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acoltà di usicologia Università degli Studi di Pavia I DISCHI COLUMBIA 1953-1954 Giovanni Gabrieli Tomaso Albinoni •Antonio Vivaldi Benedetto Marcello • Giuseppe Tartini Baldassarre Galuppi Giovanni Battista Martini Centro di Musicologia “Walter Stauffer” Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali

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acoltà di usicologia

Università degli Studi di Pavia

I DISCHI ColuMBIA

1953-1954

Giovanni Gabrieli

Tomaso Albinoni •Antonio Vivaldi

Benedetto Marcello • Giuseppe Tartini

Baldassarre Galuppi

Giovanni Battista Martini

Centro di Musicologia “Walter Stauffer”

Dipartimento diMusicologia e Beni Culturali

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iMusici

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c D 1 7 8 : 17

Giovanni Gabrieli (c 1554-1557–1612): 1 Canzon in echo duodecimi toni 7:24 (rev. Barbara Giuranna)

Tomaso Albinoni (1671-1751): Concerto a cinque n. 7 op. 9 in re maggiore per violino e archi (rev. Remo Giazotto)

2 Allegro 3:563 Andante e sempre piano 5:174 Allegro 2:58 con Felix Ayo, violino

Benedetto Marcello (1686-1739): Concerto Grosso in fa maggiore op. 1 n. 4, SF 789 (rev.Ettore Bonelli)

5 Largo 3:036 Presto vivace 2:127 Adagio 2:148 Prestissimo 2:50

Benedetto Marcello (1686-1739): Introduzione, Aria e Presto (elaborazione per archi di Ettore Bonelli del I, II e IV

movimento della Sonate per cembalo in la minore S. C740)

9 Introduzione 1:050 Aria 5:30! Presto 1:55

Giuseppe Tartini (1692-1770): Concerto n. 87 per violoncello e archi in la maggiore (revisione Oreste Ravanello)

@ Allegro 5:02# Larghetto 4:45$ Presto (cadenza di Luigi Silva) 4:25 con Enzo Altobelli, violoncello

Baldassarre Galuppi (1706-1785): Concerto à quattro n. 2 in si bem. maggiore (revisione Virgilio Mortari)

% Grave 5:59^ Allegro spiritoso 2:37& Allegro 2:46

Giovanni Battista Martini (1706-1784): Concerto in fa maggiore per tastiera e archi (elaborazioni in forma concertante di Barbara Giuranna

da Sinfonie, Gravi per l’Elevazione, Sonate e Balletti)

* Allegro 4:11( Adagio 5:38) Allegro ma non troppo 2:45¡ Balletto 1:48 con Maria Teresa Garatti, pianoforte

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c D 2 7 3 : 2 6

Concerto in la maggiore per archi RV 158 (revisione Barbara Giuranna)

1 Allegro molto 2:402 Andante molto 3:293 Allegro 2:12

Concerto in re minore per archi RV 129 “Madrigalesco” (revisione Gian Francesco Malipiero)

4 Adagio 1:425 Allegro 2:206 Adagio 1:217 Allegro moderato 1:34

dall’”Estro Armonico” op. 3, n. 9: Concerto in re maggiore per violino e archi RV 230 (revisione Gian Francesco Malipiero)

8 Allegro 2:149 Larghetto 4:220 Allegro 2:06 con Montserrat Cervera, violino

Concerto in re minore per viola d’amore e archi RV 394 (revisione Barbara Giuranna)

! Allegro (cadenza di Barbara Giuranna) 4:24@ Largo 5:41# Allegro (cadenza di Barbara Giuranna) 5:09 con Bruno Giuranna, viola d’amore

Concerto in la maggiore per viola d’amore e archi RV 396 (revisione Barbara Giuranna)

$ Allegro (cadenza di Barbara Giuranna) 3:23% Andante 4:12^ Allegro (cadenza di Barbara Giuranna) 4:56 con Bruno Giuranna, viola d’amore

dall’”Estro Armonico” op. 3, n. 11: Concerto in re minore per due violini e archi RV 565 (revisione Gian Francesco Malipiero)

& Allegro 4:38* Largo e spiccato 3:59( Allegro 2:37 con Felix Ayo e Anna Maria Cotogni, violini•Enzo Altobelli, violoncello obbligato

Concerto in fa maggiore per tre violini e archi RV 551 (revisione Gian Francesco Malipiero)

