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2B SCUOLA ARTI E MESTIERI BELLINZONA anno scolastico 2016-2017 AIT 2 SEMESTRE 2B LA GUERRA FREDDA

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AIT 2 semestre 2B LA guerra fredda

2B

Scuola Arti e mestieri Bellinzona anno scolastico 2016-2017

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LE QUATTRO GUERRE ARABO-ISRAELIANE

La Palestina una terra tra due popoli, Arabi e Israeliani, sempre in conflitto tra loro. Le Nazioni Unite tentarono di risolvere il conflitto fra ebrei e arabi nel momento in cui era previsto dovesse cessare il Mandato del Regno Unito sulla Palestina, assunto dopo il crollo dell'Impero ottomano dovuto alla vittoria alleata della 1 guerra mondiale. Il Mandato è un’istituzione storica frutto degli accordi Sykes-Picot (accordo segreto fra Regno Unito e Francia, che definiva le zone di influenza nel Medio Oriente), l’intendo di questo accordo era di aiutare le popolazioni delle colonie degli imperi sconfitti nella prima guerra mondiale, incapaci di autogestirsi, di sviluppare i propri organismi istituzionali, tutto questo in previsione di un ritorno delle potenze coloniali.

Il 13 maggio 1947 fu creato un Comitato speciale per la Palestina, composto da 11 nazioni. Per la risoluzione dei conflitti in Palestina vennero votate due proposte, la prima soluzione fu quella di dividere in due stati con Gerusalemme sotto controllo internazionale (questa spartizione era già stata proposta dai Britannici ma senza successo), la seconda era quella di creare un unico stato federale. Sette nazioni votarono a favore della prima, soltanto 3 alla seconda e 1 Nazioni si astenne dalla votazione. Il 29 settembre del 1947 ONU divide in due territori la Palestina:

-stato Israele composto da 500'000 Ebrei e 400'000 Arabi (zona verde con capitale Tel Aviv),

-stato Arabo composto da 800'000 Arabi e 100'000 Ebrei (zona arancione con capitale Gaza).

-Gerusalemme viene controllata dall’ONU.

1922 1931 1941 19460

200

400

600

800

1000

Musulmani Ebrei

La prima guerra Arabo-Israeliana 1948-1949 (Guerra d'indipendenza)

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La nascita ufficiale dei due Stati in Palestina era stata fissata dall’ONU nel 1948, ma essa non ebbe mai luogo. Infatti, non appena i Britannici ebbero lasciato la zona, la Lega Araba, che non aveva accettato la risoluzione dell'ONU, scatenò una guerra "di liberazione" contro Israele. Gli Ebrei però, durante gli ultimi trent'anni, si erano organizzati militarmente in gruppi e in formazioni terroristici (tutti questi gruppi confluiranno nell'esercito israeliano, detto Tzahal), grazie alla forte

forte immigrazione (fra gli immigrati c'erano anche molti veterani delle Seconda Guerra Mondiale) e all'acquisto di armi dalla Cecoslovacchia, gli Ebrei riuscirono non solo a difendersi dagli attacchi Arabi ma anche a contrattaccare e ad occupare gran parte della Palestina, tranne la striscia di Gaza che era annessa all'Egitto.

Dopo questi accadimenti ci furono due periodi di tregue gestiti dall'ONU, la prima fu la proposta di nuovi piani di ripartizione del territorio, da parte del mediatore delle Nazioni Unite Folke Bernadotte ma vennero rifiutati da entrambe le fazioni. Fra queste due tregue la guerre fu dominata dall'offensiva israeliana e quella difensiva araba. Ci furono tre operazioni da parte degli israeliani, la prima fu l'Operazioni Dani che consisteva di mettere in sicurezza e ad allargare il corridoio fra Gerusalemme e Tel Aviv, conquistando le città di Lidda (conquistata l'11 luglio del 1948) e di Ramle (conquistata il 12 Luglio del 1948). Il secondo piano fu l'Operazione Dekel, il cui scopo era quello di conquistare Nazaret (conquistata il 16 luglio del 1948, e fu in quel momento che la seconda tregue entrò in vigore, il 18 luglio) e la bassa Galilea. Il terzo piano fu l'operazione Kedem, che mirava ad assicurarsi la città vecchia di Gerusalemme. La seconda tregua entrò in vigore il 18 luglio del 1948, il 16 settembre sempre dello stesso anno, Folke Bernadotte propose un'altra partizione per la Palestina. Il piano non venne accettato e il giorno dopo il 17 luglio Folke fu assassinato.

Il 24 ottobre le forze armate israeliane attuarono l'Operazione Hiram obbiettivo era quello di conquistare l'intera alta Galilea. Operazione fu un successo e le forze israeliane riuscirono a rigettare le armate arabe e l'esercito libanese in Libano. Alla fine del mese Israele conquistò l'intera Galilea e riuscì acnhe ad avanzare per 5 miglia in Libano versi il fiume Leonte.

Dopo la conquista della Galilea Israele non si fermò e lanciò una nuova operazione chiamata Yoav per di creare una separazione fra le forze egiziane lungo la costa palestinese per poi conquistare l'intero Negev. L'operazione ebbe totale successo e forzarono le truppe del Cairo a ritirarsi dal Negev settentrionale. Il 22 dicembre le forze armate israeliane rigettarono fuori dai confini le rimanenti forze militari egiziane situate nel Negev. Il 7 gennaio fu raggiunta una tregua. Le forze militari israeliane sgomberarono il Sinai e Gaza per le pressioni internazionali.

Il 5 marzo fu lanciato l'ultima operazione israeliana chiamata Uvda. Il 10 marzo gli israeliani conquistarono Umm Rashrash senza combattere, reclamarono queste terre come parte d'Israele.

Nel 1949, dopo degli scontri aerei fra Israele e RAF, Israele firmò armistizi separati con l'Egitto il 24 febbraio, con il Linbano il 23 marzo, con la Transgiordania il 3 aprile e con la Siria il 20 luglio. Israele tracciò i propri confini comprendendo il 78% della Palestina. La strisci di Gaza e la Cisgiordania furono occupate rispettivamente da Egitto e Transgiordania.

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La seconda guerra Arabo-Israeliana 1956 (Crisi di Suez)

Il canale di Suez venne inaugurato nel 1869, la costruzione fu finanziata dai governi di Francia e Egitto. Nel 1875 il governo britannico comprò parte della quota egiziana, ottenendo in parte un controllo sul canale. Nel 1882, dopo che il Regno Unito occupò militarmente l'Egitto per controllare il canale di Suez, dichiarò il canale zona neutrale sotto il controllo britannico. Così da permettere il libero transito navale sia in tempo di pace che di guerra. Improvvisamente dopo le due grandi guerre l'importanza del canale diminuì, perché nel 1948 l'India divenne indipendente, e il controllo del canale non poteva essere mantenuto sulla base che era critico per le difese dell'India. È in quello stesso momento che l'importanza del canale mutò, dall'importanza come autostrada per le navi alla maggior parte del petrolio del golfo Persico in direzione dell'Europa. Il petrolio costituiva i due terzi del traffico sul canale di Suez. Dopo la guerra d'indipendenza, nel 1952 gli ufficiali dell'esercito egiziano rovesciarono la monarchia di Re Faruq (governò dal 1936 fino alla Rivoluzione egiziana del 1952). Abbandonando le politiche cooperative con le potenze europee, il nuovo governo affermò un’indentità indipendente e nazionalista araba. Questo portò a conflitti con le potenze europee sul canale di Suez. I conflitti si surriscaldarono dopo il completamento del porto di Eliat, il cui unico accesso ad esso gli stretti di Tiran. Dove l'Egitto interferì in vari modi i mercantili israeliani e con quelli in destinazione di Israele.

Nel periodo 1953-1956 ci furono diversi grandi attacchi da parte di Israele, per enfatizzare la propria potenza militare.

Per tutto il 1956, le tensioni fra Egitto e Israele aumentarono, con le varie incursioni egiziane nel territorio israeliano, e Israele che lanciava raid di rappresaglia in territorio egiziano. Il 26 luglio 1956, l'Egitto annunciò la nazionalizzazione del canale di Suez, questo fu fatto allo scopo di incrementare i guodagni per la costruzione della diga di Aswàn, sul fiume Nilo. Statunitensi e britannici appoggiarono questo progetto ma dopo la scoperta, che l'Egitto acquistò carri armati dalla Cecoslovacchia, ed dall'estensione del riconoscimento diplomatico alla Cina comunista. Gli Egiziani chiesero hai cinesi di usufruire della loro influenza sui sovietici per rifornire l'esercito egiziano degli armamenti necessari.

Il primo ministro britannico cercò di persuadere l'opinione pubblica della necessità di una guerra, paragonando Nasser (colui che guidò la Rivoluzione egiziana del 1952) a Benito Mussolini ed Adolf Hitler.

Nei mesi dopo la nazionalizzazione del canale di Suez ci fu un incontro segreto tra Israele, Francia e Regno Unito. Il piano consisteva l'invasione dell'Egitto da parte di Israele e successivamente l'intervento dei Britannici e dei francesi per far ritirare gli eserciti egiziani. Questo piano venne chiamato Operazione Musketeer. L'invasione iniziò il 28 ottobre con la conquista, della Striscia di Gaza e la penisola del Sinai da parte degli eserciti Israeliani. Dopo un il rifiuto di Nasser dell'offerta di Francia e Regno Unito, per la rioccupazione del canale. Questa decisione diede alle due potenze europee un pretesto per l'invasione del canale di Suez. Il 31 ottobre l'Egitto venne bombardato da britannici e francesi. Nasser per rispondere all'attacco subito distrusse tutte le navi delle due potenze europee presenti nel

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canale. Dopo varie battaglie il canale fu conquistato da Francia Regno Unito e Israele. Francesi e britannici però furono costretti a ritirarsi dopo che l'URSS di intervenire al fianco dell'Egitto, nel marzo del 1957 le forze invasori si ritirarono dal canale. Dopo che Israele si ritirò nel Sinai venne messo un centro dell'ONU, chiamato UNEF, per mantenere i confini in pace mentre si cercava un accordo politico.

La terza guerra Arabo-Israeliana 1967 (Guerra dei sei giorni)

Nel novembre deln1966 la Siria firmò un trattato di mutua difesa con l'Egitto. Poco dopo questo accordo Israele una città della Cisgiordania che era occupata dalla Giordania, le unità giordane presenti furono rapidamente sconfitte. Il Re di Giordania criticò fortemente il mancato aiuto da parte delle forze egiziane

Nel maggio del 1967, l'Unione Sovietica inviò a Nasser falsi rapporti, dove riportavano che Israele stava ammassando truppe sul confine siriano. Nasser non rimase con le mani in mano, dopo aver ammassato truppe nella penisola del Sinai, espulse il 19 maggio l'UNEF da Gaza e dal Sinai, occupò le posizioni dell'UNEF sugli stretti di Tiran. Israele ripeté le dichiarazioni fatte nel 1957, nelle quali una chiusura degli stretti sarebbe stato interpretato come un atto di guerra, Nasser il 22-23 maggio dichiarò gli stretti chiusi. Il 30 maggio l'Egitto firmò un trattato di mutua difesa con la Giordania. Il giorno dopo la Giordania invitò l'esercito iracheno che cominciò a schierare truppe e mezzi corazzati sul territorio giordano. Il 5 giugno del 1967 Israele mise in atto l'Operazione Focus, che consisteva in un attacco aereo a sorpresa su larga scala, questa operazione sancì l'inizio della Guerra dei sei giorni. Nello stesso momento in qui fu lanciata la prima operazione (Operazione Focus), Israele ne lanciò subito un’altra da terra chiamata Operazione Lenzuolo Rosso, con lo scopo di entrare prima nella striscia di Gaza e successivamente nella penisola del Sinai. Israele però non tenne conto della Giordania, che aveva firmato un trattato di mutua difesa con l'Egitto, i bombardamenti contro l'Egitto convinsero il Re di Giordania ad attaccare con i cannoni, cominciarono a bombardare Gerusalemme e Tel Aviv. L'esercito israeliano rispose con bombardamenti sui campi di atterraggio di Mafraq e Amman, e in seguito con mezzi corazzati entrarono in Cisgiordania.

Sul fronte del Sinai e di Gaza, Israele attacco gli avamposti fortificati. Riuscirono a conquistarli e a far ritirare l'esercito egiziano dietro il canale di Suez, grazie alla forza delle armate israeliane e alla coordinazione degli attacchi, anche se in minoranza. Nello stesso giorno sul fronte Giordano, dopo scontri tra mezzi corazzati delle due fazioni, gli israeliani riuscirono ad avanzare in Cisgiordania grazie all'aviazione. Il 7 giugno si vide il consolidamento della netta vittoria israeliana su tutti i fronti. Grazie alla superiorità aerea di Israele la giordania venne convita a ritirarsi e a chiedere delle trattative segrete per un cessate il fuoco. Lungo le coste del Sinai l'esercito israeliano non si fermò, e si spinsero fino hai passi di Giddi e Mitla, sbarrando così la strada agli egiziani in fuga.

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L'8 giugno si svolse una della battaglie più cruente, gli egiziani arrivati hai passi Giddi e Mitla si trovarono la strada sbarrata dagli israeliani. Seguì una carneficina. Nel frattempo paracadutisti israeliani conquistarono Sharm el-Sheikh e riaprirono gli Stretti di Tiran. Nasser per evitare la sconfitta più totale e perdere anche il canale di Suez, accettò le richieste dell'ONU di cessate il fuoco, che erano state trasmesse la sera dell'8 giugno. Nello stesso giorno Israele attaccò la nave spia americana, rischiando di causare un conflitto a livello diplomatico tra Stati Uniti e Israele.

Il 9 giugno anche la Siria aderì al cessate il fuoco, questo portò a pensare che la guerra fosse terminata, ma il ministro della difesa israeliano decise di approfittare di questa situazione per conquistare Golan, che era già fra i piani di conquista israeliani. Golan fu conquistata e Israele chiuse le ostilità avendo ottenuto una vittoria schiacciante su tutti i fronti. Il 10 giugno la guerra cesso e Israele vide il propria estensione geografico quadruplicata.

Israele dopo aver conquistato le alture del Golan sottratte alla Siria, la striscia di Gaza e la penisola del Sinai all’Egitto, la Cisgiordania e Gerusalemme Est alla Giordania, la sua situazione geopolitica fu molto favorevole agli israeliani e la questione dei confini furono al centro dei temi che occupavano le diplomazie del mondo. L’URSS preoccupata per l’espansione di Israele, fa pressione sull’ONU, che impone alla stato ebraico di ritirarsi dai territori occupati. Ma la risoluzione non viene accettata, gli arabi decidono di reagire e iniziano numerosi episodi di guerriglia armata a qui seguiranno rappresaglie israeliane. Le questioni territoriali sono tuttora inrisolte, continuano a creare tensioni e conflitti tra arabi e israeliani.

Quarta guerra Arabo-Israeliana 1973 (Guerra del Kippur)

Il 6 Ottobre del 1973 Israele si trovò attaccata dall’Egitto, attraversando il canale di Suez, e la Sira, attraverso le Alture del Golan ad ovest.

