi per questo fosseromessi fuori legge e in stato di detenzione, i secondi perassolutamente conservarlo come Stalin voleva non a casoconservare la schiacciante e asfissiante influenza neo-coloniale russa sul movimento comunista internazionale ascapito dell’irregolarismo maoista, sostenendo assaiastutamente i nazionalisti cinesi anticomunisti prevedendocorrettamente che il Maoismo sarebbe divenuto il primo nemicodel neo-colonialismo sovietico.

Ed in effetti il maoismo panasiatista e irriducibile nemico diYalta si sarebbe inverato, pochi anni dopo, con la dottrinalinbiaoista della Seconda Linea Orizzontale il nemico assolutodell’Urss, sino ad appoggiare su tutta la linea Pinochet inCile ma i peronisti in Argentina contro Videla sostenuto dai

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sovietici. Significativo assai il fatto che di fronte allaepocale Rivoluzione Islamica del popolo iraniano, sia cinesisia sovietici sia angloamericani, come mostra l’agentestatunitense Huyser nel suo “Missione a Tehran”, tentaronosino all’ultimo, contro la volontà di Dio e dell’Imam delTempo, di puntellare la monarchia filoccidentale esubcoloniale di Rezah Pahlavi.

Arrivando alle conclusioni, e dunque all’attualità, sivorrebbe qui far notare che centralizzare strategicamentel’antagonismo politico sulla questione della sovranitàitaliana, anche nel suo formalismo democratico-costituzionaleprogressista, ha finito per estraniare una larga correnteculturale e metapolitica, di cui il Campo Antimperialista erala brillante e coraggiosa punta avanzata e d’avanguardiaeuropea, dai problemi centrali dell’era odierna e dalla verapartita antagonistica in corso. Lo scontro di civiltà tral’Islam rivoluzionario guidato dall’Iran nella figura dellaGuida Seyyed Ali Khamenei e il materialismo neoilluministico e“progressista” tecnocratico occidentale. Sovranità italiana,nell’ottica di un Campo Antimperialista formatosi nel duro eserrato confronto politico e metafisico con teorici avversaridello spessore di Huntington, in un contesto come quelloodierno non può esservi al di fuori di un nuovo blocco dicivilizzazione che noi definiremmo “differenzialista

mediterraneo” e “euroislamico”.

Questa la Missione Italiana negli anni che verranno. L’Italiaculturale e antimperialista sarà all’altezza di tale compito?E’ chiaro che l’Europa, dopo il 2000, è ogni giorno di più un

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nano politico e un mostro spirituale, nel quale laicismo noncorrisponde nemmeno più al già satanico ateismo ma vuole direnichilismo agnostico. Come disse anni fa il Presidente Putinsotto l’influenza del buono e leale A. Solzenicyn, “l’Europaha spiritualmente sostituito il Cristo con l’anticristo”.

Eventi come la Rivoluzione Islamica del popolo iraniano, l’11Settembre 2001, la guerra mondiale antisiriana mettono l’uomoeuropeo (liberale, pseudofascista o pseudocomunista che sia)di fronte alla sua tremenda marginalità storico-politica. Comeinterpreta l’uomo europeo la notizia che Mike D’Andrea, ilkiller del Generale Soleimani e del leader dell’Hezbollahirakeno Abu Mahdi al Muhandis, oltre che di Osama Bin Laden,il capo della CIA in Asia Occidentale (o Medio Oriente) —ucciso in Afghanistan il 27 gennaio in continuità con lastrategia “operazione martire Soleimani” lanciata dalla GuidaKhamenei — era considerato dai suoi collegi di intelligencel’Ayatollah Mike in quanto convertito da anni all’Islamsaudita wahhabita? O il fatto che un evento epocale di questigiorni ha veduto una selezionata delegazione di ebreiamericani recarsi a Riad in una missione segreta per porre lebasi di una nuova religione globale “sionista-islamica”, chepurifichi il sacro Corano dai passi più antiebraici e checontrasti l’azione geopolitica e di liberazioneantimperialista svolta dall’Iran rivoluzionario?

Cosa può pensare, di eventi mondialmente ben più pesantidell’oscillazione dello spread o della mobilitazione sistemicadelle sardine di Benetton, il mondo sovranista o

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antisovranista, populista o liberista d’Europa? Nulla, perchévuole continuare a servire il padrone, svegliandosi dallacatalessi solo allorquando quando si ha la bruciantepercezione di danzare sopra l’abisso, come si è visto neiprimi giorni del 2020 con la martirizzazione del Generaleiraniano Soleimani.

Per questo vi è bisogno di nuovo di un Fronte antimperialistae antiprogressista italiano, che spacchi culturalmentel’Europa sulla questione islamica e mediterranea e che superifinalmente una cultura politica di sinistra borgheseimpregnata di fanatica intolleranza laicista e nichilista,come di profonda irriverenza nei confronti della donnaislamica, che ormai sembra farla da padrona nello stessoVaticano, o almeno in varie e potenti lobby vaticane. La lineaindicata da Alessandro Di Battista con il suo viaggio in Iransembra proprio andare in tale positiva direzione e ciauguriamo possa evolvere soprattutto in senso culturale espirituale.

NOTE

[1] P. Hanebrink, “Uno spettro si aggira per l’Europa. Il mitodel bolscevismo giudaico”, Einaudi 2019.

COS’È E DOVE VA L’IRAN di A.Vinco

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Potenza imperialista persiana oStato rivoluzionario?

Un significativo pezzo dello stimatissimo amico MorenoPasquinelli merita alcune precisazioni.

Facendosi, almeno a nostro avviso, interprete di talune lineepolitiche del Nazionalismo sociale panarabo a centralitàirakena, Moreno ritiene che la via strategica sovra-nazionalee rivoluzionaria del Generale Soleimani abbia condotto l’Iranin un vicolo cieco, sarebbe stato perciò preferibile darecontinuità alla via nazionalista persiana della cerchia diAhmadinejad, la quale avrebbe portato al disimpegno iranianosul teatro strategico mediorientale ed alla instaurazione diun nuovo Iran imperiale sciita a vocazione eurasiatica o pan-asiatica.

Ci meraviglia, in verità, che lo storico leader della Sinistrapatriottica italiana Moreno Pasquinelli, le cui simpatiemarxiste sono note, cerca come referente iraniano Ahmadinejad,guida del nazionalismo populista imperiale, e non la Sinistraradicale islamica continuatrice del pensiero “islamomarxista”di Alì Shariati. Ci riferiamo a figure di spicco vicine all’expresidente Khatami quali Behzad Nabavi (fondatore deiMojahedin dell’organizzazione islamica rivoluzionaria),Mostafa Tajzadeh, Moshen Armin, l’ex primo ministro Mousavi(che si ispirò a lungo al fochismo guevarista considerato“religioso”, antimaterialista e strategicamente ostile alla

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logica bipolare di Yalta), l’ayatollah Khoiniha che è statocapo della magistratura e Mehdi Karrubi (fondatore dellasocietà del Clero Combattente), tutte personalità politicheche sfidarono apertamente Ahmadinejad dandogli talvolta del“fascista populista”; ci riferiamo poi al Partito Mosakerat(“Partecipazione”), nato all’inizio del 2000, sebbene giàpresente come linea politica di fazione che metteva insieme lavecchia guardia degli “Studenti devoti alla linea dell’ImamKhomeini” che occuparono nel Novembre 1979 l’ambasciatastatunitense, mentre il giovane Ahmadinejad, già allora suposizioni di destra radicale populista, premeva perl’occupazione dell’ambasciata sovietica ed il suo frontepolitico era solito manifestare bruciando in piazza lebandiere sovietiche e quella britannica in ricordodell’umiliazione russo-anglosassone del 1941. Il fronteriformista della Sinistra radicale islamica ha in passatofatto blocco con il Centro di Rafsanjani: l’obiettivostrategico era quello di affermare un modello cinese, inconcreto tregua momentanea con l’Occidente e realizzazione diun Iran ultramoderno e sviluppato.

Significativa e fondamentale differenza tra la Destrarivoluzionaria populista (Ahmadinejad) o principialista(Soleimani) e la Sinistra radicale è rappresentata dal fattoche per le fazioni di destra l’antagonismo strategico conIsraele e con l’Occidente anglosassone rimane la quintessenzadello Stato rivoluzionario islamico iraniano, mentre sia peril Centro sia per la Sinistra radicale si può su questotransigere su un piano meramente tattico, non di prospettivaultima. Va precisato che riformismo, nel linguaggio politicoiraniano e nella lotta di frazione, a differenza di quanto sipensa in Occidente non significa deislamizzazione oliberalizzazione occidentalista quanto la prospettiva di una“democrazia parlamentare islamica” — non presidenzialista eplebiscitaria come quella odierna — basata su principisocialdemocratici molto avanzati.