) Allegro 4:50¡ Andante 2:27™ Allegro 3:10 con Franco Tamponi, Felix Ayo e Walter Gallozzi, violini

Antonio Vivaldi (1678-1741):

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I MUSICI:violini: Franco Tamponi, Felix Ayo, Montserrat Cervera, Walter Gallozzi, Luigi Muratori, Luciano Vicariviole: Carmen Franco e Bruno Giurannaviola d’amore: Bruno Giurannavioloncelli: Enzo Altobelli e Silvano Zuccarinicontrabbasso: Lucio Buccarellapianoforte e cembalo: Maria Tersa Garatticlavicembalo: Isabella Salamon

I DISCHI33 CX 1192 - Stampa inglese • Lato A: matrice XBX 123 - 3N - Lato B: matrice XBX 124 - 2n • P Ottobre 1954(Galuppi•Tartini•Marcello:Introduzione,AriaePresto)33 QCX 10038 - Stampa italiana • Lato A: matrice XBX 125 - 4N - Lato B: matrice XBX 126 - 3N • P Ottobre 1954(Vivaldi: Concerti RV 129, RV 394, RV 230, RV 158)33 QCX 10039 - Stampa italiana • Lato A: matrice XBX 127 - 3N - Lato B: matrice XBX 128 - 4N • P Ottobre 1954(Gabrieli•Albinoni•Marcello:ConcertoGrosso•Vivaldi:ConcertoRV551)33 QCX 10180 - Stampa italiana • Lato A: matrice XBX 194 - 2N - Lato B: matrice XBX 195 - 2N • P Giugno 1956(Vivaldi:ConcertoRV396,RV565•Martini)

LUOGHI E DATE DI REGISTRAZIONE:33 CX 1192 - 33 QCX 10038 - 33 QCX 10039: Milano (probabilmente Basilica di Sant’Eufemia), luglio 195333 QCX 10180: Milano (probabilmente Basilica di Sant’Eufemia), 15-19 settembre 1954

RINGRAZIAMENTI:Mr Peter Bromley, LondonDott. Angelo Scottini, PiacenzaProf. Pietro Zappalà, Fonoteca del Dipartimento di Musicologia di Cremona • Universitò degli Studi di PaviaEdoardo Lambertenghi, Milano

RIVERSAMENTI, RESTAURI TECNICI E REMASTERING:G. Paolo Zeccara, AudioGraficaZecky, Vigevano

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Chi abbia un po’ di confidenza con i vetusti album a 78 giri ricorderà alcune memorabili facciate di musica barocca preziosamente custodite in pesan-ti album dove grandi – e meno grandi – direttori si prestavano (per motivi contrattuali e di catalogo) ad incidere concerti di Vivaldi, Corelli, Haendel, Geminani e della famiglia Bach. Voglio ricordare Stokowsky e il nostro indimenticabile Antonio Guar-nieri, così come Bruno Wal-ter e Mengelberg, Koussevit-zky e Weingartner tutti alle prese con il complesso tessu-to contrappuntistico dei Con-certi Grossi di Haendel o di qualche concerto vivaldiano. Eravamo, è ovvio, anni luce lontani da quella “prassi ba-rocca” che oggi ha prevalso in modo assoluto e forse an-che un po’ tirannico: grandi orchestre, suoni corposi e fantastici bassi continui con il pianoforte, adagi meditati e allegri pieni di spettacola-re vitalità. Tra gli album che conservo con più amorevo-le cura, forse il più famoso a quei tempi, c’è quello delle Quattro Stagioni di Vivaldi editato dalla venerabile CETRA e pubblica-to nel 1942. Era in assoluto la prima registrazione mondiale del più celebre tra i quadri musicali dell’e-poca barocca, in un’improbabile revisione del no-stro Bernardino Molinari che ne assumeva anche la direzione. Gli archi dell’orchestra dell’Augusteo di

Roma (così si leggeva sull’etichetta) avevano come prime parti due tra i migliori solisti italiani di quel tempo: Danilo Belardinelli e Remy Prìncipe (Venezia 1889 - Roma 1977). È dalla scuola di quest’ultimo grande violinista e didatta che, nell’immediato do-poguerra, alcuni giovani strumentisti decisero di for-mare quel complesso da camera che prese il nome di Musici di Roma.