L’Israele all’inizio della guerra ebbe paura di essere sopraffatta dai nemici, infatti per respingere i carri siriani dovettero impiegare per giorni riservisti in durissime condizioni di resistenza. Nel deserto del Sinai furono necessari enormi sforzi per riconquistare gli

Uomini(/1000)

Aerei 264 1970

100

200

300

400

500

600

700

800

900

Guerra dei 6 giorni

Israele Egitto/Siria/Giordania

Morti Feriti Catturati0

500100015002000250030003500400045005000

Guerra dei 6 giorni

Egitto/Siria/Giordania(/10) Israele

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avamposti conquistati in precedenza dall’Egitto. Inoltre Israele non si fermò solo sulla costa orientale ma invase l’Egitto fino ad arrivare sulla Costa egiziana, sotto il comando del colonnello Chaim Erez, che avanzò ancor di più verso Ovest distruggendo diverse basi egiziane. Per colpa dell’ONU(legge del cessate il fuoco) fece fermare Chaim a 101 km di distanza da Il Cairo.

Nel deserto del Sinai mentre l’avanzata israeliana ebbe conquistato gli avamposti egiziani il generale Ariel Sharon, in sette ore fece costruire una fortificazione di 5 km.

Alla fine della guerra le forze egiziani e siriane furono spinte indietro rispetto al punto in cui erano arrivate. In termini territoriali Il Cairo e Damasco guadagnarono ben poco, bensì le conseguenze morali e diplomatiche furono positive, acquisirono maggior prestigio sia nella regione sia nel contesto internazionale. Israele invece vide svanito il mito di invincibilità, cadendo così in uno stato di vulnerabilità.

Conseguentemente, entrò in crisi il Partito laburista, che aveva guidato Israele dal 1948; e i territori conquistati nel ‘67 assunsero maggiore importanza in quanto, una volta dimostrata la vulnerabilità di Israele, la scelta fra annessione e restituzione diventava determinante ai fini della sicurezza israeliana.

Parte dei territori Israeliani fù riconquistato religiosamente(Alture del Golan). Infine la guerra del Kippur favorì i rapporti tra Israele-USA. Fino al 1973 Washington aveva preso spesso le difese dello Stato ebraico sia nel contesto internazionale sia in seno al Consiglio di sicurezza dell’ONU, ma solo a fine guerra USA cominciò a temere per le sorti di uno dei suoi più preziosi alleati in Medio Oriente, intensificando così gli aiuti economici e militari.

Fonti:

- Wikipedia- https://storiadisraele.blogspot.ch - Il secolo breve (libro)

Veicoli di terra

Veicoli di aria Veicoli d'acqua

Artiglieria Uomini(/1000)

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Guerra del Kippur

Egitto/Siria Israele

Morti Feriti Catturati0

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Guerra del Kippur

Egitto/Siria Israele

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- Cam-samb.webnote.it- GUERRA DI COREA

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- Figura 1: Soldati pronti ad attaccare il confine del 38° parallelo

- La guerra di corea sarà un elemento fondamentale che ha caratterizzato il corso della guerra fredda tenutasi dopo la fine del secondo conflitto mondiale in quanto e statala guerra che avrebbe potuto dare inizio ad un nuovo modello di guerra, ovvero di quella nucleare.

- PERCHÉ LA COREA?: - La corea è una penisola situata nel continente asiatico, più precisamente situata al

di fianco della Cina. Dopo la fine della seconda guerra mondiale la Corea, che dal 1910 fino al crollo dell’impero nipponico era sotto dominio giapponese, si ritrova divisa in due zone di influenza. Queste influenze erano dati dagli stati uniti e URSS che premevano in due zone differenti: la Russia premeva nella zona nord, mentre gli americani premevano nella zona a sud. Nel 1947 la penisola viene letteralmente tagliata in due e viene divisa in due stati: la corea del nord e la corea del sud. La linea che separa in due le due regioni è quella del 38° parallelo.

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- Figura 2: Situazione fino al 1950

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- I GOVERNI: - Il 15 agosto veniva eletto il presidente della nuova Repubblica di Corea (nel Sud).

Si trattava di Syngman Rhee, presto artefice di una politica ultra nazionalista e coinvolto in gravi episodi di corruzione.

- Il 9 settembre nasceva invece nel Nord la Repubblica Popolare Democratica di Corea, con capitale Pyongyang. A guidarla c’era il presidente Kim Il Sung, fautore di un rigido regime comunista.

- LA SCESA AL POTERE DELLA GENERAZIONE KIM: - Riunita intorno alla figura del comunista Kim Il-sung, la resistenza contro

l’occupante giapponese ottiene diversi successi. A tal punto che questa attività sul terreno permette al governo provvisorio in esilio (nazionalista e liberale) di ottenere dagli alleati l’indipendenza del paese dopo la seconda guerra mondiale. Alla fine della guerra e con la capitolazione dei giapponesi, i sovietici entrano nel nord della Corea nell’agosto 1945. Gli statunitensi invece arrivano un mese più tardi da sud e creano un governo militare a Seoul, mantenendo l’amministrazione ereditata dalla colonizzazione giapponese. Di fatto l’Unione Sovietica occupa il nord e gli Stati Uniti il sud, da una parte e dall’altra del 38º parallelo.

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- Figura 3: Presidente della Repubblica di Corea Syngman Rhee

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- Figura 4: Presidente della Repubblica Popolare Democratica di Corea Kim Il Sung

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- LE TENSIONI: - Tra il 1949 ed il 1950 le tensioni tra i due paesi erano diventate sempre più dure,

con i governi di entrambi che avrebbero voluto guidare la riunificazione della

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nazione coreana. Dopo alcuni episodi minori lungo il confine, il confronto divenne presto infuocato, con gli eserciti dell’URSS e degli Stati Uniti pronti a rientrare nel paese che avevano abbandonato solo all’inizio del 1949.

- L’ATTACCO NORDCOREANO: - L’antefatto di tutto fu l’invasione del confine sud-coreano da parte di cinque divisioni

dell’esercito del Nord, organizzato ed attrezzato dall’URSS e forte di quasi 80'000 uomini. Era il 25 giugno 1950. La corea del nord prese come pretesto la non volontà da parte della corea del sud di accettare le elezioni per una possibile riunificazione del paese.

- L’esercito sud-coreano, mal addestrato ed equipaggiato, venne rapidamente sconfitto e la stessa capitale, Seoul, fu conquistata dai nord-coreani. Dopo questo evento il capo di stato della corea del nord, Kim Il Sung, dichiara guerra alla Corea del sud. In breve tempo, rimaneva libera la sola zona intorno al porto di Pusan

- Gli Stati Uniti videro in quella prova di forza la chiara volontà sovietica di espandersi, attraverso una Corea riunificata, in tutto l’Est asiatico. Infatti l’URSS avrebbe gradito non poco l’idea di poter occupare quel vuoto di potere lasciato nell’area dal crollo dell’impero nipponico.

- La tensione, alla fine degli anni ’40, era di nuovo fortissima, con le due superpotenze che stavano velocemente arroccandosi su posizioni opposte, nel gioco micidiale della Guerra Fredda.

- A complicare le cose, la neonata Cina comunista di Mao Tse Tung, interviene nel conflitto affiancando la Corea del nord, in quanto comunista.

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- Figura 5: Presidente della neonata Cina comunista Mao Tse Tung (o Mao Zedong)

--- IL CONTRATTACCO: - Con la copertura dell’ONU, cui era subito ricorsa la Corea del Sud, sbarcarono in

Corea i primi contingenti (formati per la maggior parti da militari americani), alla guida del generale Douglas MacArthur.

- L’operazione era stata approvata durante la momentanea assenza della stessa Unione Sovietica dal Consiglio delle Nazioni Unite. L’assenza rappresentava la protesta di Mosca contro la decisione dell’ONU di assegnare il seggio permanente nel suo Consiglio al governo di Taiwan e non alla Repubblica popolare cinese.

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- Ad appoggiare attivamente la risoluzione c’erano circa venti paesi, tra cui la Gran Bretagna e la Turchia.

- L’esercito guidato dagli statunitensi, arrivato già in agosto nel Sud, si mosse verso nord il 25 settembre concretizzando la controffensiva, con lo sbarco ad Inchon, direttamente dietro le linee dei nordcoreani. Lo scopo dello sbarco era, dato che l’esercito nordcoreano si era allontanato fin troppo dai campi, di attaccarli alle spalle e chiuderli in una sorta di tenaglia.

- In poco tempo le truppe occidentali respinsero l’invasore, tagliandogli i rifornimenti e risalendo velocemente lungo il confine.

- A questo punto, con una decisione che determinerà in maniera fondamentale lo sviluppo del conflitto, MacArthur decise di invadere a sua volta lo stato del Nord, superando il 38° parallelo. L’invasione fu autorizzata dall'Assemblea generale dell'ONU il 7 ottobre 1950.

- L’INTERVENTO DA PARTE DELLA CINA: - A novembre le truppe di MacArthur si erano spinte, per volontà del generale e

contro le disposizioni dello stesso governo statunitense, fino a pochi chilometri dal confine con la Cina. Fu allora che intervenne anche il governo cinese: a novembre oltre centomila uomini furono inviati in Corea. Con l’appoggio del pese di Mao, il Nord riuscì di nuovo a superare i confini con il Sud.

- Il presidente americano Harry Truman decise a questo punto di discostarsi dalle scelte del generale MacArthur, che aveva preso in considerazione più volte (e minacciato) il ricorso alla bomba atomica.

- Dopo aver sostituito il militare, nell'aprile del 1951, con il comandante Matthew Bunker Ridgway, Truman aprì finalmente le trattative con la Corea del Nord, spaventato anche dai proclami cinesi: la Cina neocomunista sembrava infatti intenzionata ad intervenire ancor più massicciamente nel conflitto.

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- Figura 6: Foto del generale Douglas MacArthur

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- Figura 7: Foto del comandante Matthew B. Ridgway

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- Oltre a ciò, diventavano sempre più forti le pressioni internazionali e dell'opinione pubblica per una soluzione pacifica della questione; nello stesso tempo si faceva preoccupante la situazione di totale stallo tra i due eserciti, ormai nuovamente collocati lungo il 38° parallelo. La guerra tra i due stai confinanti aveva a quel punto già fatto circa tre milioni di morti, tra i militari e, soprattutto, tra la popolazione civile.

- “LA PACE”: - Il 10 luglio iniziarono, a Keasong, i colloqui di pace. Due anni dopo l’inizio delle

trattative, il 27 luglio del 1953, a Panmunjeom, la fine dei negoziati sancirà il ritorno alla situazione precedente alla guerra, con il confine stabilito sul 38° parallelo. Malgrado la firma dell’armistizio vi sono ancora forti tensioni sul confine tra le due nazioni. Il 25 aprile 1954 si aprì una conferenza che voleva concludere una volta per tutte il conflitto. Purtroppo la conferenza se concluse il giorno dopo senza aver concluso niente.

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- Figura 8: L’immagine raffigura le varie fasi della guerra; a partire dall’avanzata nordcoreana fino a Pusan, fino ad arrivare al contrattacco alleato fino alle porte della Cina e per terminare ancora in una fase di stallo sulla

linea di demarcazione del 38° parallelo

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- MORTI CADUTI DURANTE IL 1950-1953 -

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MORTI COREA DEL SUD+ALLEATI

Corea del sud USA Gran BretagnaTurchia Canada AustraliaFrancia Grecia ColombiaFilippine Sud Africa

MORTI COREA DEL NORD+ALLEATI

Corea del nord Cina Russia

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- FERITI CADUTI DURANTE IL 1950-1953 --

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FERITI COREA DEL SUD+ALLEATI

Corea del sud USA Gran BretagnaTurchia Canada AustraliaGrecia Colombia

FERITI COREA DEL NORD+ALLEATI

Corea del nord Cina

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- FONTI: - cronologia.leonardo.it/storia/a1951b.htm - https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_di_Corea - www.sapere.it › ... › Storia › L'età contemporanea › Il secondo dopoguerra -

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IL MURO DI BERLINO

La divisione della GermaniaSecondo gli accordi di Postdam tenutisi tra luglio e agosto del 1945, a cui hanno partecipato i capi di stato delle nazioni vincitrici, si sarebbero dovuti spartire la Germania. Suddivisione che venne decretata nel seguente modo: zona americana, britannica, francese e sovietica. Tale suddivisione durò per circa quattro anni (1945-1949).Naturalmente, questa suddivisione portò una serie di frontiere (interne ed esterne) che conseguentemente divennero zone di tensione. I transiti attraverso le varie frontiere (erano 21 equamente ripartite tra le zone britanniche e americane). Nei primi anni la popolazione poteva spostarsi con una certa libertà tra un settore e l’altro.

La divisione di BerlinoCome la Germania anche Berlino fu suddivisa in quattro zone. Analogamente dal resto del Paese, la città si trovava all’interno del settore sovietico, l’unica via di collegamento agli altri settori era un’autostrada definita “zona franca”. Il Muro non esisteva ancora.

La disposizione della città All’interno della città divisa, esistevano sette checkpoints, ma come è naturale in una grande città c’erano molti altri posti di transito come: ferrovie, vie d’acqua lungo la Sprea ed i canali, questi varchi erano abbastanza transitabili, fino alla crisi del 1948. Quando, prendendo a pretesto la riforma monetaria della Germania Ovest, il governo sovietico decretò il blocco totale di Berlino (24 giugno 1948). Fu allora che incominciò ufficialmente la guerra fredda. I tre alleati replicarono con un poderoso ponte aereo, che sortì il risultato di legare più strettamente i berlinesi dell’Ovest alle potenze occidentali e che costrinse l’URSS a revocare il blocco di strade, ferrovie e vie d’acqua, il 12 maggio del 1949.

Operazione Muraglia Cinese-La crisi del 1958 Dal 27 novembre 1958 a Berlino ci fu un’altra crisi internazionale, quando Nikita Kruscev inviò un ultimatum alle tre potenze occidentali, dando loro sei mesi per trasformare Berlino Ovest in una " libera città smilitarizzata ", minacciando di voler stipulare con la DDR un trattato di pace separato. Questo ultimatum segnò l’inizio di una lunga crisi, che avrebbe portato alla costruzione del Muro. Incontri diplomatici tra l’URSS e le potenze occidentali, a Ginevra (maggio-agosto1959), a Parigi (maggio 1960) e a Vienna (giugno 1961), non sortirono alcun risultato positivo.

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A Berlino la tensione rimaneva alta e l’esodo di fuggitivi dal DDR era in continuo aumento. Ciò rischiava di destabilizzare il regime, dunque il presidente Ulbricht fu sempre più insistente affinché Kruscev gli permettesse di compiere passi decisivi. Durante l’incontro dei capi dei paesi comunisti tenutosi a Mosca il 5 agosto del 1961 Kruscev acconsenti alla ripetuta richiesta di Ulbrich ovvero la chiusura dei confini tra le due Berlino.Due giorni dopo, Kruscev annunciò in una trasmissione radiofonica che “le strade di fuga” attraverso Berlino Ovest dovevano essere bloccate. Questa terrificante notizia scatenò un vero e proprio “terrore delle porte sbarrate” che causò una forte impennata nel numero di fuggitivi (più di 4000 soltanto il 12 agosto).