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Se vi fosse un lettore iraniano che conosce bene le dinamicheinterne che sta per caso leggendo mi perdonerà sicuramente perl’uso disinvolto che sto facendo di una terminologia italianaed europea ma è evidentemente necessario per semplificare.Moreno formula infine tre domande da cui deduce che l’Iran nonsarebbe la guida spirituale e politica di un Movimentoantimperialista planetario, anche perché la martirizzazionedel Generale Soleimani e di Abu Mahdi al Muhandis non avrebbeportato ad una rapida sollevazione delle masse arabe. L’Iranrivoluzionario non usa inoltre da decenni, in una dimensionegeopolitica, termini come “sciita” o “sunnita”, “persiano” o“arabo”, proletario o capitalista: esistono invece un frontedegli Oppressi ed il fronte degli Oppressori.

Il fronte arabo-israeliano, né converrà Moreno, è sulla primalinea del Fronte degli Oppressori anche quando formalmentemusulmano, “sunnita” e chi più ne ha più ne metta. Cosa hannofatto i takfiriti e le grandi potenze musulmane “sunnite” senon buttare al macero la santa causa palestinese? Si dà peròil caso che nella prima linea delle celebrazioni e degli onoriai caduti antimperialisti del 2 Gennaio vi fossero proprioorganizzazioni palestinesi “arabe” e “sunnite”, che sino apoco tempo fa erano appunto oltremodo indicative – per lastessa Sinistra europea – della rettitudine ideologica di unaposizione geopolitica rivoluzionaria.

Moreno non sembra viceversa dare eccessiva importanza a questoposizionamento di organizzazioni — come la Jihad IslamicaPalestinese — che da decenni si trovano ben oltre la primalinea della lotta antimperialista, come non sembra considerarela stessa posizione della JIP sul nodo siriano e su quellotakfirita. Cosa rappresentano i ragazzi di Piazza Tahirrispetto ad organizzazioni come Hamas o Hezbollah o JIP? Ilrischio a tal punto è di far passare in sordina proprio quelpiano strategico grande-Sionista da cui, con grandeintelligenza, Moreno prende le mosse. Ha letto attentamente,Moreno, la Dottrina Oded Yinon che costituisce il centro da

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cui muove la sua analisi? Se sì, cosa pensa allora del fattoche già nel 1982 i grandi analisti sionisti sostenevano che lemasse arabe mussulmane (“sunnite” come direbbe appunto Moreno)non costituivano un pericolo strategico se non sostenute dauna potenza rivoluzionaria esterna o da uno Statorivoluzionario con vocazione universalistica.

Se ancora la fiamma della questione palestinese è ben accesa alivello mondiale, non lo si deve allora allo Statorivoluzionario islamico iraniano il quale, nonostante decennidi assedio rappresentato da ininterrotte guerra ortodossa eibrida di ultima generazione, è ancora fermo, sul pianosostanziale, nella assoluta e flessibile fedeltà alla lineaoriginaria di Imam Khomeini, per cui la liberazione di Al Qudsera e sarebbe sempre stata il cuore strategico dellaRivoluzione Islamica del popolo iraniano? I più di 10 milionidi iraniani che, caduto Soleimani, hanno scandito nelle piazzelo slogan per la liberazione di Al Quds possono essere messisullo stesso piano dei takfiriti o dei ragazzi di Tahrir ?

CHE GUERRA È QUESTA? diMoreno Pasquinelli

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Libia solo per il petrolio?

C’è molto di più. E’ Maurizio Molinari che su LA STAMPA di oggi segnala comeil Paese sia un campo di battaglia geopolitico, in particolare:

«Le milizie di al-Serraji possono contare su armi e militari dellaTurchia, mentre, sul fronte opposto i maggiori contributi bellici arrivanodaEmirati Arabi ed Egitto. E’ uno scontro non solo di potere ma soprattuttoreligioso perché si contrappongono visioni concorrenti dell’Islam sunnita.PerAnkara la Fratellanza Musulmana è la più pura espressione dell’Islampoliticomentre per Il Cairo e Abu Dhabi si tratta di pericolosi terroristi».

Giusta chiave di lettura quella diMolinari, che segnala quindi come la Libia sia un nuovo tassello del piùampioconflitto che dilania il Grande Medio Oriente, conflitto che vede la Siriacomeepicentro e che oramai, com’era inevitabile, ha trascinato nel suo vortice ilMediterraneo. E qui vien fuori il patetico ruolo dell’Italia — paesesubimperialista sovraordinato non solo dall’imperialismo americano ma pure daquello carolingio. L’Italia, nonostante sia il centro

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geografico del

Mediterraneo, mai come ora è stata condannata svolgere il ruolo di comparsa.

Il

governo immagina di camuffare la propria nullità con mosse da avanspettacolo

e

poi facendo appello ad un’azione (sic?) congiunta dell”Unione europea. Il

nulla invoca il niente. La Ue è costretta ad assistere impotente alle mosse

altrui e ad aggrapparsi al cessate il fuoco deciso da Putin ed Erdogan.

Vedremo

se questo sarà rispettato (da Egitto, sauditi ed Emirati) o se invece non

assisteremo ad una ulteriore libanizzazione del conflitto con nuovi

cambiamenti

di fronte.

Al riguardo della Ue Romano Prodi scrive oggi

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su IL MESSAGGERO:

«L’UnioneEuropea è oggi considerata dagli Usa un pericoloso concorrente nel campocommerciale e un alleato inutile nel campo militare, mentre aumentano ledistanze e si moltiplicano le frizioni nel campo strettamente politico. Difronte a questo mutamento del quadro di riferimento, non è invece cambiatanemmeno di un millimetro la strategia europea. Le divisioni nella politicaestera continuano come prima con la conseguenza che, con l’affievolirsidellasolidarietà atlantica, viene lasciato sempre più spazio ad altre potenzeregionali, anche nei teatri di maggiore interesse per noi. Il caso dellaLibiaè di per se stesso esemplare. Le divisioni europee hanno fatto in modo cheildestino di un paese così vicino sia oggi conteso fra Russia e Turchia.Tutto ciò,impensabile anche solo pochi mesi fa, ci deve fare riflettere su come siadifficile dare concreta attuazione al disegno “geopolitico”che è alla basedelprogetto della nuova Commissione Europea. È infatti impossibile mettere inattouna strategia globale quando non si riesce ad avere un ruolo attivo nemmenoinun ambito regionale».

Detto in parolepovere Prodi ci sta dicendo che sul teatro libico-mediterraneo è stato messoanudo che l’Unione europea è un organismo moribondo, ove si palesa ilfallimentodel disegno geopolitico di farne un polo imperialistico globale. Non c’è enonci può essere, tanto più in un orizzonte policentrico, una potenza che nonsiaanzitutto una potenza militare globale.

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La “Guerra dei Trent’anni”

Ma torniamo al Grande Medio Oriente. La Libia è un nuovotassello (non sarà l’ultimo perché tutto il Maghreb rischia diessere trascinato nella mischia) del più ampio conflitto chedilania quell’area.

Ogni analogia va presa con le pinze, ma il Grande MedioOriente vive la sua “Guerra dei Trent’anni”, il conflitto chedevastò l’Europa tra il 1618 e il 1648 e che si concluse conla Pace di Westfalia, da cui sorse la moderna Europa dellanazioni — Europa delle nazioni sovrane che l’élite eurocraticaha tentato velleitariamente di seppellire con un terzotentativo di unificazione; i primi due furono quellonapoleonico e quindi quello hitleriano.

Una guerra, quella che dilania l’area, destinata quindi adurare a lungo, e il cui esito finale sarà necessariamente unaridefinizione di mappe a confini, con Stati che spariranno enuovi che sorgeranno.

La Siria, dicevamo, è l’epicentro di questo conflitto. Per laprecisione il teatro è quello del Mashrek, la MezzalunaFertile, l’ampia zona che va dal Nilo e all’Eufrate, checoinvolge dunque paesi come l’Egitto, la Giordania, il Libano,la Siria e l’Iraq e, ovviamente la Palestina.

Un peso in ultima istanza determinante ce l’ha dunque Israele(la principale potenza non solo militare dell’area), il cuidisegno strategico (mai negato dai sionisti) è il GrandeIsraele, che va, dal Nilo all’Eufrate, la Mezzaluna Fertileappunto — vedi mappa in alto. Israele fino ad ora si è tenutaai margini della guerra ma si prepara a dire l’ultima parola,

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ovvero a gettare sulla bilancia tutto il suo peso quando sitratterà di siglare, semmai questo avverrà, la nuova Pace diWestaflia. In questa prospettiva Israele non può che vedere dibuon occhio l’attuale conflitto tra le medie potenze islamichecoinvolte: più si dissanguano più Israele rafforza le proprieposizioni, e più si potrà realizzare in futuro il suo grandesogno espansionista.