Quello degli anni che vanno dal ’45 all’inizio degli anni ’50 è un periodo di straordi-naria importanza per la sto-ria dell’interpretazione musi-cale in Italia, e – prima o poi – si dovrà pur scrivere qual-cosa per capire come sia sta-to possibile che in un tempo oggettivamente così breve si siano formati e consolidati al-cuni dei più grandi interpreti strumentali del nostro secolo. Mi vengono in mente così, e non è poco, il Trio di Trieste, il Quartetto Italiano, gli indi-menticabili Guido Cantelli ed Arturo Benedetti Michelange-li; il violinista Riccardo Bren-

gola, il Quintetto Boccherini e chissà quanti altri an-cora di cui io non ho memoria e che formarono una nuova “aristocrazia” interpretativa nell’invecchiato ed un po’ polveroso mondo degli esecutori italiani di quel tempo. In questo felice ed innovativo contesto, un nuovo complesso che eseguiva musica barocca (senza direttore e con una più moderna prassi esecu-

l’oro Dei Musici

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tiva) aprì prospettive e riflessioni critiche che ancora oggi fanno testo. I Musici si formarono nel 1951 su impulso e, inizial-mente, sotto la direzione della compositrice Barba-ra Giuranna. Il sodalizio durò poco e già qualche anno dopo, il complesso conquistò una sua comple-ta e definitiva autonomia. La consacrazione di Ar-turo Toscanini che li ascoltò a Roma nel 1952, fu uno straordinario viatico per tutta la loro successiva vita artistica. “No! Non muore la musica”, scrisse il grande vegliardo in una breve dedica su una sua foto… e come dargli torto? Un nuovo suono, un’ine-dita freschezza e una formidabile competenza tecni-ca prendevano possesso delle antiche e sconosciute partiture del ’700 italiano, affermando uno stile che durerà quasi sino ai giorni nostri. Non erano i soli è vero. Prima di loro Renato Fasano aveva fondato il Collegium Musicum Italicum (diverranno poi i più co-nosciuti Virtuosi di Roma) ed insieme a loro nacque anche una pregevole – ma oggi quasi dimenticata – orchestra da camera, la Società Corelli, che ebbe una certa notorietà discografica attraverso numero-se incisioni per la RCA Italiana. Ma I Musici erano altra cosa. In essi il nuovo pubblico dei concerti e la sempre più vasta platea dei collezionisti di dischi, identificavano il barocco italiano in tutto il suo rin-novato splendore. Le incisioni che qui riascoltiamo fissano quindi un momento storico assolutamente irri-petibile nella storia dell’interpretazione della musica del settecento italiano.

I primi concerti nel 1952 (tra cui il debutto alla Ac-cademia di Santa Cecilia) ebbero fin da subito una risonanza nazionale che consentì al giovane com-plesso di portare la cultura e la musica italiana sia nel continente europeo che in alcune fortunate

tournèe americane. In una breve recensione, appar-sa sul Corriere della Sera nell’aprile del 1953, dopo una lodatissima esibizione al Teatro Metropol di Mi-lano per la Società del Quartetto, Franco Abbiati – l’indimenticato critico e scrittore di cose musicali – rilevò “come ci si possa positivamente meravigliare” nel sentire tanta precisione e stabilità ritmica, anche quando sul podio non vi sia l’abituale figura dello “sbacchettatore” di turno. Oggi una così elementare osservazione potrebbe far sorridere, ma quello era il tempo dei grandi “dittatori” del podio, persona-lità forti e carismatiche che, se ben guardiamo e sentiamo dai documenti che ne conservano l’arte, nutrivano scarsa fiducia e ben poca considerazione dei pur valorosi strumentisti a loro affidati. Per la critica musicale del tempo il passaggio, anche cul-turale, tra una concezione autoritaria del far musica ad una più variegata e lineare, espressa da questi nuovi complessi strumentali, risultava faticoso ed un po’ arrischiato.