L’operazione “Muraglia cinese” venne decisa segretamente da Ulbricht e pianificata da Honecker. Intorno alle 4 del pomeriggio del 12 agosto 1961, Ulbricht firmò il decreto per la chiusura delle frontiere. Per l’operazione vennero stoccati in apposite baracche 40 chilometri di filo spinato e migliaia di cavalli di frisia. La polizia e le milizie del popolo vennero mobilitate. I cittadini che desideravano recarsi nel settore occidentale necessitavano di un permesso speciale. Alla mezzanotte, i servizi speciali furono allertati. Berlino est venne invasa dalle truppe speciali (NVA); 25.000 miliziani del popolo armati e Polizia Popolare (Vopos) vennero piazzati a intervalli di un metro e mezzo uno dall’altro lungo la linea di demarcazione. Il 13 agosto 1961 all’una e 11 del mattino la stampa ufficiale della DDR annunciò che i Paesi del Patto di Varsavia avevano chiesto di applicare un reale controllo attorno e dentro Berlino. Tutto il traffico tra le due Germanie venne bloccato e i collegamenti della U-Bahn e della S-Bahn vennero interrotti.Filo spinato e cavalli di frisia vennero piazzati in tutti i punti di accesso a Berlino ovest: le strade vennero interrotte e si eressero vere e proprie barricate. In poche ore, l’intero confine a Berlino era sotto controllo: era il primo atto del Muro. Dal 23 agosto, divenne del tutto impossibile ai berlinesi occidentali visitare il settore est, senza un certificato di residenza.

Le conseguenze del Muro

Il Muro divideva in due le chiese, i cortili, le piazze e perfino i cimiteri. Esso era, in realtà, una struttura costantemente accresciuta ed integrata con sistemi anti-fuga sempre più sofisticati. I Berlinesi soprattutto quelli dell’Ovest, si rassegnarono alla presenza del Muro di cui l’effetto principale fu lo sviluppo di due comunità del tutto indipendenti e molto diverse in quanto a sistema di vita.

Tra il 1961 ed il 1983, Berlino perse 350’000 abitanti e sopravvisse solo grazie agli aiuti del DBR. Per rimediare a questo esodo furono chiamati come forza-lavoro immigrati dalla Turchia, dalla Yugoslavia e dalla Polonia.

Il Muro mutò oltremodo le località che lo circondavano. Gli accessi all’Est furono chiusi con mattoni: le case abbandonate, lanciate andare in rovina e occupate abusivamente. La vicinanza col Muro, causò a Berlino ovest lo svilupparsi di un forte movimento isolazionista e alternativo: gli antenati degli Squatters. La parte est assunse carattere di capitale della DDR e ricostruita com’era con l’aggiunta di palazzi pubblici in stile sovietico. Durante i primi dieci anni di Muro, Berlino attraversò periodi di grande tensione, intervallati da periodi di relativa quiete. Nel dicembre 1963, il Senato fece un accordo con le autorità

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dell’Est che permise a centinaia di migliaia di berlinesi dell’Ovest di visitare amici e parenti per le festività natalizie. Tale accordo venne rinnovato fino al 1966. Dopo quella data, i permessi vennero estesi a compleanni, matrimoni, nascite o morti. Dal novembre 1964, vennero concessi permessi anche a persone dell’Est. Nel dicembre 1964, la DDR introdusse un cambio forzato di denaro per i propri visitatori e, dal giugno 1968, ai viaggiatori che attraversassero il confine venivano richiesti passaporto e visti a pagamento.

Quando Willy Brandt divenne Cancelliere della DBR, portò la DDR verso una nuova politica per attenuare la tensione tra le due Germanie. Per stabilizzare la situazione attorno e dentro la città di Berlino vennero stabiliti una serie di accordi. Il 3 settembre 1971, presso il vecchio “Consiglio di controllo”, gli ambasciatori delle 4 potenze occupanti firmarono un trattato con cui l’URSS garantiva l’accesso a Berlino Ovest; in cambio, la DBR accettava che Berlino non fosse parte integrante del proprio territorio. Seguirono due accordi, direttamente tra le due Germanie per stabilire i dettagli. Accordi l’URSS garantiva l’accesso a (17 dicembre 1971) semplificava il transito tra DBR e Berlino Ovest. Il secondo (tre giorni più tardi) rendeva più semplice ai Berlinesi dell’Ovest recarsi ad Est soggiornare per 30 (poi 45) giorni. Dopo questi accordi, il numero di visitatori di Berlino aumentò visibilmente 21 dicembre 1972, le due Germanie stipularono un " Trattato di base " per normalizzare le proprie relazioni e favorire il loro ingresso nell’Onu.

Fuga da Est a Ovest

Almeno 5 043 tedeschi dell’Est, tra cui 574 guardie di frontiera, tentarono di superare il Muro. Il primo a riuscire nell’impresa fu Conrad Schuman, il 15 agosto 1961. La maggior parte di queste fughe avvenne, ovviamente, nei primi mesi di blocco, quando il Muro aveva ancora molti punti deboli. 60.000 cittadini della DDR vennero imprigionati per aver tentato o preparato una fuga. Chi aiutava i fuggitivi, rischiava l’ergastolo. I fuggiaschi usarono un’infinità di sistemi per violare il blocco. Spesso le fughe andavano a finire in modo spiacevole, l’ultima vittima del Muro morì il 6 febbraio 1989.

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Verso la demolizione del Muro

L’abbattimento del Muro fu il risultato di pressioni sia interne che esterne. L’evoluzione politica dell’URSS giocò un ruolo cruciale in questa storia. Nel corso della sua prima visita ufficiale in DDR, nel maggio1989, Mihail Gorbaciov, la cui ambizione era di salvare il suo Paese dal declino e dalla rovina attraverso una politica di innovazioni, basata sulle riforme e sulla trasparenza informò il cancelliere Kohl che la dottrina Breznev era stata abbandonata; Mosca non intendeva più usare la forza per impedire trasformazioni politiche nei suoi Paesi satellite. Questo, per la DDR significava la fine in tempi brevi dato che al di là dell’ideologia, essa non aveva nessuna ragione di esistere. Il 2 maggio, l’Ungheria decise di abbassare la “Cortina di ferro” e l’11 settembre aprì le frontiere con l’Austria. Questo permise a molti tedeschi dell’Est di lasciare il Paese. Altri trovarono rifugio nelle ambasciate della DBR a Praga o a Varsavia. i gruppi d’opposizione della DDR (Nuovo forum, Democrazia Ora, Rinnovamento Democratico), volendo partire da questo per cambiare la DDR, occuparono le chiese e protestarono contro le autorità di Berlino Est. A Lipsia, le preghiere per la pace e le manifestazioni attirarono sempre più dimostranti, nonostante la brutale repressione della polizia.

Libero transito tra Berlino Est ed Ovest

La situazione si evolveva rapidamente. Rispondendo all’appello dell’Unione Artisti e del Neue Forum, il 4 novembre si radunarono circa un milione di persone, che fischiarono i deputati della DDR e domandarono le libertà fondamentali. Quattro giorni dopo, l’intero parlamento della DDR si dimise. Ma i politici tentarono di evitare il collasso totale dello Stato, soddisfacendo una delle principali richieste dei manifestanti: il diritto di muoversi liberamente.

Per questo motivo, il 9 novembre, alle 18.57, Günter Schabowski, capo del parlamento di Berlino e membro influente del dimissionario Politburo, annunciò ai giornalisti stupiti che il Consiglio dei Ministri aveva appena deciso di permettere ai Tedeschi dell’Est il libero transito in DBR con effetto immediato. Nelle ore successive, cittadini dell’Est si riversarono a migliaia ai Checkpoint di Berlino. Non avendo ricevuto specifiche istruzioni, le guardie li lasciarono passare. Dopo 10.315 giorni, il Muro era virtualmente crollato, anche se per rimuoverlo fisicamente ci sarebbero voluti ancora diversi mesi. Due anni dopo, sarebbe toccato all’URSS rappresentare il crollo del Comunismo in Europa.

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La città fu percossa da gran gioia, i Berlinesi sembravano al colmo della felicità. I Tedeschi dell’Est vennero accolti con dei fiori. Razzi, champagne, brindisi e danze: il Muro era stato occupato da una gran folla che cantava e ballava. Ai poliziotti di entrambe le parti venivano offerti vino caldo e caffè. Nei giorni seguenti, un esercito di “picchi” umani martellò via il Muro, aprendovi buchi sempre più grandi. In soli 3 giorni, Berlino Ovest accolse 3 milioni di tedeschi dell’Est.

(La sera del 10 novembre, di fronte al municipio di Schoeneberg, una grande manifestazione vide la partecipazione del cancelliere Kohl, del ministro degli esteri Hans-Dietrich Genscher, del presidente onorario della DBR Willy Brandt, e del sindaco Walter Momper, per il quale: " oggi, il popolo tedesco è il più felice sulla terra ".)

L’inizio dell’abbattimento

I lavori per l’apertura del Muro cominciarono immediatamente, per aprire numerosi punti di passaggio. Il 12 novembre, il Muro venne aperto a Potsdamerplatz. I due sindaci di Berlino si incontrarono nel mezzo e il sindaco occidentale Walter Momper, dichiarò che "  la Potsdamer Platz è il vecchio cuore di Berlino e tornerà a battere come un tempo " Il 22 dicembre 1989, la Brandenburger Tor, il simbolo stesso di Berlino, venne aperta al transito.

Fin dalla fine di novembre cominciarono le pressioni per la riunificazione delle due Germanie. Il cancelliere Kohl propose di creare una federazione tedesca. Dal 7 dicembre riuniti insieme, rappresentanti del governo della DDR e dei movimenti di cittadini, stabilirono la data del 18 marzo 1990 per le nuove elezioni democratiche. I sostenitori dell’unificazione le vinsero con facilità. I negoziati intertedeschi fecero rapidi progressi e, il 20 settembre, la Camera del Popolo e il Bundestag adottarono il trattato di riunificazione (Einigungsvertrag) che entrò in vigore il 3 ottobre 1990, nello stesso momento in cui i 4 ex occupanti rinunciavano alle proprie prerogative. Dopo più di 40 anni di divisione, la Germania e Berlino erano riuniti. Il 20 giugno 1991, il Bundestag, con l’esigua maggioranza di 19 voti, decise che Berlino sarebbe dovuta tornare ad essere la capitale della Germania. Il trasferimento del governo e del parlamento federale avvenne gradualmente, tra la primavera e l’estate del 1999, segnando l’inizio della " Repubblica Berlinese ".

Fonti:

http://www.viaggio-in-germania.de/muro-berlino2.html

http://www.viaggio-in-germania.de/muro-berlino.html

http://cam-samb.webnode.it/products/la-caduta-del-muro-di-berlino-e-la-fine-dellurss/

Fogli di tedesco sul muro di Berlino

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La Rivoluzione Cubana e

La Crisi Dei Missili Di Cuba

La Rivoluzione

La dittatura di Batista

Siamo a Cuba all’inizio degli anni 50 e governavano come quasi in tutto il Sud America i militari, come Perón in Argentina, Jiménez in Venezuela, più tardi Pinochet in Cile. Molte e altri. Tra queste c’era il neocolonialista Fulgencio Batista, ceh governava dall’Avana. Molte di queste dittature furono appoggiate dagli Stati Uniti per contenere gli istinti espansionistici, che gran parte del Sud America emanava con rivoluzioni, crescite sociali ed economiche.

Fulgencio Batista nacque a Banes nel 1901 e cominciò la sua carriera come stalliere, entrando poi nell’esercito diventando sergente, generale, capo di stato maggiore e infine dittatore. Nel 1952 Batista, ormai passato alla seconda dittatura, spodestò dalla carica Carlos Prìo Socàrras, che mantenne il rancore per anni. Il nuovo governo venne riconosciuto subito dagli Stati Uniti, e Batista ottenne fiducia dal popolo dato che i suoi predecessori non hanno avuto un regime solido e videro una piccola luce di speranza in lui.

L’economia cubana

Le piantagioni erano il pilastro più importante dell’economia cubana, con la produzione ed esportazione di canne da zucchero. Gli zuccherifici erano di proprietà degli Stati Uniti già da tempo e il loro appoggio era molto importante per l’isola. La mafia di Chicago pagava profumatamente Batista e in quel periodo ci fu un fiorente turismo a Cuba, che fu di grande aiuto per lo stato in quegli anni. Batista incrementò la prostituzione e le case da gioco, che utilizzo anche per corrompere ufficiali militari ottenendone la loro fiducia e il loro appoggio. Sempre nell’incremento dell’economia cubana Fulgencio aumenta licenze di importazione e i lavori pubblici nel tentativo di tenere stabile e migliorare l’economia.

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Arrivo di Castro nelle file contro Batista

Gli unici oppositori per Batista ai tempi erano solo gli studenti che con i loro movimenti esponevano proteste nelle piazze cubane in cui presenziava frequentemente il rivoluzionario Castro. Fidel Castro nato a Birán il 13 agosto del 1926 e morirà recentemente il 25 novembre 2016, poco prima del 60esimo anniversario (sbarco della Granma). Fu il principale rivoluzionario del Movimento del 26 luglio e politico cubano. Nel ’45 entrò nella facoltà di legge dell’Avana, e il suo modello era José Martì che a fine ‘800 porto cuba all’indipendenza dalla spagna, Fidel riteneva che il compito era di continuare la sua rivoluzione liberando cuba dalla dittatura neocoloniale di Batista.

Attacco alla caserma Moncada

Castro sapeva che il punto debole di cuba era l’esercito, lo definiva grottesco e corrotto. Il 26 luglio 1953 decise di agire con suo fratello Raul e con un centinaio di uomini assalì la caserma moncada di santiago, ma l’operazione si rivelò un fallimento. Una quarantina di morti durante l’assalto e una sessantina vennero catturati e molti vennero sottoposti a lunghe e agonizzanti torture. Fidel e Raul furono catturati ma non vennero assassinati grazie alla coscienza di un agente di polizia, ma portati in tribunale dove ai fratelli diedero 13 anni di prigione. All’epoca l’evento fu ignorato dal mondo, perché nella stessa settimana ci fu l’armistizio della guerra di corea. Anche Batista non diede alla vicenda il giusto peso, ritenendo Fidel innocuo e lo graziò non uccidendolo.

Incontro con il Che e invigorimento del movimento

Fidel Castro, tramite un gruppo di compatrioti tra cui il fratello Raúl, dopo esser stati liberati nella primavera del ‘55 emigrarono a Città del Messico. Fu lì che Fidel Castro, conobbe un giovane medico argentino di Rosario, Ernesto Guevara della Serna, anche detto “Che” idealista rivoluzionario che si appassionò moltissimo alla vicenda cubana tanto da aderire immediatamente al “Movimento del 26 luglio”. Fidel decise di nominare così il movimento, in nome della sconfitta all’attacco della caserma moncada. In breve tempo si iniziò a progettare lo sbarco armato a Cuba, allo scopo di intraprendere la guerriglia e la liberazione del popolo cubano contro il regime di Batista.

Castro era alla ricerca di finanziatori e Carlos Prìo Socàrras appoggio notevolmente il Movimento. Quest’ultimo in passato era fu attaccato in tribunale dal giovane avvocato e militante Castro, ma nonostante questo Socàrras nutriva ancora del rancore per Batista, di conseguenza appoggiò i ribelli. Grazie alle entrate di Socarràs Fidel potè finalmente disporre di una barca per lo sbarco a Cuba, acquistarono un yacht di nome “Granma” ovvero “Nonna” (il nome rimase dal vecchio proprietario). Gli addestramenti dei “Barbudos” (fu il nome dei rivoluzionari per la loro barba folta che non volevano tagliare fino alla fine della guerra), venivano eseguiti in una tenuta agricola poco fuori Città del Messico, dove la polizia locale fece un incursione e arrestò i rivoluzionari per poi rilasciarli a patto che lasciassero il paese, quindi i loro tempi si strinsero per lo sbarco.