Data la posta in palio si capisce come non possano che esserecoinvolti sia la super-potenza americana che la Russiaputiniana, ma il ruolo decisivo ce l’hanno le medie potenzedella regione: Turchia, Iran, Egitto e Arabia Saudita —sbaglia chi le considera solo pedine di USA o Russia.

La Siria appunto — vero e proprio ginepraio come lo fu e moltoprobabilmente tornerà ad essere il Libano — ove è iniziato loscontro per l’egemonia nel mondo islamico. Uno scontroduplice: da una parte tra il campo sunnita e quello shiita(con l’Iran capofila di quest’ultimo), dall’altra entro ilcampo sunnita (con Turchia e Qatar da un lato e ArabiaSaudita, Emirati ed Egitto dall’altro).

A destra un’aggiornata mappa russa con l’attuale (provvisoria) partizione della

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Siria dopo l’accordo Russo-Turco. L’ampia zona colorata in ocra sotto controllo

dell’alleanza russo-iraniana-forze proAsssad. La zona celeste a Sud sotto

controllo USA. La zona in verde chiaro a Nord Est sotto controllo curdo. A Nord

Est in marrone la sacca di Idlib sotto controllo dei guerriglieri sunniti del

fronte Jabhat Fatah al-Sham. Lungo la frontiera del Nord le ampie zone sotto

controllo turco. Clicca per ingrandire

Iniziata in Siria nel 2013 questa nuova Guerra dei Trent’anni,proprio come accadde in Europa, ha visto diversicapovolgimenti di fronte, rotture e momentanee ricomposizionitattiche di alleanze. Altre ne vedremo. Ma alcune linee difondo sono già evidenti.

La Siria come Stato nazione unitario e sovrano non esiste più,consiste in uno spezzatino di vari protettorati: una zona inmano al blocco Russia-Iran-Assad, un’altra in mano ai turchi,una in mano ai ribelli guidati dal al-Nusra (oggi Jabhat Fatahal-Sham), un’altra in mano agli americani, vaste zone contese(con l’ISIS ancora in agguato). Una libanizzazione cheriguarda anche l’Iraq e spazzerà via domani altri stati dellaregione. Una libanizzazione, ripetiamo e precisiamo ilconcetto, che avvantaggia Israele e la superpotenza americana,e pregiudica in modo letale la costituzione di un campo anti-sionista e antimperialista, che quindi andrebbe contrastatacon forza.

L’Iran in un vicolo cieco

La Repubblica Islamica dell’Iran invoca un fronteantimperialista ed anti-sionista, ed anzi si considera, oltreche roccaforte di questo campo, la sua prima linea. Sorgono

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tre domande alle quali è necessario dare una risposta. Laprima: si potranno cacciare le potenze imperialiste dallaregione, USA e Israele in testa, senza una generalesollevazione delle masse popolari? La seconda: potrà sorgereuna vasto e unitario fronte antimperialista e anti-sionista aguida persiana nel Grande Medio Oriente? E quindi la terza:potrà mai l’Iran avere l’egemonia in questo fronte?

Alle tre domande corrispondono tre no.

Un grande fronte antimperialista potrà infatti sorgere solo aduna essenziale condizione, che entrino in scena le grandimasse oppresse della regione. Piaccia o meno queste sonoanzitutto arabe e di fede sunnita. Piaccia e non piaccia esse,per cause storiche profonde, considerano

L’accerchiamento americano dell’Iran

l’Iran un corpo estraneo. Troppo forte e radicata ladiffidenza, in certi casi ostilità aperta sia verso ilnazionalismo grande-persiano (che i sunniti iracheni bollano

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come “safavide”), sia verso la “empia eresia” shiita — iltakfirismo dell’ISIS è solo la forma patologica di questaatavica avversione.Dice qualcosa o no che il proditorioattacco con cui il Pentagono ha giustiziato Suleimani non hasuscitato tra le masse arabe oppresse alcuno slancio disolidarietà verso l’Iran?

Sintomatici, al contrario, alcuni festeggiamenti avvenuti, siain Iraq che in Siria. Si possono certo biasimare quanto sivuole queste lugubri esultanze, ma queste sono la punta di uniceberg, il sintomo di un dato di realtà a cui non si puòsfuggire, e che obbliga i vertici della Repubblica Islamicadell’Iran a riflettere con senso strategico e, secondo noi, acompiere una necessaria autocritica.

Giusto o sbagliato?

E’ stato giusto o sbagliato dare il semaforo verdeall’invasione e allo squartamento dell’Iraq da parte dellacoalizione imperialista capeggiata dagli USA per poi giungereall’abominio di amministrare con essi il Paese in more uxorio?E’ stato strategicamente corretto, all’inizio della guerracivile siriana, invece che adoprarsi per una soluzionepolitica negoziata con i settori meno oltranzisti dellamaggioranza sunnita e la sinistra nazionalista siriana,schierarsi armi e bagagli con la minoranza alawita — come delresto Ahmadinejad, quando era ancora al potere a Tehran,sembrava invece suggerire? E’ stata una mossa che ha datofrutti spingere il governo iracheno nonché le milizie filo-

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iraniane di Shibl al-Zaidi (Forze di Mobilitazione Popolare) asparare facendo più di un centinaio di vittime contro leenormi manifestazioni di protesta popolare (ancora in corso)culminate nell’occupazione, a Baghdad, della centralissimaPiazza Tahrir.

Ergo: sono sicuri, a Tehran, che siano state azzeccate leultime mosse strategiche e tattiche volute da Suleimani? Dettocon parole più chiare: è stato forse perspicace aver fattoleva sulla divisione settaria e confessionale e con ciò,invece di smorzare la “fitna”, di alimentarla? Non correl’Iran il rischio che ciò si risolva in un boomerang con ilrischio che il malcontento interno contro l’austerità — vedile proteste di un mese fa e quelle attuali per i funeralidelle vittime dell’aereo civile abbattuto dai Pasdaran pererrore — dilaghi?

Di sicuro queste domande se le stanno ponendo a Tehran, provane sia la risposta di molto basso profilo data agli americanidopo l’assassinio di Suleimani, segno inequivocabile che unaguerra guerreggiata con gli USA e i loro alleati il regimeiraniano non la desidera e vuole evitarla.

La Repubblica Islamica dell’Iran sembra finita in un vicolocieco. Pare a noi che sia necessaria, e probabile, una doppiasvolta, sul piano interno e della politica estera. I prossimimesi ci diranno che

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La preponderanate presenza militare USA in Medio Oriente

tipo di svolta avremo, se consisterà in un’apertura all’imperialismo

americano e alle pressioni della borghesia nazionale o se, al contrario, si

farà appello alla fine della “fitna” e verrà messo in discussione il modello

capitalistico di rapina verso un potere effettivamente popolare. Fonte: Campo

Antimperialista

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PUTIN, L’EREDITÀ DI KHOMEINIE IL SIONISMO di A. Vinco

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Tra i peggiori pregiudizi che circolano vi è anche quello chePutin non farebbe abbastanza per mettere fine all’egemonismomondiale Sionista. In vari casi, però, coloro che avanzanotale ipotesi sono essi stessi esplicitamente o implicitamenteSionisti. Il loro chiaro obiettivo è rifare della Russia unapropria semi-colonia come fu tra il 1991 ed il 2000.

Va premesso che il valore del Presidente Putin quale statistadi peso globale è assai alto, forse il più notevoledell’intera storia russa se si eccettuano la strategia diKutuzov e gli originari impulsi di un leninismo rivoluzionarioche rimase però lettera morta, dato che nazionalisti grande-russi da un lato, sionisti-bolscevichi dall’altro, puntaronoda subito a normalizzare, portandolo nella propria direzione,il processo rivoluzionario (1).