Il passaggio dei Musici dalle sale di concerto alle sale di registrazione fu a questo punto del tutto natu-rale. La Voce del Padrone italiana che allora, ricor-diamolo, era veramente una grande casa discografi-ca, li prese immediatamente sotto contratto ed incise su etichetta Columbia una serie di LP che qui sono quasi del tutto integralmente riprodotti. C’era da in-ventare un nuovo catalogo che il promettente merca-to del microsolco si avviava ad arricchire di insolite ed innovative proposte musicali: concerti e sinfonie del più dimenticato repertorio barocco e nuove inci-sioni di alcuni tra i grandi capolavori strumentali di Vivaldi, Marcello, Albinoni e Corelli. Se scorriamo i titoli qui riproposti ci troveremo di fronte a “prime incisioni assolute” che in alcuni casi resteranno tali per moltissimi anni. Ci vorrà il compulsivo interesse

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delle case discografiche per il repertorio antico per ritrovare, in tempi assai recenti uguali, seppur stilisti-camente assai diverse, registrazioni di questi antichi autori. Alcune evidenti forzature (come l’Introduzio-ne, Aria e Presto di Benedetto Marcello, trascrizione per archi di tre movimenti di una sua sonata per cla-vicembalo, che ebbe allora una certa notorietà) ci rivelano più il gusto novecentesco della “riscoperta” che il decisivo passaggio ad una autentica filologia del segno musicale.

I primi dischi dei Musici fu-rono quindi anche una co-raggiosa e fantasiosa ope-razione culturale che reca merito all’iniziativa ed alla lungimiranza di produttori ed artisti di quella che fu una delle maggiori imprese discografiche di ogni tem-po, la EMI. I dischi ebbero un grande successo negli USA, sotto etichetta Angel, e stabilirono alcuni primati di vendita nella Francia de-gli anni ’50 che riscopriva, come noi e forse più di noi, il gusto ed il profumo di mu-siche perdute nel tempo e qui brillantemente eseguite.

Le note di copertina originali riportano fortunata-mente i nomi dei componenti delle prime formazioni dei Musici; questi straordinari strumentisti ebbero tut-ti diverse e molteplici carriere artistiche, alcuni come Felix Ayo (ancora oggi attivissimo in concerti di mu-sica da camera), Roberto Michelucci, Bruno Giuran-

na ed Enzo (Vincenzo) Altobelli si dedicarono siste-maticamente all’attività concertistica sia come solisti che in prestigiose formazioni di quartetto d’archi. Ma non furono i soli: in un qualche modo tutti i mem-bri del glorioso complesso ebbero sempre una felice quanto esemplare carriera solistica.

Se la storia dei Musici si fosse fermata a queste sole e poche facciate di microsolco sarebbe già di per sé una bellissima storia. Sta di fatto che la crescente celebrità del complesso attirò l’attenzione della po-

tente, ed allora attivissima, società elettronica olande-se Philips. Dotata di mezzi di registrazione all’avan-guardia e di intraprendenti produttori discografici, tra cui Vittorio Negri-Bryks (stu-dioso e revisore di musica barocca nonché egli stesso ottimo direttore d’orchestra), iniziò con I Musici un soda-lizio artistico che si protras-se sino alla fine del secolo scorso. Il primo disco inciso e pubblicato nel 1955 ebbe un tale successo di vendite (Vivaldi con Le quattro sta-gioni, ovviamente…) che immediatamente ne vennero

prodotti altri sino a raggiungere la stratosferica cifra di oltre 200 uscite tra vinili e compact disc.

Le successive edizioni stereofoniche, comprensive di tutto il vasto repertorio de I Musici, e nel qua-le trovarono spazio alcune composizioni per archi di musica dell’Ottocento e Novecento, consacraro-

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no in modo definitivo uno stile ed un gusto che, se oggi appaiono un po’ desueti, lasciano il segno per l’esemplare trasparenza del suono, la perfetta into-nazione e la rassicurante prassi interpretativa. Con loro hanno collaborato, in questo felicissimo connu-bio con la Philips e in tante sale da concerto nel mondo, alcuni tra i migliori solisti strumentali del no-stro tempo: il violino di Franco Gulli, Pina Carmirelli e Salvatore Accardo, l’oboe di Heinz Holliger, la tromba di Don Smithers, John Wilbraham e Håkan Hardenberger, la chitarra di Narciso Yepes, il fagot-to di Klaus Thunemann, lo stupendo flauto di Seve-rino Gazzelloni ed altri ancora che si ritrovarono in perfette incisioni discografiche, magnificamente re-gistrate dall’etichetta olandese. Ma questa è ovvia-mente un’altra storia. Qui risentiamo invece, dopo un lungo silenzio che rischiava di perdurare nel tempo, le prime, originalissime registrazioni di un complesso che ha fatto la storia del-la musica barocca in disco. Sono

medaglioni che ripuliti delle inevitabili incrostazioni che vi si sono depositate, risplendono di riflessi d’o-ro: l’oro de I Musici appunto.