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Sbarco della Granma

La notte tra il 24 e il 25 novembre del ’56 la Granma finalmente salpò da Tuxpan , ma non nei migliori dei modi. La partenza ha avuto luogo con 2 giorni di ritardo, le condizioni meteoreologiche furono pessime come quelle all’interno della nave, dove ci furono 82 ribelli in un imbarcazione con la capacità di venti posti che soffrivano fame e mal di mare. Lo sbarco avenne il 2 dicembre a Playa Las Coloradas proprio come Martì durante la guerra d’indipendenza a fine ‘800. I Barbudos approdarono in una zona paludosa un po’ più a sud della posizione prevista, inoltre furono individuati poco dopo e costretti a dividersi, verranno uccisi quasi tutti e ne resteranno una ventina e si rifugiarono sulle montagne della sierra maestra(catena montuosa nel sud dell’isola) dove vi abitavano circa 70-100'000 abitanti. Castro viene creduto deceduto assieme a suo fratello e Batista annuncia la morte al New York Times, notizia che sarà smentita 2 mesi più tardi.

Il mondo conosce la rivoluzione

“Fidel Castro il leader ribelle della gioventù cubana è vivo, e lotta duramente con successo nel rifugio aspro e impenetrabile della Sierra Maestra, nella punta Sud dell’isola. Batista ha nella zona la crema del suo esercito, ma sta combattendo una battaglia fin qui perdente per distruggere il nemico più pericoloso che abbia mai affrontato” – Herbert Matthews 1957

E’ il febbraio del ’57 e Herbert Matthews, un corrispondente del New York Times a Cuba pubblica uno scoop su Castro, sulle sue condizioni salutari e rivoluzionarie. Fu lo stesso Castro a portarlo nella Sierra Maestra tra i ribelli e lo intervistò per più di 3 ore. Nel suo articolo riporta la sua persona, la sua intelligenza e la sua chiara idea di democrazia e libertà. I suoi ragionameti erano più della visione di un politico che di un militare, il suo carattere riusciva a tenere alto il morale degli uomini, ed era infatti per questo che lo seguivano ovunque anche nelle peggiori condizioni. Fidel nominava un morale alto quello dei Barbudos, mentre quello degli uomini di Batista pessimo, pensa inoltre che una buona dittatura si deve sempre mostrare onnipotente e i suoi tentativi di indebolimento del regime stavano anche nel mostrare che quello di Batisat non era così. Castro cerca di mostrare la sua crescita, l’aumento di ribelli e la sua buona riorganizzazione nella sierra, infatti quando inizia la guerriglia i suoi uomini riescono a fare prigionieri intere pattuglie di Batista, rubando rifornimenti e armi.

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Per espandere la propria voce grazie alla volonta del Che e Castro, creano la radio dei ribelli ovvero “Radio Rebelde”, con essa ottengono sempre più seguaci e fiducia dal popolo, pure dei componenti dell’esercito disertiranno per entrare nel movimento.

Batista per mostrare il suo controllo sul territorio cubano ospita il Gran Premio internazionale automobilistico del febbraio del ’58. Manuel Fangio, un automobilista argentino automobilista di fama internazionale, fu rapito dai Barbudos poco prima dell’inizio di una gara. Il rapimento fu solomante simbolico e rappresentativo e ottenere gli occhi del mondo, infatti il pilota fu rilasciato poche ore dopo con le scuse dei guerriglieri che gli chiesero anche l’autografo, inoltre ammise di essere stato trattato bene durante il sequestro.

Operazione Verano e conquista di Santa Clara

Batista ormai stanco dei ribelli, nell’estate del ’58 inizia l’operazione “Verano”, mandò 12'000 uomini contro un pugno di circa 300 Barbudos. L’operazione fu un vero fallimento per il dittatore che oltre a perdere la battaglia alimento ulteriormente la ribellione con gran parte del suo esercitò che disertò per unirsi alle file di Fidel. Mentre il regime dittatoriale si indebolisce i Barbudos attaccano spingendosi sempre più verso le città.

Negli ultimi giorni del dicembre del ‘58 Che Guevara diresse l'attacco su Santa Clara, condotto dalla sua "squadra suicida", un reparto che svolse le missioni più rischiose dell'esercito rivoluzionario. Fu una delle battaglie decisive della rivoluzione, anche se la serie di sanguinose imboscate, prima durante la offensiva sulla Sierra Maestra poi sulla Guisa e l'intera campagna delle pianure di Cauto probabilmente ebbero una maggiore importanza militare. Batista, dopo essersi accorto che i suoi alti ufficiali, come il generale Eulogio Cantillo che aveva incontrato Castro allo zuccherificio abbandonato "Central America", stavano stipulando una pace separata, fuggì nella Repubblica Dominicana la notte di Capodano del ‘59. Il 2 gennaio i Barbudos entrano in città accolti calorosamente dai cittadini.

La Crisi

Strategia sovietica

(1959) accorgendosi che una futura guerra sarebbe stata condotta con arsenali nucleari l’unione sovietica fece costruire le Ракетные войска стратегического назначения России (Forze missilistiche strategiche). In seguito al programma di riarmo di Kennedy, l’URSS fece collocare alcune armi nucleari a Cuba. John Fitzgerald Kennedy era un politico statunitense e il 35° presidente degli stati uniti d’America. Kennedy è stato il primo presidente del ventesimo secolo e il più giovane a morire.

La risposta statunitense

(14 ottobre 1962) Un U-2 scopre e fotografa una sequenza di prove che dimostrano che Unione Sovietica sta costruendo a Cuba delle basi per lanciare missili nucleari in grado

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di colpire gli Stati Uniti. (16 ottobre 1962) Il presidente Kennedy costituisce un Comitato esecutivo del Consiglio di sicurezza nazionale in cui si confrontano le posizioni di chi promuove la necessità di una soluzione militare e di chi appoggia una soluzione diplomatica. Il governo statunitense tenne inizialmente segrete le informazioni. (22 ottobre 1962) John Kennedy comunica alla nazione che aerei spia americani hanno fotografato a Cuba missili sovietici in fase di installazione e che ogni attacco di missili nucleari provenienti da Cuba sarà preso come un attacco ordinato dall’Unione Sovietica. Kennedy imposta anche una quarantena si 800 miglia attorno alla costa Cubana.

Intervento del Papa

(25 ottobre 1962) Papa Giovanni XXIII, notando la tragica situazione, tiene un discorso tramite la radio vaticana rivolto a tutti gli uomini di buona volontà in cui chiedeva che la pace e la fraternità fra gli uomini fosse mantenuta. Papa Giovanni XXIII 261° papa della Chiesa cattolica, fu eletto papa il 28 ottobre1958. Ha fatto missioni diplomatiche In Bulgaria A Istanbul e a Parigi.

Le reazioni

(26-27 ottobre 1962) In seguito al messaggio del Papa l’URSS fece arrivare subito due proposte all’USA. In una offrivano di togliere i missili da Cuba in cambio della garanzia che gli USA non avrebbero invaso Cuba, né appoggiato un'invasione. Nella seconda chiedevano il ritiro delle testate atomiche americane dalla Turchia e dall'Italia.

L’apice della crisi

(27 ottobre 1962) La crisi raggiunge l’apice quando un U-2 statunitense venne abbattuto su Cuba per iniziativa di un ufficiale locale mentre un altro stava per essere intercettato. Nel frattempo, dei mercantili sovietici si stavano avvicinando alla zona di quarantena. (28 ottobre 1962) Kennedy accetta le offerte dell’URSS la quale fa tornare indietro le navi e rimuove i missili sovietici da Cuba. (20 novembre 1962) Kennedy ordina la fine della quarantena su Cuba.

Conseguenze

La crisi per i sovietici fu una vittoria tattica, ma una sconfitta strategica perché vennero visti indietreggiare e persero l’opportunità di ottenere la parità strategica. Pochi anni più tardi Chruščëv perse il potere, questo fatto può essere collegata anche all'imbarazzo dovuto sia al passo indietro compiuto da Chruščëv davanti agli americani, sia anche alla sua decisione di installare i missili a Cuba in primo luogo. Chruščëv era un politico sovietico che divenne leader dell’Unione Sovietica in seguito alla morte di Stalin e al breve periodo di leadership Georgij Malenkov. È stato anche il primo leader sovietico a visitare gli Stati Uniti. Anche i comandanti militari statunitensi non furono contenti del risultato. Curtis LeMay (generale statunitense) disse al Presidente che fu "la più grande sconfitta della nostra storia" e che avrebbero dovuto invadere Cuba quello stesso giorno.

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Fonti Rivoluzione

Libro: “Castro e Cuba” di Angelo Trento (Giunti)

Film: Il Che - L’Argentino

Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Rivoluzione_cubana

Documentario: http://www.raistoria.rai.it/articoli/la-rivoluzione-cubana/35428/default.aspx

Fonti Crisi dei Missili

https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_dei_missili_di_Cuba

http://www.ilpost.it/2012/10/14/la-crisi-dei-missili-a-cuba-50-anni-fa/

http://www.treccani.it/export/sites/default/scuola/lezioni/storia/CUBA_lezione.pdf

https://it.wikipedia.org/wiki/John_Fitzgerald_Kennedy

https://it.wikipedia.org/wiki/Nikita_Sergeevi%C4%8D_Chru%C5%A1%C4%8D%D1%91v

https://it.wikipedia.org/wiki/Raketnye_vojska_strategi%C4%8Deskogo_nazna%C4%8Denija

https://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Giovanni_XXIII

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Invasione sovietica della Cecoslovacchia

Introduzione:

La Primavera di Praga, che si é svolta a fine anni sessanta, più precisamente nel 1968, é stato un periodo storico molto importante. Infatti essa viene identificata come un rinnovamento politico e sociale avvenuto nell'ormai ex Cecoslovacchia. Durante lo svolgimento di quel periodo essa era sottoposta al dominio dell'Unione Sovietica, a causa degli avvenimenti della seconda guerra mondiale. Siccome l'URSS ha avuto un ruolo preponderante nella distruzione della Germania nazista, essa si è guadagnata molte zone territoriali, ritenute da Stalin “indispensabili” per creare e costruire un nuovo bastione difensivo, in precauzione di nuove possibili aggressioni. Tra questi territori é dunque presente la Cecoslovacchia, che perse la sua regione orientale e che fu sottoposta ad un sistema di totalitarismo-comunista. Infatti al termine del secondo conflitto mondiale, le potenze vincitrici si incontrarono nella conferenza di Yalta (4-11 febbraio 1945) per stabilire le sorti dell'Europa. Venne stabilito che l'Europa, ma in generale il mondo, si dovette dividere in due blocchi di pensiero e ideologie differenti, a occidente abbiamo gli USA con la NATO ed un sistema capitalista, di libero mercato, mentre a oriente abbiamo l'URSS con il Patto di Varsavia ed un sistema comunista.

Politica estera dell'Unione Sovietica:

La politica estera dell'Unione Sovietica, nota come “Dottrina Breznev”, prevedeva di appoggiare o imporre negli stati satellite, dei governi di provata fedeltà, usando se necessario la forza. Dunque ogni governo, benché eletto, doveva essere gradito dal PCUS (partito comunista sovietico). Come detto in precedenza, nel dopoguerra, la Cecoslovacchia era sottoposta al controllo dell'Unione Sovietica, dunque i politici venivano eletti unicamente secondo le indicazioni di Mosca, ed essi dovevano seguire la politica del Partito comunista sovietico, sia per quanto riguardava le scelte di governo interne al paese, e sia per le decisioni di politica estera. Nei primi anni sessanta la nazione subì una notevole recessione economica, siccome il modello sovietico di industrializzazione fu applicato in modo inefficace, infatti essa era già un Paese molto sviluppato prima del conflitto mondiale, e ciò contrastava con il modello sovietico, che teneva soprattutto conto delle economie meno sviluppate.

La Primavera di Praga:

La così detta primavera di Praga ebbe inizio il 5 gennaio del 1968, quando il riformista slovacco Alexander Dubcek (1921-1992) salì al potere, sostituendo il presidente Antonin Novotny (1904-1975). In Cecoslovacchia il processo di destalinizzazione era già incominciato sotto il controllo di Novotny, tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta, ma la sua riforma proseguiva molto lentamente rispetto al altri stati del medesimo blocco. L'ex presidente Novotny proclamò il

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completamento del socialismo e della nuova costituzione, adottando il nome di Repubblica Socialista Cecoslovacca. Ma come già annunciato, il ritmo del cambiamento era lento, dunque la riabilitazione delle vittime di epoca stalinista non portò a risultati concreti fino al 1967. Il popolo iniziò a sentire il peso delle strette regole imposte dal regime sovietico, infatti l'Unione degli scrittori cecoslovacchi, con cautela, iniziò ad estrarne il malcontento. Il presidente Antonin Novotny, col passare del tempo, perse il suo sostegno. Dunque il primo segretario del partito comunista slovacco, Alexander Dubcek, lo sfidò in una riunione del comitato centrale. Impaurito il presidente invitò a Praga il premier sovietico, Leonid Breznev, alla ricerca di supporto, ma esso fu allibito dalla portata dell'opposizione a Novotny, dunque Dubcek vinse, e il 5 gennaio del 1968 salì al potere e dunque iniziò a realizzare la sua serie di riforme.

Le riforme di Alexander Dubcek e la preoccupazione sovietica:

Le riforme politiche di Dubcek, che egli stesso nominò come, “Socialismo dal volto umano”, in realtà non prevedevano di rovesciare completamente il vecchio regime e di allontanarsi dall'Unione Sovietica. Il progetto era quello di mantenere il sistema economico collettivista ma instaurando una maggiore libertà politica, di stampa e di espressione. Infatti Dubcek cercò di concedere ulteriori diritti, e di favorire alcune richieste provenienti dalla popolazione, in particolare da circoli di intellettuali, che proprio essi richiedevano una maggior libertà di stampa, un maggior decentramento dei poteri amministrativi statali, e infine, la divisione della nazione in due repubbliche: quella Ceca e quella Slovacca (essa sarà una delle poche riforme di Dubcek che rimarrà in futuro). Inoltre costui abolì la censura e rese segreto il voto nelle votazioni del congresso del partito. L'intento di questa serie di riforme non era quello di superare il modello socialista, ma bensì di rinnovarlo, con l'obbiettivo di costruire il primo esperimento al mondo di democrazia socialista. Tutte queste riforme furono sostenute dalla grande maggioranza del paese, compresi gli operai, ed iniziarono a suscitare interesse in ampi strati dell'opinione pubblica occidentale. Tuttavia dal prospetto della dirigenza sovietica, questa riforme risultarono una grave minaccia all'egemonia dell'URSS sui paesi del blocco orientale, e alla sicurezza stessa dell'Unione Sovietica. In sostanza anche se le modifiche apportate non erano così radicali e contrarie all'ideologia comunista, esse incutero timore al premier sovietico Breznev, siccome si preoccupò che tali riforme potevano indurre altri stati satelliti, o la stessa Cecoslovacchia, a richiederne altre e più profonde. Per comprendere al meglio il perché di questo allarme é opportuno tener presente la collocazione geografica della Cecoslovacchia, esattamente al centro dello schieramento difensivo del Patto di Varsavia: dunque un suo tradimento in periodo di Guerra Fredda non poteva essere tollerato. A differenza di altri paesi, la presa di potere dei comunisti in Cecoslovacchia, nel 1948, era stata accompagnata da una genuina partecipazione popolare e dunque le riforme sociali del dopoguerra furono svolte pacificamente, al contrario di altri paesi come per esempio l'Ungheria. Inizialmente il governo di Dubcek fu considerato vicino alla line del partito comunista sovietico, ma in seguito avendo visto il tipo di opposizione che incarnava, e che fu racchiusa nel manifesto delle “Duemila parole”, esso fu ostacolato. La dirigenza sovietica usò dapprima tutti i mezzi diplomatici possibili per fermare o limitare le riforme portate avanti dal governo cecoslovacco, ma vista l'inutilità di questi tentativi, essa optò per l'azione militare.