Vladimir Putin è oggettivamente un Nemico strategico del pianosionista mondiale Ynon, piano per la realizzazione del Grande

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Israele e per la balcanizzazione totale del Grande MedioOriente. Concepito nei primissimi anni ’80 tale Piano hainfluenzato la storia contemporanea come nessun altro evento,Rivoluzione Islamica Iraniana a parte. Ebbene, se tale Pianosino ad ora non è affatto andato in porto — la stabilepresenza di Bashar Al Asad a Damasco ben lo mostra, comed’altra parte la centrale presenza in luogo dell’Iranrivoluzionario, unico Stato Sovrano del pianeta — il merito diPutin ci pare al riguardo indubbio. Vi sono però due elementida tenere in considerazione. Putin ha iniziato a governaredall’anno 2000 con uno Stato profondo russo in buona parteinfiltrato da una lobby israeliana con doppia cittadinanza,lobby la cui atavica Russofobia si manifestò evidentementeallorquando questa stessa optò per il sostegno ad unaparticolare forma di Islam, quella reazionaria filoccidentalee filocapitalista wahhabita, che si stava importando nellaallora autodenominata Repubblica cecena di Ichkeria. Ilpresidente Putin operò allora con rara maestria di grandestatista: stabilì la piena appartenenza della ComunitàMussulmana russofona nella Umma globale arrivando tacitamentead appoggiare talune posizioni teologiche che contemplano unapiù importante affinità tra Ortodossia cristiana russa eSciismo mussulmano piuttosto che tra la prima ed i vari ramiconfessionali del cattolicesimo o protestantesimo occidentalima al tempo stesso dichiarò guerra a quello che la retoricapanrussa e panortodossista del Cremlino definì semplicementeterrorismo, non Islam né tantomeno islamismo, dunque strumentogeopolitico di varie e differenti potenze antirusse (compresaquella Israeliana). La strategia del Presidente Putin puntòsin dall’inizio del suo primo mandato a stabilire un’amiciziastrategica con l’Islam e con quei popoli mussulmani sensibilialla sirena antiamericana, antisraeliana e antioccidentale. Fuuna svolta storica, nella storia russa, pari solo a talunimotivi leninisti invocanti nei primissimi anni ’20 delloscorso secolo il Jihad globale anticapitalistico.

Vi è però un secondo elemento che complica in modo terribile

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le cose. Il Presidente russo sente il profondo richiamodell’appartenenza a un popolo che è stato concretamente, conle decine di milioni di caduti, l’elemento soggettivovincitore, sul campo, della Seconda

Guerra Mondiale; per quanto sia oggi convinto dell’assolutavalidità teorica politica degli illuminati e saggi principiespressi dal grande e nobile russo Alexander Solzenicyn, ilquale nella famosa Lettera ai capi dell’URSS voleva superareil materialismo marxista senza cancellare quel che di buonoera comunque venuto fuori dall’esperienza statalistasovietica, tuttora Putin non si stanca di riferirsi all’epocadi Yalta come ad una presunta epoca di pace e equilibrio. MaYalta significa il battesimo dello stato sionista definitoIsraele, nato su sponsorizzazione principale della UnioneSovietica di Stalin, che lo impose come assurdo dato di fattoalle stesse riluttanti potenze occidentali. Vladimir Putin satutto questo.

L’Iran rivoluzionario fondato da Imam Khomeini si ponechiaramente in senso antagonista a tutto ciò che rimanda allospirito di Yalta, considerando l’Islam e l’Iran nel campodegli sconfitti e degli umiliati del 1945.

I due più grandi studiosi viventi del pensiero politicodell’Imam, P. Abdolmohammadi ed E. Abrahamian, hannosottolineato la profonda affinità dei principi dellaRivoluzione Iraniana con il “populismo” peronista Tercerista,anticapitalista ed antimarxista. Dal pensiero politico di

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Peròn e della Signora Evita l’Imam avrebbe mutuato ilsimbolico slogan: Né oriente Né occidente, Né Usa né Urss néCina ma Iran islamico, quale Terzo Campo antimperialista. Adesempio, nell’uso che l’Imam inizia a fare dai primi anni ’70dello scorso secolo delle parole mostafazin e shahid taleinflusso tercerista sarebbe evidente. Mostafazin finirebbe perindicare una ampia categoria soggettiva che assomiglia in modoimpressionante ai descamisados della Signora Evita Peròn;sarebbe così nato il Fronte degli Oppressi della Terra controgli usurpatori materialisti e filosionisti di Yalta. Iltermine Shahid, di uso tradizionale nel mondo teologicomussulmano, vedrebbe però un salto qualitativo con laconcezione “soggettivista”, rivoluzionaria e volontarista diImam Khomeini; se l’Imam nei discorsi del 1963-64 percommemorare gli uomini uccisi nella rivolta del Giugno 1963parlava di “sventurati”, nel corso della Rivoluzione, la Guidauserà il termine di martiri, sottolineandone tutta la caricadi sovversivismo politico, immanentistico e metafisico altempo medesimo; solo il martire politico, in questa epoca diciviltà, colui che dona totalmente la propria esistenza agliOppressi dal capitalismo globale, supporterebbe lo Spirito delTempo e potrebbe coadiuvare l’occulta e misteriosofica azionedell’Imam Mahdi. Inoltre, il periodo dell’esilio parigino fumolto importante per l’Imam, anche se ciò è di solito deltutto trascurato in tutte le biografie che abbiamoanalizzato.

Lì, di fronte ad una ostilità ed a una indifferenza generaleoccidentali per la sua concezione del mondo, solo talunigruppuscoli del neofascismo francese e italiano manifestaronola propria devota ammirazione per questa leggendaria figura diRivoluzionario. L’Imam Khomeini arrivò a benedire le loro caseeditrici, che quasi

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clandestinamente facevano circolare materiale storiograficorevisionistico rispetto alla versione storica occidentaleconsolidata dopo il 1945 con l’egemonismo sionista imperantein tutta l’Europa occidentale, dette il Suo consenso alla loroazione sociale, arrivando a definire Benito Mussolini unpolitico di appartenenza islamica e non occidentale,profetizzando che l’Iran Rivoluzionario avrebbe mandato infrantumi Yalta (2). Taluni di questi militanti neofascistiitaliani e francesi sosterranno poi l’Iran nei fronti diguerra afgano e iraniano-irakeno (3). Per quanto si debbaessere scettici sull’uso di categorie politologicheoccidentali per giudicare i fenomeni che scuotono l’univeroislamico, vale ricordare che Sternhell, uno storico israelianodi orientamento marxista , ribattendo a quanti sostenevano cheil franchismo spagnolo sarebbe stata una forma di fascismo, inun noto Convegno dell’Università storica parigina, arrivò adefinire Peròn e Khomeini “gli unici fascisti dopo Mussolini”(4). La prima edizione de “Il Governo Islamico” dell’Imam funon a caso tradotto da una casa editrice della destra socialeitaliana subito dopo la Rivoluzione.

In conclusione, considerando tali elementi, dobbiamo ricordareche Vladimir Putin è il discepolo di Primakov, lo statista ediplomatico russo della “vecchia guardia” più orientalista,antioccidentale e filoislamico che vi sia stato. Se ciò non hafatto di Putin sino ad oggi un rivoluzionario antioccidentaleed antisionista, accredita come ben più veridica la versione

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del Mullah Putin piuttosto che quella, assai malevola efantasiosa, dell’amico di Netanyahu. E’ doveroso ricordare chenella guerra globale ibrida antisraeliana, la Russia haperduto in anni recenti, sul fronte mediorientale, due figuredi primissimo piano del GRU (5) e che il dissidio geopoliticorusso-israeliano, negli ultimi mesi, avrebbe assunto aspettinon trascurabili e non più sottovalutabili: dall’arresto dispie israeliane in Russia allo schieramento militare, semprepiù strategico, russo-iraniano dal mar Arabico al Norddell’Oceano Indiano, tali eventi potrebbero indicare che ilPresidente russo, che considerava Soleimani “un vero e sinceroamico” e che avrebbe subito pure un duro colpo con l’omicidiodel Generale iraniano, si possa velocemente spostare, conl’abilità e la prudenza che lo contraddistingue, sulleposizioni di un più radicale antisionismo, modello iraniano.La possibilità di assicurare finalmente un equilibrio allaregione mediorientale mediante una azione coordinata anti-egemonica da parte di Russia, Iran, Turchia non è da escluderee le prime immediate mosse del Presidente Putin paionoindirizzarsi verso tale prospettiva.

NOTE

1) L’oggettiva analisi della parabola storica sovietica fattada Zjuganov caratterizza la storia post-rivoluzionaria domedominata da un sotterraneo conflitto tra i due partiti: “ilpartito del nostro paese”, chiaramente nazionalista e grande-russo, ed il “partito di questo paese” (mondialista esionista). L’elemento che emerge da subito è che il leninismorivoluzionario ed antimperialista finì di esistere con lasconfitta bolscevica di Varsavia (1920). Cfr G. Zjuganov,“Stato e Potenza”, Parma 1999.