Angelo Scottini, luglio 2013

P.S.: nel 2011 il complesso dei Musici ha festeggiato il 60° anniversario della sua fondazione. Una durata ed una tenuta che – con i tempi che corrono – appare as-solutamente miracolosa. Nuovi talenti strumentali hanno preso il posto degli storici amici che fondarono il com-plesso, ma i Musici continuano il loro originalissimo per-corso nel congestionato mondo dei complessi di musica barocca. Se “tengono” ancora un buon motivo ci sarà: sono, ovviamente, i migliori…Per avere una più ampia panoramica della loro storia

e poter leggere importanti (e a tratti commosse) testi-monianze sulla loro arte, si visiti il loro sito:

www.imusicidiroma.com

Una curiosità: su questa etichetta si legge: «b) A. VILALDI» anzichè A. Vivaldi...

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il “nuovo” che spaventaSono un collezionista di dischi e questo semplicemente perché credo che esista una storia della musica regi-strata che viaggia in parallelo alle ricerche musologi-che, allo studio della partitura musicale, alla revisio-ne di pagine che, nei secoli, artisti di varia cultura ed estrazione hanno accomodato all’uso e al gusto dei loro tempi. Il disco inequivocabilmente documenta quello che il pubblico “vuole” o “chiede” di sentire (più frequentemente è l’esecutore che impone certe mode musicali, rinverdendo le diatribe operistiche del teatro lirico del XVIII secolo...). Per rimanere nell’ambito della presente produzio-ne dedicata alle prime incisioni de I Musici, è impor-tante risentire l’eco della dirompente novità che il com-plesso romano aveva portato nelle sale da concerto e nei cataloghi discografici degli secolo scorso.

Una delle prime critiche discografiche che ho potuto consultare è quella che si trova nella rivista Ricordia-na, pubblicata nel febbraio del 1957. Il recensore è nientemeno che Guglielmo Barblan: «Dal loro vario e vasto repertorio, “I Musici” hanno raccolto in questo disco quattro composizioni che possono ben servire ad una fruttuosa occhiata panoramica nel dovizioso do-minio del Concerto strumentale italiano. Dal perfezio-namento del Concerto grosso dell’op. sesta di Corelli alla pagina di Padre Martini – uno degli ultimi tiepidi sprazzi che ancora il nostro ingegno creativo dedicò a quella forma musicale che in Italia aveva avuto la sua culla e il suo primo splendore – il disco sembra racco-gliere a un dipresso l’alfa e l’omega del nostro con-certo settecentesco. (...) Nei momenti dove l’intimità si accentua, “I Musici” risultano più evidenti nelle sobrie loro intenzioni, e l’incisione ripete la dolcezza espres-

siva di un’interpretazione caldamente suggestiva. In genere è nelle zone liriche, più che nella grandiosità architettonica della pura linea musicale, che si ritrova in questo disco l’eccellente classe dei poetici interpreti de Le Stagioni». Il riferimento ai primi quattro concerti del Cimento dell’Armonia e dell’Invenzione di Vival-di non è casuale, essendo stata contemporaneamente recensita dallo stesso Barblan la loro prima incisione delle Quattro stagioni per la casa discografica Philips. Da che cosa è incuriosito un collezionista di dischi in questa breve ma efficacissima recensione? Anzitutto dal percorso interpretativo scelto dai Musici che metto-no in primo piano (in un excursus musicale di soli 40 minuti), la grande storia del concerto solistico italiano. Di per sé questo è già sufficiente a giustificare l’acqui-sto del disco. Se poi nelle “zone liriche” dove “l’inti-mità della pagina si accentua” (ossia negli Adagio, nei Larghetto, ecc.) il complesso raggiunge momenti di poesia musicale assoluti, grazie allora il disco diventa indispensabile. Barblan ha colto, e giustamente, l’a-spetto “didattico” della produzione e pone l’accento sulla perizia esecutiva di grande classe. Ma non tutto i recensori hanno fin da subito capito gli elementi di novità che I Musici apportarono all’ese-cuzione della musica barocca in quegli anni. Angelo Scottini, più sopra, rileva con esattezza che il “non avere direttore d’orchestra” confondeva pubblico, non abituato a veder eseguire musica, spesso complessa, da un gruppo formato solo da 10 o 15 musicisti. È la rivista Gramophone che (attraverso alcune sue stori-che firme) mette nero su bianco perplessità ed incom-prensioni che comunque nel tempo verranno superate: già nel numero di ottobre del 1954, Malcolm MacDo-nald riguardo al disco 33CX 1163 (in Italia 33 QCX