Invasione della nazione:

La stagione delle riforme trovò bruscamente il suo termine nella notte tra il 20 e il 21 agosto 1968. Quando una forza stimata dai 200'000 ai 600'000 soldati, che furono affiancati a 6'000 veicoli corazzati, invasero il Paese. Gli invasori non furono solamente sovietici, ma presero parte anche

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quattro alleati del blocco: Bulgaria, Germania Est, Ungheria e Polonia. Tutto fu agevolato, siccome il grosso dell'esercito cecoslovacco, munito di 11-12 divisioni, obbedì agli ordini segreti del Patto di Varsavia. Quindi esso si trovò schierato alla frontiera con la Germania Ovest, ovviamente fu tutto progettato per facilitare l'invasione ed impedire supporto da occidente. Dunque il partito comunista cecoslovacco si trovò senza alcuna forma di organizzazione e militare. La notte dell'invasione coincise a pennello con la celebrazione del “nuovo” congresso del partito cecoslovacco, che avrebbe dovuto sancire definitivamente le riforme e sconfiggere l'ala stalinista. Codesta riunione, a causa degli eventi in corso, fu svolta clandestinamente in una fabbrica per evitarne la disfatta immediata. Effettivamente tutti i membri approvarono il programma riformatore, ma quanto accadeva nella nazione rese le loro deliberazioni vane. Tuttavia la presenza sovietica non aveva come unico scopo quello di riportare “indietro” il Paese, ma anche quello di costringerlo a subire l'umiliazione di una sua presenza costante e minacciosa, a monito per gli altri stati satelliti. Sin da subito il governo cecoslovacco ha cercato di tranquillizzare il popolo e l'ha invitato a una resistenza passiva, ma in diversi quartieri molti giovani tentarono vanamente d'impedire l'avanzata dei carri armati.

Conseguenze dell'occupazione:

I paesi democratici occidentali furono disgustati dall'operato di Mosca, e ne furono colpiti emotivamente, ma dovettero limitarsi a proteste verbali. La causa di ciò fu che, il periodo in corso era quello della Guerra Fredda, quindi il pericolo di un confronto nucleare, non consentiva ai paesi occidentali di sfidare la potenza militare sovietica schierata nell'Europa centrale. Dopo l'occupazione si verificò un'ondata di migrazioni molto importante, stimata di 70'000 persone nell'immediato e di 300'000 in totale, la quale coinvolse soprattutto cittadini di elevata qualifica professionale. La maggior parte degli emigrati riuscì ad integrarsi senza problemi nei paesi occidentali in cui si rifugiarono. Col trascorrere del tempo la popolazione diventò sempre più insofferente all'occupazione sovietica, che vi rimarrà fino al 1991. La protesta non violenta raggiunse l'apice il 16 gennaio 1969, quando il giovane studente Jan Palach si diede fuoco in piazza San Vanceslao, come segno di protesta contro l'occupazione. Il suo gesto divenne il simbolo della resistenza anti-sovietica, e lui fu riconosciuto come un patriota cecoslovacco. Col suo gesto sperava di eliminare la rassegnazione dei suoi compaesani e di lanciare un messaggio di supremo rifiuto, che doveva toccare il cuore del popolo. In seguito a questo caso, il suo gesto fu emulato da un altro studente e da un operaio membro del partito comunista slovacco.

La stagione della “normalizzazione”:

Una volta controllato lo stato cecoslovacco, Mosca impose un proprio governo rappresentato da Gustav Husak, che abolì tutte le riforme del suo predecessore Alexander Dubcek e che diede avvio alla stagione della “normalizzazione” della nazione. La fine della Primavera di Praga aggravò la delusione di molti militanti occidentali di sinistra nei confronti delle teorie leniniste, che portò ad un'affermazione delle idee eurocomuniste. L'esito finale di quest'evoluzione fu la dissoluzione di molti dei partiti marxisti vent'anni dopo, con la caduta del muro di Berlino. Infatti l'apertura politica portata da Mikhail Gorbachev, in particolare grazie alla catena di eventi che portarono alla dissoluzione dell'URSS e alla riunificazione della Germania, hanno permesso ad Alexander Dubcek di ritornare sulla scena politica. Infatti a fine anni '80 esso riguidò la Cecoslovacchia al rovesciamento del regime comunista e alla successiva transizione verso la democrazia, il tutto con grazie alla “Rivoluzione di Velluto” del 1989.

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La Rivoluzione studentesca:

Introduzione:

La rivoluzione studentesca fu una rivolta che scoppiò nel 1968 in diversi paesi d’Europa e negli USA, fu una rivolta etica contro i valori capitalisti diffusi nella società: individualismo, potere ed esaltazione della tecnologia, corsa ai consumi.

Questo movimento nasce alla fine degli anni 60 in Francia e raggiunge l’apice nel sessantotto appunto, a protestare la nuova società furono i giovani e gli operai, una società che propone l’unico valore del denaro nel mondo capitalista. A Oriente invece punta a denunciare la mancanza di libertà e l’invadenza della burocrazia di partito.

Il movimento negli stati uniti:

La guerra del Vietnam (1960-1975), fu uno degli avvenimenti principali che influenzano il movimento, le prime manifestazioni studentesche si ebbero nel ’64, gli studenti criticavano i metodi d’ insegnamento, i curriculum degli studi e volevano libertà di parola per i problemi di fondo della società. L’argomento più contestualizzato riguardava il finanziamento delle università, il 35% dei fondi venivano dal ministero della difesa per ricerche riguardanti alla guerra del Vietnam. La protesta giovanile unì le classi, ceti, gruppi, investì la morale e i rapporti umani

Un altro punto molto influente fu la rivolta dei cittadini di colore, il movimento era suddiviso in due forme: quella pacifista guidata da Martin Luther King e quella violenta chiamatasi “Black Power” con a capo Malcom X. Il movimento per i diritti civili afroamericani avevano l’obbiettivo di porre fine alla segregazione raziale e alla discriminazione conto le persone di colore,

Il movimento in Francia:

In Francia la protesta nel maggio de 1968 portò a scontri violenti e parve trasformarsi in una rivolta contro lo stato, questa ebbe inizio da un progetto governativo che mirava a razionalizzare delle strutture scolastiche per renderle più rispondenti alle esigenze dell’industria , favoriva i settori tecnologicamente più avanzati, incrementando così la produttività della classe operaia, questo piano fu chiamato piano Fouchet.

Il movimento francese del sessantotto fu placato grazie alla “maggioranza silenziosa”, si radunarono circa un milione di persone agli Champs-Èlysées (un viale che porta a l’arco di trionfo a Parigi), affermando il loro diritto e dovere di governare contro le frange estremiste.

Il movimento in Italia:

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In italia le proteste degli operai si uniscono assieme a quelle degli studenti, che rivendicavano l’allargamento del diritto allo studio ai giovani più poveri e una migliore qualificazione dei contenuti scolastici. Vennero occupate scuole e università, organizzate manifestazione che spesso degeneravano in scontri con la polizia.

Le agitazioni tra studenti e operai crearono un clima insurrezionale a cui il governo fece fronte approvando delle riforme mai realizzate fino ad allora come gli aumenti slariali, pensioni, minori ore lavorative, diritti di assemblea, consigli di fabbrica e lo statuto dei lavoratori.

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Foto:

Figura 2: Alexander Dubcek Figura 2: Invasione sovietca

Figura 3: invasione sovieticaFigura 4: Un eroe nazionale Jan Palach

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Figura 5: Ex bandiera della Cecoslovacchia

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Bibliografia:

Primavera di Praga / Invasione sovietica:

https://it.wikipedia.org/wiki/Primavera_di_Praga#Origine_del_termine

http://cultura.biografieonline.it/primavera-di-praga/

http://www.discorsivo.it/magazine/2013/03/26/il-68-in-cecoslovacchia-linverno-sovietico- e-la-primavera-di-praga/

http://www.skuola.net/storia-contemporanea/primavera-praga.html

http://vivalascuola.studenti.it/storia-la-primavera-di-praga-181681.html#steps_5

Rivoluzione studentesca:

http://doc.studenti.it/appunti/storia/1968-rivolta-studenti.html

https://it.wikipedia.org/wiki/Sessantotto

http://marcellorossi.blogspot.ch/2008/04/la-contestazione-studentesca-del-1968.html

http://www.treccani.it/enciclopedia/sessantotto_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/

http://doc.studenti.it/riassunto/umanistica/3/sessantotto.html

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Guerra del Vietnam contro le truppe americane1959-75

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27 aprile 2017

SAM Bellinzona 2a

Doc. Moscatelli

Matteo Cattani - Alan Codoni

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Introduzione

Nel seguente documento parleremo della guerra del Vietnam, più in particolare della guerra che viene chiamata “la seconda guerra d’Indocina”.

L’esercito americano, al concludere della seconda guerra mondiale, si mobilitò in Vietnam del Sud su richiesta della popolazione stessa. La popolazione del Sud era molto nazionalista e voleva guadagnarsi l’indipendenza, che senza l’aiuto da parte dell'America non sarebbe stata possibile da ottenere. Dopo aver compiuto questa missione, l’esercito americano prese posizione nel Sud della nazione con l’obbiettivo di creare uno stato indipendente, democratico ed autosufficiente.

Nel Nord della nazione stava prendendo piede il comunismo sempre più velocemente per mano dell’URSS e della Cina. Questa cosa andava letteralmente contro l’ideologia americana che si opponeva a questo modo di pensare. Gli americani non volevano inizialmente rendere il paese indipendente spargendo sangue, ma visto che nel territorio erano presenti due ideologie completamente diverse era inevitabile e molto prevedibile che ci sarebbero stati molti battibecchi.

Gli americani nonostante l’inizio dello spargimento di sangue non si tirò indietro in quanto era consapevole che se anche quella zona della nazione fosse stata conquistata dal comunismo sovietico e cinese, non ci sarebbe più stato modo di fermare l’espansione di questo fenomeno che sarebbe andato a toccare nazioni come Birmania, India, Giappone, Filippine, Laos e Cambogia.

In seguito a questa scelta presa dagli americani, si diede inizio ad una guerra piena di sangue che coinvolse pure civili e fu presente pure l’uso di armi non ritenute convenzionali dall’ONU (es: Napalm). Questa guerra è stata senza esclusione di colpi, e senza una marcata vittoria (data da conquista di territori e sottomissione del nemico) da parte di uno dei due fronti.

Per concludere questa guerra che stava solo causando morti, fughe da parte dei civili a causa dei bombardamenti massicci, dissensi da parte della popolazione anche non direttamente toccata dalla guerra si è dovuti giungere a dei nuovi trattati di pace. La speranza era di giungere a un accordo e non di ripetere gli stessi errori che hanno scatenato questa atroce guerra. Alla fine si è riusciti a giungere ad un accordo, ma in maniera piuttosto lenta e difficoltosa. La difficoltà del giungere ad un accordo era la marcata differenza di pensiero delle due parti, che hanno portato a 4 anni di trattative in cui la guerra fu ancora incessante.

Dopo la unificazione della nazione si poté finalmente avere l’occasione di discutere in modo civile su quanto accaduto negli anni precedenti pieni di conflitti e sulle problematiche portate da essi.

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La seconda guerra d’Indocina

Al seguito della disfatta delle truppe francesi del generale Henri Navarre a Dien Bien Phu, il governo francese nell’aprile del 1954 accettò la proposta sovietica e si recò a Ginevra per una conferenza sulla pace.

Questa conferenza portò alla divisione in due stati indipendenti lungo il 17° parallelo del Vietnam, con l’impegno di indire delle elezioni nazionali centrate sulla riunificazione pacifica del paese entro due anni (nel 1956).

Già da Gennaio 1954 gli USA presero in considerazione un suo possibile coinvolgimento militare nella guerra d’Indocina in quanto dubitavano già di partenza che l’esercito francese avrebbe portato il governo di Parigi alla propria resa a Ginevra.

L’America non era d’accordo della riunificazione pacifica del paese del trattato di pace in quanto temeva che avrebbe prevalso l’ideale politica del nord facendo diventare il Vietnam uno stato interamente comunista, instaurando un effetto domino che avrebbe portato all’America anche la perdita dell’Asia sud Orientale e dell’India finendo con il rafforzare la posizione dei Cinesi e dell’URSS.

Quindi, al seguito della conferenza di Ginevra avvenuta il 26 aprile 1945, l’esercito statunitense sostituì quello francese nel Vietnam del sud come maggior potenza straniera dominante.

Gli stati uniti, durante la loro permanenza, sostengono una divisione politica permanente e cercano di instaurare uno Stato democratico, stabile ed autosufficiente nel Vietnam del sud.

Nel 1955 sostengono la nascita della Repubblica del Vietnam del Sud, guidata da Ngo Dinh Diem, con un sostegno economico e politico sempre più importante.

La Repubblica in questione rimane però molto fragile a causa del suo regime autoritario, impopolare, nepotista e costantemente tormentato dalle opposizioni religiose e politiche. Oltre alle continue opposizioni si ritrova anche in conflitto con le guerriglie appoggiate da Ho Chi-Minh e dal suo governo che grazie alla vittoria contro i francesi ha convalidato le sue credenziali e continua così la sua la lotta per la ricucitura del Vietnam e l’indipendenza del paese.

Nel 1957 con l’attacco alle roccaforti comuniste situate nel sud da parte di Diem, viene ridato vigore agli scontri tra i sostenitori di Ho Chi-Minh e la Repubblica del Sud dando così il via alla seconda guerra d’Indocina.

Dal 1959 in poi ci fu una continua infiltrazione di militari e forniture belliche dal nord al sud tramite il “sentiero di Ho Chi-Minh”, un insieme di strade nella giungla nei territori di Laos e Cambogia costruite con scopo di fornire supporto logistico ai Vietcong e all’NVA.

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Nel 1960 venne instaurato il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN), cioè un’alleanza di forze di opposizione sotto dominio comunista con l’obiettivo di far cadere Diem e riunificare il paese lanciando nel 1961 un’offensiva armata al Sud. Questo gesto ha dimostrato che la conferenza di Ginevra non ha messo fine alla guerra per la unificazione del paese ma che l’ha solo ritardata.

Preoccupati da questo conflitto e da una possibile vittoria del Vietnam del Nord, cioè dei comunisti, gli Stati Uniti aumentano il loro sostegno alla Repubblica del Sud ampliandone, sotto ordine di Kennedy, i rifornimenti militari e il numero di consiglieri da 685 (nel 1961) a 16'000 (nel 1963).