2) Gli scritti al riguardo sono purtroppo assai rari; si vedacomunque G. Sorgonà, “La scoperta della destra. Il MSI e gli

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Stati Uniti”, Roma 2019, pp. 80-81, per la contezza del fattoche gli unici gruppuscoli politici che nel ’79 sostennero inItalia la Rivoluzione Islamica erano quella della Sinistraantialmirantiana del MSI che consideravano Khomeini “la Spadadell’Islam contro Yalta” o F. Freda, “Monologhi”, Padova 2007,p. 58 circa la benedizione impartita dall’Ayatollah Khomeini aParigi.Testimonianze simili ha fornito anche P. Buttafuoco nel corsodi interviste ed interventi a Convegni. L’ambasciatoreitaliano Mezzalama, invece, a Tehran durante l’occupazionedell’ambasciata statunitense, ha testimoniato che dal ’79 aiprimissimi anni ottanta Perugia con la sua Università perstranieri fu teatro di durissimi scontri tra studenti iranianikhomeinisti e comunisti iraniani avversari del pensieropolitico di Ruhollak Khomeini: i primi sarebbero statiattivamente appoggiati dai neofascisti, i secondi dal PCI e dafazioni dell’estrema sinistra. La situazione del capoluogoumbro fu causa di una seria controversia diplomatica tra laRepubblica Islamica e la Repubblica italiana, al punto chedovette intervenire il Vaticano stesso per tacitare laquestione di cui all’epoca parlarono quotidianamente i mediairaniani.

3) Al riguardo si veda ad esempio M. Golia, “Con i Ribellicontro il mondo moderno”, Padova 1987. Sul martirio di EdoardoAgnelli, “primo martire sciita in Italia”, ha sollevatol’attenzione un giornalista de “Il Secolo d’Italia”, vecchioquotidiano del MSI, G. Puppo.

4) Testimonianza di Sergio Romano: Milano Convegno Maggio2015, “Islam in Europa”. Va comunque ben precisato che l’ImamKhomeini in una intervista rilasciata a O.Fallaci nelSettembre 1979 smentì seccamente l’accusa di Fascismo mossaalla Rivoluzione Iraniana.

5) Assai pesante e non dimenticata la perdita del GeneraleIgor Sergun, “Eroe della Federazione Russa”, caduto

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coraggiosamente in Libano (3 gennaio 2016) durante un pieno edevoto adempimento del dovere al servizio della madrepatria.

ECCO L’ISLAMOFOBIA di AngeloVinco

Volentieri pubblichiamo questo breve saggio di Vinco sullanatura (e la funzione) dell’islamofobia. Questa sindromemoderna si autogiustifica come apologia dell’Occidente.Il Vinco si chiede se l’Occidente esista realmente e rispondeche no.Noi preferiamo porci una domanda forse più modesta maessenziale: è accettabilel’immagine che colonialismo prima e imperialismo poi hannovoluto dare dell’Occidentecome simbolo di una civiltà destinale, opposta e antagonisticaquindi a quella islamica? Non si tratta forse di unaconcezione falsa e strumentale tesa a legittimarel’equipollenza tra Occidente e imperialismo?

O non è forse vero che non avremmo quell’in sé che chiamiamoOccidente fuori dalla correlazione simbiotica con queldialettico oltre sé che è stata la civiltà islamica?

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Max Weber nel suo L’etica protestante e lo spirito delcapitalismo è forse colui con con più perspicacia ha gettatole premesse filosofiche dell’idea di Occidente come luogogeografico o di cultura omogenea, fondato sullatrasustanziazione del tragico imperativo morale calvinista inquello razionalista etico-economico capitalistico:“padroneggiare il mondo per essere al servizio di Dio”. Perdirla alla confuciana: “arricchirsi è glorioso” (Deng Xiaping). Per Weber, appunto, questa razionalizzazione calvinistasarebbe la cifra dell’Occidente e della sua modernità.

Possiamo accettare questa visione? E’ davvero questa l’essenzadella civiltà Occidentale? Non è invece forse vero che c’èmolto altro? che l’Occidente è altro e oltre questo?

Nb: le tre immagini che abbiamo inserito nel copro del brevesaggio vengono da siti cristianio-sionisti nordamericani

* * *

ECCO L’ISLAMOFOBIA di Angelo Vinco

«Il clero cristiano sa bene che il Sacro Corano ha difesoCristo e la Vergine Maria, smentendo tutte le calunnie chesono state lanciate contro di lei. Il Santo Corano ha difeso icristiani, le loro guide religiose e i loro santi».

Imam Khomeini, Lettera al papa, 10 novembre 1979

“Per la loro miscredenza e per aver pronunciato contro Mariauna calunnia orrenda, per l’iniquità di coloro che sono giudeiabbiamo loro proibito delle cose buone che prima erano lorolecite”.

Corano IV, 156-160

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Nella sua postfazione al saggio di Enrico Galoppini — 2008:Islamofobia. Attori, tattiche, finalità —, il compiantoCostanzo Preve così concludeva:

«La demonizzazione dell’islam è…un vero e proprio tradimentodella tradizione razionalistica occidentale. Comprendoperfettamente (e non mi scandalizzo e non monto certamente incattedra) che ondate di massiccia immigrazione provochinospaesamento e tensioni fra i “poveri”, indifferentementelocali e migranti. Non sono un “buonista programmatico”, e socon Eraclito che il conflitto domina le cose. Ma che particonsistenti del supponente ceto degli intellettuali, in buonaparte peraltro tuttologi analfabeti a causa delle carenze del“canone storico” di cui ho parlato, soffino sul fuoco edattizzino l’odio, ebbene, questo è intollerabile!Per questoconviene leggere il libro di Galoppini. È un saggio cheaccende la curiosità di saperne di più, e questa è sempre lamigliore lode che si possa fare ad un libro».

Aveva ragione Preve, quando sosteneva che l’islamofobiasarebbe stato un “tradimento del razionalismo d’occidente”?Noi non pensiamo che l’Occidente esista realmente. L’Occidente che certa ideologia tenta di contrabbandare come“civiltà” è stata una costruzione ideologica dell’ideocraziasupercapitalista globale a trazione sionista statunitense:sionista statunitense, ribadiamolo, non semplicementeamericana o americanistica. Il trotskysta Abram Leon —disfattista circa le sorti del secondo conflitto mondiale, adifferenza di certa sinistra antifascista occidentale che finìper lavorare per il Re di Prussia — con il suo concetto diebraismo come popolo-classe ha ben mostrato come senzal’apporto culturale e ideologico sionista l’odiernocapitalismo non si sarebbe

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affermato su scala planetaria in modo così violento eperverso. Non esiste perciò un modello di civilizzazioneoccidentale, a meno che, appunto, non si voglia identificareil blocco occidentale con colonialismo e imperialismo e, oggi,col capitalismo casinò o con la cosiddetta borsa valori o conla retorica della “fortezza sionista”, come fanno oggi moltiestremisti neo-fascisti o neo-comunisti italiani negli ultimitempi.

Abram Leon usa l’immagine esatta per descrivere tale fenomeno:economicismo parassitario. Poche élite globali prosperano elucrano perciò sulla sfruttamento del lavoro e l’estorsione diplusvalore di centinaia di milioni di sfruttati. Non sarebbequesto quello che il filosofo iraniano della Scuola di AlHikma Mir Damad considerava il fraterno e caldo Occidente deldivino maestro Platone (‘Afflatún Al-Ilahî’)?

Le grandi creazioni culturali e scientifiche su cui ormai inmodo parassitario si basa la nostra civilizzazione tecnologicasono figlie, come noto, del genio spirituale mussulmano edella rielaborazione cristiana che ne venne fatta. Non vi ènulla di spiritualmente nuovo. Il metodo di discernimento especializzazione è il medesimo, l’unica innovazione è il balzoin avanti in direzione razionalistica o empiristica verso unasuccessiva dimensione di penetrazione del fenomeno materiale.Al riguardo, riteniamo che Goethe, con le sue OpereScientifiche, fosse nel giusto. E il goetheanismo fu unaprofonda revisione del metodo razionalistico e di quello

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empiristico. Non è un caso, d’altra parte, che il Poeta fu unostrenuo sostenitore politico e geopolitico di un Islamtemperato e progressivo come cuore di un’autentica civiltàoccidentale.

Dunque, cosa è l’Occidente? Una costruzione ideologicasionista e americana. Esistono più veridicamente blocchi dicivilizzazione politica e geopolitica. Oggi Occidentesignifica, nella concretezza politica, capitalismo disfruttamento e imperialismo di rapina dispiegati con unaserrata logica militare e politica su scala globale.