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iMusici

10039) rileva che la produzione non manca di interes-se, ma non riesce a capacitarsi di come il suono del clavicembalo sia quasi inudibile e di come quasi sem-pre gli archi non raggiungano mai una vivacità davve-ro accattivante. Ma basta sentire i pezzi riprodotti in questi CD per convincersi dell’esatto contrario. Certo, MacDonald dice anche che i pianissimi sono esem-plari, che e che i tre violinisti del Concerto vivaldiano (sospetto che non citasse in nomi perché nella versione inglese poiché non erano stati riportati nemmeno nel-la label...) risolvono i loro difficili passaggi con gran-de con grande spolvero virtuosistico. Ma permane pur sempre il “dubbio” che questi musicisti siano stati un po’ sopravalutati... Il disco 33CX 1170 (in Italia 33 QCX 10038) è stato recensito nel novembre dello stesso anno da Andrew Porter: qui l’ncomprensione è più evidente. Dopo aver citato l’elogio che Toscanini fece ai Musi-ci nel 1952 dopo un concerto alla RAI di Via Asia-go in Roma, Porter scrive: «Bene, anche noi possiamo applaudirli, ma non certo così caldamente come ap-plaudiamo i Virtuosi di Roma. (...) In generale, mentre l’attacco è appassionato, e l’esecuzione è attenta, il suono tende alla monotonia e il continuo del cemba-lo si sente a malapena. Una registrazione più ampia avrebbe aiutato». E l’avveduto collezionista pensa: al-lora se I Musici non hanno raggiunto l’obiettivo artisti-co è colpa della registrazione? No, dico io: è proprio colpa del disorentamento della critica inglese che – col favorire i pur bravissimi Virtuosi di Roma (ma indican-do spesso nel direttore Renato Fasano la causa di un certo grigiore interpretativo e recensiti appena prima con un loro disco, un Brunswick AXTL1061) – fa in-tendere che senza direttore d’orchestra difficilmente si ottengono risultati apprezzabili. I Musici si prendono considerevoli rivincite nella recensione dello stesso mese, con la loro produzione

33CX 1192 (in Italia 33 CQX 10037) dove solo la So-nata di Rossini, non inclusa nei presenti CD, e i tre mo-vimenti spuri di Benedetto Marcello sono stati criticati, più per la ricostruzione musicologica e non certo per l‘esecuzione dei Musici, a tratti bellissima ed in questo caso finalmente riconosciuta. Concludo con Lionel Salter, sempre più spaesato per le nuovissime e coraggiose sonorità proposte da I Musici che nel giugno del 1956 (riguardo il disco 33CX 1357, in Italia 33 QCX 10180 ) si abbandona ad alcune opinioni francamente incomprensibili: come era già capitato a Malcolm MacDonald, il fatto di non udire chiaramente il suono del clavicembalo lo spiaz-za. Gran parte dello scritto è incentrato sulla poca in-telligibilità della ripresa sonora del continuo, lasciando da parte (incredibilmente) la straordinaria intonazione degli strumenti, dei quali rileva solo che Giuranna è più intonato di Harry Danks, un famoso pupillo del vio-lista Lionel Tertis. Possibile che l’apprezzato notista di Grammophone non sia riuscito a “sentire” la freschez-za di una nuova visione della musica barocca italiana che I Musici stavano proponendo in tutta Europa? Con la prima metà degli anni ’50, come ben sanno i collezionisti di dischi, le cose cambiarono di getto. Si affaciarono alla ribalta europea il Concentus musicus di Vienna (ancora senza Harnoncourt sul podio, ma al “suo” leggio di violoncellista) e l’ensemble barocco Collegium Aureum: l’interpretazione orientata alle ricerche filologiche fece la sua prima grande comparsa per affermarsi poi in modo definitivo. Oggi Harnoncourt dirige le più grandi orchestre ed il Collegium Aureum si è sciolto nel 1990. Ma I Musici ci sono ancora (si sono straordinariamente rinnovati) e sono più attivi che mai... Sarà forse perché sono davvero molto, ma molto bravi?

G. Paolo Zeccara

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Giovanni Gabrieli

Antonio Vivaldi

Tomaso Albinoni

Benedetto Marcello

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