Gli attacchi dei Vietcong però non si fermarono e la Repubblica del Sud rimase instabile perché scossa dai ripetuti colpi di stato militari.

Durante gli anni di presidenza di L.B. Johnson (1963-1969), lo scontro vietnamita si trasformò in una guerra americana vera e propria a causa della paura che il governo del Vietnam del Sud, creato da Nguyen Van Thieu nel 1967 possa cadere e che la Cina possa espandersi.

Data la forte convinzione di Johnson che grazie alla superiorità americana avrebbe da subito prevalso, decise di intervenire direttamente nella guerra dando inizio nel 1965 a dei massicci bombardamenti nel Vietnam del Nord, senza alcuna dichiarazione di guerra.

L’operazione di Johnson, che durò 3 anni, fu nominata Rolling Thunder.

Con l’operazione Rolling Thunder vennero lanciate 600'000 tonnellate di bombe sul Vietnam del Nord e vennero inviate 180'000 truppe di terra nel 1965 per poi portarle a 500'000 nel 1968 ampliando così il conflitto.

La guerra tra USA e Vietnam del Nord, il quale vedeva l’URSS e la Cina come alleati che gli fornivano aiuti militari, armi, medicinali, tecnologie moderne e bombe al napalm, porta ad un numero di vittime fra le due parti e soprattutto ad un numero di vittime civili molto elevato e costringe così le persone a immigrazioni forzate prima che venissero sterminate.

Nonostante l’importante presenza americana la situazione governativa del Sud continua divenire peggio mentre il Nord, sebbene abbia avuto molte perdite e distruzioni, non si arrende e non cessa il suo sostegno al FLN, continuando la sua lotta per l’unificazione del paese.

Negli Stati Uniti il coinvolgimento dello stato nella guerra del Vietnam si fa sentire in quanto porta a costi sia in termini economici che in perdite di vite umane sempre più elevati.

In aggiunta ai costi vi sono anche le immagini cruenti che i vari media mostrano giornalmente informando la popolazione sulla situazione, creando così un disorientamento della popolazione stessa e dando vita ad un movimento pubblico contro la guerra del Vietnam che diventa sempre più imponente con il passare del tempo.

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Questi gruppi di protesta contro la guerra cominciarono a diffondersi anche in tutto l’occidente dove nascono gruppi antiamericanisti.

Nel 1968 i Vietcong e l’esercito del Vietnam del Nord diede inizio, in occasione del capodanno, all’offensiva Têt.

Questa offensiva viene respinta dopo un mese di scontri e si conclude con un numero elevatissimo di vittime; 40'000 Vietcong, 11'000 Americani, 23'000 Sudvietnamiti, 12'500 civili e 1'000'000 di profughi, sottolineando il fatto che i ribelli, in contrapposizione con quello che credeva il governo americano, non sono per niente sconfitti e che hanno ancora i mezzi e le capacità per continuare la guerra.

Date le molteplici perdite durante offensiva di Têt, la mancanza di risultati da parte dell’esercito Americano, l’accrescimento dei gruppi contro la guerra negli USA, all’aumentare delle richieste di riesame del coinvolgimento degli USA nella guerra e anche dei dissensi provenienti dall’interno, il governo americano obbliga gli Stati Uniti alla presa di una scelta di posizione.

Johnson allora dichiara la fine dei bombardamenti e la disponibilità del governo americano a dei negoziati di pace, i quali si rilevarono molto lunghi e difficoltosi, che durarono la bellezza di quattro anni, durante i quali la guerra fu incessante.

Il richiamo delle forze armate degli USA dal Vietnam avvenne con R. Nixon, il quale era un assiduo sostenitore della guerra, ma fu costretto ad accettare l’improbabilità di una vittoria e la difficoltà di continuare una guerra che la comunità non condivideva.

Nixon ritira però le proprie truppe senza uscirne sconfitto, vale a dire con un Vietnam del Sud diventato democratico ed indipendente.

Il ritiro delle truppe viene fatto con una dimostrazione di forza, dove vengono sganciate un numero notevole di bombe nel Nord del Vietnam e sulle basi in Laos e Cambogia, in concomitanza con il ritiro a tappe delle truppe. Il ritiro iniziò con un numero di 25'000 soldati nel 1969 ed il passaggio del compito di respingere i Vietcong all’esercito del Vietnam del sud.

In simultaneità con i fatti elencati in precedenza, vengono anche condotte delle trattative tra gli USA, l’URSS e la Cina per far sì che queste potenze facciano pressione sul Vietnam del Nord e arrivino ad un accordo alle condizioni americane.

Nella fine del 1972 grazie alle continue pressioni degli oppositori alla guerra, ad una politica americana in relazione con URSS e Cina orientata alla coesistenza pacifica, alla diminuzione degli aiuti al Vietnam del Nord da parte di URSS e Cina si comincia ad andare verso ad una soluzione diplomatica.

Nel gennaio del 1973 vengono sanciti gli accordi di Parigi che includono, il ritiro delle forze USA, il cessate il fuoco e il mantenimento delle posizioni da parte dei due eserciti.

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Gli accordi in questione non risolvono però la situazione del Vietnam del Sud e non garantiscono quello che si è cercato di ottenere in 9 anni di guerra, vale a dire la fine del comunismo.

Di seguito ad un fermo provvisorio della guerra, essa riprende ancora per finire il 30 aprile 1975, con la presa di Saigon da parte del Vietnam del Nord che dimostrarono che il solo esercito del Sud non poteva in alcun modo competere contro di loro.

Il 2 luglio 1976, il Vietnam viene finalmente unificato e la Repubblica socialista del Vietnam si trova ad affrontare tutti i problemi che derivano da 30 anni di guerra.

Anche l’America si ritrova “ferita”. La guerra del Vietnam ha portato al governo americano un debito di 3'000'000'000 di dollari, 58’000 soldati uccisi, 153'000 soldati feriti, 2’700'000 reduci e 300'000 dispersi.

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Dati sulla guerra

81%

6%

11%

2% 0.02%0.004%SOLDATI AMERICANI IN GUERRA

2'700'000

Rimpatriati Feriti Dispersi Morti Rimpatriati Morti

Grafico 1: In questo grafico si può vedere cosa è successo a tutti i soldati coinvolti nella guerra.

Grafico 2: Nel grafico soprastante vengono rappresentati tutti i deceduti di guerra divisi per mese di guerra.

FONTIwww.wikipedia.chhttp://www.leonardo.ithttp://www.treccani.ithttp://www.corriere.it

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0

400

800

1200

1600

2000

2400Deceduti in guerra 1966-1971

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INVASIONE SOVIETICA DELL’UNGHERIA E DELLA POLONIA PER SOFFOCARE LE INSURREZIONI POPOLARI

Sommario

Contesto storico:..............................................1

Ungheria:.........................................................2

I fatti della rivoluzione:.....................................3

Il ritorno dell’URSS:.........................................4

Imre Nagy:.......................................................6

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Contesto storico

Unione sovietica e Blocco orientale

L’Unione Sovietica (URSS) era uno Stato federale che si estendeva tra Europa e Asia. Nacque nel 1922 dopo la guerra civile russa che fece cadere l’Impero russo.Dopo la vittoria nella seconda guerra mondiale diventò una superpotenza economica e militare e impose il suo sistema anche al di fuori dei suoi confini, soprattutto nell’Europa orientale, in contrapposizione al blocco occidentale guidato dagli Stati Uniti d’America.

Con il termine blocco orientale o blocco sovietico, si intendono tutti i paesi che durante la Guerra fredda erano alleati all’URSS con il patto di Varsavia (Romania, Polonia, Germania Est, Ungheria, Cecoslovacchia, Bulgaria e Albania.L'organizzazione dell’URSS prevedeva un solo partito politico ufficialmente riconosciuto, il Partito Comunista dell’Unione Sovietica.

Nel 1953 con il decesso di Stalin, diversi paesi europei iniziarono a ribellarsi alla dittatura dell’Unione Sovietica. In Polonia i leader comunisti cercarono di eleggere Władysław Gomułka come Primo Segretario, ma l’esercito sovietico intimò l’annullamento elettorale. L’Unione Sovietica con l’uso della forza militare obbligava le nazioni del blocco orientale a rimanere filo-comuniste. Nel 1968 la Cecoslovacchia fu invasa dopo la liberalizzazione (Primavera di Praga).

Figura 3 In rosso il patto di Varsavia, in blu I paesi della NATO, in grigio I paesi indipendenti

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Ungheria

Negli anni trenta l’Ungheria strinse un'alleanza con la Germania nazista, sperando di riprendersi alcuni territori persi durante la prima guerra mondiale. In seguito alla sconfitta nel conflitto, vennero ripristinati I confini del 1920. L'Ungheria diventò parte dell’aerea di influenza sovietica e si trasformò in uno stato comunista nel 1949, sotto la dittatura di Mátyás Rákosi e del Partito dei Lavoratori Ungheresi. Le truppe sovietiche, entrate in Ungheria nel 1944, ottennero i favori del governo ungherese che decise di allearsi con l’Unione Sovietica, con il Patto di Varsavia.

Il decesso di Stalin del ’53 portò all’inizio di ribellioni contro la dittatura dell’Unione Sovietica.

Il tracollo economico e il basso livello di vita della classe operaia scatenarono una grande insoddisfazione. I contadini erano stanchi di subire la politica terriera del Partito Socialista. Inoltre ci furono forti proteste da parte dei giornalisti e scrittori per le loro condizioni di lavoro, ma soprattutto degli studenti che addirittura crearono dei sindacati autonomi.

Il Politburo dell'URSS convocò i dirigenti comunisti ungheresi al Cremlino e desituì il primo ministro ungherese Mátyás Rákosi, mettendo al suo posto Imre Nagy, che era già stato ministro dell'Agricoltura in governi precedenti.

Nagy, contro la volontà del Cremlino, iniziò la liberazione di prigionieri politici e prese diverse misure di liberalizzazione in campo economico, politico e culturale.

Il discorso di Nikita Chruščёv, successore di Stalin, sull’Unione Sovietica di Stalin scatenò un vivace dibattito tra gli alti ranghi del partito Socialista Ungherese, dando l’inizio alla Rivolta popolare.

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I fatti della rivoluzione

Verso le 15 del 23 ottobre 1956, studenti universitari si riunirono in piazza per una manifestazione pacifica. Nagy fu richiesto dalla folla e pronunciò un breve discorso al termine del corteo.

Da piccolo raduno iniziale si trasformò rapidamente in una vera dimostrazione di protesta. Molti soldati ungheresi presero parte alle manifestazioni, strappando le stelle sovietiche dai loro berretti e lanciandole alla folla. Incoraggiata, la folla decise di attraversare il Danubio e di marciare verso il palazzo del Parlamento. I manifestanti demolirono l'enorme statua di Stalin e distrussero diverse librerie sovietiche. La folla contava almeno duecentomila persone ma si crede fossero molte di più.

La polizia di sicurezza (ÁVH) aprì il fuoco sui manifestanti in diverse città del paese, provocando i primi morti. Iniziò così una vera e propria guerra civile.

Il partito si riunì e decise di fare intervenire le truppe sovietiche. Questo aggravò rapidamente gli scontri: le auto della polizia vennero rovesciate e bruciate, dalle fabbriche d'armi e dai lavoratori degli arsenali vennero distribuite armi ai civili. Il 24 ottobre il partito nominò Imre Nagy a capo del governo.

Nelle fabbriche si crearono consigli operai che proclamarono lo sciopero generale e richiesero il ritiro dei sovietici e libere elezioni. In alcune provincie il potere passò in mano ai consigli e l'ÁVH venne sciolta.

In quel momento il Cremlino continuava a ritenere Nagy una persona importante per trovare una soluzione pacifica, concedendo maggiore autonomia e ritirando anche le truppe. Il cessate il fuoco venne annunciato e si iniziarono i negoziati con I rivoluzionari per la pace. Nagy annunciò l'imminente ritiro delle truppe sovietiche e lo scioglimento dell'ÁVH. Il partito socialista si sciolse.

Rinacquero sindacati, giornali e associazioni culturali che erano state abolite. Vari agenti della Polizia Segreta e dirigenti del partito vennero trucidati.

Il primo novembre 1956 Imre Nagy chiese il ritiro dell’Ungheria dal patto di Varsavia.

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Il ritorno dell’URSS

Contemporaneamente alla richiesta del ritiro dal Patto di Varsavia del 1º novembre, le truppe corazzate dell’Esercito russo erano sempre più presenti alle frontiere e all'interno del paese . Nagy chiese spiegazioni al Cremlino, ma si sentì dire che si trattava solo di movimenti tecnici per la ritirata.Intanto però Chruščëv andò prima a Bucarest (Romania) e poi a Brioni (Jugoslavia), per ottenere dai rispettivi Partiti comunisti il consenso all'invasione dell’Ungheria.

L’Armata Rossa entrò a Budapest con 200.000 uomini, 4000 carri armati e con incursioni aeree e bombardamenti. Cominciò così l’assedio sovietico. I centri operai resistettero, ma la differenza delle forze in campo costrinse i rivoluzionari alla resa definitiva.

Nagy fece trasmettere tramite Radio Kossuth Libera (radio di Stato) il seguente comunicato, che venne tradotto pure in inglese, russo e francese:

(HU)« Itt Nagy Imre beszél, a Magyar Népköztársaság Minisztertanácsának elnöke. Ma hajnalban a szovjet csapatok támadást indítottak fõvárosunk ellen azzal a nyilvánvaló szándékkal, hogy megdöntsék a törvényes magyar demokratikus kormányt. Csapataink harcban állnak. A kormány a helyén van. Ezt közlöm az ország népével és a világ közvéleményével. »

(IT)« Qui parla il Primo Ministro Imre Nagy. Oggi all'alba le truppe sovietiche hanno aggredito la nostra capitale con l'evidente intento di rovesciare il governo legale e democratico di Ungheria. Le nostre truppe sono impegnate nel combattimento. Il governo è al suo posto. Comunico questo fatto al popolo del nostro Paese ed al mondo intero. »

Tratto da: La Rivoluzione ungherese, una cronologia degli avvenimenti attraverso le stazioni radio ungheresi, Arnoldo Mondadori, 1957

Nei combattimenti persero la vita quasi 3000 ungheresi e altrettanti furono i feriti, tra i quali moltissimi giovani.

Negli anni che seguirono la rivoluzione i sovietici condussero arresti ed esecuzioni tali da costringere 250.000 ungheresi a fuggire dal proprio paese.

Il 21 novembre 1958 Imre Nagy fu arrestato in Ungheria per poi essere giustiziato in Romania.

Qui di seguito abbiamo elaborato i dati degli ungheresi che si sono rifugiati nel nostro paese.