Dopo la seconda guerra mondiale, il mondo islamico è divenutoil principale Nemico geopolitico dell’imperialismo e delrazzismo occidentali. Uno studio del Corpo delle Guardie dellaRivoluzione Islamica dell’Iran, presentato un mese fa a Tehrandal Generale Hossein Salami, ha mostrato che negli ultimiquarant’anni la politica aggressiva e di sterminiodell’imperialismo occidentale in Medio Oriente ha provocato8,5 milioni di morti ed un numero indefinito (sull’ordine dei5 milioni probabilmente) di mutilati, feriti, paralizzati.Proprio quarant’anni fa vi fu un terremoto epocale nellalogica spirituale e geopolitica globale. Quella RivoluzioneIslamica, guidata da Imam Khomeini, in grado di mostrareall’umanità che si poteva concretamente vivere al di là delmaterialismo e del nichilismo d’occidente e d’oriente. Vi saràcosì il miracolo politico, l’eccezione politica assoluta,rappresentati da una Rivoluzione e da uno Stato democratico,“populista” e Islamico in grado di resistere per più di 40anni con fierezza e amore per Dio e per il Popolo cristiano-musulmano mondiale (non era, a proposito, l’occidentalissimoMazzini a far mettere sulle bandiere della Repubblica RomanaDio e Popolo?) ad assalti terroristici e islamofobi di ognitipo.

Dunque, l’islamofobia, come il teorico dell’Impero Hungtingtonci fece capire, l’aspetto ideologico di legittimazione della

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guerra di sterminio ed annientamento contro le forzedemocratiche e “risorgimentali” di questa epoca di civiltà,dalla Intifada palestinese alla Resistenza Irachena, dallaSiria sociale e nazionale del Presidente Assad al leggendarioe eroico popolo Yemenita.

L’islamofobia, dunque, non è solo antisilamismo ma ancheanticristianesimo e sionismo.

Avremmo dunque a che fare, come sosteneva Costanzo Preve, col“tradimento del razionalismo occidentale”? Purtroppo, dobbiamodissentire. Siamo anzi in presenza del più perfettoinveramento di razionalismo e capitalismo. Laddove l’altro nonsi integra nel demoniaco ritmo imposto dello sfruttamentoglobale, razionalismo e capitalismo annientano, uccidono,sterminano. Se non vi riescono, puntano all’affamento di massae alla morte per carestia e rapina di materie prime.

La Rivoluzione Islamica del 1979 indicò e indica la via diun’altra globalizzazione, pacifica e equilibrata.Nell’incipiente guerra mondiale inter-imperialista che si stapreparando, l’Iran non attacca né aggredisce, rifiutando laperversa logica della corsa agli armamenti, imponendosiperaltro con la migliore risposta pratica alla ideologiaislamofoba: il popolo islamico dell’Iran è non a caso, dasempre, sotto le pesantissime sanzioni imposte da potenzeglobali dell’Arroganza islamofoba – alleate di ferro delcapitalismo reazionario e teocratico wahhabita Saudita – ancheperché la Repubblica Islamica dell’Iran e la sua GuidaSuprema, con il nobile diritto alla difesa, hanno inviato neivari fronti i Soldati dei diversi reparti nelle operazioni ditutela e salvaguardia alla vita delle minoranze cristiane,minacciate e colpite con l’arma dello stragismoindiscriminato.

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Per quanto concerne la vita politica e sociale italiana,infine, l’arma dell’islamofobia è chiaramente un’arma delleélite capitaliste e sioniste contro il popolo. Secondo i datiIsmu, i mussulmani in Italia sono circa 2,6 milioni, mavengono considerati, per quanto in modo subdolo e sottile,come un pericolo o un “nemico di civiltà” da mezzi diinformazioni rispondenti alla logica del grande capitale, chevolgarizza in pillole la grande narrazione del liberalismogenocida imperialista e del fardello (economicistico)dell’uomo bianco. In realtà, lo spazio mediterraneo ed ancheafricano sarebbe la grande occasione storica e politica diun’Italia che volesse percorrere una via di nuova ealternativa modernizzazione e riscatto sociale globale.

Ove vi fosse una classe dirigente patriottica e democratica adecidere del destino del popolo italiano, si ripercorrebbe,con significativa volontà politica, militare e economica, lavia di San Francesco e del Sultano. Contro ogni razzismoliberal-capitalista islamofobo, contro ogni imperialismo, perun nuovo francescanesimo sociale.

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COS’È DAVVERO LA SIRIA DIASSAD? di A. Vinco

[ giovedì 19 dicembre 2019 ]

Nel sanguinoso conflitto siriano convergono moltepli fattori:sociali, geopolitici (regionali e internazionali) ed anchereligiosi. Una certa vulgata tende a far credere che il regimedi Assad sia un esempio di laicità in stile occidentale. Veroè invece — vedi anche la Cosituzione del 2012 — che esso siconsidera islamico a pieno titolo. Nulla si può capire delconflitto siriano ove di sottovalutasse la centralitàdell’aspetto religioso, lo scontro fratricida tra frazionidell’Islam (quella che gli stessi musulmani chiamano Fitna).Pur non condividendo tutto quanto sostiene l’autore — che inquesto caso polemizza con una testata web della comunitàsunnita italiana —, volentieri pubblichiamo.

* * *La Luce, significativo referente online italiano di taluneimportanti correnti del mondo islamico, di recente ha messo inrete un pezzo — Perché l’estrema destra è innamorata di Assad— con cui per delegittimare il Ba’th siriano si tirano inballo le presunte radici fasciste del movimento baathista

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socialista per la resurrezione araba; segni trasparenti edevidenti di una certa comunanza ideologica tra il fascismo eil baathismo siriano sarebbero non solo i rapporti esplicitiche il Governo guidato da Bashar Al Asad tiene con le variefrazioni della destra radicale mondiale ma ancor più i varivolontari neofascisti accorsi nei ranghi delle Forze armatearabe siriane.

La storia del movimento baathista non si può riassumere inquesto articolo, che ha in realtà tutt’altra finalità, nonpossiamo però, quantomeno, ignorare la complessiva miliziapolitica dei due fondatori del primo nucleo del Ba’th. Ebbene,entrambi, sia Din al-Bitar, sia Michel ‘Aflaq sconfessaronosia la sinistra filomarxista di Salah Jadid come non realmentebaathista, sia il Governo di Hafiz al-Asad quale figlioillegittimo dell’ideologia baathista panaraba. Viceversa, ilgiudizio di entrambi, soprattutto del secondo, verso il Ba’thirakeno guidato da Sadam Husayn fu assai positivo; inoccasione della morte di ‘Aflaq, nel 1989, fu celebrata perordine del presidente irakeno una solenne cerimonia di stato evenne appositamente progettata una tomba per colui, appunto‘Aflaq, che Saddam Husayn definì in più casi il suo maestrospirituale e politico.

Chiunque abbia un poco frequentato la storia e la letteraturapolitica del Grande Medio Oriente degli ultimi decenni sa beneche dietro alla prima fase dell’ideologia saddamista vi è una

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certa ideologia medio-sovietica, potremmo dire kruscioviana,piuttosto che fascista. Non sappiamo se sia vero quantoscrisse il New York Times del 7 dicembre 2005 [1], sappiamoperò, come sostiene del resto Hamid Majid Moussa, segretariogenerale del Partito Comunista irakeno, che la lotta difrazione tra saddamisti baathisti e comunisti iracheni fu unasorta di lotta interna tra fazioni regionali e “confessionali”in seno ad uno stesso organismo ideologico. Ed infatti, sel’alleanza tra il Governo siriano di Hafiz al-Asad e l’Urss fuimprontata all’abile tatticismo del primo che seguì sempre unmodello geopolitico tercerista (come mostrerà la sua attivaposizione filoTehran, dunque antisovietica, nella guerra Ira-Irak), quella tra l’Irak e l’Urss presentò a nostro parerecaratteri strategici anche alla luce della struttura socialedel Governo saddamista. In più casi, alla presenza didirigenti sovietici, Saddam Husayn si vantò di possedere leOpere complete di Lenin e di non ignorare i fondamentalidell’economia marxista. Ciò per affermare chel’identificazione tra baathismo statale e fascismo èquantomeno una forzatura.

Premesso che, con Trotsky [2], in caso di guerra conrrol’imperialismo sionista-americano dovremmo sostenere la Siriaanche ove il regime fosse fascista, riteniamo che non sia unbuon metodo giudicare la struttura sociale e la naturaideologica di uno Stato solamente in base al sostegnointernazionale di cui gode. Possiamo portare l’esempio delconflitto delle Malvinas (1982) o quello dei Troublesnordirlandesi o anche quello dell’Intifada del 1987: in tuttiquesti casi le fazioni maggioritarie di destra radicale esinistra radicale si trovarono più o meno nelle medesimeposizioni geopolitiche. Da ciò cosa ne deriva? Che questeguerre antimperialiste fossero tutte ideologicamente fasciste?Certo che no.