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Zurigo; Lavora-tori; 1786Berna; Lavora-

tori; 1019Lucerna; Lavora-tori; 370Uri; Lavoratori;

12Svitto; Lavora-

tori; 70Obwaldo; La-voratori; 12

Nidwaldo; La-voratori; 17Glarona; Lavora-

tori; 59Zugo; Lavora-

tori; 98Friborgo; La-voratori; 84

Soletta; Lavora-tori; 356

Basilea Città; Lavoratori; 431

Basilea Cam-pagna; Lavora-

tori; 302Sciaffusa; La-voratori; 120

Appenzello Es-terno; Lavora-

tori; 111

Appenzello In-terno; Lavora-

tori; 0

San Gallo; La-voratori; 447Grigioni; Lavora-

tori; 109

Argovia; Lavora-tori; 462Turgovia; La-voratori; 194

Ticino ; Lavora-tori; 58

Vaud; Lavora-tori; 383Vallese; Lavora-

tori; 132Neuchatel; La-voratori; 148

Ginevra; Lavora-tori; 330

Zurigo; disoc-cupati; 1076

Berna; disoc-cupati; 282

Lucerna; dis-occupati; 0Uri; disoccupati;

5Svitto; disoc-

cupati; 38Obwaldo; dis-

occupati; 5Nidwaldo; dis-

occupati; 4Glarona; dis-occupati; 19

Zugo; disoc-cupati; 24

Friborgo; dis-occupati; 68

Soletta; disoc-cupati; 35

Basilea Città; disoccupati; 170

Basilea Cam-pagna; disoc-cupati; 127Sciaffusa; dis-

occupati; 0Appenzello Es-terno; disoc-

cupati; 37Appenzello In-terno; disoc-

cupati; 3

San Gallo; dis-occupati; 181Grigioni; dis-

occupati; 104

Argovia; dis-occupati; 68Turgovia; dis-

occupati; 53Ticino ; disoc-cupati; 16

Vaud; disoc-cupati; 173Vallese; disoc-

cupati; 12Neuchatel;

disoccupati; 18

Ginevra; dis-occupati; 0

Ungheresi scappati in Svizzera

disoccupatiLavoratori

cantoni

emig

ranti

Elaborato da Alessandro Ferretti e Mattia Gago

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Imre Nagy

Imre Nagy nacque il 6 giugno 1896 a Kaposvár da una famiglia di agricoltori.

Durante la sua prigionia in Russia nel corso della Grande Guerra, Nagy aderì al Bolscevismo.

Scontata la prigionia Nagy tornò in Ungheria nel 1918, per poi essere esiliato l’anno seguente per la repressione del sistema comunista.

Dal 1930 si stabili in URSS ed entrò quale dirigente nel partito comunista ungherese in esilio; nel 1944 rientrò in patria e divenne ministro dell’agricoltura (1944-1945), degli interni (1945-1946) per poi dare il via alla riforma della proprietà agraria.

Nel 1949 si oppose alla politica di M. Rákosi, a capo della direzione del partito, in merito alla collettivazione dell’agricoltura.

Divenne primo ministro dal 1953, adottando una politica riformista, ma fu ferocemente ostacolato da M. Rákosi e, nell’ aprile del 1955 fu allontanato dal Governo e cacciato dal partito.

Fu riammesso nel partito il 13 ottobre 1956 e nuovamente nominato primo ministro dal 24 ottobre. In carica proprio durante la rivoluzione adottò prima un atteggiamento di mediazione, per poi intraprendere una politica a sostegno delle idee rivoluzionarie, quali il multipartitismo e in particolare l’uscita della nazione dal patto di Varsavia.

Al momento della repressione sovietica Nagy si rifugiò in Iugoslavia, per poi essere arrestato il 21 novembre; fu successivamente condotto in Romania dove venne condannato a morte.

04.07.1953 - 18.04.1955

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GUERRA FRA IRAN E IRAQ

INTRODUZIONE

Prima di analizzare il conflitto, è bene capire come si sono formate le tensioni che lo hanno provocato.

Verso la fine del XX secolo la Persia subì una profonda rivoluzione culturale che abbattè il regime monarchico per instaurare uno stato islamico. Lo Scià e tutta la sua famiglia fuggirono all’estero e i religiosi mussulmani presero il potere introducendo leggi derivate direttamente dal Corano. I capi religiosi (ayatollah) diffusero le loro idee e uno di questi, l’ayatollah Khomeyni, prese il sopravvento su tutti diventando di fatto il dittatore del paese e, per staccarsi maggiormente dallo storico passato dei re persiani, dal 1° aprile 1979 ribattezzò la Persia con l’appellativo di Repubblica islamica dell’Iran.

Sul fronte iracheno si erano succeduti diversi governi militari abbattuti di volta in volta da successivi colpi di stato. All’inizio degli anni settanta, tra gli alti ufficiali, si fece sempre più luce Saddam Hussein che, nel 1979, al momento del ritiro dell’allora Presidente iracheno, ne prese il posto. Il nuovo Presidente impose epurazioni e misure repressive in modo da eliminare gli oppositori e diventare di fatto il dittatore indiscusso del paese.

Tra iraniani ed iracheni esisteva da molto tempo una ostilità relativa alla ricca regione del Khuzestan e città di Susa che, nel corso dei millenni erano appartenute con diverse alternanze ai persiani e agli irakeni.

Visto lo stato di agitazione che regnava nella morente monarchia persiana, gli iracheni pensarono che fosse giunto il momento di riprendersi il Kuzestan. Il partito Ba’th, assoggettato al dittatore, cominciò con un’offensiva mediatica mostrando immagini della ricchezza della regione con le sue fonti petrolifere e proponendo un nome iracheno.

Un altro fattore che incise fortemente sull'ostilità tra le due nazioni era il controllo dei corsi d'acqua, all’estremo nord del Golfo, che costituiva un fondamentale canale per il trasporto di petrolio per entrambe le economie.

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Ruhollah Khomeyni

Guida suprema dell’IranSaddam Hussein

Dittatore Iracheno

L'ANDAMENTO DELLA GUERRA

La guerra cominciò con l'invasione fulminea via terra nella regione meridionale da parte degli iracheni senza neppure una formale dichiarazione di guerra. Gli iracheni sfruttarono inoltre la morte dello Scià convinti che il raggiungimento dei loro obiettivi sarebbe stato un gioco da ragazzi. Nei primi due mesi, infatti, riportarono numerosi successi (conquista di Abadan, Khorramshahr, Dezful, Ahvaz, e Susangerd) ma in seguito ci furono gravi errori strategici, che permisero all'Iran di riprendere fiato.

Nel corso del conflitto, l'aviazione israeliana - il 7 giugno 1981 - attaccò l'impianto nucleare iracheno di Osirak, costruito a Baghdad dai francesi nel 1972. L'impianto venne bombardato in un'unica ripresa. Gli Stati Uniti, che ufficialmente erano schierati in favore dell’Iraq, condannarono il raid israeliano ma niente di più visto che segretamente sostenevano anche gli iraniani per assicurarsi comunque i vantaggi del mercato petrolifero1.Nel 1982 l'esercito iraniano riconquistò la città di Khorramshahr e questo indusse l'Iraq a proporre la pace facendosi forte anche dell’appoggio dell'Arabia Saudita disposta a risarcire i danni di guerra arrecati all’Iran. Il governo iraniano però si oppose, rifiutando una pace che non ripristinava la situazione dei confini anteriore allo scoppio delle ostilità e la guerra riprese più feroce di prima.Dopo la primavera del 1982 l'Iraq - tenuto conto delle gravi perdite - cominciò a considerare seriamente l'opportunità di rientrare nei suoi precedenti confini nazionali, sgomberando il territorio iraniano occupato. Nel tentativo di mediazione incontrò però il netto rifiuto da parte del regime iraniano, che era riuscito a risvegliare nel paese un sentimento patriottico grazie al desiderio di una possibile rivincita e alla soluzione di alcune tensioni interne.Nell'ottobre 1983 l'Iran riusciva a passare alla controffensiva generale, cogliendo successi che sarebbero sembrati impossibili fino ad alcuni mesi prima, e penetrò nello stesso territorio nazionale iracheno. La reazione irachena fu quella di tentare di strangolare economicamente l'Iran impedendo l'ingresso e l'uscita delle petroliere dirette ai terminali petroliferi iraniani. Così facendo riuscì ad interrompere il flusso di valuta pregiata indispensabile all’Iran per procurarsi armi sul mercato illegale internazionale.La massima asperità del conflitto fu raggiunto nel 1984 quando l'Iran attacò le isole Majnun, facendo uso di armi chimiche che diffusero la morte tra la cittadinanza civile.Vista questa escalation, nell'aprile 1985, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Pérez de Cuéllar, pianificò una missione di pace che purtroppo fallì a causa della rigidità dell’Iran, che esigeva la condanna dell'Iraq come aggressore, il pagamento dei danni di guerra e l'allontanamento di Saddam Hussein.

1 Nel gennaio 1986 membri della Amministrazione Reagan assicuravano segretamente la vendita a Teheran di importanti forniture militari (cosiddetto scandalo Irangate o Iran-Contras).Usava fondi neri creati con la vendita di armi all'Iran per finanziare i "contras" (guerriglieri anti-sandinisti) nella guerra civile in Nicaragua, violava apertamente una serie di delibere del congresso americano che vietavano all'amministrazione sia di intervenire nella guerra civile nicaraguense sia di fornire armi ai contendenti del conflitto Iran-Iraq.

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La guerra quindi continuò e subito dopo la riconquista delle isole Majnūn, nel 1986, il 9 febbraio di quell'anno l'Iran lanciava l'offensiva Val Fajr-8. Le difese irachene subirono una disfatta e persero il controllo del porto di Fāw. Le successive operazioni iraniane, definite Kerbelā, portarono le truppe nella zona di Basra, impegnando le forze irachene nell'area di Qasr-e Shirin.

LA RISOLUZIONE ONU n° 598 E LA FINE DELLA GUERRA

Nel 1987 dopo un lungo periodo con il conflitto in situazione di stallo, Iran e Iraq estesero le ostilità al traffico marittimo commerciale coinvolgendo anche navi appartenenti a nazioni neutrali.Questa estensione del conflitto alle flotte commerciali di paesi terzi spinse l’Italia ad inviare un contingente della propria marina militare nell'area. La missione, denominata Golfo 1, si concluse con successo e gli attacchi alle navi commerciali cessarono.Il 20 luglio 1987 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU chiedeva un cessate il fuoco che si trasformò in una tregua armata. Nell'agosto del 1988, a 8 anni dallo scoppio delle ostilità e dopo la morte di oltre 1 milione di uomini e donne, la risoluzione n. 598 dell'ONU con la sua proposta di cessazione delle ostilità, fu inaspettatamente accettata dai due paesi ormai ridotti in realtà allo stremo e il 9 agosto 1988 il Consiglio di Sicurezza poté votare la creazione di un gruppo di osservatori (UNIIMOG) incaricato di sovraintendere al rispetto della tregua.Il cessate il fuoco non garantì un immediato ritorno all'Iran dei territori occupati da parte dell'Iraq; questo avvenne solamente nel dicembre 1990, alla vigilia della guerra per la liberazione del Kuwait, poiché il dittatore iracheno, Saddam Hussein, voleva evitare di dover combattere su due fronti. L'ayatollah Khomeyni, da sempre contrario alla cessazione delle ostilità fu indotto - come affermò pubblicamente - "a bere l'amaro calice della tregua" su pressione del delfino e Presidente del Consiglio, Ali Akbar Hashemi Rafsanjani. Rafsanjani era, infatti, un "pragmatico" ed era conscio che lo stato era al collasso militare, civile, internazionale.

CONCLUSIONE:

Questa guerra non coinvolge solamente l’Iran e l’Iraq, ma coinvolge indirettamente anche altri paesi, quali Cina, Egitto, Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna e USA. Questi hanno preso voce nel conflitto come venditori di armi (quindi a scopo economico), ma gli Stati Uniti ebbero un ruolo importante, a partire dal 1984, dando consiglieri militari, supporto di intelligence e armi chimiche alla nazione governata da Saddam Hussein.Questo conflitto non ha avuto un vero vincitore, ma è stata soltanto una lunga guerra che ha fruttato tanti soldi per altre nazioni ed oltre un milione di morti (militari e civili) per le parti in conflitto.Nel 1989, dopo un anno dalla fine della guerra, morì Khomeyni e le belligeranze ripresero con la prima guerra del Golfo. Si trattava di un nuovo inizio di tensioni e scontri in Medio Oriente.

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LE FORZE IMPEGNATE NEL CONFLITTO

Armamenti IRAN IRAQ

Carri armati 1000 4500

Mezzi corazzati 1000 4000

Pezzi d'artiglieria 3000 7330

Velivoli 450 500

Elicotteri 750 100

I grafici mostrano come l’armamento iracheno, fatta eccezione per gli elicotteri, superasse di gran lunga quello degli iraniani.Le due “torte” sottostanti aiutano a capire la suddivisione percentuale degli armamenti dei paesi in conflitto.

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LE IMPORTAZIONI DI CIBO PER L’IRAN DURANTE IL CONFLITTO

Quest’ultimo grafico mostra come negli anni della guerra le importazioni di cibo in Iran siano state molto maggiori (si sfiorano i due miliardi di dollari all’anno) rispetto ai successivi anni di pace. Questo dimostra che durante i conflitti i campi e le coltivazioni vengono distrutte e i contadini inviati al fronte con conseguente riduzione della produzione di prodotti agricoli.

FONTI:

https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_Iran-Iraq

http://www.panorama.it/cultura/22-settembre-1980-inizia-la-guerra-iran-iraq/

http://www.meteoweb.eu/2015/09/accadde-oggi-nel-1980-liraq-invade-liran-ed-e-subito-guerra/546849/

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Guerra in Afghanistan

(1979-1989)

Sommario:

Introduzione................................................................................................................................................2

La Repubblica Democratica dell’Afghanistan........................................................................................2

L'intervento dell'URSS..............................................................................................................................3

Le reazioni internazionali..........................................................................................................................3

L'appoggio internazionale ai mujaheddin...............................................................................................4

Interessi URSS...........................................................................................................................................5

Interessi USA.............................................................................................................................................5

LE FASI DELLA GUERRA.......................................................................................................................6

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Prima fase (Presa di posizione)...........................................................................................................6

Seconda fase (Ricerca e distruzione).................................................................................................6

Terza fase (Strategia d’uscita).............................................................................................................8

Quarta fase (La ritirata).........................................................................................................................8

DATI STATISTICI......................................................................................................................................9

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IntroduzionePrima dell’inizio della guerra in Afghanistan regnava re Mohammad Zahir Shah con un sistema feudale. Nel 1973, a seguito di un colpo di stato avvenuto mentre il re si trovava in Italia, venne sostituito dal cugino Mohammed Daoud Khan, ex primo ministro del paese.

Con Mohammed Daoud Khan nasceva la prima Repubblica Afghana, destinata però a spegnersi in breve tempo. Le iniziative politiche del nuovo presidente si dimostrarono fallimentari, alienandogli ben presto tutti gli appoggi di cui godeva. Daoud, inizialmente supportato dal Partito Democratico del Popolo afghano (PDPA), partito strutturato secondo il modello del Partito Comunista Sovietico, tenta di diminuire l’influenza sovietica sulla nazione. Inevitabilmente questa politica gli costò l’appoggio del PDPA, finanziato principalmente da Mosca e favorevole quindi a rapporti più stretti con l’Unione Sovietica.

La Repubblica Democratica dell’AfghanistanNel 1978 il PDPA diede il via a un sanguinoso colpo di stato, noto come “Rivoluzione di Aprile”, dove Daoud e i suoi famigliari vengono uccisi. Il PDPA proclamò quindi la nascita dalla nuova “Repubblica Democratica dell’Afghanistan” governata dal leader del partito Noor Mohammad Taraki, uomo forte ma non gradito alle gerarchie religiose.

Taraki avviò una serie di riforme in senso socialista, volte alla laicizzazione del Paese, tra cui la riforma agraria, la legalizzazione dei sindacati, i rinnovamenti nell'area sanitaria e della salute pubblica, la lotta contro la coltivazione dell'oppio, l'emancipazione femminile (diritto di voto, istruzione obbligatoria e divieto del burqa e dei matrimoni combinati).

Sebbene accolte con favore dalla quasi totalità della popolazione urbana, alcuni di questi cambiamenti furono un trauma per gli abitanti delle zone rurali, fedeli ai precetti islamici, nettamente maggioritari nel paese. A partire dalla fine del 1978 nelle zone montuose dell'Afghanistan presero a formarsi le prime bande di guerriglieri anti-governativi, ben presto ribattezzatesi mujaheddin ("combattenti per la jihād"). Portarono inoltre all’ostilità dei proprietari fondiari, dei trafficanti di droga, delle autorità religiose e dei fondamentalisti islamici (Talebani). Iniziarono così una dura opposizione al governo, con aiuti provenienti dall'Arabia Saudita e dal Pakistan, interessati a soffiare sul fuoco del fondamentalismo, e dagli Stati Uniti, preoccupati della collaborazione sovietica con il governo.

Il 14 settembre del 1979 un altro evento scosse la già tesa situazione: l’ex primo ministro Hafizullah Amin prese il potere e Taraki venne assassinato. Il nuovo governante, se da una parte fece concessioni all’opposizione politica islamica, dall’altra accentuò le forme di persecuzione, eliminando migliaia di persone. Amin cercò anche un ulteriore appoggio statunitense, rifiutando ogni proposta d’aiuto sovietico. A Mosca ciò non piacque, e qualcuno iniziò addirittura a sospettare di rapporti tra Amin e la Cia. La situazione si fece caotica il PDPA iniziava a sgretolarsi e la guerriglia urbana, riunita in un unico fronte si avviava a controllare gran parte del territorio.

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L'intervento dell'URSS

Fu a questo punto che Leonid Breznev, con il pretesto dato dall'uccisione di un generale sovietico inviato in Afghanistan come consigliere del governo e anche dal timore di un’estensione della ribellione islamica nelle vicine repubbliche dell’Asia centrale, decise di invadere il Paese (operazione Štorm 333). Alle tre del pomeriggio (ora di Mosca) del 25 dicembre 1979, l'Armata rossa entrava a Kabul. Due giorni dopo, venticinque componenti del “Gruppo Alfa”, l'élite degli Spetsnaz, i reparti speciali sovietici, assalivano il palazzo presidenziale uccidendo il presidente Hafizullah Amin, insediando al suo posto l'ex vicepresidente di Taraki, Babrak Karmal. Da quel momento iniziarono a giungere in Afghanistan decine di migliaia di soldati sovietici.

Le reazioni internazionali

L'ONU condannò l'invasione e chiese l'immediato ritiro di tutte le truppe straniere dall'Afghanistan.

Immediata fu anche la reazione degli Stati Uniti, dove il presidente Carter impose subito un embargo sulla fornitura di tecnologie e sulla vendita di grano all'URSS, gli statunitensi decisero inoltre di boicottare per protesta i giochi della XXII Olimpiade che si sarebbero svolte a Mosca nel luglio-agosto del 1980, imitati in questo anche da altre nazioni europee, asiatiche e sudamericane e da quasi l'intero blocco dei paesi arabi.

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Figura 4: Soldati e carri sovietici fuori da Kabul il 7 gennaio 1980

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L'appoggio internazionale ai mujaheddin

Nel 1981 il nuovo presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, incrementò il programma di aiuti ai mujaheddin, ribattezzato operazione Cyclone, già avviato dal suo predecessore, fino a farne la più lunga e costosa operazione mai intrapresa dal servizio segreto statunitense. Secondo alcuni esponenti dell'amministrazione Carter questi aiuti puntavano a provocare l'estendersi del coinvolgimento dell'URSS in Afghanistan, in modo da consumarne le risorse militari coinvolgendole nella lotta contro un esteso movimento guerrigliero, simile a quanto era accaduto agli stessi americani in Vietnam qualche anno prima.

Insieme agli Stati Uniti, l'Arabia Saudita fu il principale finanziatore dei mujaheddin, fornendo milioni di dollari per acquistare armi e rifornimenti.

Anche il Pakistan decise di appoggiare i mujaheddin, per timore di una minaccia sovietica ai suoi confini. Grazie alla sua posizione geografica e per la lunga frontiera che divideva con l'Afghanistan, il Pakistan divenne rapidamente un luogo dove radunare truppe e rifornimenti fuori dalla portata dei sovietici: delle sei principali rotte di rifornimento utilizzate per approvvigionare i mujaheddin, cinque partivano dal territorio pakistano. Il paese fornì armi e rifornimenti militari, ma il contributo principale del Pakistan al conflitto fu in ambito della logistica, l'ISI, il servizio segreto pakistano, ricevette in pratica dalla CIA il compito di gestire l'addestramento dei guerriglieri e i rifornimenti di armi e denaro che ricevevano, anche per meglio mascherare il coinvolgimento americano nel conflitto.

Peraltro i mujaheddin, appoggiati ora anche dai pasdaran iraniani (le guardie della rivoluzione) e dall’Arabia Saudita, continuavano a mostrarsi ottimi combattenti, e la loro resistenza diventava sempre più efficace. Tra di loro vi era anche Osama bin Laden.

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Interessi URSS

L'URSS, già a partire dal periodo della seconda guerra mondiale, aveva importanti relazioni e influenze con l'Afghanistan, sia in ambito economico che politico. Già sotto Daoud, come abbiamo visto, l'influenza sovietica in Afghanistan era forte. Pure dopo il colpo di stato l'influenza continuò ad essere significativa, ma non andò avanti nella direzione ipotizzata dal governo sovietico. Il controllo del territorio, dunque, era possibile solo grazie alla massiccia presenza militare.

Si era in piena Guerra fredda e il controllo anche di una piccola parte del globo da parte di uno dei due maggiori contendenti appariva di rilevanza cruciale.

Inoltre l'Afghanistan rappresentava un forte interesse per l'URSS, e non solo, per via della fortissime potenzialità a livello economico, grazie ai suoi ricchi giacimenti di gas naturale e alla sua posizione geografica che consentiva infatti l'avvicinamento al Mare Arabico, al Golfo Persico e all'Oceano Indiano. Nel mondo vi era una grave crisi del petrolio che portò il crescente interesse per il petrolio del Medio Oriente.

Vi era anche la minaccia rappresentata da un Pakistan "cliente" degli USA.

Interessi USA

I grandi interessi economici strategici in Medio Oriente da parte degli Stati Uniti erano stati fortemente accentuati dalla grave crisi in cui si trovavano all'inizio degli anni 70', crisi dovuta alla svalutazione del dollaro e dai gravi colpi subiti in Vietnam, che portò gli Stati Uniti a ricercare una “distensione” per permettere loro di riprendersi.

Già da tempo gli Stati Uniti consideravano la regione un punto di vitale importanza poiché con la perdita dell'Iran gli USA erano rimasti privi di un punto strategico in cui schierare, contro l'URSS, i missili a lungo raggio. Inoltre il controllo della zona implicava l'esclusione dell'URSS e quindi la possibilità di diminuire l'influenza sovietica in zone di grande interesse economico e strategico.

A questo va aggiunto che l'Afghanistan era stato individuato dalla Casa Bianca anche come sito idoneo per la costruzione di un oleodotto per il trasporto del petrolio dal Kazajstan e dal Turkmenistan fino all'Oceano Indiano.

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LE FASI DELLA GUERRA

Prima fase (Presa di posizione)

La prima fase la si può definire "la presa di posizione", iniziata a fine dicembre del 1979 fino a febbraio del 1980.

In questo periodo del conflitto i sovietici alleati con la RDA (Repubblica Democratica dell’Afghanistan) cercarono di prendere posizione sul territorio afghano dopo l'invasione da parte dell'armata rossa.I mujaheddin cominciarono subito a farsi sentire; gli scontri erano ancora "leggeri", con armi non molto sviluppate, ma questo fattore cambierà nel corso della battaglia.

I sovietici cercarono di espandere le loro conquiste ottenute grazie all'invasione. Il loro obiettivo non era conquistare tutto l'Afghanistan, ma bensì i centri urbani più grandi, gli aeroporti e le strade principali; della parte rurale a loro non interessava niente.Durante questa fase, i soldati russi e quelli della RDA si trovarono a combattere contro molti gruppi di mujaheddin, ma non solo, perché dovettero confrontarsi anche con dei piccoli eserciti di alcune tribù e anche contro dei soldati oppositori dell'esercito afghano.

Queste battaglie a campo aperto portarono all'aumento dei gruppi di mujaheddin che per arrivare sul territorio afghano passavano dal confine col Pakistan, ma portarono anche a molteplici perdite di uomini.I sovietici cercarono di farsi alleate le popolazioni afghane, ma non ci riuscirono. I popoli erano molto contrari all'invasione delle città da parte dei russi, così si crearono ulteriori problemi alle truppe.

Seconda fase (Ricerca e distruzione)

La seconda fase la si può definire "ricerca e distruzione", iniziata a marzo del 1980 fino ad aprile del 1985.

Questo periodo del conflitto, la parte più acuta di tutta la battaglia, vide i sovietici cercare di distruggere il maggior numero di bande di mujaheddin, facendo operazioni su grande scala per cercare e distruggere questi gruppi.

I mujaheddin dopo la prima fase della guerra cambiarono la tattica di combattimento (a causa delle ingenti perdite), passando da una guerra a campo aperto ad una guerriglia sulle montagne afghane, luogo molto ben conosciuto dai mujaheddin. Questa scelta portò loro un vantaggio.

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L'Armata Rossa, dopo questo cambio di tattica degli avversari, si trovò costretta a dover abbandonare le basi fortificate, che utilizzava per i conflitti a campo aperto, per andare alla caccia delle bande di mujaheddin.Le truppe russe con questo tipo di battaglia sulle montagne, si trovarono in difficoltà a causa del terreno accidentato che non permetteva loro una facile mobilitazione dei mezzi pesanti.Come se non bastasse i soldati della RDA non erano più molto affidabili, quindi i sovietici li levarono dalle operazioni di larga scala ed assegnarono loro ruoli secondari.

Nel 1981 l'Armata Rossa iniziò a cambiare la sua tattica. La prima cosa che fece fu abolire i grandi rastrellamenti per cercare e distruggere i mujaheddin e incominciare attaccare su scala ridotta aerotrasportando le truppe. Questo cambiamento portò però molti insuccessi.Nel 1982, visto l’andamento della guerra, i sovietici cambiarono ancora tattica, tornando al modello “ricerca e distruzione” ed in più si fecero mandare ulteriori rinforzi.I soldati russi riuscivano a distruggere dei gruppi dei mujaheddin, ma poi si ritiravano nei loro bunker, lasciando nuovamente gli spazi liberi e dando la possibilità ai guerriglieri avversari di rioccupare il territorio in poco tempo.In questo periodo i mujaheddin continuavano a fare imboscate e sabotaggi alle armate sovietiche con lo scopo di impedire loro le comunicazioni e soprattutto per prendersi armi, munizioni e viveri. Un obiettivo di questi attacchi era pure quello di abbattere il morale dei russi.I mujaheddin combattevano sempre in piccoli gruppi; questo era uno svantaggio perché non riuscivano a realizzare delle operazioni su larga scala, ma si rivelò anche un vantaggio perché l’Armata Rossa si trovava a dover combattere molti più gruppi e non uno solo.

Cambio di tattica:

All’inizio del 1983 i soldati sovietici cambiarono nuovamente tattica, cercarono cioé di distruggere il territorio, essenziale per la sopravvivenza dei mujaheddin.

Questo nuova tecnica richiese un grande dispiegamento di aerei ed elicotteri.

Le truppe sovietiche iniziarono a distruggere villaggi, allevamenti, coltivazioni, canali d’irrigazione. Durante questi bombardamenti i russi utilizzarono anche armi chimiche.Questi attacchi ebbero conseguenze devastanti per l’economia afghana. Le popolazioni si trovarono costrette a chiedere asilo ai paesi confinanti, principalmente al Pakistan.Gli attacchi aerei da parte dell’Armata Rossa costrinse i mujaheddin a cambiare la loro voltatattica. Decisero così di spostarsi sulle montagne confinanti col Pakistan, perché erano luoghi poco accessibili per i sovietici.

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All’inizio del 1985 i sovietici cambiarono nuovamente strategia, abbandonarono nuovamente i rastrellamenti puntando su operazioni più frequenti in scala ridotta.

L’Armata Rossa riuscì così a conquistare qualche obiettivo, ma nonostante ciò il conflitto non proseguiva come da loro auspicato..

Terza fase (Strategia d’uscita)

La terza fase la si può definire "strategia d'uscita", iniziata a maggio del 1985 fino a dicembre del 1986.

In questo periodo del conflitto l'Armata Rossa tentava di trovare un modo per abbandonare la guerra. Iniziò facendo combattere sempre di più le truppe della RDA e cercando accordi diplomatici col nemico.Il 1985 fu l'anno con più perdite, durante questo conflitto.

Con l’avvento al Cremino di Michail Gorbaciov salito al potere nel 1985, questo si dichiarò da subito disponibile ad una soluzione politica della questione afgana, e già nell’autunno del 1986 una parte delle truppe sovietiche iniziò a lasciare il paese.

Quarta fase (La ritirata)

La quarta fase la si può definire "la ritirata", iniziata a gennaio del 1987 fino a febbraio del 1989.

Il 14 aprile 1988, con gli accordi di Ginevra, venne stabilito il ritiro definitivo dell'Armata Rossa sotto la supervisione dell'ONU e il rientro dei profughi dal Pakistan. Le operazioni iniziarono a maggio, e il 15 febbraio 1989 l'Unione Sovietica diede comunicazione ufficiale del completamento del ritiro. La guerra d’invasione finiva con un bilancio di quasi 2 milioni di morti afgani e oltre 5 milioni di profughi.

Per l’Unione Sovietica, che contò circa 15 mila caduti, terminava l’ultima prova di forza della sua storia. Per l’Afghanistan iniziava invece un periodo di grave instabilità politica e di nuovi drammi (lotte tra mujaheddin, presa del potere dei talebani e intervento statunitense post 11 settembre).

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Figura 5:Elicottero sovietico usato per i bombardamenti

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DATI STATISTICITabella 1

In questo grafico si vedono le truppe che hanno prestato servizio in Afghanistan, si vedono le truppe e le perdite totali.

Militari che prestarono servizio in Afghanistanperdite totali

Sovietici

620000

perdite totali 485152

Militari che prestarono servizio in

Afghanistan

Qui sotto invece si vedono i morti suddivisi in categorie, dei gruppi per differenziarli.

militari dell'esercitoguardie di frontieratruppe del ministero degli internialtri uffici e serviziferitimalattiedispersi

perdite totali 485152

Perdite sovietiche

14427

576

28

20

militari dell'esercito

guardie di frontiera

truppe del ministero

degli internialtri uffici e servizi

FONTI:

https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_in_Afghanistan_(1979-1989) http://win.storiain.net/arret/num167/artic3.asp http://www.instoria.it/home/invasione_sovietica_afghanistan.htm https://geo.tesionline.it/geo/article.jsp?id=13692 https://issuu.com/110elode/docs/federica.peloso

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