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Inoltre, il Partito Comunista siriano di Ammar Baghdash,presente nel parlamento con diversi rappresentanti assieme alPartito Comunista unificato, sostiene attivamente, per quantocriticamente, la Siria di Assad considerandola una forzaprogressista e semi-rivoluzionaria contro un blocco globalereazionario e supercapitalista. Dunque: fascista anche ilPartito Comunista siriano? Fascista il noto sostegno chemigliaia di Comunisti da tutto il mondo, dalla Sveziaall’America Latina, hanno pubblicamente e culturalmente datoal Presidente Bashar al Asad?

Certo, non siamo noi a negare che verso alcuni comunistisiriani vi sono state, da parte di Assad padre e figlio, fasidi durissima persecuzione [3], ma anche questo non sarebbesufficiente per dare del fascista ad Assad. Se volessimo usareil suddetto criterio, dovremmo considerare fascisti anchePutin e Xi Jinping.

Varie correnti del “neofascismo” mondiale sono arrivate aconsiderare Putin non solo il salvatore della Russia maaddirittura il potenziale restauratore della rinascita moraleoccidentale e, nel recente conflitto del Donbass, abbiamo nona caso visto accorrere volontari fascisti anche a fianco dellacomunità russofona aggredita, non solo di Kiev. Quanto allaCina “rossa”, vari quotidiani e riviste americane — subitoriprese immancabilmente da L’Espresso — QUI e QUI — hanno benveduto di caratterizzare la strategia cinese in Italia comesalvaguardata da una presunta rete eurasiatica filofascista.

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Ciò che viceversa siamo portati a pensare è che La Luce abbiafinito per abboccare o peggio voglia propagare una certamendace propaganda dei sostenitori occidentali del Ba’thsiriano, ossia che quest’ultimo sarebbe laico, progressistanel senso che gli occidentali danno ai termini e dunque quasio completamente anti-islamico e islamofobo.

Ebbene, ciò, come sanno bene gli amici de La Luce, noncorrisponde affatto al vero. Non bastasse la piena edortodossa appartenenza dell’alawismo al puro Islam [4],riconosciuta nel 1985 anche da Imam Khomeyni (pace su di Lui),o ancora prima dall’eroe arabo Hajj Amin al-Husayni — notocome il Gran Muftì di Gerusalemme — negli anni Trenta delloscorso secolo, non possiamo né vogliamo sorvolare sul fattoche a fianco delle Forze armate arabe siriane non vi sono soloun gruppuscolo di fascisti europei volontari ma anche fedelimussulmani provenienti da Afghanistan, Pakistan, Indonesia,Turchia, Niger, Iran, Palestina: in prima linea contro ilterrorismo, il sionismo e il takfirismo.

Tutto questo ci permette di negare alla radice le fatwa deivari teologi hanbaliti che invitano allo sterminio deglialawiti come peggiori, quanto ad eresia, di cristiani e ebrei;la spiritualità nusairita-alawita, su cui eventualmentetorneremo con uno articolo specifico, è invece connessa allagnoseologia sciita e la sua stessa visione cosmologica,chiarisce Henry Corbin, è decisamente affine a quellatradizionale dell’Iran zoroastriano ed islamico. L’accusa dieresia all’alawismo, l’invito alla pulizia religiosa mediante

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sterminio di alawiti smaschera la logica frontaleannientamento politico degli islamici antimperialisti chevarie frazioni dell’Islam reazionario, alleato con il Sionismoe con gli imperialisti occidentali, stanno portando avanti dal2010 ad ora.

Vorremmo ricordare che da quasi dieci anni Israele bombardapostazioni militari dell’Esercito siriano un giorno sì el’altro pure. Del resto, identificare lo Stato sociale sirianocon la setta alawita è scorretto, in quanto lo Stato siriano èalawita in quanto islamico, islamico in quanto alawita. NellaCostituzione baathista, approvata il 27 febbraio 2012 conReferendum Popolare, il che conferma del resto l’essenzademocratico plebiscitaria e presidenzialistica del Governo diBashar, nell’articolo 3 è stabilito tra i principifondamentali che il Presidente deve appartenere alla religioneislamica, che la dottrina giuridica islamica è fonteprincipale della legislazione, che i culti sono tuttirispettati e legittimi purché non contravvengano o sovvertanola centralità della dottrina islamica. Lo stesso si può direriguardo all’orientamento centrale dell’ideologia statalistadel precedente Governo di Hafiz.

La guerra di Stato contro la Fratellanza Musulmana — vero chela Costituzizone siriana condanna a morte l’appartenenza aquesta organizzazione [5]—, che puntava alla conquista dellaSiria e all’eliminazione del Ba’th, può essere a nostro pareregià letta come una guerra politica di fazione e geopoliticacontro le monarchie arabe reazionarie, ma non come lottaneokemalista islamofoba. Inoltre, essendo anche qui fedeli almetodo di Trotsky, noi giudichiamo la sostanza di uno Statodalla sua politica estera: per quanto non riteniamol’assadismo un che di rivoluzionario, non lo possiamo nemmenoconsiderare controrivoluzionario. La linea totalmente eassolutamente filoiraniana, di fiera fraternità geopoliticacon la Rivoluzionaria islamica dell’Iran prima, conl’Hezbollah libanese e la palestinese Jihad islamica poi, ci

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induce a considerare comunque con una certa serietà il Governobaathista siriano, ben oltre gli stereotipi propagandisticidei marxisti dogmatici o neofascisti d’occidente, tuttiintenti a riempirsi la bocca di parole come laicité osecolarismo ogni istante che ai nostri giorni non significanopiù nulla. Esiste il fronte degli oppressi e il fronte deglioppressori come sostiene la Guida Suprema Seyyed Alì Khamenei,esiste il “Grande Medio Oriente allargato” quale frontieracentrale di civiltà e di lotta politica; partire da qui, pertentare di capire da quale parte si situa Damasco con la suadirigenza è la condizione necessaria e primaria di ognianalisi che voglia realmente essere antioccidentale eantimperialista.

Dove sono gli Oppressi? Dove sono gli Oppressori? Questo ilgrande insegnamento rivoluzionario di Imam Khomeyni, ilrivoluzionario del ‘900. Non ci interessa dove sono i fascistio gli antifascisti, gli islamici americani e gli antislamici.Oppressi e oppressori. Bashar al Assad e Asma Assad, intrincea dal 2010, bombardati quasi quotidianamente da annidall’entità sionista, vittime dell’isteria razzista earabofoba di Obama e Trump, sono il fronte degli Oppressi odegli oppressori globali?

NOTE

[1] Il rais iracheno brandendo il Corano di fronte agliinquisitori americani che lo stavano processando, avrebbeaffermato: “Io sono Sadam Husayn. Sulla scia di Mussolini,resisterò all’occupazione americana sino alla fine, poichéquesto è Sadam Husayn, l’uomo che seguirà il percorso diMussolini”

[2] «Ne abbiamo un esempio semplice ed evidente. Il Brasileregna oggi un regime semifascista che qualunque rivoluzionariopuò solo odiare. Supponiamo, però che domani l’Inghilterra

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entri in conflitto militare con il Brasile. Da che parte sischiererà la classe operaia in questo conflitto? In tal caso,io personalmente, starei con il Brasile “fascista” contro la“democratica” Gran Bretagna. Perché? Perché non si tratterebbedi un conflitto tra democrazia e fascismo. Se l’Inghilterravincesse si installerebbe un altro fascista a Rio de Janeiroche incatenerebbe doppiamente il Brasile. Se al contrariotrionfasse il Brasile, la coscienza nazionale e democratica diquesto paese e condurre al rovesciamento della dittatura diVargas. Allo stesso tempo, la sconfitta dell’Inghilterraassesterebbe un colpo all’imperialismo britannico e darebbeimpulso al movimento rivoluzionario del proletariato inglese.Bisogna proprio aver la testa vuota per ridurre gliantagonismi e i conflitti militari mondiali alla lotta trafascismo e democrazia. Bisogna imparare a saper distingueresotto tutte le loro maschere gli sfruttatori, gli schiavisti ei ladroni!»Lev Trotsky La lotta antimperialista è la chiave di volta dellaliberazioneSocialist Appeal, 5 novembre 1938.

[3] In particolare verso il’estrema sinistra marxistaorganizzata nel Partito d’Azione Comunista

[4] Sull’alawismo vedi “KITAB AL MAJMU” – UN FALSO LIBRO PERFAR ODIARE GLI ALAWITI

[5] Nota della Redazione: La Fratellanza Musulmana, che avevaavviato una lotta armata contro il regime, organizzandoattacchi, ecc., è stata oggetto di una repressione moltoforte (vedi il massacro di Hama durante il quale il centrodella città fu raso al suolo), in particolare nel 1981-82 (tra10.000 e 25.000 morti). L’appartenenza al movimento rimanepunita con la morte ancora oggi

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ANTISEMITA CHI? di NazarenoFilippi

[ giovedì 12 dicembre 2019 ]

E’ da un bel pezzo che s’avanza in Occidente un’istericacampagna pro-israeliana che tenta di equiparare antisemitismoe antisionismo. Lo stesso Presidente Mattarella, senza ilminimo senso del pudore, liquidò il secondo come epifenomenodel primo. Ricordiamo, tanto per segnalare fino a che puntogiunge la tracotanza sionista, che Gherush92, l’organizzazionedi ricercatori e professionisti consulente speciale con ilConsiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, chiedeva dimettere all’indice dalle scuole la Divina Commedia di DanteAlighieri, poiché conterrebbe canti antisemiti.

* * *

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La recente vicenda della senatrice a vita Liliana Segre, come era

prevedibile, ha finito per suscitare polemiche a catena, decisioni e contro-

decisioni, verità e contro-verità. Da evento morale e apolitico quale avrebbe

dovuto essere nelle buone e migliori intenzioni — no all’odio, sì all’amore —

di coloro che hanno sposato sin dall’origine questa causa, si è poi

trasformato nella solita gazzarra di bassa politica mediatica dove chi meno

sa e meno ha studiato, ma fa la voce più grossa, riesce alla fine a portare a

casa qualche risultato.

Si parla ormai, nel dibattito pubblico, di comunismo storico novecentesco

senza aver letto una riga di Edward Carr; così come si parla di fascismo

senza conoscere le tesi di De Felice o di liberalismo ignorando La storia del

liberalismo europeo di De Ruggiero.

Questo blog ha già ospitato interventi sulla questione dell’antisemitismo

basandosi sul pensiero storico e filosofico dell’ebrea Hannah Arendt

rilevando una dimensione assai più complessa e controversa di quanto si è

portati a tutta prima a credere. La Arendt, secondo Pierpaolo Pinhas

Punturello, non si può classificare sic et simpliciter come antisionista, ma

nonostante ciò nei suoi studi il Nostro porta vari elementi che denotano, se

non una netta e radicale contrapposizione al Sionismo, comunque un

chiarissimo dissenso filosofico-politico e critico che per certi versi è

addirittura ben più pugnace dell’antisionismo esplicito.

La Arendt immagina e teorizza nuove modalità dell’essere ebreo che siano in

grado di non

richiamarsi, storicamente, ad una immutabile ed eterna essenzaebraica e che sappiano realizzarsi nella loro transitorietà inidentità distanti niente affatto coincidenti con il mondoebraico. Nel 1942 Hannah Arendt, almeno ufficialmente epoliticamente, taglierà infatti ogni ponte e ogni

ipotesi di collaborazione con il mondo attivistico e militanteSionista. Oltre alla Arendt, come è noto vi è una foltissimaschiera di pensatori e comunità ebraiche israeliane e non, chehanno preso via via le distanze dal Sionismo, sia esso

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nazionalista o laburista, sino al punto da considerarlo nientemeno che uno strumento ideologico o razziale di persecuzioneantiebraica: si va dalla

classica accusa di apostasia antisemita rivolta ai sionisti datalune correnti degli haredim e di ebrei ortodossi a quella di“vittime ebree del Sionismo” di cui ha trattato Ella Shohatnel suo bel saggio. Ron Lauder, presidente del CongressoMondiale Ebraico, ha annunciato la nascita di ASAP(Antisemitism Accountability Project), con un fondo chedisporrebbe per ora di 25 milioni di dollari; il fine,stabilendo una, come appena visto, assoluta quanto forzataidentità tra ebraismo e Israele, è quello di contrastare ecombattere politicamente ogni dissenso verso le politichedello Stato israeliano.

Donald Trump sta quindi attuando un ordine esecutivo che imponga il divieto

di insegnamenti o eventi antisraeliani nei campus universitari, basati su una

strategia di boicottaggio e disinvestimento in Israele, il cui principale

fine è sensibilizzare l’opinione pubblica occidentale sulla tragedia

umanitaria che da decenni colpisce senza speranza di salvezza i civili

palestinesi. Il presidente firmerà perciò un ordine esecutivo in base a cui

il titolo VI della legge sui diritti civili, che vieta le discriminazioni

etniche e razziali, sarà applicato anche all’ebraismo.

Macron ha approvato una legge che stabilisce l’equazione ideologica e

culturale tra antisemitismo e antisionismo e Salvini, dall’Italia, alza il

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tiro annunciando che sono pronte mozioni della Lega, in parlamento a Roma e a

Bruxelles, per condannare “ogni forma di antisemitismo e odio contro

Israele”.

Nell’intero scenario politico occidentale si intende procedere assecondando

la linea geopolitica della lobby israeliana americana, che secondo vari

analisti come Mearsheimer sarebbe la lobby politicamente più potente ed

influente d’occidente. La linea politica sionista, Israele Stato razziale e

teocratico di “tutti gli ebrei”, vedrebbe come prime vittime, di nuovo,

quelle comunità ebraiche che non riconoscono il Sionismo. Chiaramente, lo

strumento giudiziario e poi, in estrema istanza, penale diviene così un campo

di gioco e contrapposizione tra linee e fazioni geopolitiche.

Altra vittima, come sempre avviene in questi casi, sarebbeproprio quella verità storica e quella memoria, che sivolevano originariamente tutelare. Prescindendo dal fatto chela linea liberticida sarebbe in tal caso ampiamente varcata,si pongono una serie di questioni socio-politiche dirimenti,visto che questo è il piano su cui sta inclinando lo scontro.Le medesime forze che vorrebbero concedere lo Ius Soli perregolarizzare la situazione giuridica e comunitaria dicentinaia di migliaia, se non più, di islamici in omaggio aduna logica della buona accoglienza al tempo stesso hanno fattoimmediatamente sapere che non esiterebbero a sostenere idecreti Trump-Salvini-Macron.

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Probabilmente gli esponenti di queste forze fingono di ignorare che tali

mozioni continuano pienamente quella che per il comune sentire musulmano è,

in Medio Oriente in particolare, ma non solo lì, una vera e propria guerra di

civiltà israeliana e occidentale contro l’Islam. Non a caso, nella Francia di

Macron, poche settimane fa, decine di migliaia di francesi di religione

musulmana hanno manifestato contro l’Islamofobia della Quinta Repubblica

francese. In un sondaggio appena pubblicato, il 42% dei francesi di religione

musulmana afferma di aver subito delle discriminazioni. L’appello, pubblicato

su “Lìberation” il 1 novembre scorso, firmato da vari esponenti della

sinistra, faceva esplicito riferimento al “razzismo anti-islamico” che

caratterizza la vita politica e sociale francese e parlava di “leggi

liberticide” in relazione a quella del 2004 che esclude i segni religiosi

nella scuola e quella del 2010 che proibisce il burqa nelle strade, per

ragioni di sicurezza.

Gli “Afghanistan papers”rivelano proprio in questi giorni che presidenti e

organi informativi anglosionisti mentivano quando dicevano di combattere e

bombardare contro il terrorismo, per la democrazia e la libertà nel Medio

Oriente allargato. Il Piano Lewis, basato sulla balcanizzazione del Medio

Oriente ed il Piano Odeod Yinon, basato sulla strategia di Grande Israele,

andrebbero meglio analizzati e studiati per cercare di comprendere quanto è

avvenuto negli ultimi decenni.

Lo stesso Cristopher Hitchens, ex militante della sinistraantagonista, massimo teorico dell’ “islamo-fascismo”, haenormemente contribuito a divulgare il principio e la prassidella guerra di civiltà islamofobica. Quanto ora si staproponendo è in continuità con tale linea. Alla luce di questobreve e sommario orizzonte storico-politico, non può infine

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essere trascurato il messaggio di pace e di unità religiosache ha caratterizzato il Pontificato bergogliano. Il puntofermo su cui quest’ultimo sembrava aver insistito, dal primomessaggio rilasciato in tal senso dalla Turchia musulmana nelnovembre 2014, era quello che i cittadini musulmani, ebrei,cristiani godessero dei medesimi diritti e rispettassero imedesimi doveri. In quel contesto, ma non solo in quel caso,il Pontefice lanciò anche un ardito messaggio di unificazionedelle tre fedi contro il terrorismo (di stato o di gruppimilitanti), contro le ingiustizie sociali e le discriminazionietniche. Sarebbe a questo punto interessante conoscere lavisione del Pontefice circa l’azione della lobby israelianaUSA, per cui il Sionismo è lo stato razziale e religioso ditutti gli ebrei, con Gerusalemme capitale.

PERCHÉ DIFENDO LA RIVOLUZIONEIRANIANA di A. Vinco

[ domenica 1 dicembre 2019 ]